giovedì 30 dicembre 2010

La Meretrice è sana, gioite!

Il Vaticano si unisce da oggi agli sforzi internazionali per contrastare il riciclaggio di denaro sporco, adottando nella gestione finanziaria della Curia e dello Ior le regole in vigore in gran parte della comunità internazionale.
Lo ha detto Papa Benedetto in una lettera apostolica, in cui annuncia la promulgazione di leggi che danno piena esecuzione alla Convenzione monetaria fra lo Stato della Città del Vaticano e l'Unione Europea del 17 dicembre 2009.



La questione è vecchia. Eretici e pauperisti da secoli vedono la Chiesa precipitare in uno stato di scandalosa mondanità. Anzi anche prima ed ai tempi suoi, Kristo nulla ha potuto con il ricco mercante giudeo. Fu anche l'idea di Dante, che denunciò i 'mille anni di vedovanza' di Madonna Povertà. Poi arrivò il fratello Francesco. Ma non era ancor morto, che i cenciosi suoi abiti presto diventarono di gran moda. Espressione della più raffinata vanità e mondanità, fece chic. Poi più nulla, di nuovo...

Vano sarebbe richiamare gli insegnamenti di Kristo sull'argomento. Chi non ricorda il "è più facile che un cammello..." ecc. o, meglio, "il Mio Regno non è di questo mondo"? Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Allora dove sta la novità! C'è qualcosa di nuovo, forse per la prima volta messa così in evidenza. Che la Chiesa, il Santo Veicolo, reputato sovrannaturale, missionato per custodire e veicolare la Parola (che equivale a Legge) di Dio sulla terra, abbia ad adeguarsi alle normative di stati sovrani laici (sostanzialmente atei) e anticristiani per sentirsi in regola e per operare con correttezza. Certo una conseguenza conciliare, pietra miliare della contro-Chiesa. La 'crisi' cui andiamo incontro, che è solo all'inizio, che rivolgerà il mondo come un calzino, lo renderà irriconoscibile rispetto a quello cui noi siamo abituati oggi, costringerà tutti ad uscire allo scoperto. E questo ci sembra un bene!

La Meretrice, invece di mettere sotto accusa i suoi comportamenti che offendono Dio e il Suo Amore, si regolarizza. Presenta certificazioni di esenzione da malattie contagiose, copulare sicuro, come nella logica del preservativo, offre garanzie al (le autorità monetarie internazionali) mondo sul suo operato! Cane non morde cane.

Siamo punto e da capo. Dopo essere cacciati dal Tempio, i mercanti sono ritornati e si presentano col volto dei moralizzatori.

Impostori e falsi profeti sembra non abbiano mai avuto così tanto lavoro come nei nostri tempi. Finanza ed usura governano il mondo, e la Chiesa ne è dentro fino al collo...oggi più che mai.

mercoledì 29 dicembre 2010

A mo' di consolazione per un amico.

L’ Onu approva una risoluzione contro l’ omofobia

Diritti per gli omosessualiDal palazzo di vetro no alla discriminazione contro i gay. Decisivi gli Usa.
L’ Onu ha approvato una risoluzione che condanna la discriminazione contro le minoranze e vi ha incluso le azioni violente contro i gay.
Si tratta di “un messaggio chiaro” a chi non vuole capire che i diritti umani riguardano anche l’orientamento sessuale degli individui, ha detto Susan Rice, ambasciatore americano al Palazzo di Vetro.
Sono stati proprio gli Stati Uniti a spingere per l’ inserimento di questo aspetto nella risoluzione, dopo che essa era stata privata di un riferimento alle condizioni dei gay da paesi come l’Arabia Saudita (grande alleato USraeliano, diciamo noi), l'utile idiota di turno che si presta al gioco, o forse criminale complice, chi lo sa. Per difenderli occorre pure che qualcuno li offenda. Anche gli scolaretti (una volta) studiavano sui banchi di scuola dell'attentato di Serajevo! Non ci sarebbe da stupirsi, dopotutto intorno al mercato dell' 'oro nero' ruota il mondo intero. Se poi una religione ne condivide il destino, peggio per lei.
A favore della risoluzione hanno votati 93 paesi, 55 si sono opposti, e 27 si sono astenuti. Accade il 21 dicembre 2010.
Vedasi:
http://globalequality.wordpress.com/tag/ambassador-susan-rice/

Siamo positivi Gigi! L'ottimismo della ragione (quando non sragiona!).
1) 93 paese favorevoli e 82 tra contrari e perplessi, non è male, soprattutto se pensi che i favorevoli stanno insieme più per interesse che per amore e a quali giochi di interessi e ricatti sottostanno all' 'Alta Politica'.
2) Che gli USA sono un paese alla deriva e il suo ciclo storico mi sembra stia per concludersi, i segni sono numerosi.
3) Che sulla natura massonica (per lo meno massonica, ma c'è anche altro) e di controllo mondiale degli organismi internazionali, NWO nuovo ordine mondiale appunto, non ci sono dubbi; non è stata l'OMS (organismo Onu per la sanità mondiale) l'autore della più grande speculazione (mondiale) sui vaccini l'anno scorso, che ha sancito dall'alto della sua sapienza eversiva che esistono ben cinque tipi di sessualità umana (con relativi diritti, e tutela a garanzia delle minoranze). Credo, mannaggia, che il bestialismo umano non sia stato incluso, ma col progresso... c'è sempre speranza!
4) l'Onu è uno dei pochi luoghi in cui gli eversori e il Nemico lasciano le loro impronte, di solito agiscono occultamente, (e che sono scemi? Anche il più scemo dei ragionieri - con tutto il rispetto - sa che il nero non lo paghi con un assegno!) e ti costringono a passare per maniaco complottista con problemi psichiatrici. Basta vedere che promuove queste iniziative, chi le ispira, e chi si permette impunemente di di considerare carta straccia (state sicuro che ssi tratta di eufemismo) le eventuali deliberazioni che non fanno piacere, le cose sono lì da vedere.

Lo so non è molto, ma tra amici, quando si può cui si dà una mano per tirarsi su. E ricordiamoci sempre che 'il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!'
Auguro ai tanti cattolici del nostro Bel Paese che per il nuovo anno che non assumano la solita poizione a 90° con i poteri mondiali forti, ma ritrovino un virile sdegno combattivo. In questo campo non servono i 'Fioretti'!

Regalo di Natale, Elton John è diventato padre

Da Repubblica: "Elton John e il suo compagno, David Furnish, sono diventati genitori per la prima volta. A Natale infatti, è nato Zachary Jackson Levon Furnish-John, ha riferito US Weekly. Il piccolo, nato da un utero in affitto, è in buona salute. "Siamo genitori molto felici e orgogliosi, è un momento speciale", ha commentato la coppia, sposata dal 2005."

Povero me non riuscirò mai a capire questo nuovo modo di concepimento, ancor meno riuscirò a capire questo nuovo modo di essere genitori.( A dire il vero il concepimento non è nuovo, trattasi di un utero in affitto.)

Mi chiedo chi farà da padre e chi da madre.

Ma forse devo chiedermi se le nuove generazioni hanno ancora necessità della figura del padre e della madre, non voglio fare il cattivo e chiedermi chi delle due figure allatterà il nascituro lasciamo perdere tutti i valori legati all'allattamento.

Ancor meno riesco a capire come il povero nascituro potrà inserirsi nella società avendo due papà o due mamme (??).

Quando sento queste notizie non capisco il perché ma mi assale la voglia di chiudermi in una cascina in montagna e assaporare il calore di un caminetto, il crepitio del fuoco, il silenzio della montagna, la libertà della mente che vaga,sarà forse perché credo che siano le uniche cose sincere ancora rimaste.Capisco che il passaggio dal parlare di regalo di Natale, di nascituro e delle sensazioni che può dare un camino sia molto forte ma credetemi ci sta, forse ci sta perché non posso credere a certe notizie o peggio non voglio credere a certe stronzate.

Povero nascituro nulla a che vedere con il lieto evento del Santo Natale, sia per un credente che per chi non crede, oppure abbraccia altre religioni.

martedì 28 dicembre 2010

Giovanni Segantini e le battaglie del Pastore.

Nato montanaro, in un paesino della Val d'Adige in Trentino, da famiglia di gente umile e povera, contadini, non come quelli di oggi, come si poteva essere contadini nell'Ottocento. Cose importanti, in grado di lasciare tracce indelebili nell'animo umani.
Dipinge da isolato, e da eremita, lassù al Maloja, in Svizzera, richiamato dal genius luci non più trascurabile, dopo gli anni milanesi, e non lontano dall'alta Val Engadina, tanto amata da Nietzsche. Segantini non è stato un banale imitatore del filosofo tedesco; un debole provinciale sedotto dalla Siringa panica di Dioniso e neppure dal bucolico mondo agreste, lontano dalle detestate ipocrisie della vita borghese.
Uomo in fuga, come lo fu il suo collega Gauguin, che inseguì le sue voci interiori fino nella Polinesia francese. In fuga non per viltà, al contrario per scendere nell'àgon della battaglia, lassù sulle cime austere, terse, dai geli come dai soli brucianti. Un atteggiamento superomistico? Forse si. Ma il sacrificio del solitario, con i suoi dialoghi interiori, sono una sufficiente garanzia di un desiderio che si paga in prima persona. Fuorviante il Superuomo, decisamente meglio Oltre-uomo.
La primavera sull'alpe, due capre, il cielo azzurro come una lama, l'erba e l'arbusto sono ancora bruciati dal gelo. I pascoli, ancora poco floridi, non si mostrano generosi con la capretta, che vita dura ma essenziale senza infingimenti: deve nustrirsi e provvedere al latte per il piccolo. Direi quasi orientale la scena, al cospetto di maestose forse naturali nulla si può, si deve imparare ad accettare le difficoltà ineluttabili e ad attenuarne gli effetti. Lotta senza posa. Come la preghiera nella vita: non una tregua all'ordinarietà delle occupazioni quotidiane, ma un discorso ininterrotto nella veglia, e per gli spiriti nobilitati dalla Presenza, anche di notte. Alcun spazio è lasciato al la dimensione profana, non un attimo lasciato a se stesso, senza la coscienza vigilante.


Il nemico non dorme mai, si dice. Ma il Pastore si. Questo nemico, ben noto agli atleti dell'ascesi, in Occidente come in Oriente, ed ha un nome preciso: àkedia, accidia, "il male oscuro". Si insinua entro le mura del Sè, quando il vigilante in un attimo, subdolo, si distrae, volge lo sguardo altrove, assopisce la coscienza, la sentinella sente il peso della veglia, il serpente fulmineo colpisce.
Il caldo sole produce nel Buon Pastore la tentazione letargica, e la tela di Segantini ferma questo istante in questa scena del pascolo. Il resto va da sè, l'accidia mette radici nell'anima e l'immobilizza in un ozio paralizzante come un veleno, come lo sguardo di Medusa o di Narciso nell'acqua.
Il pittore-eremita-montanaro conosceva tutto ciò. Era inscritta nella sua pratica ascetica. Non poteva essere un pedestre allievo nicciano, nè un astuto falsario, un pataccaro che recitava per alzare le quotazioni delle sue opere sul mercato d'arte, allora soprattutto milanesi. Da sempre, davanti ai templi e santuari si piazzano simulatori mendichi malvestiti o nudi e cosparsi di cenere...
Forse solo un romantico che soddisfava le voglie urbane di una belle époque estetizzante e bisognosa di sognare, giù nella grande valle Padana, inebbriata dalla follia industriale e dal progresso sferragliante e illusorio. Se si vuol seriamente pensare al 'Grande Ritorno' sui monti, unico antidoto a quell'enorme imbuto nichilista che si è inghiottito uomini e generazioni a milioni, sradicati da ogni ideale e da ogni valore, che "più nome non ha", oggi terre bruciate tra i cui ruderi rovistano nuovi barbari in cerca di quel che trovano. Se si vuol sperare e non di-sperare, la montagna offre lo scrigno in cui è custodita la pietra preziosa, l'anima che giù è persa.
Ma come far vivere i futuri montanari? Non con l'avvilente consumismo turistico, decine e decine di inpianti di risalita che arrugginiscono sono i trofei di guerra che la montagna vanta, in attesa della "ripresa dei consumi" che, per fortuna, non arriverà mai più? Con con gli artisti, pittori o altri personaggi eccentrici, non con i pensionati che vivono suggendo le loro riserve altrove. Qui c'è terra, erba, alberi, animali che da sempre hanno nutrito gente orgogliosa e fiera della loro diversità inalterabile. Ora relitti di marginalità, rozza e violenta, contaminata, morente oppure malgari da cartolina turistica, morenti anch'essi, anche se magari si pensano di successo.
La nostra speranza è che sempre più tra costoro si aggirino, non altri romantici che non lasciano traccia, ma nuovi personaggi, compagni e sodali d'arme per una guerra santa, che dedichino la loro vita, sorretta in ogni modo e tendente a vivere della generosa montagna, parca ma protettiva, una fratellanza di uomini cementati dalle forse più indistrutibili, uniti dalla fedeltà trascendente di una missione segreta ed incomprensibile ai più: la custodia e la cerca del forziere, del Graal, che contiene l'anima, la speranza di una rinascita di una umanità nuova, un popolo nuovo, anzi antico...insostenibilmente troppo antico. A questa cavalleria spirituale dovremmo guardare!
Certo che se anzichè il tentatore caldo sole giallo, fossimo pervasi da un Sole Nero, freddo, la vigilanza ne uscirebbe rafforzata e le schiere unite sarebbero più prossime!

venerdì 24 dicembre 2010

Spigolature II

Il cimitero dei militi italiani

Se il 25 aprile di ogni anno le autorità dell’Italia nata dalla Resistenza e dall’Antifascismo andavano a commemorare i caduti anglo-americani e poi, col passar del tempo, (per la “par-condicio”) anche i tedeschi, nel 1996 si pose il problema se si dovessero commemorare ufficialmente anche i caduti italiani, che erano stati finalmente raccolti nel “Campo della Memoria” a Nettuno nel marzo del 1993, a pochi chilometri dal cimitero americano. Infatti dal 1993 al 1996 sul cimitero dei legionari italiani era caduto il silenzio oltre che “l’eterno riposo”, turbato, si fa per dire, da qualche profanazione delle tombe, che non ha mai fatto notizia, perché non tutte le tombe sono uguali: vi sono quelle buone e democratiche diverse da quelle cattive e nazi-fasciste. Tuttavia la mostra del 1996 aveva “mostrato” inequivocabilmente che a Nettuno ed Anzio vi erano stati anche soldati italiani a combattere, ma… contro gli anglo-americani. Il fatto, naturalmente, poneva problemi prudenziali, di “bene comune” della società, di ordine pubblico e le autorità ne erano irritate: non era stato opportuno né prudente ritirare fuori dopo mezzo secolo quella vecchia storia, si rischiava di seminare la discordia, la zizzania, soprattutto nel tempo odierno, che corre verso la globalizzazione, il mondialismo e la fratellanza universale. Certi “maniaci della verità” danno fastidio soprattutto ai burocrati e ai faccendieri del potere e dell’avere (“a posse ad habere valet semper illatio”, altrimenti il potere non servirebbe a nulla, mentre esso deve “produrre”). Inaspettatamente la popolazione di Anzio e Nettuno si svegliò e il successo della mostra fu grande, con grave scandalo delle autorità, le quali si dimostrarono indisposte a rendere omaggio ai caduti italiani: passi per i tedeschi, ma gli italiani, soprattutto in Italia, proprio no! Questa è la “logica” del mondo post-moderno. Qualcuno (i soliti demo-“cristiani”) propose addirittura di smantellare il cimitero dei soldati italiani. Infatti si sarebbe dovuto spiegare come mai ci fossero degli italiani a combattere a fianco dei tedeschi contro gli anglo-americani. Ora che i tedeschi fossero stati il “male assoluto” era pacifico (almeno per certi italiani) e si poteva anche fare una visitina, un tantino ipocrita, al loro cimitero per rinnovare la memoria, non dimenticare mai e stigmatizzare in perpetuo gli artefici dell’ “olocausto”, ma che anche degli italiani avessero combattuto per difendere l’Italia, dagli “alleati” non poteva essere ammesso e avrebbe portato conseguenze disastrose. Immaginatevi i poveri sindaci, professori, assessori che il 25 aprile di ogni anno dell’Era Antifascista, facendo visitare i cimiteri alle scolaresche o alle cittadinanze, avrebbero dovuto affrontare il problema scabroso degli italiani, che avevano combattuto a fianco dei tedeschi per difendere Roma. Avrebbero dovuto ricordare che in realtà l’Italia nel 1940 era entrata in guerra a fianco della Germania e che nel 1943 aveva cambiato schieramento, dopo una ignobile fuga della famiglia reale a Salerno, e che oltre duemila giovanissimi italiani avevano sentito il bisogno di togliersi di dosso quella vergogna, andando a combattere per difendere Roma, sicuri di essere uccisi dallo strapotere dell’oro anglo-americano contro il solo loro sangue. Tutto ciò turbava i sonni, i sogni, il potere e soprattutto l’avere delle autorità democratiche e filo-atlantiche, le quali naturalmente dovevano pensare prima al “bene comune” che a quello di una “parte”. Ciò nonostante col passare di qualche anno il cimitero dei militi italiani fu riconosciuto pubblicamente, anche se non troppo…


Soldati italiani sul fronte di Nettunia

In realtà le cose andarono ben diversamente: la battaglia di Monte Cassino durò quasi un anno, dal settembre 1943 al maggio 1944. Pochi sanno che anche circa duemila italiani combatterono tra Anzio, Nettuno e Roma a fianco della Germania sino al 6 giugno, due giorni dopo l’entrata degli americani nella Capitale (4 giugno 1944). La vulgata “politicamente corretta” vuole che a Cassino-Nettunia si siano affrontati il “bene assoluto” (le democrazie occidentali) contro il “male assoluto” (la tirannia “genocida” tedesca) per liberare l’Italia e Roma dall’oppressione della dittatura e portare una ventata di libertà e democrazia. Non si parla, quindi, dei militi italiani che si son fatti uccidere quasi sino all’ultimo uomo tra Nettunia e Roma, per riscattare la Patria dalla vergogna (almeno quanto al modo) dell’8 settembre del 1943. Essi storicamente non debbono esistere, poiché sarebbero la prova che la vulgata politicamente ‘corretta’ non è storicamente ‘esatta’. Invece da qualche anno a questa parte un giovane ricercatore Pietro Cappellari, ha scritto vari volumi su questo tema. Nel presente articolo mi baso sul secondo Lo sbarco di Nettunia e la battaglia per Roma (Roma, Herald Editore, 2010, 565 pagine, 30 €).

In esso l’Autore ha documentato e provato che dopo l’8 settembre anche nel centro Italia non tutti gli italiani volevano essere liberati degli anglo-americani, anzi…

http://www.doncurzionitoglia.com/i_vittoriosi_d_italia_sconfitta.htm

Dedicato a tutti coloro che non preferirono il "salto della quaglia", ma scelsero il sacrificio al disonore, comunque li si voglia interpretare, chiamati da disinteressata fedeltà.




I 150 anni dell'Unità; scusate ma proprio non ce la faccio


Proprio non ce la faccio a partecipare ai festeggiamenti (?) per i 150 anni dell'unità del Bel Paese. Non riesco a condividere nulla o quasi di questa celebrazione. Ultimo, ho visto che pure gli studenti antigelmini-antiberlusconi, bramosi di sedersi all'ormai improbabile pasto a cui l'Occidente ha abituato ed illuso i suoi aderenti, pure loro - dicevo - alcuni di loro, ma la sintonia è quella, ha manifestato 'travestiti' da Garibaldini, con tanto di camicie rosse.
Lasciamo pur da parte, ma non sarebbe da fare, tutti gli entusiasmi facili di coloro che a vario titolo e ai vari livelli, lucrano sulle celebrazioni. Patrioti falsi e prezzolati. Gente infima e dispezzabile. Pronti sempre a intascare e ad autocelebrarsi, maiali che ssi rimpinzano crogiolanndosi nel loro sterco!
Se si sa cogliere lo spirito dei tempi e la corruzione politica e morale imperante nel nostr Bel Paese, si vede come queste celebrazioni, in parte almenoo, abbiamo uno strano ed inquietante sapore rassicuratorio. Come quando da bambini si cantava per scongiurare, esorcizzare paure e fantasmi. Il classico ballo sul Titanic. La Nave sta andando a pezzi. Dali anni'80, ci hanno insegnato ad abituarci a pensarLa come l'azienda Italia. Azienda? Ma cosa cenra con la Patria? Eppure! Poi la Secessione Padana. Arrivano i "Baluba" - come li definì un famoso politico aziendalista "democratico" PSI (partito-Titanic preconizzatore dei tempi moderni) - loro sono spariti e i Padani fanno paura! Poi i Cattolici. Come al solito pesci per acque fangose. Il Card. Bertone che va ai festeggimenti per gli eventi di Porta Pia, e dall'altra teme i difensori delle
"radici cristiani" leghiste. Cattolici affaristi e ipocriti, quelli della Compagnia delle Opere. Sempre pronti a spillare soldi per le loro scuole dalle casse della laica Repubblica. Ammanicata in ospedali e ospizi di ogni genere. Mafia cattolica.
Quando è stato il momento, non hanno esitato ad affiancarsi a tutta la Banda massonica sabauda, contro l'Impero Asburgico naturale e storico alleato germanico. Chiesa confusa. Non da oggi. Oggi lo è irremidiabilmente. Con grande dolore occorre riconoscere l'ormai impossibile ricollegamento con la Tradizione Sacra. Nessuno più di noi sarebbe oltremodo felicedi venir smentito.
L'irresponsabile politica filorisorgimentale della Chiesa, tranne i ben noti ed ormai impotenti tentativi di reagire, dai sofferti pontificati da Pio IX (e prima ancora) a Pio XII. Fino al collasso del Vaticano II. Nessuno più ci credeva, forse neppure il Clero, per primo. Come spiegarci altrimenti tutti quei Papi progressisti, umanisti, adoratori di divinità pagane strumentalizzate in funzione anticattolica?
Imbarazzo e vergogna di fronte agli studenti, a spiegar loro, in gita a Roma, alla fontana di Trevi, come mai Papi e alta Curia, ambigui e viscidi, innalzando monumenti a Tritoni, Nereidi e a Poseidone.
Come dimenticare quel Paolo VI che definiva "provvidenziale" la perdita del potere secolare della Chiesa? Ma fermiamoci qui. Troppe sarebbero le cose da dire. Ben oltre la precisa ma netta posizione che ssi vuole qui esprimere.
Le celebrazioni dei 150 anni poichè coincidono con la perdita del potere temporale dell'Ordine Sacro sulla terra cristiana (anche se ormai in pessime condizioni) non può che costituire un momento luttuoso per la storia dell'Occidente, non solo per l'Italia. Non a caso, molte lsono state le potenze europee che vi hanno partecipato, incoraggiato, finanziato, ed infine e vi hanno trovato utilità. Gli Stati nazionali, quelli si, ma non l'Europa. Le ricostruzioni storiografiche a poco valgono, quando trascurano gli aspetti principiali. Tutti coloro che lo celebrano altrio non fanno che militare per la distruzione nel senso complessivo, si trasformano in agenti delle Tenebre. Il Cristianesimo rappresenta l'unica, anche se in cattive condizioni, Tradizione, l'unica Legge Divina presente in Occidente, eliminata la quale più alcun Principio arginerà la diffusione del Caos.

S'è buttato il "bambino con l'acqua sporca", oppure "peggio il tacòn del buso". Su fatti cosi basilari bisogna essere chiari. Io non ci sto.
Nonostante tutta la propaganda dei tromboni ufficiali.


giovedì 23 dicembre 2010

Una nuova mangiatoia.

E' la terza. Le due precedenti mangiatoie sono state lentamente ma inesorabilmente distrutte. Come l'acqua chèta che travolge i ponti o la goccia che perfora il granito, il costante lavorio delle capre in stalla è capace di demolire anche i più robusti manufatti. Si intende che sto parlando di stalle 'normali', non scientifiche. Per certi versi, direi, volutamente antiscientifiche.



Non mi andava più di mettere il fieno a terra. Molto andava sprecato, anche se quello che rimaneva a terra serviva da letto; ma per questo ci sono le foglie di castagno. Il più era che non mi andava di farle mangiare dal pavimento, che non è il massimo della pulizia. Così mi sono deciso: ne faccio una terza, stavolta in ferro, voglio vedere se mi distruggono anche questa. Con le capre si impara a migliorare. E' un continuo perfezionamento dei mezzi, finchè non funzionano a dovere.
Ci provo. Taglio col flessibile. Saldo con una vecchia saldatrice ad arco. Lo spazio è poco. Quasi non riesco a muoversi nella cucina che ho adibito a laboratorio. Spazio ormai pieno di oggetti che se devi cercare qualcosa, come dice Bea, ti fa pensare a quel giochetto della "Settimana enigmistica" tipo "Aguzzate la vista"! Poi magari, ma non dopo affannosa ricerca, trovi quel che cerchi. Ma non un tavolo (sgombro)! Non un incudine. Non una morsa da banco. Finisce che i tubolari mi si sforacchiano come burro, anche a bassa intensità, ma non si saldano. Non so come procedere. Un momento di scoramento. Poi l'idea: devo chiedere a Gigi! Dispone di una officina in cui col fratello e il figliolo suo fanno cose straordinarie. Ma ho pudore. Non tanto a chiedere, ormai credo che Gigi sia abituato. Mi dà fastidio l'idea di andare ad intralciare chi seriamente lavora da fabbro, chi lo fa per guadagnarsi onestamente la pagnotta (nonostante tutto! E su questo è meglio stendere un velo di silenzio pietoso, sennò me ne uscirebbero troppe!).
Gli telefono. "Gigi mi dài una mano?" Retorica necessaria. Lo farebbe cascasse il mondo. Ma è giusto informarsi prima, siamo in giorni in cui lo shopping compulsivo raggiunge il parossismo, anche in tempi di crisi.
Il risultato lo vedete nella fotografia. I ferri che ancora luccicano dopo i bagliori della smerigliatrice. Spero di riuscirmi a sdebitare con loro. Anche se so che sarà dura. Una nuova bellissima mangiatoia ora svolge il suo doveroso compito nella stalla. Mi fa piacere pensare che tutte le volte che ci metto su una mano sento la vicinanza degli amici, delle persone care.
Di una cosa non riuscirò mai a sdebitarmi. Del clima che ho assaporato in quella officina. Qualcosa di antico vi aleggiava. Tutti uomini che non si spaventano per il lavoro. Anzi ne vedono una opportunità. Ma non parlo dei guadagni, men che meno quelli facili.





Parlo del gusto. Anzi meglio, magari suonerà bestemmia inaudita alle orecchie nostre moderne, ma lo devo dire, all'amore per il lavoro. Un luogo - questo "Opificio del ferro" - che riunisce uomini col piacere di lavorare. E sottolineo uomini. Spazio maschile, riservato, esclusivo. In cui si può percepire la numinosità, in mezzo ad attrezzi, polvere e rumori, dell'operosità creatrice. La luce commovente che riaffiora nella creatività che l'uomo riscopre, e che la sciocca mentalità maschilista versus femminista moderna ha relegato all'ambito femminile. Lì gli uomini creano, oggi come da sempre. L'avidità mondana di ingrassare il conto corrente bancario non vi gioca alcun ruolo. Il lavoro è gratuito, grazioso, un dono di perfezione , un desiderio di aderire ad un modello che si ha in mente e che poi "vede la luce", in questo senso ispirato. Il martello o il fuoco riversano nel mondo cose buone, e gli uomini sono migliori. Non lottano tra di loro. Non competono nell'odio e nella rivalità. Anzi concorrono in una competizione a suggerire il piccolo consiglio, per fare meglio, per fare più agevolmente, per fare meno fatica e con miglior risultato. Ci si sente parte di una fratellanza i cui abiti possiedono lo stesso odore e le mani lo stesso identico colore.
Per un attimo è un sogno, un gioco, lila in sanscrito, il Gioco con cui Dio intrattiene i Suoi uomini, uniti, fraterni. Come qualsiasi padre vorrebbe vedere i figli suoi. I malsani stridori, la vita malvagia della cosiddetta "civiltà industriale" che riduce l'essere umano a "forza-lavoro", schiavo nell'anima, prima che nella carne, qui per un attimo tutto questo sembra svanito, dissolto come un brutto sogno il mattino. Come farò a sdebitarmi di questo?
Andandomene penso tra me, con cuore deliziato di una nascosta certezza, che peso potrebbe avere avuto sul loro essere solleciti e cortesi, non solo le capacità tecniche, l'amicizia, l'orgoglio virile del mestiere, tutte cose sacrosante, magari anche il fatto che si trattava di costruire una mangiatoia, di entrare in una stalla, lassù sperduta tra qualche valle, tra i boschi innevati dal candido mistero natalizio? Non era forse Janua bifronte il Dio caro ai collegia frabrorum, la corporazione dei fabbri, dell'antica Roma?



E il S. Natale di Gesù non succede nel III-IV secolo d.C. a quello dies natalis Solis Invicti. la Porta solstiziale attraverso cui ri-sorge il Nuovo Sole? Non è la Porta e le Chiavi un gran segreto dell'arte dei Fabbri?
Non è solo nelle mani di S. Pietro, ma anche in quelle, ben più umili, ma forse per questo più preziose, di questi magistri che troviamo la Potestas clavium?

lunedì 20 dicembre 2010

Vocatur sum


No non sono impazzito, ma è un dato di fatto. La vocazione è un qualcosa che molti di noi hanno dentro e può riguardare molteplici aspetti e dopo la chiacchierata di oggi ho finalmente trovato una spiegazione o meglio una definizione alla mia ostinazione a passare molto tempo là dove sento di essere a casa. A occhi superficiali potrebbe sembrare un posto inospitale e infelice ma non è così, almeno non per me. Come il mio amico Franco giustamente dice, lì risiede il mio Centro. Non è il centro inteso in senso commerciale di una città rumorosa e frenetica, ma è il centro di quel mondo astratto e impalpabile che non tutti riescono a scorgere. Ieri arrivando a casa ho visto che le mie erano le prime ed uniche impronte umane lasciate nella neve e ho provato una sensazione di purezza e di incontaminazione unica, il mio eremo, il mio rifugio non era stato violato in mia assenza. A tutti quelli che non capiscono il legame con la mia terra e le mie origini e l'antichità che che le contraddistingue alzo le spalle come un bambino e penso: peccato per loro!
Oggi in compagnia ho dato una risistemata al mio baricentro che riceve durante la settimana tanti scossoni. Tante parole, tanti discorsi, ma anche qualche silenzio.
Ora sono qua nel ventre che da "molle" è ormai "marcio" e ripenso a quella serpentina di curve bianche che mi ha portato vicino ai miei cari amici e lontano da tutto e tutti. Alla stufa sempre accesa che sembrava quasi annuire a certi discorsi pregni di emozioni primitive, alla passeggiata con le caprette che sembrano ignorare l'arrivo dell'inverno e a quei silenzi così frastornanti per chi non è di casa.
Lo scopo della mia visita erano gli auguri di Natale e a tal proposito vorrei solo dire che non importa quale sia il significato che voi gli attribuite, se credete o non credete e in caso affermativo in cosa o in chi, a mio parere nulla più di un abbraccio delle persone care, la neve fuori, il fuoco acceso e qualche regalo scambiato ad una tavola piena di gesti di amore ed amicizia travestiti da cibo incarna lo Spirito di questa festa, grazie della solita dose di coraggio e volontà e soprattutto grazie di questo anticipo di festa, di questo bel Natale anche se oggi ancora non lo era.




Vocatur sum

domenica 19 dicembre 2010

Circol-azione o Rivol-uzione?

Disordini in tante grandi città della Penisola. Roma brucia. Le immagini fanno il gioro del mondo. Rivolta giovanile? Violenza gratuita? La Gelmini con la sua riforma della scuola e dell'università? Infiltrati provocatori? Poi, qui e là, anche in qualche capitale europea... Sembra difficile ridurre tutto al governo Berlusconi, benchè il trasformismo italico abbia dato prove di essere arte ben connaturata al suo genio plebeo. Prima osannato, poi calpestato, non sarebbe il primo.


Il lento tramonto di un leader o di un regime? Contingenza politica o crisi di proporzioni tanto temute quanto spaventosamente ignorate?
Qui di mezzo una crisi economica di proporzioni non ancora ben note. Si sta giocando una partita che sembra l'ultima, escatologica per dimensione. Ne uscirà un mondo del tutto irriconoscibile rispetto agli equilibri che vediamo oggi. In discussione è l'assetto economico-finanziario-militare uscito dalla 2a Guerra Mondiale. L'attuale crisi viene paragonata a quella del '29. Previsione ottimististica. Fingiamo di crederci, anche se in realtà si può temere anche di peggio. Quella crisi economico-finanziaria è stata, provvisoriamente 'risolta', grazie alle distruzioni-ricostruzioni della 2a Guerra Mondiale, un toro che ha tirato la 'crescita economica', tra alti e bassi, per un mezzo secolo comodo. Per trascurare il particolare dei circa 60 milioni di morti!
Di fronte a questo scenario, i nostrani 'rivoluzionari' cosa fanno? Premono impazienti e nervosi per il timore di essere esclusi dal banchetto semi-secolare! Un giusto risentimento si potrebbe pensare... Ma come? La festa finisce proprio quando ... arrivo io? Non ci sono più posti a tavola, anzi il banchetto è alla frutta. E allora ecco l'accusa: "Ci rubano il futuro".
Vorrebbero prolungare il banchetto. "Senza investimenti nella ricerca e nella cultura non c'è sviluppo!". Le università non riescono più a stampare i gli ambiti biglietti d'invito. Le loro ricette scientifiche si rivelano inefficaci quando non controproducenti.
Come dire, rifinanziamo il sistema complessivo dell'abbuffata democratico-consumistica planetaria che ha condotto il ciclo al suo stesso esaurimento. Quello su cui si deve solo riflettere è sul fatto se questo sia o no la fase finale del percorso declinante. Certo che coloro che reclamano ad un impossibile posto a tavola, ritengono che, battendosi sufficientemente con forza e durezza crescenti, non sia impossibile conquistare un posto a tavola. Tuttavia ammesso che ciò sia possibile, il problema verrebbe soltanto rimandato in là, forse di una generazione.
Virile è combattere, si certo si potrebbe concordare. Ma non è eroismo combattere in battaglie che a ben vedere si rivelano perdute! D'altro canto non va sottovaluto il fatto che l'inasprirsi delle condizioni materiali, il clangore della battaglia, potremmo dire, più le miserie crescono e più i cuori si piegano dolcemente a desiderare ausilio, mitezza, solidalità nelle famiglie e tra persono, non più individualiste.
Forse è giunto il momento di tentare strade nuove, anzi antichissime. Esplorare dimensioni meno attive e più ricettive ed accoglienti, femminine in una parola.
La porta solstiziale è vicina. Il sole, come qualsiasi corpo che 'inverte' il suo percorso, si troverà in un luogo notevole. Vi è un punto matematico in cui per un attimo infinitesimale sarà fermo, vero significato della parola sol-stizio. In quel preciso momento la prospettiva si duplica in una identità ambivalente in grado di vedere nelle due direzioni: ben intendere quella percorsa e ben prefigurarsi quella che potrebbe essere.







giovedì 16 dicembre 2010

La Cerca della Luce: una storia occidentale.




Siamo nell'Ottava. A Siracusa credo sia ben nota la cosa.
Che cosa è?
Semplice.
Sono gli otto giorni che intercorrono tra il 13 ed il 21 dicembre. Tra Santa Lucia ed il Solstizio d'inverno. A Siracusa, l'Ottava viene riempita con riti religiosi. Ma in realtà, si è storicamente verificata dallo sfasamento dopo l'adozione del calendario gregoriano nel XVI sec. in sostitusione di quello più antico, giuliano, che poneva alla data del 13 dicembre, ricorrenza piuttosto leggendaria del martirio (passiones), di cui peraltro esistono almeno un paio di versioni, una latina e una greca, lingua siracusana del III-IV sec. Una parla di decapitazione e l'altra di sgozzamento.
Lucia, convertitasi al cristianesimo, si narra, martirizzata per fede, pur di preservare la sua purezza, ha infatti ottenuto una guarigione per sua madre. Si consacra e vende la dote e distribuisce ai poveri il ricavato. Viene denunciato dall'uomo respinto. E il clima di persecuzione instaurato da Diocleziano fa il resto. La narrazione è nota. Tutto, poi, si incentra sulla frase di Lucia: "Ai non credenti toglierò l'accecamento della loro superbia".
Lucia o Lukìa in greco tardo è il femminile di Lucius, deriva da lux, lucis. Luce. Veniva spesso attribuito ai neonati che "vedevano la luce", cioè nascevano, alle prime luci dell'alba.


E la data del 13 dicembre si spiega con l'antica convinzione che fosse "il giorno più corto che ci sia". Il Solstizio d'inverno. Segna la data ciclica della morte delle tenebre, e la ri-nascita del nuovo anno astrale, se non metereologico, della luce. Morte e vita a contatto. Buio e Luce. An-Nur, la Luce, è nella tradizione islamica uno dei nomi di Dio. Su questa sovrapposizione della rappresentazione antica e quella cristiana, ma non solo, si fonda il successo di popolarità della Santa.
Il nuovo ciclo è sicura promessa di un futuro rinnovamento deilla verzura, degli orti, dell'abbondanza . Ci dice che la morte è solo una morte, non la morte. Quindi l'usanza di fare doni di cibarie e di dolci, soprattutto ai bambini. Lucia è erede di Hera greca, la Giunone latina. Tra i suoi attributi, veniva chiamata Lucina. Legate ai raccolti agricoli. Buio e luce, richiama il Sole e la Luna. Apollo e Artemide o Diana. E il nucleo orginario greco di origine di Siracusa sorgeva sull'isola Ortigia, prospiciente il porto dell'antica pòlis. Si racconta che fu proprio un miracoloso intervento della Santa luciferina che, in occasione di una tremenda carestia, durante una processione si sparse in città la notizia dell'attracco, presso l'allora isola di Ortigia, dove anticamente sorgeva un tempio dedicato ad Artemide.



I dolci di Santa Lucia riproducono la coppia do occhi che secondo una tarda narrazione, la Santa si sarebbe da sola estratti. Spesso figurano nella iconografia martirologica.



Popolarità che si espande velocemente. Non poteva non ispirare la sensibilità nordeuropea, tradizionalmente vocata alla questione del rapporto buio-luce. Diventata celebre la figure verginea di Santa Lucia svedese con il candelabro con sette candele. Anche se di origine recentissima, sorta solo nel XIX sec., certamente le racidi nel cuore del profondo nord sono arcaiche e si rifanno al soggiacente strato solstiziale. Abito candido di purezza, luminarie sul capo, dolcetti natalizi.



Il fatto che la simbolica della luce attraversi cosi facilmente nel tempo e nello spazio l'orbe occidentale potrebbe indicarci quanto sia perssistente la cerca del rinnovamento ciclico, a dispetto di fuorvianti declinazioni pseudo-religiose postume che hanno tentato e tantano tuttora di imporre una pedagogia teologica. Come se le questioni riguardanti l'Immutabile, l'Eterno, l'Imperituro potessero acquisirsi tramite un'educazione, una propedeutica umana ad hoc finalizzata alla Sua diffusione, al proselitismo scolastico ed ecclesiastico, piuttosto che con lo sviluppo di un percorso iniziatico e intuitivo, non totalmente dipendente dallo sforzo umano.
Dure riflessioni vogliamo ora proporre.
La prima riguarda l'assoluta necessità di un collegamento, come in epoche passate il cristianesimo ha dimostrato di saper fare, con la Sapienza che precede nel Tempo, che non può in alcun modo intendersi come 'superata' da una moda successiva. Il caso più eloquente forse si potrebbe esemplificare come la ri-nascita dell'idea dell'Impero Romano in età medievale. La sua sacralità stabiliva così un arco pontificale tra la divinità dell' Imperium, la regalità del Cristo e la spiritualità germanica e nordica. Su questo punto, l'insegnamento di Guido De Giorgio che ha solide basi esoteriche, occorre dire che non è stato sufficientemente studiato e conosciuto negli ambienti colti europei, specialmente del secondo dopoguerra.
Infine, sembra si possa concludere con una osservazione sulle opportunità attuali del punto cosmico solstiziale, e la sapienza ciclica che esso comporta. Sembra essere il caso delle attese che le novelle luci di Lucia stanno sollevando presso molti nostri contemporanei intorno al 21 dicembre di quest'anno o del 2012. Ancora una volta, l'attesa redentrice che la morte del mondo moderno cui stiamo assistendo, col suo carico di pesantezze morali e materiali, non sia la morte, quella vera - ma solo una delle morti che ciclicamente si ripropongono, preludio della nuova Luce, albedo aurea invenientis.

FIAT Otomobàil

Il conflitto contrattuale nella Fabbrica Italiana Automobili Torino, quattro parole che corripondono solo con una certa difficoltà con la situazione attuale, sembrerebbe potersi riassumere nell'opposizione tra "contrattazione aziendale" e "contrattazione nazionale".
Questa industria nasce nel 1899, quindi la sua storia è lunga quasi quanto quella del Bel Paese. Nata negli anni della prima industrializzazione ottocentesca; tempi avventurosi, ricca dei primi colpi di mano finanziari e di nascita delle prime banche del Paese in età post-unitaria. L'Italia imparava come si gestiscono le imprese moderne, si comprano, vendono, si svalutano le azioni e i mille trucchi che rendono la nostra epoca essenzialmente senza purezza la sua quotidiane speculazioni borsistiche. Due guerre, il dopoguerra americano fino alla mondializzazione odierna. Che per ultimo sembra farle perdere definitivamente i suoi connotati.
Una epopea che si dissolve nel nulla. Lascia solo ceneri.




Un intreccio che è quasi impossibile riassumere. C'è di tutto e di più della decadenza moderna. Dall'avventurismo giolittiano al corporativismo del Ventennio, dal gramsciano "Ordine Nuovo" e la occupazione operaia e comunista delle fabbriche, la trasformazione antropologica di Torino e dell'Italia del dopoguerra, dalla Balilla alla Topolina, dalla Littorina alla Cinquecento. "Il fondatore della Fiat, Giovanni Agnelli, soleva esprimere tale linea di condotta con la massima 'Noi industriali siamo ministeriali per definizione' ". Ovvio, direi.
Ripercorrerne la storia, nel Secolo delle ideologie è un'opera impossibile. Ogni parola e ogni sentimento soffre di una contrapposizione graffiante, tanto radicale quanto tipica del nostro mondo. Ancora oggi, dico.
Il grande conflitto tra "Capitale e Lavoro" occupa tutto lo spazio mentale. Capitalisti-vampiri e Operai sfruttati esangui. Tertium non datur. Non ci è più nepure concesso di penzare, come faceva ancora P.P.Pasolini, al 'prima' delle catene di montaggio industriali italiane, al Paese contadino, medievaleggiante alla Boccaccio o alla Chaucer. Non gli restava che una desolante, inconsolata, inesorabile 'malattia' delle Borgate. Il Paese come una enorme borgata, un enorme, bidonville sennza speranza, senza futuro. Il Tertium non esiste semplcemente perchè la Storia tutta è vista come una storia di lotta di classi. Ad esser 'ottimisti', una machiavellica-hobbesiana bullum omnia contra omnes, un'unica, costanteguerra di ciuscuno contro tutti. Il "cannibalismo", come lo chiama Gigi. Ma nessuno fa un passo indietro, e mette da parte le ideologie per rivolgersi ad altre forme di pensiero, altre forme dello spirito.
Amava dire il "reazionario" polemista Pasolini, che le trasformazioni urbanistiche fasciste del tipo di Latina o Sabaudia non sono minimamente paragonabili, quanto a devastazione, a un decennio democratico post-belico. Suggestivo invito ad imboccare il tunnel suicida del poeta e regista.
Questa bicameralità cerebrale e ideologica non lascia sopravvivere nulla al nulla. Lo si vede in atto anche oggi in questa opposizione (surrettizia) tra contrattazione nazionale (democratica?) e aziendale (di destra?).
Se la "forza-lavoro" teme ora la 'cinesizzazione' sociale ed economica, non può che prendersela con se stessa, con chi l'ha sempre sostenuta, perchè considerandosi tale, marxianamente, getta le basi della conseguente cinesizzazione. D'altra, (ma teniamo sempre presente, che non è una 'vera' parte 'altra'), perchè mai dovrebbe essere l'Amministratore Fiat Marchionne a dar prove di italianità? L'internazionale non è (stata) una preoccupazione del movimento operaio ("spina dorsale" del regime "resistenziale"-democratico).
Internazionalismo e mondializzazione, due propagande per una sola realtà, da riconoscere, anche quando non piace...



venerdì 10 dicembre 2010

Spigolatura.


Cinquanta rabbini israeliani hanno firmato una lettera:
"Rispondendo a molte domande, diciamo che è proibito nella Torah vendere una casa o un campo della terra di Israele a uno straniero (foreigner) ", si appoggia al testo del Pentateuco, o i primi cinque libri della Bibbia.
Il testo, che è firmato da rabbini principalmente dipendenti dallo Stato, avverte che "colui che vende loro un appartamento in un'area dove gli ebrei provoca una grave danno ai suoi vicini".
"Dopo che qualcuno vende o affitta anche un solo appartamento, il valore di tutti gli appartamenti dei vicini precipita ... Colui che vende o affitta (a non ebrei) causa ai suoi vicini una grande perdita e il suo peccato è grave."
"Chiunque venda (una proprietà ad un non ebreo) deve essere tagliato!" (cut off, altrove si dice, con più eleganza, "ostracizzati").
Secondo Ynet, il sito israeliano di notizie, la lettera è stata pubblicata su giornali religiosi e distribuito nelle sinagoga di tutto il paese la scorsa settimana.

Fin qui le fonti.

Quello che vi propongo è solo un esercizio mentale. Provate ad immaginarvi non se una cinquantina di alti prelati cattolici, ma uno solo affermasse qualcosa di simile cosa succederebbe nel nostro Bel Paese ad un secolo e mezzo dalla sua nascita.
Improponibile. Forse anche divertente. Ma doveroso a sapersi.
E' ciò che "normalmente" accade, nel più assordante silenzio dei media occidentali, nell' "unica democrazia" del vicino Oriente. Curioso no?



Riferimenti:
http://www.americanfreepress.net/
http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=33724:dont-rent-to-non-jews-israeli-rabbis-warn&catid=35:worldwide&Itemid=152

martedì 7 dicembre 2010

Vi presento Adamo-Bibino, il papà del nostro gregge.

Qualche giorno fa, Enrico, un amico pastore, che sta in una marga non molto distante da noi, mi ha invitato a passare qualche ora insieme.
Con la consueta generosità e senso di ospitale amicizia, lui e Maria Rosa mi hanno fatto trovare una tavola ben imbandita, di ogni golosità: bollito, lingua salmistrata, bagna cauda, funghi trifolati, polenta e coniglio, queste le meraviglie. Ma la cosa più apprezzata e più gustosa per noi, comunque, è sempre l'amicizia su base personale, certo, ma anche tra montanari, ostinati a tenere un gregge di capre e pecore, nonostante tutto. Nonostante tutto cerchiamo di essere felici.
Contano molto le emozioni ed i sentimenti che si provano a condurre vite simili. Sentire le stesse preoccupazioni, gli stessi momenti di gioia e di riposo, gli stessi profumi, le piogge e le nevicate, la



frescura dell'ombra e il sole che brucia d'estate; conta molto vivere le stesse preoccupazioni per un sistema folle che volendo premiare l'allevamento in sostanza premia solo la quantità, con i contributi dati un po' così a tot di capi e di prati. Dicono di voler favorire l'economia montana. La si squalifica invece.
Non un tentativo attento alle qualità, attento a rendere fieri e orgogliosi di esercitare un lavoro antico e nobile, ricco di significati e simboliche tradizionali, sia che provengano dal sud dal mediterrraneo, sia che siano originari di questo che è un po' l' heartland dell'Europa, le Alpi.
Gli argomenti spesso puntano a far pettegolezzi su altri pastori e di tutti i mezzucci che vengono messi in atto per sbarcare il lunario. Ma alla fine, se ci si chiede perchè si fa il pastore, se lo si ha scelto o se si continua a farlo se lo hai ereditato (con tutti i patemi d'animo inerenti al possibile fallimento nel tramandare l'attività e i saperi da padre in figlio), la risposta è dura a venire. Non è facile da comprendere. Non saprei fare altro, oppure, mi piace questo lavoro, star con gli animali e immerso nella natura, solo qualcuno si spinge a contrapporre la scelta antieconomica di fare il pastore, contro altre più vantaggiose sistemazioni, con la stizza "del gran rifiuto", il rifiuto delle comodità che imprigionano la mente ed il corpo in un conformismo che corrompe l'autenticità dell'essere. Va bene. Ma resta sempre una scelta contro, piuttosto che per qualcosa.
In tal caso di solito mi limito a cesellare il ragionamento con una frase del genere: "E' una vocazione, ...a suo modo come quella dei preti!". Poi si ride, ironici ma anche, ci si rende conto solo in qualche angolo della mente oppure la si mette da parte questa parola per un altro momento, ci si rende conto che l'accostamento ha qualcosa di nobile. Lontani dalle propagande ecclesiastiche e pretesche, incenso non ve n'è per chicchessia; è il prestigio proprio di chi cerca un qualcosa oltre che conta, che nobilita. E' l'idea che il lavoro possa in qualche modo essere accostato al sacerdozio, al sacrum ducere, all'aspirazione a rimirare cose di un livello superiore e trascendente, pur partendo da cose molto concrete.
Ma è sempre un duro lavoro frenare Enrico, se appena si accorge che il tuo bicchiere di vino è vuoto, giù un'atro in men che ci se ne accorga!
Già che c'ero, mi ero ripromesso di utilizzare anche la visita a Enrico, per rivedere e far conoscere agli amici del Tracciolino l'uomo di casa:





Si tratta di Adamo, glielo ho ceduto l'anno scorso. Dovevamo trasferirci al Tracciolino, dove c'erano da fare ancora parecchi lavori per stemare la casa un po' decentemente, ed in parte c'è ancora molto da fare. Così l'ho lasciato in deposito da lui per un tempo. Quando sono ritornato per riprendermelo mi dice quello che accortamente mi aveva anticipato per telefono. "Dimmi quanto vuoi, ma non te lo posso restituire, è troppo bello!" Da capretto pubere che era, nel frattempo aveva raggiunto l'età di un prestante giovanotto ai primi approcci amorosi, fiero e auterove come si addice ad un bel becco! Non c'è che dire, Enrico sa come prendermi! Non potevo rifiutarglielo. Sicchè Adamo è diventato Bibino, come è stato ribattezzato. Enrico è molto contento di lui. Già dalla primavera scorsa il suo gregge, per la componente caprina, ha fruttificato un gran numero di capretti che era una gioia indicibile verli saltare per il prato scosceso e smeraldino, tra i mille fiori multicolore e i profuni dell'erba di questa estate.
Naturalmente anche noi abbiamo profittato delle doti di Adamo-Bibino. Lui è il padre di Brunilde, figlia di Bruna; nonchè futuro padre, se è nel disogno di Dio, di chi porta in seno Augusta, che se tutto andrà per il verso giusto, ci darà più gioia perchè è al secondo tentativo di maternità.
Ecco da dove vengono quelle strane macchie bianche isolate sul manto di Brunilde, sulle corna è presto per dire, pare assomiglino molto a quelle della mamma Bruna, ma c'è ancora modo di sperare che anche il papà possa aver trasmesso qualcosa del magnifico palco, che seppur ancor giovane, porta sulla testa.
Quando i buoni pastori si incontrano parlano anche di queste cose, felici come bambini!






mercoledì 1 dicembre 2010

Ai cari amici del Pollino si deve una risposta...




Leggiamo sempre e con avidità tutte le notizie che ci mandano i nostri due amici affezionati del Pollino, Indio e Vincenzo, al punto che le foto dei loro monti, dei borghi, degli alberi, anche a noi che viviamo lontano dal parco nazionale del Sud, riusciamo quasi ad indovinarne i profumi delle diverse stagioni, i suoni che il vento intona tra le fronte degli alberi, i sapori di quelle solitudini di quella terra.
Al punto che queste immagini ci sono diventate famigliari come quelle del Tracciolino. Dopo che i due amici hanno scritto i loro commenti, concisi ma profondi e mai banali, come sempre, commenti allo scritto del 9 nov. "Pastorale", ai cari amici devo una risposta. La cosa non è del tutto semplice, perchè meritano tutta l'attenzione di cui sono capace.
Lo meritano inoltre. Sono due giovani uomini 'in cammino', stanno cercando la loro strada, un cammino senza ritorno,e anche senza ritorni. Mi dice Indio: "E chissà che un giorno Franco, quando avrò terminato la mia battaglia, non faccia una scelta come la tua, ritornando pastore, come lo era mio nonno...!"
Vorremmo tanto per lui, ma anche per noi tessi, che così non fosse. Che non si dovesse aspettare "il termine della battaglia" per vivere i sogni veri dell'autenticità. Dovremmo poter vivere il sogno, il tempo del sogno, il nostro dreamtime come viene detto dagli aborigeni australiani nel loro inglese, come un fatto connaturato all'essenza umana. E non dietro una licenza o una concessione. Non dopo aver espletato i nostri doveri per assicurarci il necessario. Vorremmo ... ma cosi non è. Indio ci dà una lezione sulla inesorabilità, o presunta tale, della necessità materiale che costantemente ci chiama al compromesso. Non è ragionevole pretendere un simile sacrificio, una simile rinuncia delle comodità e degli agi (o presunti tali) ad un giovane che ha, comme on dit, la vita davanti. Non gli si può chiedere di vivere la via tradizionale. Anche Vincenzo, nel suo commento, similmente, sottolinea questa necessità dei due tempi: "E' difficile vivere questa contraddizione...". Si, vero.
Ma siamo sicuri che pensare al vivere la montagna, come metafora dello sforzo di vivere nel solco della tradizione, sia una scelta per vecchi? O per pensionati?
Mi viene da pensare ad una frase di A. K. Coomaraswamy, la ricordo come una frase secca ed ostica. L'eterno si trova tra due momenti successivi della linearità del tempo. Noi ci collochiamo nel discreto, tra i due momenti. Voi prima, noi, io e quelli come me, dopo. Dovremmo forse collocarci in un continuum, che conosca la capacità di 'contemplare' i due momenti del discontinuo, del discreto. Prima la "battaglia", poi il "pastore", come il nonno...


Come questo "nonno", che non andrà mai in pensione, non perchè non riesce a farcela con le contribuzioni o per la precarietà della sua esistenza (ben più tragica è la privazione... esistenziale e non solo economica). I suoi occhi guardano i nuraghi senza tempo, guardano al dreamtime, eppure ha una sua storia e un suo tempo. I nostri occhi vedono la Sardegna della Costa Smeralda, Porto Cervo, Villa Certosa, o il Millionaire... non quella delle pietre nuragiche. Ma altrettanto fuorviante, è la visione delle lotta politica e sociale del recente movimento del pastori sardi, che destra e sinistra sgomitano per capeggiare. Non lasciamoci prendere dalla "contraddizioni" del reale. Non sono vere contraddizioni, solo due aspetti dello stesso fenomeno. Il latte di pecora rumeno o cinese costerà sempre meno di quello sardo. E quindi anche i formaggi. E gli agnelli avranno un valore inferiore, per noi sardo-occidentali, a quello del fieno che mangiano. O anche i pastori-pellerossa che rapirono, al tempo, De André, ideologizzati fino a capirne (si fa per dire) la primitivà di comodo, una primitività progressista e/o anarchica. No al partito del Sand Creek, o ai partiti in genere. Non possono porsi al centro, cose che non conoscono il centro. Sono destinatiti, fin nel loro nome medesimo, a restare di 'parte'.
Non affidiamoci alla nostalgia quando assistiamo impotenti alla dissoluzione di una gloriosa civiltà arcaica, speculare all'evoluzionistica "età della pietra". Perchè noi sappiamo che l'eterno si colloca tra i due attimi, e le pietre non sono che pietre... a meno che non le si guardi con "terzo occhio", come voi guardate i monti del Pollino ed noi le Alpi, cattedrale naturale dell'Europa.
Quello che dobbiamo fare è 'solo' provare ad intrecciare i nostri sguardi, le nostre visioni, qui o altrove. Su queste pagine o su quelle del vostro Leucodermis. Continuiamo a camminare, ad inoltrarci nel percorso comune. Rimaniamo in contatto. Scriviamoci le nostre esperienze interiori. Attiviamo la vigilanza, la Vigilia si approssima. Sottoponiamo a lavacri purificatorii rituali i nostri sguardi. Lavoriamo insieme. Dedichiamoci all'Opus, ciascuno facendo ciò che sa e che vuole fare. Viviamo insieme. E il nostro sogno si identificherà con il reale, indistinguibili. Questo penso, e... propongo.
Sparirà ogni strategia dei due tempi, ogni dualità, come scompare ciò che non è mai esistito. Perchè per noi, importa solo ciò che si trova tra due attimi.... Un ponte, un arcobaleno unirà gli spiriti in una fratellanza. Anche questo penso, e... propongo.


Non crediate che tutto questo serva a scansare la proposta di Vincenzo, quella di farci visita al Tracciolino, l'estate prossima. Anzi. Ci farebbe un enorme piacere potervi ospitare. Ma le due cose, quasi, non si intersecando. E avremo anche modo e tempo di riparlarne, per tutti i particolari...

Siederemo insieme, per terra, a raccontarcela...



L'approccio teologico al preservativo.

Carla Bruni-Sarkozy

Carla Bruni-Sarkozy, premiere dame di Francia, si è detta «stupita, sorpresa e riconoscente» dopo le aperture del papa Benedetto XVI sull'uso del preservativo: «Penso - ha proseguito Carla Bruni -che si tratti di un passo piuttosto enorme verso qualcosa di molto nuovo. Sono stata - ha ripetuto - stupita, sorpresa e riconoscente».

Le anime più pie guardano a Sua Santità come ad un faro! Complimenti. Indubbimente ha di che andarne fiero.

Ricorda molto da vicina quella Duchessa, di cui si un raccontava nei sontuosi palazzi di San Pietroburgo, Giunta in paradiso chiede di incontrare Dio, quando arriva al suo cospetto si sfila il guanto, Gli tende la mano e Lo apostrofa : "ho sentito molto parlare di lei a casa dei Principi Bolkonskij". La teologia modernista ha una nuova fan!

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei... ce ne sarebbe da dire! Del resto parlare di castità, verginità e purezza è chiaramente poco popolare nell'universo democratico, tanto vale adeguarsi ai sondaggi Doxa, e non ai pricipii della Tradizione! A chi spetta di mantere la barra della Navicula Petri, la custodia del Depositum fidei, sulla giusta rotta di navigazione se non al Pastore di Roma?