domenica 27 ottobre 2013

Guarigioni.

Con il termine montagnaterapia si intende definire un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzato alla prevenzione, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso é progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna.
Le attività di Montagnaterapia vengono progettate ed attuate prevalentemente nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, o in contesti socio-sanitari accreditati, con la fondamentale collaborazione del Club Alpino Italiano (che ne riconosce ufficialmente le finalità e l’Organizzazione Nazionale), e di altri Enti o Associazioni (accreditate) del settore.


Ma se fa bene alle persone fragili chissà che bene potrebbe fare a quelle 'sane'! Se fai l'artigiano, come ad un panda, ti portano le scolaresche a vederti, e fanno loro pasticciare qualcosa, anche di terapeutico, che vagamente gli assomigli, e vagamente assapori, dileggi e parassiti la bellezza originaria . Se vai a vivere in montagna vengono i turisti a guardarti per un giorno con occhi compassionevoli. Se fai il pastore in montagna, puoi elargire i privilegio di puzzare di stalla in modo sublime e inenarrabile, per un giorno... un giorno che ti vendono come ritorno all'autenticità.


Per un giorno puoi sentirti uno Sioux dele praterie o un cacciatori di bisonti, puoi vivere nell'outback australiano a inseguir canguri, abbrustolire jeki sul fuoco, e correre nel bush con in mano un boomerang e con le chiappe bianche dalla forma della sedia dell'ufficio... 

Vai, vai, bimbo, divergi e divertiti.

Comunque sappi, le tue radici sono lì, pronte e rigermogliare. Sono sempre disponibili a rivivere, a risvegliarsi alla vera vita. Tutto può ridiventare autentico, tanto le imprecazioni, e ne avrai di motivi per imprecare, quanto le gioie e ce ne saranno molte di ragoni per gioire. Devi solo cercare di essere tutt'uno con te stesso. Uno con le parte che se ne sono allontanate, al richiamo di chissà quale chimera, chissà quale seduzione.

Le tue radici sono lì che ti attendono, ma non per un giorno di 'politically correct', non come un prostitutorio incontro occasionale, ma come una Madre paziente che di buon grado sorride alle acerbe intemperanze del bambino sciocco che presferisce andar per conto suo, impreparato e supponente, piuttosto che attacarsi al buon seno caldo che lo nutre...
Non fate com'agnel che lascia il latte
      de la sua madre, e semplice e lascivo
  seco medesmo a suo piacer combatte!
Paradiso, V, 84.
Che, se non la Madre, capisce l'immaturo frutto dei suoi visceri ed è ancora pronta a rassicuralo, quel bambino spaventato dai suoi graffi, dalle sue offese, che gli paiono enormi, irreparabili,ma immemore che era tutt'Uno con la Madre, trema perchè pensa di essere solo. 

sabato 5 ottobre 2013

La mia mano sinistra.


Ogni sasso ha una storia. E non solo geologica. Anzi quella geologica è quella che meno mi sa rapire.
I sassi sono lavorati, e il lavoro li rende belli.
Il modo piu sempice di lavorarli è quello di giustapporli. A guisa di linee, cumuli, forme, o solo accostarle, combinarne i colori e conferire le forme suggerite dai colori stessi.



Il muro e la muraglia, e mio padre muratore. Mi sembrava un lavoro, il suo, eccessivamente tirato, perfezionista. La cazzuola correva veloce come in una danza a lisciare, aggiungere, togliere e poi attendere, la sabbia si rapprende, o si inumidisce di nuovo, come in un gioco in cui non si vuole mai smettere. Interminabile. Ma forse percepivo un suo amore che me lo rapiva.
E la sera a casa, a godersi la fatica, il dolceamaro della vita, mentre fuori è buio e, spesso, anche freddo.



Costruiva e riparava case, finestre, tetti, come capitava. Non ne ha mai posseduta una. Quanto felice lavoro avremmo potuto fare insieme, e continui  insegnamenti... Quante riparazioni legano insieme le pietre del cuore! Desiderio di costruire, ospitare, riparare, restaurare il vecchio con l'antico.
La fabbrica come una promessa. Grazie all'età e al servizio notturno volontario nella squadra antincendio, si era forse evitato l'Albania e la Grecia. Intendo la guerra.
La più bella eredità che mi ha lasciato è stato il gusto di sporcarmi le mani. Una specie di ponte, un gusto, a volte amaro a volte inestimabile, unico, di stare a metà, di essere sempre in mezzo, una devozione a Giano, tra il manuale e l'intellettuale; pagando sempre di tasca mia lo scotto di non essere mai a casa in nessuna delle due dimensioni e un poco in entrambe. Metaxù.
Mi ha lasciato il gusto per l'uso della mano sinistra, e con essa che dispongo anche io, a mia volta, i sassi, i chiodi e i legni. Io, sempre diverso dagli altri. Il maestro mi bacchettava letteralmente, mettendomi la penna davanti sul banco a mo' di esca tentatrice. Per vedere quale mano avrei mosso per prima. E la ragione doveva frenare l'istinto. La base di tutto.
Alla sera, per cena, avevo uno speciale cucchiaio, unico dei fratelli, con la parte concava a contenitore girata, quasi fosse una stampella ortopedica ad educarmi, a emendarmi nel 'vizio'. Quattro figli, anche se non tutti presenti contemporaneamente. Due maschi e due femmine. Due destrimani e due mancini. Anche questa simmetria  mi sembrava per nulla casuale e rendeva la tavola più bella, con una sua logica d'essere. 
Forse, se mi avessero concesso fin da bimbo di scrivere con la mano sinistra, come usano fare oggi seguendo le pedagogie antirepressive moderne, a volte penso che non avrei mai imparato a scrivere da destra a sinistra, a vedere le cose da un altro punto di vista. Non avrei appreso ad amare la solitudine, la poesia delle case abbandonate di montagna, a vedervi la vita che vi pulsava, a soffermarmi su ogni singola crepa, a guardare con sospetto i muri intonacati perchè così nascondono di cosa e come sono fatti in realtà. E sognare, tanto sognare, un magico ritorno della vita, degli uomini e delle donne, e delle bestie.
Soprattutto non avrei sentito quel forte desiderio, un sentimento di nostalgia, di pressante urgenza riparatrice, nel vedere quegli infissi bruciati dal sole e dal gelo. Un desiderio inesauribile di riportarli in vita, come mi accade sempre vedendo i muri a secco di case o terrapieni. Il mio pensiero va automatico alle mani che hanno sovrapposto quelle pietre. Provato e riprovato l'incastro delle forme. Un tempo che ritorna.
Un sentimento forte e greve da reggere come i sassi da sollevare, uno per uno. Nel mio eremo di Naulìt, i sassi erano i miei migliori e leali compagni. Mai mi avrebbero tradito. E quando, la mattina, sapone e asciugamano, mi recavo alla fonte limpida e fredda, mi sembrava di recarmi da un gigantesco papà del neolitico, da cui sgorgava non acqua, ma un canto argentino puro, modesto fino all'impudicizia di sfidare il tempo. Naulìt, un mosaico rustico come le gote di ciliegia marezzate di una sposa giovane al pascolo coi suoi armenti.



E risuona ancora nelle mie orecchie il canto di quel fontanile di montagna sperso nel silenzio dei monti e mi sembra di essere ancora là, dove vola il mio spirito, dove a lavarsi c'era da bagnarsi i piedi.
Ora cumuli di pietra, crollati nel disordine e nell'incuria. Travi pericolanti, balconcini lignei insicuri e traballanti, in realtà ancora ben solidi come querce incastonate nei muri. I sassi impolverati e antichi parlano alla mano che li accarezzi, senta la profonda umiltà della loro fatica e sapiente arte del giustapporsi, sceglierli, scheggiarli, incastrarli, combinarne le forme come nel gioco dell'eterno fanciullo.
Là, dove a metà strada la fatica del lavoro si unisce al piacere del lavoro, dove il mestiere si confonde con l'arte, l'arroganza del denaro vi è bandita e ogni opposizione si concilia nel silenzioso, antico mestiere del fare.

giovedì 3 ottobre 2013

Il Silenzio dell'Amante

La Terra si prepara a indossare di nuovo la sua veste più virginale, il manto di neve traforato da un delicato ricamo, gentile e calmo, silente. La montagna finamente sola dagli schiamazzi turistici, silenziosa, umida e calda, tiene nel suo grembo nero i semi che a primavera fioriranno, secondo l'antica promessa...
La Terra si prepara a indossare di nuovo la sua veste più virginale, il manto di neve traforato da un delicato ricamo, gentile e calmo, silente. La montagna finamente sola dagli schiamazzi turistici, silenziosa, umida e calda, tiene nel suo grembo nero i semi che a primavera fioriranno, secondo l'antica promessa...