Un commento a quanto scritto i precedenza riguardante il trattamento crudele inflitto, in generale, a molte se non tutte le specie animali e in varie modi più o meno cruenti (Questioni di fondo del 28.2) e in cui si propone anche un video, ci spinge ad esporre alcune osservazioni che riteniamo non di trascurabile interesse
Conoscevamo il filmato, ma evidentemente ci era sfuggita la parte iniziale. In questi minuti il film, per altro piuttosto crudo e di caratere puramente documentativo in cui efferatezze sanguinarie e gemiti e sofferenze strazianti quanto inutili sono passate in meticolosa ed impietosa rassegna, quì si può notare, come se si trattasse di una cornice introduttiva, un inquadramento esplicativo più ampio che coinvolge anche la violenza umana rivolta contro la sua stessa specie. E fatalmente, le inquadrature scelte ad esemplificazione di un equiparamento tra storia umana e mattanza animale e a livello industriale, le 'stereotipe' inquadrature risalenti alla II Guerra mondiale, quelle del leader di una potenza belligerante e scheletrite immagini di reclusi in campi di concentramento.
Non nutriamo alcun interesse per le diatribe storiche o politiche, men che meno assumerci una propettiva di parte, giacchè ciò che avviene a livello empirico nelle vicende della storia plurimillenaria del genere umano, l'ordina manifesto delle cose, vien in via preliminare predefiito da determinazioni che avvengono a livello metafisico e lo trascendono. Dall'affermarsi di condizioni di mutamento e di moltiplicazione di fattori causali che rendono il quando empirico sempre più difficile da sintetizzare con gli strumenti di indagine storica che si sono andati affermando negli ultimi secoli di una ben più lunga storia umana. Anzi , il moltiplicarsi dei fattori esplicativi sembra generare un labirinto sempre più intricato, tale per cui la verità 'dei fatti', più che dal dipendere dai princìpi, sembra essere prodotto frammentario, parziale, un frutto artefatto di propagande contrapposte.
Che la Verità vada inabisssandosi nei tempi moderni, non è poi un gran novità. Così come i labirinti epistemologici delle scienze moderne più che portare alla luce 'fatti' assomiglia sempre più ad una cortina fumogena, un ginepraio, un labirinto in cui vince chi fa la voce più grossa, ed è in grado di manipolare e persuadere gli altri dei 'fatti'.
Può essere degno di interesse, d'altro canto, osservare come la violenza sugli animali venga intesa come una questione di pertinenza degli 'stati inferiori' degli esseri umani, scaturita da una 'fatto' aggressivo tipico dell'essere umano che quindi, non meraviglia, si manifesterà su ancor più con ampie proporzioni di cinismo sugli indifesi animali.
In altri termini questo implica un evidente errore di carattere dottrinale. Riconducendo la incuranza umana verso gli animali ad una sfera del tutto profana tipica delle scienze moderne che prescindono e si contrappongono ad ogni realtà che sfugge ai sensi, non si fa altro che ripercorrere una strada già nota al procedere del pensiero razionale e meccanicistico moderno, un percorso già collaudato, di eliminazione delle componenti tradizionali ereditati tese a conservare tenacemente la Verità dalla disgregazione materialistica.
Nel nostro breve scritto, l'incuranza verso gli animali, in generale che è andata diffondendosi a tutti i Continenti di pari passo con l'espansione e il declino dell'Occidente, veniva posta a confronto con il trattamento che riserva loro le civiltà tradizionali. Civiltà indigene, che erroneamente vengono definite "primitive" ma che sarebbe più corretto chiamare 'primigenie' poichè hanno saputo protrarre, più di quanto abbiano saputo fare noi, la coscienza di una filiazione, una 'primogenitura' del Creatore. Questo ricordo, dhikr secondo la tradizone islamica, anàmnesis nel linguaggio di Platone, è in ultima analisi l'elemento che fa la differenza anche nelle relazioni con gli animali: non organismi portatori di 'diritti' come pretendono ambientalisti, animalisti, ecologisti, verdi, opinioni molto diffuse nella mentalità moderna, ma esseri posizionati in diversi livelli e collocati in una precisa gerarchia, che comprende anche vegetali ed minerali, a seconda degli stati gerarchici di una coscienza universale.
C. Eastman - uno Sioux egli stesso, ma per così dire "civilizzato" - parla della grande naturalezza con cui gli Indiani d'America, avvezzi ai grandi spazi solitari e ai profondi silenzi della loro 'incontaminata' Natura, contemplassero il "Grande Mistero", "senza complicazione interiore - dice - ...perchè ogni discorso è necessariamente debole e imperfetto..."
D'altro canto, la fragilità delle opinioni dei progressisti moderni, sopra ricordati, si tradisce allorchè il rispetto dei 'diritti' animali che si vorrebbe 'universale' scende ad un pragmatico compromesso ecosistemico che essi chiamano "sostenibile". Cosicchè si uccidono comunque, però prediligendo forme di morte dolce, che ricordono inevitabilmente l'eutanasia. 'Traguardo' che i progressisti propongono tanto per gli animali quanto per gli esseri umani.
La mentalità tradizionale riconosce una profonda affinità, identificazione tra e con animali, vegetali , fenomeni naturali e uomini. Un'autentica parentela. Il sapere profano moderno chiama questo atteggiamento "totemismo" e ne studia ogni forma di relazione esteriore, precludendo così ogni possibilità di comprendere le valenze prettamente spirituali di tale "parentela".
Del resto, Gesù stesso nega energicamente, a beneficio dei "cuori induriti", di cui i moderni senz'altro sono gran parte, il valore della consanguineità di figliolanza e di parentela rimarcando il primato assoluto dello Spirito. «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luc 14:26-27). "E' lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla" (Giov. 6:63). Odiare padre e madre non osta con il comandamento divino di onorarli. Impone semplicemente di non idolatrare il sangue, la discendenza fisiologica.
L'uccisione è senz'altro vissuta con angoscia e colpa (vedasi anche "Uccidere o sacrificare?", 26.1). Vero è che l'asettico processo industriale dei mattatoi mettono al riparo da queste sgradevolezze. Un conto è vedere, udire, odorare il fluire del sangue; un altro è trovare parti animali, fredde, ripulite e anemiche, sui banchi frigoriferi.
Me il vero rompicapo per la mentalità moderna è il sacrificio, cioè l'uccisione rituale. Non deve stupire che il sacrificio rituale risulti ostico agli occidentali: è una conseguenza necessaria del processo di secolarizzazione. Prima di essere in causa il sacrificio, è il rito che costituisce un'azione, un gesto, di cui si è smarrito il senso.
L'azione viene compresa e giustificata in virtù delle sue conseguenze. L'azione deve essere produttiva, o quantomeno finalizzata ad un risultato concreto e utile. Ci si interroga sull'utilità dell'arte. A che serve un quadro da appendere al muro? Una scultura è altro da un soprammobile? La padrona di casa spera solo che si intonino con il colore dei divani e delle tapezzerie!
Ma che dire del rito? A che serve? Chi pensa che si debba collaborare con il Cosmo perchè continui a perpetuarsi? Chi pensa che viviamo nella dimensione del manifesto, del frammentato, del molteplice, dalla frantumazione di un Essere primigenio, primario, supremo? Dall'Uno ai suoi frammenti di cui una volta erano parte? Ma, soprattutto, che da questa condizione di esilio dei pezzi si possa procedere ad una sua ricomposizione? "Radunare ciò che è sparso"?
I pezzi sono i frammenti nostri parenti, vanno amorosamente ricomposti, coagulati, fusi di nuovo in una lega, dopo la dissolvenza.
Tutt'altro che inutile, il rito del sacrificio è persino necessario. Agnus Dei qui tollis peccata mundi. Il sacrificio dell'agnello ricompone la frattura, il frazionamento, riconcilia l'ordine manifesto delle cose che la dualità fa spofondare in un conflitto, in abisso di sofferenza e ritorsioni cieche, che portano alle estreme conseguenze del ciclo.
"L'essenziale, nel sacrificio - scrive A.K. Coomaraswamy - è in primo luogo dividere, e in secondo luogo riunire", L'Essere Supremo, Mahapurusha, "essendo uno, diventa molti, ed essendo molti, ridiventa uno" (Induismo e buddismo, pag. 26 ). "Da Lui veniamo e a Lui torneremo", auspicano parole coraniche, se siamo stati 'mondati' sul Ventilabro divino.
L'azione rituale è intesa a ripristinare uno "stato primordiale". In altri termini, per la mentalità empirica e materialistica, non serve a nulla, come è l'arte (modernamente intesa). Ma come l'arte inutile è divenuta, seguendo un processo di degradazione, poichè tradizionalmente l'arte, ars, era bellezza e utilità indistinguibili, così il rito è divenuto atto inutile e superfluo, frutto di un processo di smarrimento del sacro, poichè nelle varie tradizioni la ricomposizione del Cosmo (rta) significava precipuamente liberarsi dall'utilità dell'azione, dall'aspettattiva dei suoi frutti, e l'uomo celebrante si sacrifica anch'egli, poiché intraprende il cammino della sua estinzione, di lavoro che è purificazione e non produzione.
Ci si preoccupa subito: come soddisfa le necessità materiale una civiltà purificata, solare? Il celebrante, il brahman, morendo al mondo che bisogno ha di nutrirsi? Con il termine sancrito di amrta, evidentemente collegato a rta, si indica la bevanda degli Dèi, soma il cibo, come presso i greci, ambrosia era il loro nettare. Manna cibo del cielo. Perchè preoccuparsi dei processi gastrici quando ci si pone l'obiettivo della transumanazione?
Il sacrificio quindi non nutre, non rende il cibo ritualmente puro, anzi ci eternizza, lo rende superfluo. Lungi dall'essere azione riservata ad un gruppo privilegiato - se così fosse si autovanificherebbe - è opera collettiva, solidale, coagulata e coagulante (nel Medioevo, non v'era corporazione che non si mettesse sotto la protezione di un Santo). "Richiede la cooperazione di tutte le arti, il che assimila il sacrificante a Vishwakarma stesso" (R.Guénon, I simboli della scienza sacra, pag. 261). L'artigiano, nè operaio nè artista, è il servo che lavora alla "vigna del Signore". Vi è un che di costruttivo nella parola Vishwakarma, l'Onnipotente, il Grande Architetto dell'Universo, il Demiurgo. L'artigiano che non segue la sua legge egotica, ma persegue la perfezione in ciò che fa, si libera del frutto delle sue azione e si nutre della perfezione della sua azione ormai purificata, è divenuto un sacrificante (sacrum facere). Lavora come Dio comanda, e ciò facendo partecipa al Vishwakarma.
Altro si potrebbe aggiungere, ci premeva mettere in guardia dai tanti "falsi profeti", veggenti e illuminati fasulli, quanto mai attivi nella nostra epoca. Il loro segno caratteristico e inconfondibile che svela il loro inganno in mezzo ad una mescolanza di vero e di falso apparentemente indiscernibile, è il loro cedimento perso il molteplice, il materiale, il concreto, il mutevole.
Massimo Fini, saggista e scrittore, anima fine e critica della modernità, respinge tanto il capitalismo quanto il comunismo, destra e sinistra si identificano in linguaggi diverssi al materiaalismo. Propone un umanismo puro, autentico. Ma come non è proprio da questo Umanesimo, che altro non è che un modo di dire discostamento daDio, che ono cominciati i nostri guai?
Altri ancora vedono un approssimarsi dell'Età aurea del risveglio spirituale nei sommovimenti politici nel Nord Africa, apportatori di un rinnovamento democratico, in primis, in Egitto, l'antica terra nera dell'al kimia, delle Piramidi indecifrabili e della Sapienza astronomica dei suoi sacerdoti, che magari preludono ad atterraggi di alieni e mirabolanti astronavi, a cavallo tra il Nilo e gli Aztechi. Ma come la democrazia un segno di rinvigorimento ciclico, di "riforma della mentalità moderna"? Ma il male non è la medicina! Come dire che le scienze sperimentali dànno conferme a ciò che la Tradizione prevede. Che Dio ha bisogno di "prove della sua esistenza" per rendersi credibile!
Si. Magari nel 2012.
Potremo, in futuro, sempre più imbatterci in pseudo guru - alla stregua di chi rifiuta la macellazzione per motivi che si rifanno alla storia e alla politica -, che mentre parlano del Kali-Yuga se la dànno a gambe, di soppiatto, portandosi via la cassaforte sotto il braccio!
Conoscevamo il filmato, ma evidentemente ci era sfuggita la parte iniziale. In questi minuti il film, per altro piuttosto crudo e di caratere puramente documentativo in cui efferatezze sanguinarie e gemiti e sofferenze strazianti quanto inutili sono passate in meticolosa ed impietosa rassegna, quì si può notare, come se si trattasse di una cornice introduttiva, un inquadramento esplicativo più ampio che coinvolge anche la violenza umana rivolta contro la sua stessa specie. E fatalmente, le inquadrature scelte ad esemplificazione di un equiparamento tra storia umana e mattanza animale e a livello industriale, le 'stereotipe' inquadrature risalenti alla II Guerra mondiale, quelle del leader di una potenza belligerante e scheletrite immagini di reclusi in campi di concentramento.
Non nutriamo alcun interesse per le diatribe storiche o politiche, men che meno assumerci una propettiva di parte, giacchè ciò che avviene a livello empirico nelle vicende della storia plurimillenaria del genere umano, l'ordina manifesto delle cose, vien in via preliminare predefiito da determinazioni che avvengono a livello metafisico e lo trascendono. Dall'affermarsi di condizioni di mutamento e di moltiplicazione di fattori causali che rendono il quando empirico sempre più difficile da sintetizzare con gli strumenti di indagine storica che si sono andati affermando negli ultimi secoli di una ben più lunga storia umana. Anzi , il moltiplicarsi dei fattori esplicativi sembra generare un labirinto sempre più intricato, tale per cui la verità 'dei fatti', più che dal dipendere dai princìpi, sembra essere prodotto frammentario, parziale, un frutto artefatto di propagande contrapposte.
Che la Verità vada inabisssandosi nei tempi moderni, non è poi un gran novità. Così come i labirinti epistemologici delle scienze moderne più che portare alla luce 'fatti' assomiglia sempre più ad una cortina fumogena, un ginepraio, un labirinto in cui vince chi fa la voce più grossa, ed è in grado di manipolare e persuadere gli altri dei 'fatti'.
Può essere degno di interesse, d'altro canto, osservare come la violenza sugli animali venga intesa come una questione di pertinenza degli 'stati inferiori' degli esseri umani, scaturita da una 'fatto' aggressivo tipico dell'essere umano che quindi, non meraviglia, si manifesterà su ancor più con ampie proporzioni di cinismo sugli indifesi animali.
In altri termini questo implica un evidente errore di carattere dottrinale. Riconducendo la incuranza umana verso gli animali ad una sfera del tutto profana tipica delle scienze moderne che prescindono e si contrappongono ad ogni realtà che sfugge ai sensi, non si fa altro che ripercorrere una strada già nota al procedere del pensiero razionale e meccanicistico moderno, un percorso già collaudato, di eliminazione delle componenti tradizionali ereditati tese a conservare tenacemente la Verità dalla disgregazione materialistica.
Nel nostro breve scritto, l'incuranza verso gli animali, in generale che è andata diffondendosi a tutti i Continenti di pari passo con l'espansione e il declino dell'Occidente, veniva posta a confronto con il trattamento che riserva loro le civiltà tradizionali. Civiltà indigene, che erroneamente vengono definite "primitive" ma che sarebbe più corretto chiamare 'primigenie' poichè hanno saputo protrarre, più di quanto abbiano saputo fare noi, la coscienza di una filiazione, una 'primogenitura' del Creatore. Questo ricordo, dhikr secondo la tradizone islamica, anàmnesis nel linguaggio di Platone, è in ultima analisi l'elemento che fa la differenza anche nelle relazioni con gli animali: non organismi portatori di 'diritti' come pretendono ambientalisti, animalisti, ecologisti, verdi, opinioni molto diffuse nella mentalità moderna, ma esseri posizionati in diversi livelli e collocati in una precisa gerarchia, che comprende anche vegetali ed minerali, a seconda degli stati gerarchici di una coscienza universale.
C. Eastman - uno Sioux egli stesso, ma per così dire "civilizzato" - parla della grande naturalezza con cui gli Indiani d'America, avvezzi ai grandi spazi solitari e ai profondi silenzi della loro 'incontaminata' Natura, contemplassero il "Grande Mistero", "senza complicazione interiore - dice - ...perchè ogni discorso è necessariamente debole e imperfetto..."
D'altro canto, la fragilità delle opinioni dei progressisti moderni, sopra ricordati, si tradisce allorchè il rispetto dei 'diritti' animali che si vorrebbe 'universale' scende ad un pragmatico compromesso ecosistemico che essi chiamano "sostenibile". Cosicchè si uccidono comunque, però prediligendo forme di morte dolce, che ricordono inevitabilmente l'eutanasia. 'Traguardo' che i progressisti propongono tanto per gli animali quanto per gli esseri umani.
La mentalità tradizionale riconosce una profonda affinità, identificazione tra e con animali, vegetali , fenomeni naturali e uomini. Un'autentica parentela. Il sapere profano moderno chiama questo atteggiamento "totemismo" e ne studia ogni forma di relazione esteriore, precludendo così ogni possibilità di comprendere le valenze prettamente spirituali di tale "parentela".
Del resto, Gesù stesso nega energicamente, a beneficio dei "cuori induriti", di cui i moderni senz'altro sono gran parte, il valore della consanguineità di figliolanza e di parentela rimarcando il primato assoluto dello Spirito. «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luc 14:26-27). "E' lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla" (Giov. 6:63). Odiare padre e madre non osta con il comandamento divino di onorarli. Impone semplicemente di non idolatrare il sangue, la discendenza fisiologica.
L'uccisione è senz'altro vissuta con angoscia e colpa (vedasi anche "Uccidere o sacrificare?", 26.1). Vero è che l'asettico processo industriale dei mattatoi mettono al riparo da queste sgradevolezze. Un conto è vedere, udire, odorare il fluire del sangue; un altro è trovare parti animali, fredde, ripulite e anemiche, sui banchi frigoriferi.
Me il vero rompicapo per la mentalità moderna è il sacrificio, cioè l'uccisione rituale. Non deve stupire che il sacrificio rituale risulti ostico agli occidentali: è una conseguenza necessaria del processo di secolarizzazione. Prima di essere in causa il sacrificio, è il rito che costituisce un'azione, un gesto, di cui si è smarrito il senso.
L'azione viene compresa e giustificata in virtù delle sue conseguenze. L'azione deve essere produttiva, o quantomeno finalizzata ad un risultato concreto e utile. Ci si interroga sull'utilità dell'arte. A che serve un quadro da appendere al muro? Una scultura è altro da un soprammobile? La padrona di casa spera solo che si intonino con il colore dei divani e delle tapezzerie!
Ma che dire del rito? A che serve? Chi pensa che si debba collaborare con il Cosmo perchè continui a perpetuarsi? Chi pensa che viviamo nella dimensione del manifesto, del frammentato, del molteplice, dalla frantumazione di un Essere primigenio, primario, supremo? Dall'Uno ai suoi frammenti di cui una volta erano parte? Ma, soprattutto, che da questa condizione di esilio dei pezzi si possa procedere ad una sua ricomposizione? "Radunare ciò che è sparso"?
I pezzi sono i frammenti nostri parenti, vanno amorosamente ricomposti, coagulati, fusi di nuovo in una lega, dopo la dissolvenza.
Tutt'altro che inutile, il rito del sacrificio è persino necessario. Agnus Dei qui tollis peccata mundi. Il sacrificio dell'agnello ricompone la frattura, il frazionamento, riconcilia l'ordine manifesto delle cose che la dualità fa spofondare in un conflitto, in abisso di sofferenza e ritorsioni cieche, che portano alle estreme conseguenze del ciclo.
"L'essenziale, nel sacrificio - scrive A.K. Coomaraswamy - è in primo luogo dividere, e in secondo luogo riunire", L'Essere Supremo, Mahapurusha, "essendo uno, diventa molti, ed essendo molti, ridiventa uno" (Induismo e buddismo, pag. 26 ). "Da Lui veniamo e a Lui torneremo", auspicano parole coraniche, se siamo stati 'mondati' sul Ventilabro divino.
L'azione rituale è intesa a ripristinare uno "stato primordiale". In altri termini, per la mentalità empirica e materialistica, non serve a nulla, come è l'arte (modernamente intesa). Ma come l'arte inutile è divenuta, seguendo un processo di degradazione, poichè tradizionalmente l'arte, ars, era bellezza e utilità indistinguibili, così il rito è divenuto atto inutile e superfluo, frutto di un processo di smarrimento del sacro, poichè nelle varie tradizioni la ricomposizione del Cosmo (rta) significava precipuamente liberarsi dall'utilità dell'azione, dall'aspettattiva dei suoi frutti, e l'uomo celebrante si sacrifica anch'egli, poiché intraprende il cammino della sua estinzione, di lavoro che è purificazione e non produzione.
Ci si preoccupa subito: come soddisfa le necessità materiale una civiltà purificata, solare? Il celebrante, il brahman, morendo al mondo che bisogno ha di nutrirsi? Con il termine sancrito di amrta, evidentemente collegato a rta, si indica la bevanda degli Dèi, soma il cibo, come presso i greci, ambrosia era il loro nettare. Manna cibo del cielo. Perchè preoccuparsi dei processi gastrici quando ci si pone l'obiettivo della transumanazione?
Il sacrificio quindi non nutre, non rende il cibo ritualmente puro, anzi ci eternizza, lo rende superfluo. Lungi dall'essere azione riservata ad un gruppo privilegiato - se così fosse si autovanificherebbe - è opera collettiva, solidale, coagulata e coagulante (nel Medioevo, non v'era corporazione che non si mettesse sotto la protezione di un Santo). "Richiede la cooperazione di tutte le arti, il che assimila il sacrificante a Vishwakarma stesso" (R.Guénon, I simboli della scienza sacra, pag. 261). L'artigiano, nè operaio nè artista, è il servo che lavora alla "vigna del Signore". Vi è un che di costruttivo nella parola Vishwakarma, l'Onnipotente, il Grande Architetto dell'Universo, il Demiurgo. L'artigiano che non segue la sua legge egotica, ma persegue la perfezione in ciò che fa, si libera del frutto delle sue azione e si nutre della perfezione della sua azione ormai purificata, è divenuto un sacrificante (sacrum facere). Lavora come Dio comanda, e ciò facendo partecipa al Vishwakarma.
Altro si potrebbe aggiungere, ci premeva mettere in guardia dai tanti "falsi profeti", veggenti e illuminati fasulli, quanto mai attivi nella nostra epoca. Il loro segno caratteristico e inconfondibile che svela il loro inganno in mezzo ad una mescolanza di vero e di falso apparentemente indiscernibile, è il loro cedimento perso il molteplice, il materiale, il concreto, il mutevole.
Massimo Fini, saggista e scrittore, anima fine e critica della modernità, respinge tanto il capitalismo quanto il comunismo, destra e sinistra si identificano in linguaggi diverssi al materiaalismo. Propone un umanismo puro, autentico. Ma come non è proprio da questo Umanesimo, che altro non è che un modo di dire discostamento daDio, che ono cominciati i nostri guai?
Altri ancora vedono un approssimarsi dell'Età aurea del risveglio spirituale nei sommovimenti politici nel Nord Africa, apportatori di un rinnovamento democratico, in primis, in Egitto, l'antica terra nera dell'al kimia, delle Piramidi indecifrabili e della Sapienza astronomica dei suoi sacerdoti, che magari preludono ad atterraggi di alieni e mirabolanti astronavi, a cavallo tra il Nilo e gli Aztechi. Ma come la democrazia un segno di rinvigorimento ciclico, di "riforma della mentalità moderna"? Ma il male non è la medicina! Come dire che le scienze sperimentali dànno conferme a ciò che la Tradizione prevede. Che Dio ha bisogno di "prove della sua esistenza" per rendersi credibile!
Si. Magari nel 2012.
Potremo, in futuro, sempre più imbatterci in pseudo guru - alla stregua di chi rifiuta la macellazzione per motivi che si rifanno alla storia e alla politica -, che mentre parlano del Kali-Yuga se la dànno a gambe, di soppiatto, portandosi via la cassaforte sotto il braccio!
Grazie mille del commento Franco, di fatti, questo non è l'unico video che tratta in questa cornice l'argomento in questione.
RispondiEliminaPersonalmente parlando, l'ignoranza su fonti che trattano il tema in oggetto, ha fatto si che provassi dissenso parziale con le "risoluzioni proposte". Ovviamente non posso fare a meno di sottolineare la gravità delle condizioni di crescità e uccisione della produzione di massa che per tanti aspetti e anche animalescamente industrializzata.
Mi fa piacere che il video ha messo a punto un'ulteriore tema da discutere !
Durante la lettura ho fatto fatica a stare dietro ! :)
Grazie mille,
Un saluto sincero !
Ervin
Ervin,
RispondiEliminaalla poca chiarezza del testo si assomma la difficoltà intrinseca dell'argomento.
Ma questo come la montagna, seleziona chi la frequenta,stimola. Per aspera astra.
Chiedere è il più antico mezzo per conoscere,anche a beneficio di altri lettori.
Ricambio un caro saluto.
Vincenzo A: è sempre meraviglioso per me Franco risalire lungo il sentiero dei tuoi scritti. La Via che tracci è spesso difficile per la intrinseca erudizione, la sua multidisciplinarietà, i suoi salti tra antico e moderno, tra Pensiero Sprito e Vita quotidiana. Ma mi consente di aprire vasti orizzonti al mio sguardo quando raggiungo la vetta della comprensione. Riesci a darmi un' unica visione coerente di quello che i miei studi sul pensiero Tradizionale mi hanno suggerito in modo frammentario e parziale. Grazie di tutto. Un abbraccio.
RispondiEliminaGrazie a te Vincenzo.
RispondiEliminaSei troppo generoso nel tuo giudizio. L'aspirazione ad una maggiore chiarezza è un dovere e un segno di umiltà imprescinbile. Spesso pecco in entrambe le cose.
L'identificazione tra il sacrificante ed il sacrificato ci riporta al senso profondo, tra ex-plorazione ed im-plorazione, laciamo volentieri la de-plorazione al linguaggio politico, potrebbe anche renderci più paghi del nostro esserci 'in transitus'.
Il sacrificante è sacerdote in quanto funzione metafisica, non in quanto specie di una forma sociale. E del sacrificio che celebra è parte sacrificata. Non a caso il sangue è un noto coagulante e impiegato in mandala o 'sand-paintings' o come collante di ornamenti rituali. Quello dei macelli ci si affretta a lavarlo via con potenti getti di acqua, in nome dell'igienismo ma in realtà prima che possa farci "ricordare" il sacro perduto. La ri-sorgenza anamnestica. C'è sangue e sangue, guerra e guerra.
Parafrasando Coomaraswamy che lo dice riferendosi all'artista, potremmo dire che "il sacerdote non è un genere speciale di uomo, ogni uomo è un genere speciale di sacerdote".
Un abbraccio.