Le previsioni del tempo ci dicono che presto l'inverno verrà a chiedere quel che gli spetta; verso il fine settimana dovremmo, il condizionale è d'obbligo, vedere la prima neve.
Quindi siamo alle ultime belle giornate di sole. Il sole ci entra in camera di buonora. Verso le sette e mezza. Comincia a scaldarci alle otto e ci lascia verso le quindici, quindicie trenta del pomeriggio. A quell'ora le capre rientrano praticamente da sole. Satolle. Pasciute. Erba e sole non ci mancano, a Dio piacendo. Qui e là scorrono rivoli di acqua sorgente, sicchè hanno anche più occasioni per abbeverarsi. Quando rientrano, le sistemiamo in stalla. Per un'ultima manciata di fioccato. Poi man mano che scende la sera, scende anche un silenzio, una pace ineguagliabile. Oltre il reale. Transumanizzante. Irreale, oltre il Tempo. Tangenza, punto di fuga verso il cielo. Ci siamo enza esserci, ex stasis, estasi.
Quando ci alziamo abbiamo già alle spalle, quotidianamente, una riflessione, sollecitata dal gallo, che col primo sole sciorina il suo più spettacolare piumaggio. La statura ieratica e imponente. Un richiamo, la sua voce ineludibile, da noi, qui sul Tracciolino. Nel silenzio dell'alba che ancora si trascina appresso le brume umide e oscure della notte, viene sistematicamente violato, destato, è il caso di dire, dal canto del gallo. Dolce pennuto elegante e canoro. Un fedele compagno. Chiama a lasciare le calde coperte per metterci in moto. Combattente contro la pigrizia, i nostri indugi vengono spezzati nel modo migliore, col suo canto. L'ingiustizia chiamata ad emendarsi.
Non ci sono cartellini da timbrare, sirene di fabbriche, orari stabiliti da chissà chi e chissà perchè, orologi da mettere un'ora avanti o indietro. Per noi è lui, il gallo canterino che allieta come una sentinella cantante, con note energiche che ricaricano allegre. Virile dice: "Dai, forza! Affronta la nuova giornata! E' bella, il sole già fin troppo alto, non farti sfuggire la grazia elargita dal nostro Signore! Ci dà a tutti un dono bellissimo: la giornata di sole da vivere. Su poltroni, cosa fate ancora a letto!"
Un privilegio avere di questi risvegli. Lontani dal senso del (dis)ordine sociale che violenta gli alienati cittadini - che parola detestabile, gicobina, sovversiva, diabolica - dallo sferragliare dei tram, delle nervose e scattanti automobili, tossiche, che girano intorno alle città, nella quotidiana danse macabre che si tiene su tangeniziali e circonvallazioni. Animali in gabbia che si dibattono in un mondo articifiale che assomiglia, ogni giorno di più, ad un incubo che siamo costretti a vivere. Scandito dai ritmi temporizzati delle varie forme di usure, interessi, debiti, crediti, quotazioni e indici, la sfera economica del linguaggio violenta senza neppure più che le vittime se ne accorgano, un linguaggio incivile e barbarico dello spred onnipervasivo oramai ha finito per costituire una seconda pelle, un fatto 'ambientale', una 'seconda natura', mentre quella vera è messa al bando come fosse una bestemmia totale. L'eresia della contemplazione oziosa nell'età del vacuo affaccendarsi.
I cieli nostri certe sere ci mettono in imbarazzo. Non siamo più abituati a descrivere di queste cose. Fenomeni naturali? A che pro. Quanto fruttano? Quando scadono? Quale banca, la più onesta, li potrebbe gestire? Erano nei miei ricordi di infanzia, quando la sera, certe sere, poteva accadere che, sgombrata la tavola dalle briciole e dalla tovaglia, i miei mettevano sul tavolo - prima i giocare alle carte una mezz'ora per poi coricarci, un rito - dei fogli in carte pergamenata, solenne, vi era disegnato un contadino, muscoloso ed energico, il viso serio, compunto, che con gesto sapiente allargava sulla umida terra la semente: i 'buoni fruttiferi', il sacro risparmio della famiglia povera, solida, onesta, il sudato gruzzolo guadagnato con travaglio fisico, un fortilizio imprendibile dalle forze del male. I suoi risparmi, sudore della fronte e sangue di vita, sembravano custodite nelle mani di quel virtuoso seminatore, lui si che isppirava fiducia. Ai bambini veniva insegnato a risparmiare, non a come fare per indebitari ulteriormente. I 'fenomeni naturali' suonano come etichette pubblicitarie, tipo il 'mulino bianco', parti di pubblicitari creativi suonati come pugili all'angolo per utenti ubriachi di altre mezzi e sostanze. Molto, molto stonati rispetto al nostro gallo!
La natura, nessuno si sogna più di vederla come un sacro libro, il segno che porta ancora l'impronta impresssa del suo Creatore. Scienziati ed econonomisti, tecnocrati e usurai, pervertiti seminatori, gatti e volpi, ci guardano come tanti 'Pinocchi' cui hanno raccontato che una natura da correggere, da migliorare e perfezionare (blasfemia), con chimica velenosa e vampiresca attitudine individualistica, può far fruttare euri dollari e marenghi, se seminati nel terreno dell'orto giusto! Quello dei 'Miracoli'. Alla rovescia, si intende, nella nostra epoca oscura.
Non ci sono cartellini da timbrare, sirene di fabbriche, orari stabiliti da chissà chi e chissà perchè, orologi da mettere un'ora avanti o indietro. Per noi è lui, il gallo canterino che allieta come una sentinella cantante, con note energiche che ricaricano allegre. Virile dice: "Dai, forza! Affronta la nuova giornata! E' bella, il sole già fin troppo alto, non farti sfuggire la grazia elargita dal nostro Signore! Ci dà a tutti un dono bellissimo: la giornata di sole da vivere. Su poltroni, cosa fate ancora a letto!"
Un privilegio avere di questi risvegli. Lontani dal senso del (dis)ordine sociale che violenta gli alienati cittadini - che parola detestabile, gicobina, sovversiva, diabolica - dallo sferragliare dei tram, delle nervose e scattanti automobili, tossiche, che girano intorno alle città, nella quotidiana danse macabre che si tiene su tangeniziali e circonvallazioni. Animali in gabbia che si dibattono in un mondo articifiale che assomiglia, ogni giorno di più, ad un incubo che siamo costretti a vivere. Scandito dai ritmi temporizzati delle varie forme di usure, interessi, debiti, crediti, quotazioni e indici, la sfera economica del linguaggio violenta senza neppure più che le vittime se ne accorgano, un linguaggio incivile e barbarico dello spred onnipervasivo oramai ha finito per costituire una seconda pelle, un fatto 'ambientale', una 'seconda natura', mentre quella vera è messa al bando come fosse una bestemmia totale. L'eresia della contemplazione oziosa nell'età del vacuo affaccendarsi.
I cieli nostri certe sere ci mettono in imbarazzo. Non siamo più abituati a descrivere di queste cose. Fenomeni naturali? A che pro. Quanto fruttano? Quando scadono? Quale banca, la più onesta, li potrebbe gestire? Erano nei miei ricordi di infanzia, quando la sera, certe sere, poteva accadere che, sgombrata la tavola dalle briciole e dalla tovaglia, i miei mettevano sul tavolo - prima i giocare alle carte una mezz'ora per poi coricarci, un rito - dei fogli in carte pergamenata, solenne, vi era disegnato un contadino, muscoloso ed energico, il viso serio, compunto, che con gesto sapiente allargava sulla umida terra la semente: i 'buoni fruttiferi', il sacro risparmio della famiglia povera, solida, onesta, il sudato gruzzolo guadagnato con travaglio fisico, un fortilizio imprendibile dalle forze del male. I suoi risparmi, sudore della fronte e sangue di vita, sembravano custodite nelle mani di quel virtuoso seminatore, lui si che isppirava fiducia. Ai bambini veniva insegnato a risparmiare, non a come fare per indebitari ulteriormente. I 'fenomeni naturali' suonano come etichette pubblicitarie, tipo il 'mulino bianco', parti di pubblicitari creativi suonati come pugili all'angolo per utenti ubriachi di altre mezzi e sostanze. Molto, molto stonati rispetto al nostro gallo!
La natura, nessuno si sogna più di vederla come un sacro libro, il segno che porta ancora l'impronta impresssa del suo Creatore. Scienziati ed econonomisti, tecnocrati e usurai, pervertiti seminatori, gatti e volpi, ci guardano come tanti 'Pinocchi' cui hanno raccontato che una natura da correggere, da migliorare e perfezionare (blasfemia), con chimica velenosa e vampiresca attitudine individualistica, può far fruttare euri dollari e marenghi, se seminati nel terreno dell'orto giusto! Quello dei 'Miracoli'. Alla rovescia, si intende, nella nostra epoca oscura.
Noi stiamo qui, sulle montagne benedette, nell'aria pura e frizzante, e ogni giorno ci fornisce il nutrimento dello spirito. Impariamo, caparbi, ostinati, che la notte avrà una fine, anche e ci siamo dentro; preluder - nel senso di giocarci prima del tempo, in anticipo, la certezza di una nuova alba.
Un nuovo Giorno in cui i galli dovranno cantare ad un cielo dorato e splendente, aurora aurea! A noi, per ora il dovere di vedere l'alba dentro l'imbrunire. E' un (in)canto!
Un nuovo Giorno in cui i galli dovranno cantare ad un cielo dorato e splendente, aurora aurea! A noi, per ora il dovere di vedere l'alba dentro l'imbrunire. E' un (in)canto!
Vincenzo A: con questo post fatto di parole semplici e di una poesia quasi involontaria hai dato voce anche ai miei pensieri.
RispondiEliminaAncora una volta grazie!
Bel post, Franco, già, come dice Vincenzo A. hai espresso quelli che sono anche i miei sentimenti. La semplicità e la bellezza della natura resta una delle poche cose a cui aggrapparsi in questo mondo alienato da rapporti artificiosi..Ciao.
RispondiEliminaIndio
Ciao Franco,
RispondiEliminache dire davanti a tanta poesia, sintesi di vita, concentrato di sentimenti, sentimenti che parevano persi nel caos delle città, forse non sono persi se esistono persone che riescono ancora a condividere tutto questo, non solo condividerli ma anche a scriverli con tanta poesia.
posso dire solo una parola
Bello
Bello
bello
posso aggiungere ....... grazie Franco e a chi condivide con noi.
GiGi