La pubblicità è tutto, parola di Oliviero Toscani, e dunque a noi sembra logico concludere che il "tutto", un 'tutto' moderno e parodistico del Tutto, si identifica con la pubblicità.
Fino a qualche decennio fa, la pubblicità doveva cercare una sua legittimità che la giustificasse. Era quella di svolgere il 'servizio' di portare a conoscenza di tutti dell'esistenza e delle qualità un un certo prodotto. Un 'servizio' dunque. Successivamente, parve diventare un mezzo per conculcare bisogni artificiali, al fine di collocare prodotti. Era il momento del consumismo e dei "persuasori occulti", una definizione eccesiva poichè sembra del tutto evidente che tali agenti fossero assai palesi e ben poco occulti. Una necessità per la societa dell'abbondanza, come si diceva, "
", per contiuare ad alimentare la macchina del ciclo produttivo.
Passata in secondo ordine questa funzione, negli attuali tempi di crisi economica, ma non solo, mondiale, ora ci appare chiaro come la pubblicità svolga un insieme di funzioni, e meno rassicuranti di quanto normalmente si voglia ammettere.
Quantomeno, appare chiaro che i cosidetti "persuasori occulti" ben lungi dall'occuparsi di basse questioni
marketing teso al condizionamento subconscio del 'consumatore', circoscritti dunque ad una sfera inferiore, in realtà, sviluppano il potenziale pubblicitario negativo in ambiti vari alquanto più sottili.
Fuori di dubbio che vi sia nella pubblicità anzitutto una valenza non trascurabile di 'manipolazione'. La formazione e la gestione del consenso, nel regime politico democratico, risulta una questione cruciale, essendo la cosiddettà "volontà generale", espressa infine nel "suffragio universale" mai data in condizioni di assoluta libertà, come i teorici politici hanno creduto. Al contrario, "si può facilissimamente dirigere e modificare per mezzo di adeguate suggestioni si possono sempre provocare delle correnti nell'uno o nell'altro senso". Parole semplici di un uomo semplice, René Guénon, che non hanno minimamente perso di valore, ma anzi veicolano il fascino segreto della profezia considerando gli anni in cui furono scritte.
Questa necessità manipolatoria non è peculiare di questo o quel regime politico, bensì trasversale tanto a quelli democratici che a quelli dittatoriali. E il fatto di crederli tipici di un sistema, dimostra puntualmente quello che quì si vuol affermare: l'attribuzione manipolatoria all'avversario. Cosicchè, pur astenendoci dall'insistere, non si può fare a meno di riconoscere come questa necessità stia alla base dei continui depistaggi, dossieraggi, operazioni sotto copertura, dispute sui controlli dei mezzi di comunicazione,
false flags, montature giornalistiche, provocazioni, terrorismo mediatico, ecc., così tipiche della vita politica moderna. La stessa espressione "dietrologia", in tutta evidenza, appare come un estremo tentativo, creando una situazione simile alla notte 'in cui tutte le vacche sono nere', di negare l'innegabile: che democrazia e manipolazione sono fatti consustanziali. Ciò era già vero nella
pòlis ateniese, nella contesa tra democratici e aristocratici. Il teatro, perso il senso rituale originale, vi svolgeva una funzione 'videocratica', analoga a quella moderna. Lo stesso dicasi per i sofisti ed i politici.
Se uno stato vuole offendere un altro, è chiaro che dovrà avere o creare dei validi motivi. Impossibile dimenticare la questione delle armi di distruzioni di massa, oppure il crollo delle
Twin Towers quale premessa per ogni reazione "antiterroristica". Direi di più, la stessa teoria del
clash of civilization, lo scontro di civiltà, l'idea dell'attacco all'Occidente è di per sè una costruzione artificiale in quanto ciò che in questo caso si intende per Occidente è qualcosa di affatto estraneo alla tradizione dell'Occidente stesso, bensì frutto novativo della modernità.
Accanto a questa manipolazione del presente, vi è da ricordare anche la parallela manipolazione del passato, della storia, di norma una versione
ad usum Delphini, nonostante tutte le rassicurazioni accademiche di obiettività.
Si è giunti addirittura, in alcuni casi, su argomenti particolarmente scottanti, a stabilire delle verità per legge. Alludo alle normative introdotte in molte, per non dire quasi tutte, le legislazioni europee che recepiscono le condizioni stipulate nei trattati di pace dell'ultima guerra mondiale, creando un vasto ambito di reati di opinione.
Un fatto particolarmente significativo, ma a pensarci bene abbastanza 'normale', quando la legge proviene dai parlamenti, e quindi da compromessi materialistici, anzichè da una posizione veramente
super partes, posizione esclusa poichè nulla si suppone esista sopra la dimensione puramente umana. Anche su questi punti i sistemi democratici e dittatoriali non si differenziano affatto.
Ricordiamo, a titolo di eloquente esempio, la vicenda del libro di Ariel Toaff "Le Pasque di sangue", costato censure, minacce, proscrizioni e licenziamento dalla cattedra universitaria all'autore. Ma se dovessimo inseguire tutti i possibili e pur necessari "revisionismi storici" dovremmo dilungarci oltremodo in un lungo discorso che ci porterebbe assai lontano.
Varrà solo la pena di ricordare come tutto ciò non debba spingerci su posizioni scettiche nei riguardi della possibilità di ammettere non solo l'esistenza, ma anche la necessità, di una Verità superiore. Ricordo,
en passant, che nella tradizione islamica la Verità (
al-Haqq) è uno dei nomi di Dio.
Il dubbio, sistematico o iperbolico, nel linguaggio di Cartesio, rappresenta la caratteristica del pensiero moderno, purtroppo però esso non è inteso come termine per la ricerca del suo superamento, bensì come una condizione stabile e permanente della conoscenza umana. Se poi Cartesio può parlare di nozioni "chiare" e "certe" è perchè ormai la conoscenza si è collocata in un ambito puramente profano, circoscritta entro la sfera empirica, ad esclusione di ogni possibile verità di natura metafisica. Essendo le acquisizioni metafisiche inattingibili dalla sfera empirica, per definizione stessa, il dubbio non avrebbe potere alcuno di incidere sul supernaturale, ma solo proponendosi come suo sostituirlo, quello di scalzarlo.
Ed è precisamente per questa ragione, cioè che gli Antichi era più preoccupati di proteggere la verità superiore, che non di controbattere sul piano dell'argomentazione retorica. Lo strumento più efficace a proteggere la Verità, senza rischio di compromissioni degradanti, era quello di circondarla con il segreto. Così protetta, essa poteva trasmettersi solo per via iniziatica. Così nell'orfismo e nel pitagorismo. Ancora Platone, attraverso tutta la sua diffidenza nei riguardi della scrittura, che può passare di mano in mano senza riguardo per le qualificazioni di chiunque potesse entrare in contatto con la conoscenza, si poneva in una esclusiva modalità maestro, nel senso di profondo del termine, e discente con cui si realizza quell'esperienza incomunicabile del vero che il segreto custodisce
in rebus, corrispondente ad uno stato superiore dell'essere. Una necessità esoterica oggi inconcepibile, in un'epoca in cui la volgarizzazione e la divulgazione scientifica presso le masse è costante e pressante, indispensabile per creare quel clima di ignorante superiorità che sempre più caratterizza il comportamento moderno.
Da qui nasce quell' "odio per il segreto", come lo chiama Guénon, che richiede come imprescindibile la comunicazione dell'esperienza, la sua ripetibilità, la sua pubblicazione, in altri termini, è qui che ha inizio l'idea di pubblicità, e la "cultura umanistica" una formula pubblicitaria, uno
slogan corrosivo.