L'avventura di Centocinquanta, la trasmissione in onore dei 150 anni dell'Italia (guarda tutti gli altri appuntamenti in Tv per dedicati all'Unità nazionale) condotta su Raiuno da Pippo Baudo e Bruno Vespa, e chiusa con due puntate d'anticipo a causa dei bassi ascolti. Il crepuscolo degli idolatri, si potrebbe dire.
Buon segno! Questa è una buona notizia!
Mi sembra la giusta conclusione delle celebrazioni del Nulla. Gli stati nazionali europei sono un fatto luttuoso e tra i più altamente anti-tradizionali, distruggendo l'unità che derivava dall'Imperium Romanum e di cui la cristianità si era fatto compartecipe. Lo stato nazionale italiano, tra gli ultimi ad accedere a questo "traguardo", coincide inoltre con una gigantesca operazione massonica internazionale tesa specificamente a liquidare il residuo potere temporale dell'ultima autorità spirituale rimasta in Occidente, il Ponteficato-Regale.
Sperando di evitare, almeno in parte, la possibile tedosità dell'argomento, concludiamo con una riflesione di De Giorgio, un maestro cui auspichiamo il futuro che gli spetta, dimenticato da questo Paese che invece, come l'Europa, non ne ha (più).
"...ognuno... può approfondire tutta l'ampiezza della prova a cui l'Europa ed il mondo sono sottoposti per un errore che dura da secoli. Vorremmo anche soggiungere per coloro che sono ancora capaci di comprendere certe verità, quest'osservazione: l'estensione progressiva della crisi fa pensare all'universalizzazione dell'Antitradizione la qule, se riesce a trionfare, rimpiazzerà in toto l'Universalità Romana. Raggiunto il punto più basso del capovolgimento diabolico di ogni valore sacro di vita e di pensiero, dovrà necessariamente prodursi una soluzione: o la fine...o la completa, integrale definitiva restaurazione..." (1) (grassetto nostro).
Giustamente anche dalle masse televisive appare il più completo disinteresse per la risibile questione dei 150 anni. Il dubbio che resta è che non è affatto comprovato che il disinteresse per l'argomento coincida con l'adesione al pensiero tradizionale del Maestro.
Tuttavia, se è vero che la massa televisiva ha raggiunto una debolezza e un grado di manipolazione enormi, non di meno è da scartare l'ipotesi che in qualche forma, più o meno cosciente, sia ancora capace di esprimere un disagio, sia pur confuso e, per essa, in gran parte indecifrabile. Neppure la consumata esperienza dei due personaggi televisivi è riuscito più di tanto a risollevare le sorti di un argomento di per sè poco interessante.
La materia di riflessione è densa e, probabilmente, destinata ad un'élite.
Abbiamo evidenziato un passo della citazione di De Giorgio, nella speranza che si possano rivolgere agli amici associati in ispirito negli ideali del Tracciolino dello Spirito; come se da montanaro a montanari, o tra amanti della Montagna parlasse direttamente a noi. I volti arsi dallo stesso sole delle Altitudini...e dalle Solitudini. Se è vero quello che dice Evola, e non abbiamo motivo per dubitarne: "La sua insofferenza per il mondo moderno era tale, che egli si era ritirato fra i monti, da lui sentiti come il suo ambiente naturale (...) soffrendo fisicamente ogni volta che era costretto a prendere contatto con la vita civilizzata e cittadina"(2).
Non sembra quasi che stia parlando anche di noi?
(1) Guido de Giorgio, Prospettive della Tradizione, ediz. Il Cinabro, Catania 1999, pagg. 136-137.
(2) J. Evola, Il Cammino del Cinabro, citato in "Prospettive..", pagg. 7-8.
Sperando di evitare, almeno in parte, la possibile tedosità dell'argomento, concludiamo con una riflesione di De Giorgio, un maestro cui auspichiamo il futuro che gli spetta, dimenticato da questo Paese che invece, come l'Europa, non ne ha (più).
"...ognuno... può approfondire tutta l'ampiezza della prova a cui l'Europa ed il mondo sono sottoposti per un errore che dura da secoli. Vorremmo anche soggiungere per coloro che sono ancora capaci di comprendere certe verità, quest'osservazione: l'estensione progressiva della crisi fa pensare all'universalizzazione dell'Antitradizione la qule, se riesce a trionfare, rimpiazzerà in toto l'Universalità Romana. Raggiunto il punto più basso del capovolgimento diabolico di ogni valore sacro di vita e di pensiero, dovrà necessariamente prodursi una soluzione: o la fine...o la completa, integrale definitiva restaurazione..." (1) (grassetto nostro).
Giustamente anche dalle masse televisive appare il più completo disinteresse per la risibile questione dei 150 anni. Il dubbio che resta è che non è affatto comprovato che il disinteresse per l'argomento coincida con l'adesione al pensiero tradizionale del Maestro.
Tuttavia, se è vero che la massa televisiva ha raggiunto una debolezza e un grado di manipolazione enormi, non di meno è da scartare l'ipotesi che in qualche forma, più o meno cosciente, sia ancora capace di esprimere un disagio, sia pur confuso e, per essa, in gran parte indecifrabile. Neppure la consumata esperienza dei due personaggi televisivi è riuscito più di tanto a risollevare le sorti di un argomento di per sè poco interessante.
La materia di riflessione è densa e, probabilmente, destinata ad un'élite.
Abbiamo evidenziato un passo della citazione di De Giorgio, nella speranza che si possano rivolgere agli amici associati in ispirito negli ideali del Tracciolino dello Spirito; come se da montanaro a montanari, o tra amanti della Montagna parlasse direttamente a noi. I volti arsi dallo stesso sole delle Altitudini...e dalle Solitudini. Se è vero quello che dice Evola, e non abbiamo motivo per dubitarne: "La sua insofferenza per il mondo moderno era tale, che egli si era ritirato fra i monti, da lui sentiti come il suo ambiente naturale (...) soffrendo fisicamente ogni volta che era costretto a prendere contatto con la vita civilizzata e cittadina"(2).
Non sembra quasi che stia parlando anche di noi?
(1) Guido de Giorgio, Prospettive della Tradizione, ediz. Il Cinabro, Catania 1999, pagg. 136-137.
(2) J. Evola, Il Cammino del Cinabro, citato in "Prospettive..", pagg. 7-8.
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