Ero un ragazzino di dodici anni, e correva l'anno 1961.
Cento anni dall'Unità d'Italia. A Torino, prima capitale del Regno e del primo Parlamento, avevano fatto festeggiamenti speciali. Ricordo una ferrovia sopraelevata, o qualcosa del genere. Poi anche un edizione speciale, da parte dei Monopoli di Stato di una edizione celebraativa di una marca di sigarette. Forse ero alle prime armi di fumate clandestine e trasgressive. Il brivido di 'respirarle', e poi mangiare caramelle di menta per camuffare l'alito per non essere scoperto dai genitori.
Ci si preparava a scuola con opuscoli e lezioni speciali da parte del maestro con largo anticipo, forse dal '59 perchè mi par di ricordare bene di frequentare la quinta elementare.
La selezione canora alla scuola elem. "De Amicis", un nome una garanzia, al pianoforte col maestro di canto. Mi sono reso conto di quanto fossi stonato. Nen credevo neppure io fino a che punto. Era diventato un incubo. Pur con una performance da far rizzare i capelli in testa, fui ammesso a partecipare al coro della scuola incaricato di cantare una nutrita serie di canti risorgimentali in una mega manifestazione cittadina. Dal che dedussi che, i saggi di ammissione al coro erano puramente formali ed avrebbero accettato tutti pur di far numero. Intanto in mezzo a quella marea di ragazzini...mica avrei potuto far stonare centinai di altre voci!
Garibaldi era un eroe a tutto tondo. Anzi doppio eroe: dei due mondi, addirittura. Non un bandito massone al soldo di interessi a lui ampiamente superiori, soprattutto francesi ed inglesi. Capo di un 'esercito' mai esistito ed utile proprio per questo, perchè banditesco ed irregolare, non considerabile espresssione di alcun Stato. In tal caso, si sarebbe macchiato di un deliberto delitto di agressione contro un altro Stato indipendente e pacifico, il Regno delle Due Sicilie. Insomma ha fatto il lavoro sporco, come si direbbe oggi, da paravento o false-flag per conto del Regno Sabaudo di Sardegna. A Teano, il parvenu Garibaldi non poteva far altro che consegnare al titolare ciò che aveva proditoriamente strappato con la forza ad una nazione vicina e consegnarla al suo reale mandatario locale piemontese per conto delle potenze europee allora in campo.
Garibaldi, fratello massone, ma noi si cantava del risveglio del "Leon di Castiglia" che aveva il gran potere quello di "scoprire le tombe" e far "risorgere gli eroi". Ragazzi e bambini che cantavano a squarciagola, con l'entusiasmo della loro età. Ora quell'Italia mi sembra tristemente somiliante alla Corea del Nord. Oppure alla stessa Italia anteguerra, coi coetanei suoi Figli della Lupa, ma cantavamo sotto un diverso direttore...
Mazzini era poco cantabile: assai meno epico, lo si immaginava sempre macerato e contrito tra i libri, preda di rimorsi di coscienza. Non te lo immaginavi proprio cavalcare un destriero bianco, all'aria aperta, vestito in rosso con immancabile mantello. A me piaceva, assomigliava anche, almeno un pochino, a Tex Willer, l'eroe dei fumetti, di cui ero un appassionato lettore. Di Vittorio Emanuele II pensavo quello che tutti pensavano, che stesse solo facendosi i cavoli suoi, legittimante, per altro, da buon monarca del tempo.
Poi, dalla sua, Garibaldi aveva le carte in regola. Tant'è che a lui si richiamarono in seguito parte delle formazioni partigiane, le "Brigate Garibaldi", con tanto di orpelli rubizzi, che hanno portato male, ma allora pareva la chiusura perfetta del cerchio. Erano loro a dirlo. La Resistenza come compimento del Risorgimento. "Eguaglianza o morte" era il detto cisalpino e democratico, ma io pensavo alle sigarette "Mentolo" e misteriosamente quei "nemici" austriaci, con le loro belle divise bianche immacolate da ufficiali con basette e mustaches, non lo nego, esercitavano un certo fascino che dovevo tenere clandestino, ovviamente.
Devo confessare che il mio debole represso per l'Impero Austro-ungarico, mi rendeva persino un po' sinistro ai miei stessi occhi. E, non chiedetemi perchè, penso che sia connesso alla domanda, una volta diventato professore, che spesso rivolgevo ai miei studenti per capire se c'era o ci faceva. Chiedevo la differenza tra due termini 'imparentati' da una retorica simile ma difficile da cogliere agli occhi di un ragazzo, tra Risorgimento e Rinascimento. E immancabilmente mi risultavano più simpatici quelli che andavano visibilmente in confusione.
Solo successivamente ho capito, credo. Quelli che dimostravano di ben cogliere la differenza, in fondo erano quelli più indottrinati dalla vulgata progressista... i confusi mi parevano ancora liberi di scegliere!
Non l'avrei detto. Ma sono arrivato anche al 150°. Il crogiolo è ancora in ebollizione... gli italiani restano, come allora, da fare. Forse la crisi epocale che stiamo attraverando distillerà una soluzione. Forse.
Ne riparlermo al bicentenario!
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