domenica 25 settembre 2011

Salvati da un puntino...



In questi giorni, in questi ultimi mesi, siamo stati messi alla prova. Le piogge incessanti e alterne nella prima parte dell'estate. Ne abbiamo già accennato altrove.
A giugno i lavori alla casa e il conseguente cambio di abitudini.
Incessante la domanda ci assedia. Ma perchè fare questi miglioramenti alla casa? Per chi?
Dentro non ci pioveva. O molto poco. Le stufe in inverno sono ben funzionanti ed il caldo ci basta a confortarci dai rigori invernali.
In fondo poteva rimanere così, ancora per una quantità indeterminabile di tempo.
Forse ci eravamo lasciati prendere da quella frenesia di voler apparire con un'abitazione, in confronto a quella dei vicini, più rispettabile e borghese. Magari senza neppure rendercene conto. Ci si giustificava pensando che così, in fondo i soldi spesi sarebbero stati investiti bene; l'abitazione avrebbe assunto un maggiore valore.


Ma sinceramente, anche la vecchia costruzione si adattava bene alle esigenze di povertà e semplicità che ci avevano spinto alla ricerca di una vita ritirata, nell'isolamento del Tracciolino. Anzi forse, quella corrispondeva meglio ai nostri ideali, spartani e montanari, con inverni rigorosi, con interi giorni senza ravvisare il passaggio di un'anima viva. Lontani dal Caos indissolubile, che sempre più si impadronisce del mondo.

I tempi dilatati e la lentezza che ci consentisse di sentire le voci e le urla interne della coscienza. Aprire il grande e misterioso libro degli sconfinati spazi interiori che solo la solitudine della montagna ancora consente, nel frastornante mondo moderno. Voci a volte strazianti, insopportabili, folli, demoniache. A volte sublimi, altrettanto insopportabili, ma per ragioni opposte, per la sovrumana gioia.

Tuttavia, lacerante ci divorarava l'idea che ogni sacrificio, ogni impegno a fare del nostro meglio, nello scegliere una soluzione piuttosto che un'altra, un materiale piuttosto che un altro, sarebbe stato tutto vano se non ci fosse stato poi qualcuno che ne avesso goduto e continuato l'opera che abbiamo iniziato al Tracciolino.
A volte si era perfino parlato della malga come di una possibile sede di un'associazione. Idea buona, ma che sembra andare arenandosi ogni mese che passa, sbiadirsi senza che si veda uno sbocco a questo progetto. Un movimento in quella direzione.
Vedere i figli naturali o spirituali, se ci sono, eredi di cose materiali non ha senso. I primi li venderebbero non appena ne avessero la possibilità, come pietre morte, a poco prezzo, sperdute in un'area priva di un reale mercato immobiliare. Un prospettiva di annichilimento. La seconda, tutta da vedere e da costruire. E lì, in mezzo, noi a chiederci il perchè delle nostre azioni.

Ho posto le mie stesse domande a dei vicini, montanari anche loro per vocazione. Ma le risposte che ottenevo non mi davano alcuna soddisfazione. Soprattutto non placavano le mie ansie.

Tutto ciò ci procurava una notevole inquietudine, se non proprio dolore. Muovere pietre pesanti, con gi acciacchi dell'età, e senza sapere perchè, assomigliava sempre più al supplizio di Sisifo.
Mi corre in aiuto il Poeta: "... Intanto io chieggo/A quanto viver mi resti/..../ E fieramente mi si stringe il core, / A pensare come al mondo tutto passa / E quasi orma non lascia...."

Cercavo di aggrapparmi con tutte le mie forze a quel "quasi" che mi pareva lasciare qualche speranza, anche se non sapevo come, dove e perchè.

Non cerchiamo la gloria o la fama dell' "orma" che non lasciamo, in nessuno, men che meno nei figli. Nella solitudina montana del Tracciolino si persegue solo cose semplici, che è solo la miseria dei nostri tempi, a volte, a farceli sembrare grandi. L'integrità umana da restaurare, i tempi da riprenderci per meditare, l'anima da guarire, gli odori del fieno e dell'erba, della stalla, le cose antiche, non vecchie e degradate, che per secoli hanno consentito che l'eterno potesse aleggiare rasente sulla superficie della terra, la terra nera della Madre, umida, umile, ubertosa.

Quel "quasi orma non lascia" non mi dava tregua. Era qualcosa di diverso, dal dolore di una delusione personale esistenziale. Si e no. Si incrociavano i destini personali, ma anche quelli collettivi. Quindi non è mero romanticismo struggente. Lo sento come qualcosa di più essenziale.

Una casa di montagna 'troppo bella' mi ripugna. Mi ripugna come il turismo domenicale. Sto correndo questo rischio? Un cottage per un vecchio snob? Forse qualcosa, in mezzo alla oscura foschia notturna del "dì feriale", il tempo profano, comincia a diradarsi e a mostrare, poco a poco, una luce preludio di Luce immensa del "dì festivo", non spensierato giorno di dolce far nulla a sperperarsi nei divertimenti, ma tempo dedicato al Signore, al Sacro. Unica vero collegamento che ci rassicura con la sua promessa: cammina nel Bene e vedrai che, non "quasi" ma di certo "orma lasci", non in questo tempo che non conta nulla, ma nell'attimo eterno sito tra due momenti, per quanto brevi, di tempo.

Ho potuto ritrovare questa gioia, quando passando per la cucina vecchia che ho trasformato in piccolo laboratorio, appoggiato al muro in verticale, e da qualche tempo, una scritta musiva, era adagiata in attesa di rivitalizzarmi.

Era giunto il momento di portarla alla luce, a riflettere a sua volta la luce delle sue parole. Sicchè, senza esitazione, prendo la lastra e la porto all'esterno.


Dove la metto? Sulla legnaia proprio di fronte all'ingresso della casa. Così mi ricorda del mio Signore non appena esco di casa. Non posso non notarla. E la parola di Dio ci guarda e ci riveste di un abito gioioso di ori e smeraldi inestimabile, non appena si mette il piede fuor di casa. Poi è davanti all'orto. Una ragione in più, penso. Mentro mi aggiro tra l'insalata e i cavoli nell'umile lavoro di portare qualcosa di buono in tavola, ci guardiamo, ne avverto la presenza anche quando gli dò le spalle. Non potrò ignorare il "dì festivo", il dì del nostro 'pane quotidiano', il dì non tanto della Sua presenza, quanto quello del ricordo della Sua onnipresenza, al di là del miserevole oblio dell'umano.

La lastra musiva riferisce parole sacre di un'altra lingua, ma Dio è un gran poliglotta, se parla persino con il silenzio, figuriamoci con un'altra lingua. Sono solo quattro parole.



Per consuetudine si potrebbe rendere con "nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso". Dico per consuetudine. Perchè il suo significato sconfina al di là dell'umano. Essendo parole di Dio, non sono traducibili, sono solo aprossimabili. Diffida dal primo arabo che si avvicina, e te lo spiega. Non può farlo. Non ci riuscirebbe mai. E' parola di Dio.

Quando pronuncia i due attributi, richiama, due tra i novantanove nomi del Signore, i più ricorrenti, nel Testo sacro, nella lingua liturgica e nella vita comune del Suo servo. Quasi impossibili da spiegare, pare alludano matrice-materia-maternità del divino, della Sua dimora, del Suo essere Altrove.

Da destra, si vede una lettera, la 'ba', si scrive col puntino sotto. Poi, la parola 'nome'. Quella 'b' equivale al fuoco intorno cui ruota tutta la frase. 'Nel' ma anche 'con', ma anche 'grazie al' nome di Dio che tutto consente. E' la preposizione, a fronte di tre sostantivi. Ma li regge tutti e tre. E' anche 'per mezzo' di questa 'b' che si realizza il resto.
E siccome il puntino se ad esempio stesse sopra cambierebbe di significato, e diventerebbe un'altra lettera, tutta la potenza di Di Dio è nascosta il quel puntino.

Ecco come ci può apparire Dio: un puntino nello spazio infinito, senza il quale non avremmo possibilità di orientarci, senza il quale non saremmo nulla. La modernità ci vuole dei nulla, senza punti che diano senso al Tutto, dispersi, persi e smarriti nel dolore di una esistenza 'senza traccia'. Vissuti invano. Persi al Cielo, vaganti nelle Tenebre.

Da qualche giorno, al Tracciolino, nella terra-madre-uterina-nera, un puntino rischiara le nostre esistenze.


Tangenze pericolose: nulla è mai come appare!



Mi fa sempre tanto piacere leggere le riflessioni dell'amico Indio, anche se prevedere, come spesso esistano divergenze, anche profonde, che tuttavia non sono tali da impedirci di parlarne, non ia scosa difficile.

Forse, sarà lo spirito benefico della Madre nera montana, 'antiborghese' per eccellenza', ma preferirei chiamare 'a-borghese'. Giacchè essere contro, 'anti', esprime una certa vaghezza propositiva. La Madre nera montana è un culto e come tale relativamente indifferente all'andamento delle cose terrene, i 'proessi storici' come un po' pomposamente li chiamamiamo. Il fatto che Evola, come altri, ad esempio Daumal lo stesso Nietzsche e chissà quanti altri che ometto di elencare, solleciti il tuo spirito lo considero di buon auspicio.

Spesso l'ascesa da Petrarca sul Monte Ventoso, dal Carmelo, all'Olimpo, anche qui per limitarci, da Bonatti o Messner in tempi vicini a noi, spesso si avvalgono di un linguaggio quasi inconsapevolmente carico, più o meno consapevolmente allegorico, di una sorta di forza ascendenza, che è di più di una consonanza linguistica. Sembra rispondere ad un bisogno ineludibile. E di ciò me ne rallegro.

Mi pare che, se capisco bene, voglia riconoscere alcuni punti di tangenza tra forse che obiettivamente si collocano in campi opposti.

Il riconoscimento dei limiti che Marx riconosce al materialismo borghese, va, per essere corretti, inserito nel contesto di uno suo fondamentale e sperticato elogio del ruolo che ha avuto nel liquidare il mondo medievale, inteso come il culmine dell'involuzione dei rapporti sociali (di produzione) umani. Se si pensa che il Medioevo fu per eccellenza l'epoca della massima fioritura europea della cristianità (e non età di buia superstizione, come molti cristiani moderni, con vergogna, sono indotti a credere e perino a scusarsene), non sarà difficile scorgere da parte di un ebreo come Marx, il motivo di tale l'esaltazione dei valori della Rivoluzione borghese francese. E di pari, il rancore ottuso contro i socialisti utopisti e cosiddetti ‘reazionari’, nostalgici, che “volevano - a suo dire – far girare le lancette dell’orologio della Storia all’indietro”.

Nelle intenzioni nefaste che poi si sono pure parzialmente realizzate sul piano storico, tale valore positivo era inteso valido fino al sopraggiungere della Rivoluzione comunista proletaria, che avrebbe fatto sembrare obsoleta, ma propedeutica, alla modernità.

E di fatto, non si riesce ad immaginare come le masse russo-slave ed asiatiche occidentali potessero rivoltarsi contro le loro stessa millenarie tradizioni senza questa 'ventata ideologica', tanto da apparire come premeditata a molti.

Coloro che tu chiameresti i complottisti. Ma il ruolo dell'ebraismo sull'Occidente non è argomento chei possa affrontare in poche righe. Tranne che poter affermare con certezza assoluta che il negare o il minimizzare questo condizionamento costituisce solo prova di ignoranza profonda della nostra storia medesima, o di ingenuità superficiale.

Sulle apparenti convergenze di superficie ma profondi nella sostanza, cui tu accenni, mi ha richiamato alla mente una valutazione che fece il Fuhrer a proposito delle forze in campo negli eventi bellici spagnoli degli anni '30, che precedettero il conflitto vero e proprio. Detto per inciso, scusami se ti chiedo un piccolo sforzo di immaginazione, visto il processo di denazificazione e di defascistizzazione che, come in tutti i conflitti, i vinti sono costretti (democraticamente) a subire, beninteso dopo essere caduti in disgrazia, perchè prima valutazioni e giudizi sono ben diversi (per memoria fresca, ricordiamoci di Gheddafi, ad esempio), e che è ancora pienamente in corso, il solo parlare che il Capo del governo tedesco di allora possa aver fatto delle 'valutazioni', e non corrisponda all'immagine del pazzo sanguinario che si vuol far credere, assume ipso facto un sapore vagamente sospetto, complice e criminale, folle, da respingere a priori.

Dicevo, la considerazione di Hitler, tratta da documenti storici, che mette in luce quelli che forse ti potrebbero apparire forse come 'paradossi storici':

"Nell'aprile del 1938, Hitler così si era espresso in presenza di Reinhard Spitzy segretario personale di Ribbentrop: - "In Spagna abbiamo puntato sul cavallo sbagliato. Avremmo fatto meglio ad aiutare i repubblicani. Sono loro che rappresentano il popolo. In seguito avremmo potuto convertire questi socialisti in eccellenti nazionalsocialisti. Gli individui che circondano Franco altro non sono che reazionari clericali, aristocratici e benestanti che niente hanno in comune con noi nazisti!" (cit. in D. Irving, “La guerra di Hitler”, vol. I, pag. 109-110).

Desidero infine ricordarti, che in tutte le Rivoluzioni moderne, compresa quella che direi giustamente a suggello fu detta la celebre frase "L'Italia è fatta ora sono fare gli italiani", detta da loro sembra ancor èpiù rivelatrice di quanto tale Rivoluzione fosse estranea al popolo in nome del quale veniva combattuta, Rivoluzione che sembra piccola cosa se paragonata a quella americana, inglese, francese, russa, ma grande se si pensa che, gioco forza trascinava nel turbinio della distruzione la massima potenza spirituale dell'Occidente. Mica male. In tutte queste Rivoluzioni che plasmarono definitivamente la modernità, a distanza di poche settimane, a volte pochi giorni, tra i primi atti legislativi promulgati dalle nuove istituzioni rivoluzionarie, immancabili erano le leggi in favore degli ebrei, cui si concedeva mano libera in tutti i campi sociali e politici, ed economici, nei paesi in cui erano ospitati. Ogni forma di restrizione abolita, in nome o col pretesto dell’universalità dei diritti umani. Difficile non pensare ad una ricompensa per quanto da essi tanto prodigato in idee, uomini e mezzi nell'ordire tali Rivoluzioni. Dati alla mano.

Spero di non aver abusato della tua pazienza e di quella degli altri lettori, in termini di tempo, ma, ancor più, in termini ideologici.


mercoledì 7 settembre 2011

Tra Indio e Sibylle. Una considerazione.




Caro Indio,

ti ringrazio del tuo commento, pensavo che forse di avrebbe provocato un tantino. E scommetto anche che ti abbia messo un po' alla prova, sul piano 'ideologico'.
Trascurando quest'ultimo, che implicherebbe premesse molto ampie, sia sul piano storico che su quello dottrinale - giacchè come tu ben sai il termine 'ideologico' ha origini nell'humus culturale della rivoluzione francese, e trova il suo apice nel pensiero marxista -.
Accantonando quindi questi argomenti sui quali non potrei esimermi dall'esprimere valutazioni assai poco positive, se non una certa loro intrinseca necessità nell'adempimento di un ciclo, mi limiterò ad alcune brevi considerazioni circa l'animalismo e vegetarianesimo.

Convengo con te nel notare che spesso si sono manifestati con espressioni eccessive e talora fanatiche, da sembrare infantili. Infatti in questi casi, sembrano pratiche più che altro suggerite da una vaga moda ribellistica radicale, di arrabbiati sociali sempre in cerca di un pretesto. A volte ancora si sono viste come snobistiche e altolocate pratiche, altrettanto poco disinteressate, addirittura da parte di Ministri della Repubblica, come di preferenza nel caso degli animali domestici o dei delfini. Green Peace pacifica ipocritamente i cuori, come quando ai bambini di scuola fanno piantare alberi con una mano, e insegnare la necessità del nucleare con l'altra. Vedi i casi Brambilla e più di recente Alfano. Celebrità della televisone o del cinema che si ergono a paladini di foche e balene. E così via. In entambe le circostanze, che provengano da arrabbiati sedicenti antagonisti o da celebrità e alti funzionari dello Stato, poco importa, giacchè il loro risultato è nullo in ogni caso. E la ragione è semplice.

In tutti questi casi non si va colpire la intima causa di tale stato di cose, o che ha condotto a un simile stato di cose, che sta nella cultura moderna e che non riconosce non solo agli uomini, ma anche agli animali lo stato di esseri dotati di un'anima. E nonostante il termine stesso di animale derivi chiaramente da anima. Anima, fatta oggetto di una distruzione razionalistica secolare, come per il sacro e per la religione in termini generali. Alludo al processo di secolarizzazione e 'progresso' nato in Occidente e succesivamente mondializzatosi.
Da qui ai mattatoi e alle crudeltà gratuire, il passo è breve.

Se hai tempo, prova a dare un'occhiata a:
http://www.youtube.com/watch?v=ce4DJh-L7Ys

Le civiltà premoderne, specialmente quelle che noi chiamiamo 'primitive', non avrebbero mai concepito efferatezze a noi divenute famigliari. Non perchè fossero carenti dei necessari mezzi tecnologici e industriali per perpetrarle, bensì perchè la loro era, per essere brevi e necessariamente sommari, una civiltà animistica. Che, lungi dall'avere quel significato spregiativo che ha assunto in età moderna, divenuto sinonimo di ignorante, assegnava un posto ben preciso ed elevato ad ogni forma vivente, animale e vegetale. Possedevano un freno, per così dire, che era il 'sacrificio' - termine pressochè misconosciuto alla mentalità moderna - a volte anche cruento.
Non era infrequente, anche presso i tuoi amati indiani nordamericani, che venissero considerati dei parenti, dei progenitori, e molte storie, non fraintese come fantasiose leggende e miti, raccontavano di epopee fondanti la civiltà stessa. Ad essi si rifacevano, a quanto pare, per organizzare la società, riti, culti, matrimoni, le nascite e le morti, in guerra o in pace, e la vita spirituale umana in generale.
Anche solo a volerne accennare, per quel che vale, il sapere accademico, intrinsicamente distruttivo di quello tradizionale, ha individuato il termine 'totem', 'animale totemico' ecc. originario proprio dalle civilta indiane nordamericane.
Con quel rispetto per gli animali e le piante che possiamo solo rimpiangere, per essere andato tragicamente perduto.
Sia chiaro, tutto ciò senza nulla togliere alla violenza che possiamo trovare tra gli animali e tanto tra uomini che tra gli animali.
Ma non va dimenticato che tra la morte e il sacro esiste una stretta relazione.
Mi rendo conto di essere breve a scapito della chiarezza, ma va riconosciuto che l'espressione massima del sacrificio è appunto la morte. Nessun cacciatore mangia l'animale che ha ucciso e verso cui si trova imparentato per nascita, lo dona ai vicini e a tutti coloro per cui cibarsi di un tale essere sarebbe impuro e sacrilego. E così reciprocamente.
Concludendo, se animalismo e vegetarianesimo in effetti a volte assumono forme ridicole ed infantili, ciò è dovuto alla loro origine moderna e profana, che al pari dei più cruenti mattatatoi industriali e delle crudeltà gratuite, per ricavare pellicce considerate lussuose o un 'paté de fois', che è ormai incapace di cogliere l'anima, l'intelletto, la metafisica, il sacrificio, 'jayna', la fiammella che arde e ci eternizza, che soli consentono una comprensione degli argomenti di cui stiamo parlando.
Non casualmente, ma per una precisa ragione di capovolgimento, di roveciamento dei termini, spesso ciò viene giustificato come una sopravvivenza nell'uomo moderno di antiche e rozze abitudini arcaiche e primitive. Mentre è vero il contrario.

Simbolo arcaico riprodotto in un pavimento musivo, gioia di ogni archeologo che lo scoprisse, o propaganda?

Forse solo ignoranze nel valutare 'liberi di pregiudizi' il perenne linguaggio simbolico dell'umanità.
Quanto alla cosiddetta 'libertà' di stampa - che consentirebbe di uscire da queste 'secche', non mi spenderei in molte parole. Capisco il fascino che possa esercitare sulla mentalità moderna e democratica,. Quella che ritiene e propaganda l'idea che i popoli si possano autogovernare.

Si tratta di un'autentica menzogna, che come un pilastro dei più robusti dovrebbe reggere l'edificio traballante. Quando si impongono come vere visioni storiche, liberamente si intende attraverso leggi democratiche, significa che non si ha più molta fiducia che si possano reggere con le loro sole forze.

Con tutta la e le libertà che abbiamo raggiunto dovremmo aver raggiunto l'apice del perfettibile. Evidentemente le cose non stanno così. Nei più dei casi la libertà di stampa non è altro che uno scompenso basato su di un equilibrio di tacite menzogne sottaciute in cambio di una analoga omissione.
In ogni caso, si tratta di una coperta 'gattopardesca', di un necessario ingrediente, nella necessaria lotta mediatica, che rende più credibile e incontrovertibile il 'Big Game' infernale. Avete mai visto le trasmissioni sulle celebrazioni del 150° dell'unità d'Italia (terra di civiltà millenarie), oppure 'La Storia siamo noi'? Fa parte del gioco. Personalmente, evito di assistervi.

Non vi è una gran contraddizione. In ogni caso si tratta di propaganda. Eppure lo diciamo sempre, la storia la scrivono i vincitori. Poi, alla fine, soprattutto quando seppur erroneamente ci identifichiamo con questi ultimi, finiamo per non crederci più.

lunedì 5 settembre 2011

Un piccolo pensiero per Sibylle.






Un'amica mi fa pervenire il ritaglio di una articolo di giornale, ben sapendo che da noi non se acquista da tempo, vista l'insulsatezza comprovata di tale forma di scrittura. Chi scrive su un giornale, vanaglorie narcisistiche a parte, sapendo che se gli va bene al massimo le sue parole hanno la vita di un giorno, come ben sapeva e stigmatizzò Nietzsche, dimostra di nutrirsi di aspirazioni alquanto infime, anguste, senza pretese eccetto quella mediocrità. Anche in caso di notorietà delle 'grandi' firme di giornalisti viventi, coperti di celebrità e inviti sui teleshermi nazionali, non posta di un virgola il nostro giudizio.

Non entrando a buon ragione 'quotidiani' in casa nostra e tollerando a sprazzi, ma non senza sofferenza, telegiornali e programmi televisivi di 'aggiornamento' culturale, politico e sociale, questa amica attirò la nostra attenzione si di lettera scritta da una lettrice a Il Giornale, sabato 3 settembre 2011, la lettere era a firma Sibylle Abstoss. La riporto integralmente.
Ed altrettando integralmente ignoro il commento, assolutamente estraneo al sia pur minimo genio, del giornalista titolare della rubrica giornalistica de Il Giornale, che si è sentito in dovere, per amore di banalità, di qualificarsi per quello che è..

"Per pura curiosità ho eguito sulla RAI uno dei tanti filmati sulla vita di Hitler, dipinto come l'incarnazione del male. Ebbene dal suddetto programma emergono aspetti estremamente positivi ed una serie di idee tutt'ora attuali ed obiettivi di tante battaglie civili: era vegetariano (come Veronesi); ha emanato leggi severe per la tutela dell'ambiente e degli animali; voleva un popolo sano a cominciare dai bambini, quindi servizio sanitario e screening gratuito per tutti i cittadini. Aveva capito l'importanza fondamentale dello sport per tutte le età, decine di iniziative in queta direzione, attività sportive in tutte le scuole; era contro il fumo; aveva proibito la vivisezione; aveva vietato la presenza di animali nei circhi per tutelare la 'dignità' degli animali e proteggere loro dallo sfruttamento; aveva bandito la pornografia che oggi regna sovrana, inquinando la morale pubblica. In realtà, si tratta di una filosofia di vita e di valori fondamentali eccellenti che dovrebbero essere le fondamenta di ogni società. Forse è meglio che RAI3 la smetta di trasmettere questi filmati per non suscitare nostalgie per i tempi passati che erano sicuramente meglio di quelli attuali."
(firmato Sibylle Abstoss)

Vogliamo astenerci dal fare commenti sulla libertà di stampa e di opinioni, giacchè la Grande Guerra , non è ancora terminata, anche se a molti sembra il contrario.


Scrivere, sia pure su argomenti animalisti, educativi, o igienici riguardante quel periodo, o ai leaders, rimasti sconfitti, senza riccorrere a una terminilogia diffamatoria, dissociandosi, e a volte ingiuriosa e calunniosa, si rischia di incorrrere in quelle leggi liberticide approvate da indegni parlamenti o corrotti o ignoranti di quella che ostinatamente continuiamo a chiamare Europa, nonostante tutto, in primis in Germania ovviamente, (in Italia fu in Ministro Mancino a fregiarsi di questo disonorevole servilismo contrario alla ricerca scientifica e a continuazione della vera 'guerra fredda' tutt'ora in corso).

Persino da morti sono temibili quei leaders. Non molto tempo fa, il 21 luglio 2011, in un cimitero della Baviera ( precisamente a Wunsiedel) è stata distrutta la tomba dove riposavano le spoglie di Rudolf Hesse, le sue ossa verranno cremate e le ceneri disperse in mare. Quasi un rito esorcistico. Perchè apparente? A ventiquattro anni della sua mortere (misteriosa) in carcere e a ben sessantasei anni dalla condanna nel cosiddetto processo di Norimberga si vogliono impedire le commemorazioni di 'pericolosi' nostalgici vi convenivano da tutto il mondo.

Il 'revisionismo' incombe, con sanzioni e ritorsioni di ogni tipo, dettato da pregiudizi inconsistenti.
Grazie Sibylle, che il suo nome ci sia profetico, e come l'indovina cumana, coraggiosa e fedele alla verità, possa continuare a scrivere in piena libertà critica, a suo rischio, nonostante i parrucconi delle Università, in lui la libera ricerca su questi fatti è un pura chimera, e le minaccce che riceverà o ha già iniziato a ricevere.

Contrariamente di quanto fanno quei ben pagati pennivendoli della carta stampata o della televisione, servi di cui molti di loro non sanno neppure loro di chi e per cosa, curandosi solo dei loro trenta denari offerti a Giuda dal Sinedrio perchè tradisse. Il suo coraggio le fa onore.

Non ho il piacere di conoscere la Signora Sibylle, ma spero voglia gradire queste rose, non hanno lo stesso profumo, ma lo stesso vengono dal cuore....

giovedì 1 settembre 2011

Un tocco magico.




La crescita dei piccoli spetta tutta alla madre, la Bruna. La Madre ci porta per mano nel mondo di colori e suoni e pericoli.

I piccoli stanno bene, e sua è la responsabilità. Ora passano lunghe ore insieme, giorni e notti. Momenti di gioie, ansie e preoccupazioni, I piccoli possono farsi male, cadere in luoghi impervi, se non addirittura fare brutti incontri con predatori. La fusione intrauterina è un ricordo ancora fresco.

La presenza della mamma è costante. Anche quando sembra distratta, in realtà è sempre pronta a cogliere anche il più flebile ed impercettibile segnale, si fa di aiuto e la flessione si fa diversa. I richiami, le voci, assumono toni più intensi, immediati, nei casi di rischio si fa più grave, acuto, serio, inequivocabile. In caso di serio pericolo, lo si capisce, il lamento è un urlo drammatico che fende l'aria.
I piccoli, se possono, corrono verso la madre. La grande protezione contro i pericoli più spaventosi, e cercano il contatto, il caldo, una carezza, una rassicurazione che fa ritornare la salute e la voglia di vivere.
E' lo stesso gesto, anzi è quello primigenio, del guaritore, del medico sciaamano, di colui che con un suono e un movimento è capace di guarire la vita.




Per fare questo, però, non servono mantra orientali, parole di una lingua estranea che hanno poco o nessun significato, ripetute in un vuoto rituale. O astruse operazioni di magia per pseudo-iniziati, postmoderni e un po' snob.

Tra chi pratica e chi riceve le attenzione deve passare una robusta corrente di affetto, di vita in comune, di legami, di tensioni condivise che solo la Madre arcaica, la comunità arcaica (materna), coesa, compatta, non a parole ma coi cuori all'unisono - sentimenti che non si possono nè improvvisare nè creare a piacere - ma che sono inscritti nei ritmi della natura. Non si possono fingere, e neppure donare, se non ci sono. Un atto d'amore, una donazione di tempo di cura, di prestazione d'affetto, non parole,vane, quai mai disinteressate, ma al contrario al grado massimo di cristallina purezza del distacco egoistico, disposizione immediata al sacrificio di sè.

Dopo di che ogni suono va bene. Ogni gesto di per sè terapeutico, un bacio quanto una carezza, una leccata quanto uno strofinamento, un contatto di pelle, dolce e paziente, rende la vita accettabile, 'degna di essere vissuta', in termini socratici. Un intruglio da bere, o una formula da recitare, con voce o nel silenzio del cuore. Tutto ciò viene dopo.