martedì 29 marzo 2011

Credete che porterà a ri-flettere?




Mr Tadahiro Matsushita, Senior Vice Minister of Economy, Trade and Industry


Nuclear Energy Policy in Japan

In Japan, which has few natural resources, we focused on the necessity and importance of nuclear energy from an early stage.
The Atomic Energy Basic Act was established in Japan in 1955 to enable the government to promote research, development and use of nuclear energy for peaceful purposes. The Atomic Energy Basic Act stipulates the framework within the government to promote nuclear energy, the establishment of an organisation to conduct research and development, and the legal framework concerning issues such as nuclear safety.
Now that more than 50 years have passed since Japan began using nuclear energy, there are 54 commercial nuclear power plants in operation, accounting for around 30 percent of the electricity produced in Japan. Furthermore, we aim to increase the amount of nuclear power generated to around 40 percent by 2020.
In anticipation beyond 2020, the Basic Energy Plan under the Basic Act on Energy Policy is being revised and its target
to be set to 2030. It is considered that the importance of nuclear power generation will increase furthermore. I expect this process to be finalised by June this year. In the process of the revision of the Basic Energy Plan, the importance of nuclear energy is to be discussed in the Nuclear Energy Subcommittee under Ministry’s Advisory Committee for Natural Resources and Energy.




Sopra riportata una recente dichiazione del Governo nipponico.

I fatti sono sotto i nostri occhi.

Ecco i "rimedi" cui la mentalità moderna sa pensare:

(ANSA) - ROMA, 26 MAR - L'incidente della centrale di Fukushima in Giappone potrebbe premere l'acceleratore sullo sviluppo di farmaci per i danni da esposizione a dosi massicce di raggi, come quelle cui sono stati esposti i tecnici giapponesi. Secondo quanto riferito sulla rivista Nature Medicine sono in via di sviluppo e sperimentazione diversi farmaci o terapie cellulari per affrontare potenziali futuri incidenti nucleari, terapie che potevano essere cruciali nella sciagura giapponese.

Ri-flettere significa, piegarsi su sè stessi, tornare in sè stessi, ri-vedere le proprie posizioni; e quindi rivedere il cammino, mutarlo.

Credete che siamo ancora capaci di ri-flettere?

domenica 27 marzo 2011

"Contro il logorio della vita moderna", adotta una capra.




A volte vi sono momenti che come i sogni sono incomunicabili. O meglio, lo sforzo della razionalità di voler riprodurre e comunicare un sogno viene regolarmente frustrato.
Corrispondono a stati dell'essere, cangianti come i bagliori attraverso la tessitura di rami nel bosco.

Attimi incoglibili che si sottraggono a diventare cose, oggetti dell'economia del quotidiano. Paragonabile al forte, ma esile al contempo, equilibrio che tiene insieme il gregge.
Una cosa è certa. Non è la bieca fame, la sua forza è meno cogente e meno resistibile di quanto si creda. Si, si tema la fame. La rivolta dei visceri è paura di aver fame, ma non la fame stessa. Altre forze sono in gioco. Relazioni di un dialogo orfico serrato.
Il legame con le altre capre. Lo chiamano anche "istinto gregale", fa leva sui loro stati inferiori, subconsci o inconsci, non importa. Non ci si illuda troppo della loro 'semplice' anima. La semplificazione dell'anima dell'animale, così intrisi reciprocamente questi termini da assumere nuova significanza se posti insieme in modo distinto, è sospetta. Sospetta di voler allontare l'ospite sgradito alla mentalità moderna: l'anima. Passi per psiche, mente, ma l'anima proprio no.
Sia per l'anticlericale che per lo scientista puzza insopportabilmente di sagrestia. Il timore, poi, mai confessato, che lo si applichi, per estensione anche all'essere umano! Ma come, dopo tanti secoli di illuminate lotte contro l'oscurantismo e la superstizione, siamo di nuovo punto e a capo? Non può stare.
La paure del cane? Vale la stessa argomentazione, basta sostituire una paura con un'altra, ma il meccanismo logico è il medesimo. In più, qui abbiamo l'aggravante della controprova. Il nostro cane non si è mai comportato da metter paura a nessuno; semmai è stato lui ad esser messo in fuga. Allora c'è il legame con l'essere umano. C'è un dialogo senza parole costruito giorno dopo giorno. Come in un ménage molto stretto, quotidiano, si intrecciano i pensieri mai formulati. 'Ti ho portato acqua, fresca e pulita' come dire: "ti ho pensato". Il fieno asciutto dopo che hai brucato erba umida di pioggia, come dire, "sono attento alla tua salute". Mi porti al pascolo oggi che c'è sole e mi lasci ruminare satolla, sdraiata sull'erba, vale a dire "stiamocene tranquilli qui un po', a goderci il fresco imbrunire, prima che le ombre, allungandosi troppo, ci facciano provare il sentimento del ritorno al ricovero".
E quel giorno che siamo tutti rientrati precipitosamente quando il temporale minacciava? Non una violenta costrizione, una corda o una catena. Tutti liberi di correre giù per il pendìo e metterci al riparo, anche di una vecchia baita di fortuna, solitaria, anchessa come noi tra solitari boschi.
Ricordate il poeta Saba?
"Ho parlato a una capra.
Era sola nel prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava."

Ma cosa centra "il dolore eterno" con cui prosegue? Saba perchè, come Orfeo, non le hai parlato?




Ti avrebbe detto che il caldo le dà affanno, il fresco mette appetito e la pioggia, specie se con lampi e tuoni, terrorizza, come i bambini. Ti avrebbe detto che il dolore era dato da quella corda, "legata" come la poesia dice.
Ti avrebbe spinto a pensare, una volta caduta l'idea inquietante di per sè di una metafisica condizione esistenziale dolorosa, tristezza leopardiana, che fore c'era dell'altro. E magari nel tuo cuore dilaniato, in cui entro in punta di piedi ed esco prima possibile. Un cuore diviso, tagliato in due, come il sangue di cui è vaso.
Lo dice il tuo nome: Saba, che hai voluto prendere, insieme con il latte, dalla tua 'mamma' slovena, Peppa Sabaz, la semplice contadina cattolica, che ti portava in chiesa e ti ha insegnato il Pater noster (e ti ha reso maestro della simplicitas cristiana nella tua lingua di poeta), mandando su tutte le furie l'altra metà del tuo cuore, la tua mamma naturale, Rachele Coen, sempre molto impegnata nei suoi commerci, ebrea attenta alle commistioni fastidiose ma con poco tempo per te.
Ma lo dici anche tu stesso: "capra dal viso semita".

O vuoi, ma dovremmo dire, vogliamo, continuare a credere che il tuo nome, quello che ti sei scelto, è un etimo ebraico ("nonno", "pane")? Vogliamo che il dubbio, la tentazione assurda dell'abisso continui a tentarci?

Le nostre capre non hanno "un volto semita". Noi speriamo che abbiano un volto sereno, come il cielo sereno dei pascoli di montagna. Un volto assorto e rapito dalla bellezza che ci circonda. Niente di più bello di una capra che, al sole, riposi ruminando, con la barba mossa da un vento fresco e sottile che ci porta il cielo dentro, dentro i polmoni e dentro il cuore, guarito da tutte le ferite, dai dualismi che lo vogliono far sanguinare.

Questo è lo scopo per cui propongo ai lettori una sottoscrizione. Solo pochi soldi da "sacrificare" per questo obiettivo. Una sottoscrizione per comprare una capra, tutta nostra, tutta simbolica. Il simbolo della Speranza.

Cosa ne pensate? Adottiamo una "Capra della Speranza"?

All'accudimento, al fieno ed al resto ci pensiamo noi sul Tracciolino, e tutti gli amici possono venire quassù a vederla in ogni momento. Ma quanto al mantenimento della Speranza è dovere di tutti!

sabato 26 marzo 2011

Spigoltura IX: "La Verità vi renderà liberi"


Il Vescovo Richard Williamson: la versione "ufficiale" dell'11 settembre è una truffa

IL VESCOVO RICHARD WILLIAMSON: "LA VERSIONE "UFFICIALE" DELL'11 SETTEMBRE E' UNA TRUFFA:
LE TORRI GEMELLE FURONO FATTE CROLLARE CON ESPLOSIVI".

Perché continuo a citare tutto ciò nelle omelie? Perché la verità è a rischio. Perché se le torri sono cadute a causa di due aerei, allora il Partito ha la situazione praticamente sotto controllo. Il partito governa le menti delle persone. Il partito può far passare ogni sorta di propaganda e di menzogne, nei suoi media. E se le persone ingoiano le menzogne, verranno asservite.




Nostro Signore dice che la verità vi renderà liberi. Il corollario è che le menzogne vi renderanno servi. Adesso, al mondo intero vengono raccontate menzogne…dai media, dal governo, dai politici, dalle università, dagli insegnanti – e la cosa peggiore di tutte, dalle più alte autorità della Chiesa."



Spigolatura. Esempi preclari.



il Giornale
domenica 10 gennaio 2010, 21:17

Netanyahu: "Barriera al confine con l'Egitto"


Il primo ministro israeliano ha dato il via ai piani per la costruzione: "Ho decisio di chiudere la frontiera agli infiltrati e ai terroristi. Non possiamo lasciare che decine di migliaia di lavoratori irregolari entrino dal confine meridionale e il nostro paese sia inondato da stranieri illegali".

"Ho preso la decisione di chiudere la frontiera meridionale agli infiltrati e ai terroristi. Si tratta di una decisione strategica per garantire il carattere democratico ed ebraico di Israele", ha detto Netanyahu in un comunicato.



Perchè non prendere esempio dalla "più grande democrazia" del Vicino Oriente? Un muro galleggiante nel mar Mediterraneo!
L'ebraicità di Israle inegna che democrazia e melting pot van bene per gli altri, ma non per loro. Come potrebbero continuare a conservare la loro Elezione?











lunedì 21 marzo 2011

La luce di San Giuseppe, nel giorno di sabato 19 marzo 2011.





Sabato si ricordava San Giuseppe. Non sempre semplice depurare la sua immagine dalle contaminazioni moderne che ne hanno deformato l'immagine. Destino ingrato che condivide, ad esempio, con San Valentino. Quanto a San Francesco, patrono d'Italia, si è giunti ad abolirne la festività; forse non aveva il sostegno dell'industria dolciaria.
Il punto dolente per San Giuseppe è la sua antica connessione con la paternità. Figura ampiamente svalutata e sbiadita in un'epoca di vociante emancipazione femminile.


Non vogliamo certo favorire la già fiorente, nonché blasfema e dissacratoria, notorietà che ha circondato il Santo, visto quel "putativo" e quel matrimonio con Maria, che meriterebbe ben altra considerazione. Tempi duri, anzi durissimi, per chi la Tradizione cristiana ha deputato a patrono della famiglia, protettore della Chiesa universale, dei falegnami, degli artigiani, dei lavoratori in genere, ed infine è invocato dai moribondi per una buona morte.
Difficile mettere insieme una schiera di obiettivi sventurati più colpiti dalla malasorte del mondo moderno.
Abbiamo altri ricordi, meno ecclesiologici ma più decisivi.
Un sogno, tanti anni fa, ma mai dimenticato, me lo ha reso caro, indimenticabile.
Mi avvicinavo ad un giovinetto vestito di una lunga veste bianca immacolata. Emanava luce, benchè fosse ancora adolescente; mi trovavo lì per ricevere una specie di giudizio, forse solo un responso. Ero come morto, ma di una morte provvisoria, che però avrebbe anche potuto divenire definitiva. La Sua età era come bilanciata dal Santo padre putativo, che fermo da dietro gli poggiava la sua mano sulla spalla, quasi un'energia di giutizia infallibile dovesse uscire da quelle mani fatte belle, giuste, sante, o 'solo' paterne dal lavoro quotidiano. "L'elogio della mano" di Focillon vede bene la potenza di questa semplicità nei lavori dei maestri romanici e gotici, che dal medioevo non smettono ancora di interrogarci.
Mi presento. Il Ragazzo si concentra sul mio nome, se lo fa rimbalzare nella Sua testa. Quasi se sfogliasse un brogliaccio che teneva in mente. Per me furono attimi infiniti di sofferenza, di attesa interminabile: forse non c'ero scritto su quello speciale libro. Era come il Libro della Vita, vi erano iscritti coloro che in qualche misura avevano partecipato al Vivente. Sarebbe stato come se fossi vissuto invano.
L'ansia e l'apprensione si fa dolore, acuto, insopportabile. Lacerante. Al di là di ogni umana comprensione. Quando....tutto sembra precipitare in un insanabile, inaudito dolore, ecco che d'improvviso il divino Fanciullo si sofferma, sembra rifletta su uno spunto, un appiglio di memoria, un accenno, forse c'era un brandello di possibilità...per me era la vita vera, la speranza che il buio baratro, forse, non mi avrebbe inghiottito.
Ed infine...parole proferite con indicibile dolcezza suonano: ""Si...si, ma certo, ora mi ricordo di te!" e ripete il mio nome. Mi nomina. Un vero battesimo, senza immersione. Una gioia indescrivibile si sta impadronendo di me. Ero salvo. Iniziato, illuminato. I miei giorni non erano trascorsi invano. Avevo lasciato una traccia, sia pur minima a malapena percettibile, forse nel mondo che coincide con la memoria divina che tutto registra, cui nulla sfugge, non una pagliuzza di bene. Sul male finge di dimenticarsene, e gli uomini la chiamano misericordia.
San Giuseppe, alle sue spalle, era tutore e garante, padre non-padre di quel figlio che non era un figlio, che però avrà educato nella sua bottega. E come?
Non si sa. Possiamo supporre, alla fatica, alla forza, alla tenacia, a chiedere da sè il meglio, la perfezione, a non essere avido, a servire più che a comandare, leale, sincero, nei lavori che gli venivano commissionati. I materiali non falsi, gli utensili non sbrigativi, la procedura non approssimativa, mai! Un odio giurato per l'ozio. Che non è solo svelamento dell'inganno del "dolce far niente", è soprattutto maledizione per la mala azione. Spreco della preziosa occasione che Dio continuamente ci offre di recte agere, un agere che suona come un agro-coltura dell'anima. Un'offerta troppo spesso non riconosciuta, non raccolta.

Un caro e giovane amico sale da noi tra i boschi e i prati del Tracciolino. Un caso che sia il giorno di San Giuseppe? Ma neanche a provarci per ipotesi. Il caso è per gli sciocchi.

Disponiamo la recinzione elettrificata per il gregge, affinchè possa lasciare gli animali liberi di pascolare e noi liberi, volendo, di poterci dedicare ad altro.


Una luce spirituale ci fa subito capire che il lavoro è ben fatto, che funziona. Quello che ci si attendeva, solo come mera aspettativa astratta, era diventata realtà. Era entrato nel mondo delle cose manifeste una goccia di bellezza. Forse era la luce di San Giuseppe.

Ci siamo seduti noi di qua e le capre di là, in un equilibrio assai poco terreno. Uno di quei rari attimi in cui viene spontaneo interrogarsi da dove provenga tanta dolcezza.

Allora una domanda percorre i cuori. Gli occhi si incrociano pudichi, increduli, quasi che potessero per un eccesso di esteriorità visibile, rompere quell'incantesimo.
Perchè non rendere partecipi altre persone sensibili più alle visioni notturne dell'anima, quando è assente o compromessa l'azione razionale normale della mente, che a Freud. A chi ancora crede che l'uomo non sia condannato alla sua crudele malattia dell'anima che è la solitudine cosmica cui la scienza fatalmente lo conduce. A chi crede che "il baconiano scire est posse [conoscere è potere] è la mostruosa involuzione di una verità tradizionale autentica... [che] tende a superare la condizione umana redimendo l'uomo dalla sua umanità". A chi ha anche un dubbio che l'umanità moderna stia scambiando l'illusione caduca con il Permanente, e cieco d'orgoglio non voglia ammettere che quel scire est posse, quella potenza che gli viene dalla scienza, altro non è che "una barbarie organizzata"(G. De Giorgio).

Perchè non aprire a chi lo desidera l'impegno di un cammino? Semplice ma serio. Perchè non fare del Tracciolino un luogo in cui s'appunta la speranza? Offrire un po' del proprio tempo e un po' della propria sapienza, umiltà, benevolenza, amore, gentilezza, per metterlo in comune, poterlo condividere? Almeno provarci? Perchè non mettere tutti un piccolo mattone che possa contribuire ad erigere la gioia di vivere, l'orgoglio di esserci-nel-mondo e, per quel che si può, sfuggire alla rassegnazione di essere quella cosa che finiamo inevitabilmente di pensare che siamo anche se non ci sentimo bene in quel vestito stretto?


Perchè non farci muro solido e solidale, con gesto piccolo ma concreto, contro l'interminabili carambole di Torri babeliche a cui forzosamente ci arruolano il corpo, ma forse non l'anima?

Coagulare gli Spiriti è sinceramente l'opera alchemica più difficile. E' l'Opera, per antonomasia. Mettiamo insieme pochi spiccioli e compriamo una "Capra comune della Speranza". Magari domani ci darà del buon latte, sano e disintossicante, per lo Spirito, la mente ed il corpo. Oppure, potrebbe esserci chi vuol vedere se ce la fa a far crescere patate, cavoli, o pomodori o zucchine, senza usare veleni chimici. Qui ci sono orti per la Speranza!
Ma anche solo per stare insieme un pomeriggio a goderci la frescura montana, in buona compagnia a parlare del Tempo del Sogno, anche solo a re-imparare a parlare con un alfabeto e una lingua cui ormai siamo disabituati.
Qui abbiamo una sorgente di acqua pura e fresca che toccherebbe il cuore anche al Fratello di "Sorella Acqua". Quando ci siamo stabiliti qui, portandoci appresso ancora troppe paranoie, preferivamo l'acqua minerale 'naturale', e guardavamo con sospetto quella che sgorgava dalle viscere della terra. Ci abbiamo provato, ora beviamo solo quella, fluisce fresca tutto l'anno e nessuno (per ora) ci manda la 'civile e giusta' bolletta per un servizio (sic!).
Questi sono pensieri che lanciamo nell'aria, il vento spargerà il mantra.
Se passate di qui, provate a fermarvi, siete invitati. Perchè nella vita, almeno una volta, "bisogna fermarsi" (ananche sténai) diceva Parmenide.
Provarci ci renderà più felici.



Se non mi giudicaste presuntuoso, ci verrebbe da aggiungere anche: "Parola di San Giuseppe!" Riformulazione del Grande Artigiano del mondo che dovrà venire!





domenica 13 marzo 2011

Pericolo nucleare? No. Pericolo umano. ("Apocalittici" o "Integrati")

Una cosa è certa. Il bimbo giapponese a mani in alto: l'umanità del domani ha davanti una resa. Parrebbe che nessun disastro ambientale, di per sè, possa assumere una dimensione distruttiva tale da mettere a repentaglio la vita sul pianeta.
Ciò che l'essere umano vi ha aggiunto, invece, si.

Comunque nessun allarmismo ingiustificato. Nessuna contrapposizione tra "apocalittici" e "integrati", c'è la ragionevole certezza di una via di mezzo. La celebre asserzione è del noto scrittore e accademico Umberto Eco, come molti ricorderanno. Il quale dimostrando la sua profonda comprensione dei tempi si è recato fino a Gerusalemme per dire che Berlusconi regge il paragone solo con Hitler. E per chi non l'avesse ancora capito dai suoi scritti 'rigorosamente illuminati e progressisti', ci fa sapere che "ai giornalisti ha detto di apprezzare i libri israeliani e che i temi dei suoi scritti sono influenzati dalla cultura ebraica." Se lo dice lui....

Non andate oltre. Non ricavate lezione alcuna. Sicuramente il progresso tecnologico troverà una soluzione. Nessuno disturbi il 'manovratore'. E il sonno comatoso in cui il delirio di onnipotenza scientifica ha sprofondato l'umanità.

giovedì 10 marzo 2011

Spigolatura VII

Un bunker segreto in Norvegia contiene i semi di tutte le piante del mondo. Chi e cosa ci sta dietro?

Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due colossi del geneticamente modificato) Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l'isola è quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell'arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola».
Per la pubblicità, è «l'arca dell'Apocalisse» prossima ventura.

Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui s'è recentemente unito Bill Gates, l'uomo più ricco della storia universale, attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates Foundation.

Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l'anno.

Ce ne informa l'ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le università del mondo: che futuro avranno?
La Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che negli anni '70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di «rivoluzione agricola genetica».
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell'Agricolture Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi dell'International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui partecipò la Fondazione Ford ).

Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano (ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement Center, poi con un centro analogo per l'agricoltura tropicale (IITA, sede in Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International Agricolture Research.

In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l'ente ONU per cibo e agricoltura), la Banca Mondiale (allora capeggiata da Robert McNamara) e lo UN Development Program.

La CGIAR invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli, specie del Terzo Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e sulla nascente industria dei semi geneticamente modificati.

Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di influenza straordinaria per la penetrazione dell'agribusiness Monsanto.

«Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti», scrive Engdahl, «negli anni '70 la Rockefeller Foundation si mise nella posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l'ha plasmata».
Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale.


Ma davvero Rockefeller spende soldi per l'umanità sofferente?


La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni '70, mentre nasceva la CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese; chi controlla il cibo, controlla la popolazione».
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida del cartello petrolifero mondiale.

Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo, agli interessi di tre o quattro colossi dell'agribusiness euro-americano.

In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati nei laboratori dei giganti multinazionali.

I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.

Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.

La relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi dell'agricoltura tradizionale era finita.

Tutto brevettato, tutto costoso.


I contadini che per secoli avevano coltivato per l'autoconsumo e il mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto denaro.


Biopirateria, semi OGM e l’India rurale: “Oltre 100.000 contadini si sono suicidati…” di Priya Kumar - 03/12/2009.


lunedì 7 marzo 2011

L'insostenibile satanismo eco-compatibile






Un commento a quanto scritto i precedenza riguardante il trattamento crudele inflitto, in generale, a molte se non tutte le specie animali e in varie modi più o meno cruenti (Questioni di fondo del 28.2) e in cui si propone anche un video, ci spinge ad esporre alcune osservazioni che riteniamo non di trascurabile interesse
Conoscevamo il filmato, ma evidentemente ci era sfuggita la parte iniziale. In questi minuti il film, per altro piuttosto crudo e di caratere puramente documentativo in cui efferatezze sanguinarie e gemiti e sofferenze strazianti quanto inutili sono passate in meticolosa ed impietosa rassegna, quì si può notare, come se si trattasse di una cornice introduttiva, un inquadramento esplicativo più ampio che coinvolge anche la violenza umana rivolta contro la sua stessa specie. E fatalmente, le inquadrature scelte ad esemplificazione di un equiparamento tra storia umana e mattanza animale e a livello industriale, le 'stereotipe' inquadrature risalenti alla II Guerra mondiale, quelle del leader di una potenza belligerante e scheletrite immagini di reclusi in campi di concentramento.
Non nutriamo alcun interesse per le diatribe storiche o politiche, men che meno assumerci una propettiva di parte, giacchè ciò che avviene a livello empirico nelle vicende della storia plurimillenaria del genere umano, l'ordina manifesto delle cose, vien in via preliminare predefiito da determinazioni che avvengono a livello metafisico e lo trascendono. Dall'affermarsi di condizioni di mutamento e di moltiplicazione di fattori causali che rendono il quando empirico sempre più difficile da sintetizzare con gli strumenti di indagine storica che si sono andati affermando negli ultimi secoli di una ben più lunga storia umana. Anzi , il moltiplicarsi dei fattori esplicativi sembra generare un labirinto sempre più intricato, tale per cui la verità 'dei fatti', più che dal dipendere dai princìpi, sembra essere prodotto frammentario, parziale, un frutto artefatto di propagande contrapposte.
Che la Verità vada inabisssandosi nei tempi moderni, non è poi un gran novità. Così come i labirinti epistemologici delle scienze moderne più che portare alla luce 'fatti' assomiglia sempre più ad una cortina fumogena, un ginepraio, un labirinto in cui vince chi fa la voce più grossa, ed è in grado di manipolare e persuadere gli altri dei 'fatti'.
Può essere degno di interesse, d'altro canto, osservare come la violenza sugli animali venga intesa come una questione di pertinenza degli 'stati inferiori' degli esseri umani, scaturita da una 'fatto' aggressivo tipico dell'essere umano che quindi, non meraviglia, si manifesterà su ancor più con ampie proporzioni di cinismo sugli indifesi animali.
In altri termini questo implica un evidente errore di carattere dottrinale. Riconducendo la incuranza umana verso gli animali ad una sfera del tutto profana tipica delle scienze moderne che prescindono e si contrappongono ad ogni realtà che sfugge ai sensi, non si fa altro che ripercorrere una strada già nota al procedere del pensiero razionale e meccanicistico moderno, un percorso già collaudato, di eliminazione delle componenti tradizionali ereditati tese a conservare tenacemente la Verità dalla disgregazione materialistica.
Nel nostro breve scritto, l'incuranza verso gli animali, in generale che è andata diffondendosi a tutti i Continenti di pari passo con l'espansione e il declino dell'Occidente, veniva posta a confronto con il trattamento che riserva loro le civiltà tradizionali. Civiltà indigene, che erroneamente vengono definite "primitive" ma che sarebbe più corretto chiamare 'primigenie' poichè hanno saputo protrarre, più di quanto abbiano saputo fare noi, la coscienza di una filiazione, una 'primogenitura' del Creatore. Questo ricordo, dhikr secondo la tradizone islamica, anàmnesis nel linguaggio di Platone, è in ultima analisi l'elemento che fa la differenza anche nelle relazioni con gli animali: non organismi portatori di 'diritti' come pretendono ambientalisti, animalisti, ecologisti, verdi, opinioni molto diffuse nella mentalità moderna, ma esseri posizionati in diversi livelli e collocati in una precisa gerarchia, che comprende anche vegetali ed minerali, a seconda degli stati gerarchici di una coscienza universale.

Sacrificio vedico del cavallo


C. Eastman - uno Sioux egli stesso, ma per così dire "civilizzato" - parla della grande naturalezza con cui gli Indiani d'America, avvezzi ai grandi spazi solitari e ai profondi silenzi della loro 'incontaminata' Natura, contemplassero il "Grande Mistero", "senza complicazione interiore - dice - ...perchè ogni discorso è necessariamente debole e imperfetto..."
D'altro canto, la fragilità delle opinioni dei progressisti moderni, sopra ricordati, si tradisce allorchè il rispetto dei 'diritti' animali che si vorrebbe 'universale' scende ad un pragmatico compromesso ecosistemico che essi chiamano "sostenibile". Cosicchè si uccidono comunque, però prediligendo forme di morte dolce, che ricordono inevitabilmente l'eutanasia. 'Traguardo' che i progressisti propongono tanto per gli animali quanto per gli esseri umani.

La mentalità tradizionale riconosce una profonda affinità, identificazione tra e con animali, vegetali , fenomeni naturali e uomini. Un'autentica parentela. Il sapere profano moderno chiama questo atteggiamento "totemismo" e ne studia ogni forma di relazione esteriore, precludendo così ogni possibilità di comprendere le valenze prettamente spirituali di tale "parentela".
Del resto, Gesù stesso nega energicamente, a beneficio dei "cuori induriti", di cui i moderni senz'altro sono gran parte, il valore della consanguineità di figliolanza e di parentela rimarcando il primato assoluto dello Spirito. «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luc 14:26-27). "E' lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla" (Giov. 6:63). Odiare padre e madre non osta con il comandamento divino di onorarli. Impone semplicemente di non idolatrare il sangue, la discendenza fisiologica.

L'uccisione è senz'altro vissuta con angoscia e colpa (vedasi anche "Uccidere o sacrificare?", 26.1). Vero è che l'asettico processo industriale dei mattatoi mettono al riparo da queste sgradevolezze. Un conto è vedere, udire, odorare il fluire del sangue; un altro è trovare parti animali, fredde, ripulite e anemiche, sui banchi frigoriferi.

Me il vero rompicapo per la mentalità moderna è il sacrificio, cioè l'uccisione rituale. Non deve stupire che il sacrificio rituale risulti ostico agli occidentali: è una conseguenza necessaria del processo di secolarizzazione. Prima di essere in causa il sacrificio, è il rito che costituisce un'azione, un gesto, di cui si è smarrito il senso.
L'azione viene compresa e giustificata in virtù delle sue conseguenze. L'azione deve essere produttiva, o quantomeno finalizzata ad un risultato concreto e utile. Ci si interroga sull'utilità dell'arte. A che serve un quadro da appendere al muro? Una scultura è altro da un soprammobile? La padrona di casa spera solo che si intonino con il colore dei divani e delle tapezzerie!
Ma che dire del rito? A che serve? Chi pensa che si debba collaborare con il Cosmo perchè continui a perpetuarsi? Chi pensa che viviamo nella dimensione del manifesto, del frammentato, del molteplice, dalla frantumazione di un Essere primigenio, primario, supremo? Dall'Uno ai suoi frammenti di cui una volta erano parte? Ma, soprattutto, che da questa condizione di esilio dei pezzi si possa procedere ad una sua ricomposizione? "Radunare ciò che è sparso"?
I pezzi sono i frammenti nostri parenti, vanno amorosamente ricomposti, coagulati, fusi di nuovo in una lega, dopo la dissolvenza.
Tutt'altro che inutile, il rito del sacrificio è persino necessario. Agnus Dei qui tollis peccata mundi. Il sacrificio dell'agnello ricompone la frattura, il frazionamento, riconcilia l'ordine manifesto delle cose che la dualità fa spofondare in un conflitto, in abisso di sofferenza e ritorsioni cieche, che portano alle estreme conseguenze del ciclo.


"L'essenziale, nel sacrificio - scrive A.K. Coomaraswamy - è in primo luogo dividere, e in secondo luogo riunire", L'Essere Supremo, Mahapurusha, "essendo uno, diventa molti, ed essendo molti, ridiventa uno" (Induismo e buddismo, pag. 26 ). "Da Lui veniamo e a Lui torneremo", auspicano parole coraniche, se siamo stati 'mondati' sul Ventilabro divino.
L'azione rituale è intesa a ripristinare uno "stato primordiale". In altri termini, per la mentalità empirica e materialistica, non serve a nulla, come è l'arte (modernamente intesa). Ma come l'arte inutile è divenuta, seguendo un processo di degradazione, poichè tradizionalmente l'arte, ars, era bellezza e utilità indistinguibili, così il rito è divenuto atto inutile e superfluo, frutto di un processo di smarrimento del sacro, poichè nelle varie tradizioni la ricomposizione del Cosmo (rta) significava precipuamente liberarsi dall'utilità dell'azione, dall'aspettattiva dei suoi frutti, e l'uomo celebrante si sacrifica anch'egli, poiché intraprende il cammino della sua estinzione, di lavoro che è purificazione e non produzione.
Ci si preoccupa subito: come soddisfa le necessità materiale una civiltà purificata, solare? Il celebrante, il brahman, morendo al mondo che bisogno ha di nutrirsi? Con il termine sancrito di amrta, evidentemente collegato a rta, si indica la bevanda degli Dèi, soma il cibo, come presso i greci, ambrosia era il loro nettare. Manna cibo del cielo. Perchè preoccuparsi dei processi gastrici quando ci si pone l'obiettivo della transumanazione?
Il sacrificio quindi non nutre, non rende il cibo ritualmente puro, anzi ci eternizza, lo rende superfluo. Lungi dall'essere azione riservata ad un gruppo privilegiato - se così fosse si autovanificherebbe - è opera collettiva, solidale, coagulata e coagulante (nel Medioevo, non v'era corporazione che non si mettesse sotto la protezione di un Santo). "Richiede la cooperazione di tutte le arti, il che assimila il sacrificante a Vishwakarma stesso" (R.Guénon, I simboli della scienza sacra, pag. 261). L'artigiano, nè operaio nè artista, è il servo che lavora alla "vigna del Signore". Vi è un che di costruttivo nella parola Vishwakarma, l'Onnipotente, il Grande Architetto dell'Universo, il Demiurgo. L'artigiano che non segue la sua legge egotica, ma persegue la perfezione in ciò che fa, si libera del frutto delle sue azione e si nutre della perfezione della sua azione ormai purificata, è divenuto un sacrificante (sacrum facere). Lavora come Dio comanda, e ciò facendo partecipa al Vishwakarma.

Altro si potrebbe aggiungere, ci premeva mettere in guardia dai tanti "falsi profeti", veggenti e illuminati fasulli, quanto mai attivi nella nostra epoca. Il loro segno caratteristico e inconfondibile che svela il loro inganno in mezzo ad una mescolanza di vero e di falso apparentemente indiscernibile, è il loro cedimento perso il molteplice, il materiale, il concreto, il mutevole.
Massimo Fini, saggista e scrittore, anima fine e critica della modernità, respinge tanto il capitalismo quanto il comunismo, destra e sinistra si identificano in linguaggi diverssi al materiaalismo. Propone un umanismo puro, autentico. Ma come non è proprio da questo Umanesimo, che altro non è che un modo di dire discostamento daDio, che ono cominciati i nostri guai?
Altri ancora vedono un approssimarsi dell'Età aurea del risveglio spirituale nei sommovimenti politici nel Nord Africa, apportatori di un rinnovamento democratico, in primis, in Egitto, l'antica terra nera dell'al kimia, delle Piramidi indecifrabili e della Sapienza astronomica dei suoi sacerdoti, che magari preludono ad atterraggi di alieni e mirabolanti astronavi, a cavallo tra il Nilo e gli Aztechi. Ma come la democrazia un segno di rinvigorimento ciclico, di "riforma della mentalità moderna"? Ma il male non è la medicina! Come dire che le scienze sperimentali dànno conferme a ciò che la Tradizione prevede. Che Dio ha bisogno di "prove della sua esistenza" per rendersi credibile!
Si. Magari nel 2012.
Potremo, in futuro, sempre più imbatterci in pseudo guru - alla stregua di chi rifiuta la macellazzione per motivi che si rifanno alla storia e alla politica -, che mentre parlano del Kali-Yuga se la dànno a gambe, di soppiatto, portandosi via la cassaforte sotto il braccio!

domenica 6 marzo 2011

Un amico, due passi in un pomeriggio al Tracciolino.

Due passi prima di salire in macchina e far ritorno a Torino.



E' domenica. Sugli aridi prati, ancora avari di verde. Ancora un po' freddi. Il piccolo gregge circonda un ospite che si aggira sul Tracciolino. Gli fa festa, tutto intorno. Lo segue, infonde spirito solidale.
Il profumo della solitudine montanara fa vibrare il suo cuore. L'animo che gode di attimi da gustare fino in fondo, prima di partire. Magari portarsele via.
Mi ha detto: "Stare qui mi ricarica per tutta la settimana". Vieni quando vuoi a riempire il tuo cuore qui. Riempilo fino a traboccare. La solitudine ti apparirà come un miraggio, un che di inesistente.
I crudeli sferragliamenti dei tram e delle metropolitane della città ti attende. Un'umanità sofferente in un labirinto da cui non vogliono uscire. Un'umanità che ti isola e ti condanna se ti provi a donarti ad una rivolta liberatoria, emancipatoria. Esattamente come il prigioniero della Caverna platonica.



Ti incammini verso la cima, dove c'è una malga solitaria, solitaria come noi. Emana un fascino e capisco che ti entra dentro. Hai bisogno di rimanere solo e silenzioso - abbiamo già parlato a sufficienza - disturberei il tuo dialogo interiore col bosco, con l'erba che calpesti e gli odori e le emozioni che vuoi portarti via. Vorrei ti si cucissero addosso. Ti stregasserro. Incantesimo di una moderna Circe. Imprigionassero il tuo cuore a ritornare a questi cieli che ti rendono libero, più umano, anticamente umano, eternamente umano.
Umano, troppo umano, diceva Nietzsche, per cantare l'anima dei camminatori solitari della montagna.
Vai, sembri avvolto dalle brume, assorto nei tuoi pensieri, saranno magari anche carchi di nostalgie, ma ben conoscono l'igneo meriggio. Zenit dell'anima.




Umiltà e potenza di un simbolo.



Nella tradizione islamica il termine al-furqàn indica il mezzo del discrimine, in quanto tale è poi passato a denotare il Corano stesso, di cui è il nome di una sura.
Il Ventilabro viene menzionato (Mt: 3,17) "Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la Sua aia e raccoglierà il Suo grano nel granaio, ma brucerà la pula". Crivello, setaccio, vaglio. Cribrum.


Ma discriminare sembra oggi una attività 'discriminatoria'. Discriminare ha assunto un signifcato negativo, antidemocratico, un'infrazione al sentimento egualitarista. Una minaccia al relativismo dei giudizio, la cui suprema autorità riposa sull'individualismo assoluto.
Corollario di questo slittamento semantico è l'imperativo è l'impossibilità, in fatto di valori, di dire no a qualcuno. Forse, ma forse, qualche pedagogo o qualche psicologo "dell'età evolutiva" si azzarda ad affermare che ci sono 'no' che aiutano a crescere. Ma quando si varca la soglia della maturità (anagrafica o quale altra?) l'individuo non tollera più un giudizio esterno che gli si sovrapponga, a lui sovraordinato. Come il cittadino non è un minore bisognoso di tutele, cosi all'uomo moderno non gli si può dire - non importa chi e come o quando - ciò che è bene e ciò che è male. Non è forse questa l'essenza della democrazia?
I valori cambiano e dunque occorre adattare la Verità ai tempi. Così fece il Concilio Vaticano II, anteponendo lo storicismo alla Legge del Ventilabro.
Da bambino osservavo mio padre muratore. Ci passava la sabbia per separarla a secondo del calibro. La mamma la farina dai grumi. Lanciava il riso in alto e soffiava via le impurità. I sassolini più pesanti venivano abilmente separati dai chicchi.

Taluni hanno voluto migliorare la Sua Legge. Conoscete un'eresia più grave?

Il suo nome è Progresso.