giovedì 27 maggio 2010

IL CIGOLIO DELLA CARRIOLA. MA NON E' PER FAR POLITICA...

Con la carriola carica scendo tra i vicoli stretti di Rialmosso. Stiamo sgomberando, la vecchia casa. Stiamo vendendo. Con un po di rammarico e tristezza nel cuore. Come sempre accade quando si deve lasciare alle spalle ricordi, fatti, avvenimenti, speranze e sapori...un po di noi se ne va sempre. Il trasloco, come la sera, è suggestivo di partenze ed addii. A loro volta, rimembranza della separazione totale.
La ruota cigola, e il circostante silenzio di un tipico paesino di montagna che vive con dignità la sua inesorabile morte, scritta nel suo destino, amplifica con quel suono malinconico e falsamente rassicurante. Solo quattro vecchi e qualche 'villeggiante' animano quei viottoli, quelle case. Nessun amministratore locale sarà mai in grado di opporsi ad un destino così epocale. Nemmeno con tutte le sue capacità e la buona volontà, sarà capace di far tornare la vita in un paese di montagna dove lo spopolamento è la cifra di tutto. Persino i volonterosi e coraggiosi piccoli tentativi di qualcuno che tenta la strada un B&B o di un agriturismo, ammirevoli nel loro caparbio tentativo di vivere in montagna sembra carente in qualche suo aspetto e mestamente sopravvivere, più per inerzia che per produttività. Quante volte ho sentito la frase "ma chi me l'ha fatto fare!"Suggello a mo di bilancio della sua impresa.
Nella logica imperante ed indiscussa del materialismo, ben accolto prima di tutto dalle sue stesse vittime, competere con la vita di pianura, quella della montagna inevitabilmente assume tonalità donchisciottesche. Che, contrariamente a quanto di solito si pensa, non è figura buffa e comica. E' figura tragica, carica di inattualità, di tutta la grandezza e la tragedia degli uomini non solo sono"fuori" del tempo, ma sono anche "contro" il loro tempo. Uomini caparbi capaci persino di combattere contro i famosi mulini a vento, pretendono se la loro logica li porta a quel punto di sfidare il destino, di pensare possibile che i fiumi ritornino alle sorgenti. Sono santi, mistici e folli.
L'neludibile destino della vita in montagna non sarà mai e poi mai scongiurato con i sussidi ed i compensi a fondo perduto per l'agricoltura e l'allevamento delle zone svantaggiate. Palliativi per rimandare la morte. "Dying pillow", definivano i colonialisti inglesi i miseri contributi che destinavano alle razze morenti, cuscino del morente infatti significa. Qui il morente è la vita di montagna, e la razza di uomini in via di estinzione che in qualche anfratto e risposta valletta conserva il suo essere, seppure sbiadito, di antico e nobile sapore ( e sapere).
Mi ricorda fatalmente le iniziative patetiche ed impotenti con cui certi nostri politici credono (o fingono di credere) di risolvere il problema della denatalità elargendo un contributo, peraltro inadeguato, in soldi. Non sono capace di pensare che i nostri uomini politici siano così ottusi da pensare che con mille euro per neonato possano risolvere neppure in minima misura quello che la CEI, l'organo dei Vescovi italiani e non un gerarca della cosiddetta italietta fascista, ha chiamato un "suicidio demografico". E ciò che accade per la vita in generale, accade anche per la vita in montagna. Si dànno contributi, ovviamente scarsi e sempre in ritardo. Un dying pillow, appunto! Il fatto più tremendo, assediati come siamo dalle forze materialistiche, è che non si riesca a pensare a rimedi che non siano dei soldi. Che tristezza! Tuo figlio si droga? Gli sfugge il senso della vita? Ragalagli un viaggio premio in Polinesia per rallegrarlo, fargli dimenticare, alleviargli o risolvergli il problema...
Tra un sobbalzo e l'altro della carriola, portentoso strumento di antico e nobile lignaggio che ancora oggi addolcisce la fatica laddove i mezzi meccanici non hanno spazio, tra i pietrosi viottoli di montagna, e mentre questi pe nsieri mi accompagnano, vedo a terra un "santino" lascito alla recente kermesse elettorale nella regione Piemonte. Mi fermo, lo raccolgo, reclamizza un personaggio polito di livello nazionale. A colpirmi deciso negli affetti, è il lato principale del volantino. Il tricolore rammendato con un robusto spago grossolano nelle giunture tra i campi di colore. Tra il verde ed il bianco e tra il bianco ed il rosso. Lo slogan recita pressapoco così, "la ricucitura dell'Italia comincia dal Piemonte". Il riferimento chiaro è all'eventuale strappo del tricolore da parte leghista. Parte politica cui si attribuisce una certa qual scandalosa disunione tra i "Fratelli d'Italia". Non so, e me ne importa assai poco, se questa Parte politica favorirà il dying pillow per la vita di montagna. Credo di si. Non vedo cosa possa pensare d'altro. Non soffia un (o il) grande Spirito da quelle parti. Lo dimostra che il dying pillow nel caso della denatalità della nostra razza è stato respinto. Ma non per quelle ragioni che non si possono più esprimere legalmente e liberamente nella democratica Europa, magna patria mea. Bensì perchè a beneficiare, si fa per dire, degli agognati contributi sarebbero in fondo gli extra-comunitari, i quali diversamente da noi continuano a riprodursi!
Mi metto il volantino in tasca, senza sapere bene il motivo. Riprendo la carriola e il viottolo. Sto traslocando le ultime cose, vado sul Tracciolino, Valle del Bina. Non posso esimermi di pensare, non senza un brivido, se quersto sarà il mio ultimo trasloco, quello prima del trans locus. Ecco il Tracciolino si può ben definire un transito, un trans locus. Il suo Spirito spero che doni lucidità alla mia vista e a quella di coloro che mi raggiungeranno. La vista del Terzo Occhio, ovviamente.













Il volantino col tricolore ricucito mi è rimasto in tasca. Ripulendo i pantaloni, Bea mi chiede: "Cos'è 'sta roba?"
"Niente, mettilo da parte".
Per la Storia del Nulla c'è sempre tempo.


lunedì 17 maggio 2010

Osservazione empirica o Altro? (Pensieri brevi dedicati ad Alessandro)

L'osservazione empirica si svolge sempre su entità che mutano, cioè su entità individuali o gruppi di entità individuali, delle quali - tutti i filosofi ne concordano - non si può dire che sono ma solamente che diventano e si evolvono.
Si ricorderà il panta rei di Eraclito, e l'altrettanto celebre "non ci si bagna due volte nello stesso fiume". Prima e immediata conseguenza, non si può dare una legge permanente fondata sull'impermanente. Sull'impermanente e dell'impermanente non si può che ricavare leggi provvisorie, di durata limitata e mutevole nel tempo. Sia che tali leggi riguardino la natura, sia che riguardino la società, la cultura, il "convenzionale". Controdeduzione: si vero, ma d'altro canto, se non si vuol ricorrere a forme "irrazionali" di pensiero, ci si deve accontentare, non sarà una forma di conoscenza definitiva, ma l'unica e la migliore possibile. (Che strano, si dice più o meno la stessa cosa anche quando si vuol difendere la democrazia! Sarà una coincidenza?)
Seconda conseguenza, il paradosso o meglio la paradossalità (argomento di ascendenza scettica): siccome si nega la validità della conoscenza empirica partendo dal "fatto" empirico del ragionamento a partire dall'esperienza in realtà non si fa altro che confermare la validità dell'osservazione empirica.
Non a caso Platone poneva la geometria a base della dialettica, del suo argomentare. Non c'è altro esempio più eloquente per parlarci della dimensione non empirica. Se noi consideriamo un segmento, (e trascuriamo retta e semiretta che implica il concetto di infinito, concetto antiempirico per antonomasia, ed è piuttosto curioso che venga accettato dalla conoscenza empirica moderna senza batter ciglia!), definito come ente geometrico ad una sola dimensione, non ha in alcun modo un'esistenza empirica, perchè per quanto appiattito su una dimensione, qualsiasi segmento nella "realtà empirica" sarà sempre un rettangolo. Esattamente come il punto, lungi dall'essere un ente geometrico privo di mensioni, nella "realtà empirica" possiede almeno un raggio, verosimilente una pluralità di raggi. E cosi via di seguito. Empiricamente, potremmo affermare che la geometria non esiste. Non va confuso il paradosso (ragionamento) con la paradossalità (sensazione empirica imprevista). E paradossalità a parte, la geometria esiste, come esistono i geometri e gli appezzamenti di terreno rettangolari, con tutte le altre forme di geometria empirica.
Il paradosso, invece ci sia, come attraverso un ragionamento si possa passare attraverso una "via d'uscita", una "via di fuga" (dal mondo della contingenza empirica, dimensione comunque legata al tempo). Bene dice sant'Agostino, vescovo d'Ippona, che il Tempo è una creazione, e che si colloca quindi in relazione ad un gesto creatore "precedente"; ma cos'era il Tempo prima del tempo? Non esisteva dice semplicente. Ma se è vero quello che dicevano gli Antichi (e non i vecchi) che "il simile conosce il simile", Agostino doveva avere un'altissima considerazione di sè, per poter affermare, assimilandosi a Dio, che cosa era o non era il Tempo prima che fosse!
Il paradosso, con maggiore dignità teoretica, consente al ragionamento (lògos) di poter infrangere i suoi limiti, purchè si prosegua fino in fondo nelle conseguenze. E quando le cose si fanno difficili da credere, la conoscenza automaticamente si fa democratica e quindi empiricamente verificabile, da tutti e in pubblico. Oggigiorno la televisione, agorà telematica, la piazza, la maggioranza è tenuta per essere la più indiscutibile fonte di verità. Quando la verità necessariamente divorzia dall'utile, dalla confortevole verosimiglianza, allora ad accoglierla rimangono in pochi, arìstoi, pochi e coraggiosi, gli aristocratici.
Parmenide conosceva bene questa "via di fuga" e la cripta nel linguaggio poetico del mozzo infuocato del carro che porta in cielo, come il carro di fuoco di Elia, come il Sole (fuoco dell'elissi orbitale astronomico) del Cantico di Frate Francesco, che "dell'Altissimo porta elevato significatione".
Ci fa un po' sorridere il noto "paradosso" di Zenone, allievo di Parmenide, di Achille, piè veloce, raggiunto da una tartaruga. Ma proviamo a geometrizzare il carro dal mozzo infuocato. La velocità periferica del cercio (la ruota) è in proporzione diretta con il raggio. Maggiore il raggio e maggiore la velocità; minore il raggio e minore la velocità. Immaginando che il raggio si riduca sempre più, la velocità si ridurrebbe sempre più. Una ruota con un raggio infinitamente piccolo pur ruotando rimarrebbe ferma.
E dunque, Eraclito: per me l'alto er il basso, la via in discesa e la via in salita, il freddo e il caldo ecc. "sono la stessa cosa". Effettivamente essi vivevano in una dimesione non è quella empirica, cui la modernità ci ha abituati tutti.


La continuità del tempo è un'abitudine umana, una sua consuetudine a considerarsi immodificato un utile e confortevolo modo di accepire la verità. E così si finisce per credere in ciò che non è, e non sarà mai, al contrario di "ciò che è e non può non essere". Aristotele, "le cose eterne non sono nel tempo". Il centro della ruota punto fermo nella ruota che gira a velocità, nel linguaggio aristotelico, corrisponde al "motore immobile" o "motore primo".

Ma ahimé! caro Alessandro (e tutti coloro per cui queste righe rappresentano un interesse) ora dobbiamo prendere atto di un fatto consolidatosi nel corso dei secoli. La metafisica e la fisica, invece di continuare a rappresentarsi come albero e frutto dell'albero si sono capovolte e dalla fisica si pretese di far nascere la metafisica, finchè sembrò un'operazione priva di senso e utilità e si preferì abolire o non riconoscere dignità "scientifica" alla metafisica.
Il Rinascimento - termine altamente parodistico - rappresenta così, per mano di Raffaello, la Scuola di Atene nella prospettiva spazio-temporale che conosciamo. Dimentico ormai del monito dantesco: "nè prima né poscia procedette/lo discorrer di Dio sovra quest'acque" (Paradiso, XXIX, 20-21). E che dire poi che il Rinascimento! Nell'opinione dei più, considerato parte fondante della tradizione dell'Occidente, nonché della cultura italica, non è forse un'ironia della Sorte? Quei pensatori di Atene, greci perlomeno, che cercarono una "via di uscita" furono incarcerati nel tempo da cui volevano evadere dal civilissimo Rinascimento. Appunto civile e anti-Tradizionale! Il sapere empirico-democratico non è quello che ha causato tutti quei guai che tu giustamente lamenti, ma il suo ribaltamento rispetto al sapere Altro si, l'aver scambiato l'albero con il frutto si, quello si.
E non si riflette mai abbastanza quanto il denaro e le banche (il fiorino) del Rinascimento, abbiano "disviato le pecore e li agni/però che ha fatto lupo il pastore". Cioè i custodi del depositum fidei abbiano tradito la loro missione, svenduto le parole che Cristo ha affidate a Pietro affinchè le conservasse e le trasmettesse invariate. Invece, dal Krìstos nemico giurato dei mercanti nel Tempio a Cristo mercante e usuraio egli stesso, dal provvido Pastor di Roma sollecito verso il suo gregge al lupo famelico predatore, ce ne corre. Chi ha in mano l'usura ha un mano Roma, caput mundi e non da oggi a proposito di globalizzazione. Se guardiamo all' "attuale" crisi, la storia a ben guardare si ripete.
Lasciato l'Occidente orfano di un collegamento con la Tradizione, gli uomini della cristianità pervertita "tornan dal pasco pasciute di vento", di televisione e di partitocrazia corrotta fino al midollo. "Vaneggia" e vermicola indegno, incapace di risollevarsi coi suoi mezzi empirici, ma continuamente alimentato "di vento" che lo rende troppo orgoglioso per rivolgersi al suo "Sommo Fattore".
Quanto a me, se penso alla parole di W. Blake "L'uomo guarda all'albero, all'erba, al peswce, alla bestia, raccogliendo le parti sparpagliate del suo corpo immortale... Dovunque cresce un'erba e spunta una foglia, si scorge , si ode, si percepisce l'Uomo Eterno, con tutte le sue sofferenze, finchè egli ritrovi la sua antica beatitudine", penso ai monti del Tracciolino, alla oramai incolmabile "lontananza" che mi separa dall'insania padana, dai traffici usurari che come mostri insaziabili tramano la chimera di un sempre Nuovo Rinascimento prossimo a venire, e dalla più cinica indifferenza che chiamano progresso. Lo vedo dal monte, sotto i miei occhi, tutte le volte che guardo giù. Indimeticabile quell'Empedocle, orfico: "Ci fu un tempo in cui fui fanciullo e fanciulla, arbusto e uccello e pesce ardente balzante fuori dal mare". La stessa distanza che separa l'identificazione del sè con l'Uomo Universale (nella vulgata la reincarnazione) dall'evoluzionismo, frutto esplicito e ben chiaro, per chi ha occhi per vedere, del Rinascimento.

domenica 16 maggio 2010

Un bel giorno di primavera.

Di fatto oggi, qui sul Tracciolino è stato il primo giorno di primavera...dopo tanta pioggia e giornate fredde...
Ne abbiamo approfittato e sono uscito con Bruna ed Augusta, il mio gregge, ora tutti insieme tra il verde smeraldo dell'erba che l'oro splendente del sole fa rivivere...Più che un pastore col gregge, sembriamo tre amici usciti a farsi un giretto fuori porta, profittando della bella giornata... che si apprestano ad una sosta di riposo nel meriggio.
Il meriggio è ora privilegiata per la meditazione, specialmente in montagna, quando l'aria tersa di quota rende i colori memori di una vita parallela, nascosta e superomistica, ripetto a quella ordinaria, il motivo? Il meriggio è il solo momento astronomico in cui i corpi opachi, sublunari come si diceva una volta, non producono ombre! Sono più simili ai corpi angelici traslucenti, che per loro natura non possono fare ombre... simili a cristalli ed ai ghiacci, non catturano la luce ma si lasciano trapassare accogliendone la metamorfosi che la luce stessa provoca, pone in (un nuovo) essere.

venerdì 14 maggio 2010

BENVENUTI SUL TRACCIOLINO!

Dieci nuove anime accrescono la piccola comunità del Tracciolino - Val del Bina! Si tratta di due anatre, età approssimativa di una settimana, e otto pulcini femmine, quattro rosse e quattro nere, di un giorno di vita!

Si può dire che abbiano ancora la forma arrotondata dell'uovo da cui sono usciti solo poche ore fa! Ora cominciano un percorso e un destino, già scritto per ognuna di queste anime. Sono ancora molto fragili vista la loro età e le condizioni sono dure. Qui fa ancora freddo, specialmente la notte. E' umido. La stalla è frigida; è ancora lontano il tempo in cui vi si gode il fresco rifugiandosi dalla calura estiva.
Ho allestito una modesta nursery con una lampada all'infrarosso. Speriamo che il calore che amana, tragicamente inadeguata a sostituire il calore materno della chioccia, sia sufficiente per far loro superare questa fase critica. Auguriamo a questi esseri che possano crescere e possano superare questo momento veramente critico. Questa è una preghiera. Perchè ci ricorda a tutti la nostra precarietà (prece, preghiera), la nostra provvisorietà su questa terra. Ci riporta all'inesorabile presenza del limite. Nonostante il dispiegamento di enormi energie mentali per obliare questa realtà, non riusciamo a crederci pienamenti inseriti nella Vita, come nella nostra casa solida, sicura, assoluta e totalmente appagante, non è una casa di cemento, pietra e ferro. assomiglia più ad una tenda di nomadi, provvisoria, fragile, mobile, capace adattamenti, ma nulla di più. La Tradizione ci dice che il Vivente è l'Eterno, non il contingente!
Siete tutti invitati a far loro visita ed a collaborare tutti affinchè si compia ciò che sta scritto nel libro del Destino e non ci si ribelli impotentemente ai suoi ineludibili decreti! Questo è ciò che si chiama Armonia! Vale per le loro esistenze, ma vale anche per le nostre!

sabato 8 maggio 2010

Pellegrini e montagne...

Subito a valle, un laghetto, inabissato fra rupi immani, ci nasconde le acque sotto uno strato di ghiaccio che nessun sole riesce a sciogliere.
E' il Gaurikunda , il "lago sacro a Gauri" come lo chiamano gli Indiani: se è vero che sulla cima abita il sommo dio dell'olimpo indù, è naturale che qualche luogo sia pure consacrata alla ua fedele compagna... Ma i Tibetani lo chiamano Cagrò zimbù, "il bacino delle fate". E di fate il Lamaismo è pieno: ce ne sono a migliaia. Mentre per i non iniziati esse stanno a significare le diverse forze che reggono le vicende di questo mondo, ora propizie e ora insidiose, ora benevole ed ora insidiose, per coloro che non ignorano i segreti della mistica rendono più agevole il cammino della salvazione: esse sono energie spirituali che rendono più agevole il cammino della salvazione. Del resto i pellegrini vivono in um mondo fantastico: nelle rocce noi ammiriamo l'ardimento delle linee, il disegno delle strutture e il gioco inatteso dei colori; o se siamo geologi, vorremmo studiare la qualità delle pietre e il sovrapporsi dei loro strati, e leggere, nelle loro forme e disposizioni, la storia dei cataclismi che trassero dal caos questi giganti marmorei; ma i pellegrini pensano di vivere quasi in una proiezione terrena del cielo, o credono davvero, montando verso l'alto, di essere saliti, come per incantamento, in regioni non più umane. Sassi, dirupi e cime sono dimore degli dèi...

Rileggendo queste parole di Giuseppe Tucci, risalenti agli anni Trenta, quando la cultura accademica - sebbene non esente da contraddizioni, anche clamorose - non era ancora stata arruolata ai valori della cultura dei vincitori, alla cultura democratica si direbbe in sintesi, è difficile non sentirsi invasi da una sincera curiosità che va ben oltre i limiti dell'indagine "scientifica", dal gelido sguardo delle cosiddette "scienze sociali". La narrazione di Tucci è empatica, non finge una "osservazione partecipante", ingannevole e falsa poichè sottintende che la "partecipazione" al solo scopo di poter "osservare". Scienze per voyeurs accademici, portate in dote come bagaglio post-bellico, truppe da sbarco della cultura per rendere più completa per rendere più durevole e propizia l'americanizzazione delle menti. A scapito delle tradizioni europee.
Mi piacerebbe sapere quanti giovani oggi conoscono Giuseppe Tucci o qualcuna delle sue opere. Temo ben pochi: è lo scotoma, la censura, l'epurazione, un po' tutte queste cose insieme, della cultura del Ventennio, che va ben oltre quella prettamente fascista, strettamente politica. Anzi direi che con la politica avesse ben poco a che spartire.
La rievocazione dei pellegrini in cammino tra le aspre cime del Tibet, tra India e Cina, vale a dire tra spirito della Tradizione e ideologia della Rivoluzione, due dirimpettai che si giocano la scena della cultura contemporanea, è ricca di suggestioni. Tra tutte ne scelgo una.
L'immagine dei pellegrini, cercatori di verità, nè più nè meno di Tucci, provenienti dai climi caldi delle pianure indiane, i sadhu, i rinuncianti di tutte le fedi, che immaginiamo infreddoliti. Gli abiti consunti. Confidenti nel valore catartico dell'abluzione rituale con l'acqua, che spezzsano il ghiaccio pur di attingerla anche a temperature prossime allo zero e immergervisi. Acque solitarie di alta quota, fredde come lame di coltelli di acciaio sui corpi macilenti dei ricercatori di Dio. Risaliti dalle calde foreste subtropicali lussureggianti...terra di opulenza e di generosità. Come la catena delle Alpi, corona e chioma della nostra Patria si diceva una volta, si erge a fronte della grassa piana del fiume Po, terra ricca e lussureggiante, rurale e poi industriale ed ora in crisi mortale...
Non crediate che la foto che mi è balenata per la mente ritragga qualche angolo asiatico himalayano. No. E' il lago della Vecchia, bacino e culla del rio Cervo che scava l'omonima Valle, e la fotografia è dell'amico Gigi Ghiardo che, con Chiara Fiorina, è risalito al monte in cerca di vette di verità - lo testimonia il loro libro I Custodi dell'Acqua, Ediz. Lerro, 2009 - e, forse, con la segreta speranza di incontravi, lungo il cammino, gli occhi spiritati di qualche pellegrino con gli occhi pieni di cose che non si vedono...oppure che vedono i pellegrini allucinati e visionari, assetati di presenze trascendenti...e anche i fotografi curiosi e impertinenti...
Che ci facciamo anche noi qui, sul Tracciolino? Terra in quota, avara di frutti, fredda per otto o nove mesi l'anno, dura, severa e inospitale...ma frequentata, oh! si molto frequentata, da spiriti assetati di acque pure e purificatrici, scrutatori dell'Invisibile! L'acqua scende verso le Grandi Valli, gli spiriti risalgono alla ricerca delle orgini, delle fonti, dell'Uno da cui tutto nasce e diviene... Ma le masse idolatre scelgono la Pianura...

lunedì 3 maggio 2010

BEN RITORNATE AL TRACCIOLINO

Augusta e Bruna sono ritornate! Sono tornate dopo una forzata lontananza causata da un attacco di sciatalgia che mi aveva immobilizzato.
Grazie ad Alessandro e Elisa (nonchè Beatrice, ovviamente) che mi hanno aiutato a portarle da un amico pastore, per una momentanea vacanza.
Qui il destino, semmai esiste, ha voluto che incontrassero Adamo un capretto che gli avevo ceduto, mantello chiazzato bianco e nero. Solo che nel frattempo, è diventato un valido e prestante giovanotto.


Dunque a quanto pare, tra Adamo e Agusta e Bruna sia scattata la magica scintilla dell'amore. E come previsto dalle leggi eterne di Dio, dalla goccia d'amore divino pare che le due ex pulzelle siano gravide. Sia perchè pare visto sul fatto, sia per un lieve gonfiore nel basso addome delle nostre.
Un grande augurio di prosperità a loro e tutti quelli che stanno leggendo!

sabato 1 maggio 2010

Non è un incidente...

«Venezia», Mississipi
Anche l'aria sa di petrolio



Cinquemila delfini intrappolati, il dramma di anatre, fenicotteri, pellicani che abitano il delta

Non credete, non si stratta di un "incidente" si tratta della normale quotidianità di un civiltà morente. Vi parleranno, di risarcimenti, di class action, di rimedio ecoloegici, e altre argomentazioni scontate.... non credete loro. Mentono. La menzona e l'inganno verso la natura e gli uomini è connaturata alla nostra civiltà onnivora, cannibalica e blasfema.
Mi tornano in mente le parole del filosofo Heidegger: "Solo un Dio ci salverà" ... ma riusciremo a riallacciare un dialogo interrotto col il divino?
Cominciamo a parlarne sul Tracciolino? Invito tutti coloro che sono interessati a venir su...ad ascendere verso punti di vista "diversi". Diamoci un appuntamento con la trascendenza...

In Louisiana si lavora freneticamente anche per cercare di  proteggere le coste dalla marea nera, con misure che vanno dalle  barriere protettive al tentativo di spingere via gli animali in  pericolo. «Sono già stati disposte 30 chilometri di barriere lungo la  costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati - spiega Charlie  Henry, esperto del Noaa - alcune parti della marea sono a soli 30  chilometri dalla costa della Louisiana, e altre misure che stiamo per  mettere in atto sono l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e  farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare  detergenti dove ci sono le secche». Il territorio colpito dall'impatto  con il petrolio rappresenta il 40% delle aree umide, oltre al principale  sito di pesca degli Stati Uniti. La conformazione del terreno potrebbe  rappresentare un grosso ostacolo ai soccorsi. Le zone umide sono piene  di animali che si nutrono dei sedimenti del delta del Mississippi, fra  cui pesci e crostacei, e sono anche una zona di passaggio per molti  uccelli migratori. Anche mammiferi e cetacei sono minacciati, sia perché  potrebbero ingerire acqua contaminata, sia perché le loro prede  potrebbero essere ricoperte di petrolio, che una volta mangiato crea  infiammazioni e danni agli organi (Epa)

In Louisiana si lavora freneticamente anche per cercare di proteggere le coste dalla marea nera, con misure che vanno dalle barriere protettive al tentativo di spingere via gli animali in pericolo. «Sono già stati disposte 30 chilometri di barriere lungo la costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati - spiega Charlie Henry, esperto del Noaa - alcune parti della marea sono a soli 30 chilometri dalla costa della Louisiana, e altre misure che stiamo per mettere in atto sono l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare detergenti dove ci sono le secche». Il territorio colpito dall'impatto con il petrolio rappresenta il 40% delle aree umide, oltre al principale sito di pesca degli Stati