giovedì 27 maggio 2010

IL CIGOLIO DELLA CARRIOLA. MA NON E' PER FAR POLITICA...

Con la carriola carica scendo tra i vicoli stretti di Rialmosso. Stiamo sgomberando, la vecchia casa. Stiamo vendendo. Con un po di rammarico e tristezza nel cuore. Come sempre accade quando si deve lasciare alle spalle ricordi, fatti, avvenimenti, speranze e sapori...un po di noi se ne va sempre. Il trasloco, come la sera, è suggestivo di partenze ed addii. A loro volta, rimembranza della separazione totale.
La ruota cigola, e il circostante silenzio di un tipico paesino di montagna che vive con dignità la sua inesorabile morte, scritta nel suo destino, amplifica con quel suono malinconico e falsamente rassicurante. Solo quattro vecchi e qualche 'villeggiante' animano quei viottoli, quelle case. Nessun amministratore locale sarà mai in grado di opporsi ad un destino così epocale. Nemmeno con tutte le sue capacità e la buona volontà, sarà capace di far tornare la vita in un paese di montagna dove lo spopolamento è la cifra di tutto. Persino i volonterosi e coraggiosi piccoli tentativi di qualcuno che tenta la strada un B&B o di un agriturismo, ammirevoli nel loro caparbio tentativo di vivere in montagna sembra carente in qualche suo aspetto e mestamente sopravvivere, più per inerzia che per produttività. Quante volte ho sentito la frase "ma chi me l'ha fatto fare!"Suggello a mo di bilancio della sua impresa.
Nella logica imperante ed indiscussa del materialismo, ben accolto prima di tutto dalle sue stesse vittime, competere con la vita di pianura, quella della montagna inevitabilmente assume tonalità donchisciottesche. Che, contrariamente a quanto di solito si pensa, non è figura buffa e comica. E' figura tragica, carica di inattualità, di tutta la grandezza e la tragedia degli uomini non solo sono"fuori" del tempo, ma sono anche "contro" il loro tempo. Uomini caparbi capaci persino di combattere contro i famosi mulini a vento, pretendono se la loro logica li porta a quel punto di sfidare il destino, di pensare possibile che i fiumi ritornino alle sorgenti. Sono santi, mistici e folli.
L'neludibile destino della vita in montagna non sarà mai e poi mai scongiurato con i sussidi ed i compensi a fondo perduto per l'agricoltura e l'allevamento delle zone svantaggiate. Palliativi per rimandare la morte. "Dying pillow", definivano i colonialisti inglesi i miseri contributi che destinavano alle razze morenti, cuscino del morente infatti significa. Qui il morente è la vita di montagna, e la razza di uomini in via di estinzione che in qualche anfratto e risposta valletta conserva il suo essere, seppure sbiadito, di antico e nobile sapore ( e sapere).
Mi ricorda fatalmente le iniziative patetiche ed impotenti con cui certi nostri politici credono (o fingono di credere) di risolvere il problema della denatalità elargendo un contributo, peraltro inadeguato, in soldi. Non sono capace di pensare che i nostri uomini politici siano così ottusi da pensare che con mille euro per neonato possano risolvere neppure in minima misura quello che la CEI, l'organo dei Vescovi italiani e non un gerarca della cosiddetta italietta fascista, ha chiamato un "suicidio demografico". E ciò che accade per la vita in generale, accade anche per la vita in montagna. Si dànno contributi, ovviamente scarsi e sempre in ritardo. Un dying pillow, appunto! Il fatto più tremendo, assediati come siamo dalle forze materialistiche, è che non si riesca a pensare a rimedi che non siano dei soldi. Che tristezza! Tuo figlio si droga? Gli sfugge il senso della vita? Ragalagli un viaggio premio in Polinesia per rallegrarlo, fargli dimenticare, alleviargli o risolvergli il problema...
Tra un sobbalzo e l'altro della carriola, portentoso strumento di antico e nobile lignaggio che ancora oggi addolcisce la fatica laddove i mezzi meccanici non hanno spazio, tra i pietrosi viottoli di montagna, e mentre questi pe nsieri mi accompagnano, vedo a terra un "santino" lascito alla recente kermesse elettorale nella regione Piemonte. Mi fermo, lo raccolgo, reclamizza un personaggio polito di livello nazionale. A colpirmi deciso negli affetti, è il lato principale del volantino. Il tricolore rammendato con un robusto spago grossolano nelle giunture tra i campi di colore. Tra il verde ed il bianco e tra il bianco ed il rosso. Lo slogan recita pressapoco così, "la ricucitura dell'Italia comincia dal Piemonte". Il riferimento chiaro è all'eventuale strappo del tricolore da parte leghista. Parte politica cui si attribuisce una certa qual scandalosa disunione tra i "Fratelli d'Italia". Non so, e me ne importa assai poco, se questa Parte politica favorirà il dying pillow per la vita di montagna. Credo di si. Non vedo cosa possa pensare d'altro. Non soffia un (o il) grande Spirito da quelle parti. Lo dimostra che il dying pillow nel caso della denatalità della nostra razza è stato respinto. Ma non per quelle ragioni che non si possono più esprimere legalmente e liberamente nella democratica Europa, magna patria mea. Bensì perchè a beneficiare, si fa per dire, degli agognati contributi sarebbero in fondo gli extra-comunitari, i quali diversamente da noi continuano a riprodursi!
Mi metto il volantino in tasca, senza sapere bene il motivo. Riprendo la carriola e il viottolo. Sto traslocando le ultime cose, vado sul Tracciolino, Valle del Bina. Non posso esimermi di pensare, non senza un brivido, se quersto sarà il mio ultimo trasloco, quello prima del trans locus. Ecco il Tracciolino si può ben definire un transito, un trans locus. Il suo Spirito spero che doni lucidità alla mia vista e a quella di coloro che mi raggiungeranno. La vista del Terzo Occhio, ovviamente.













Il volantino col tricolore ricucito mi è rimasto in tasca. Ripulendo i pantaloni, Bea mi chiede: "Cos'è 'sta roba?"
"Niente, mettilo da parte".
Per la Storia del Nulla c'è sempre tempo.


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