giovedì 30 settembre 2010

Guido de Giorgio, vetta solitaria, il Tracciolino accolga il tuo Spirito.

Ci piace pensarlo cosi. Lo sguardo distaccato. Curioso, ma interessato a lasciarsi coinvolgere solo entro certi limiti, quasi a cautelarsi contro le illusioni che il prossimo può procurare. Ma anche altrettanto pronto all'entusiasmo fino alle lacrime.
Il volto arso dal sole invernale dei monti piemontesi, come succede da noi. a chi resta immobile a meditare ed a lascirasi cullare dal calore di quell'Unico centro supremo, sol invictus. Tra la neve ed un cappotto logoro, incurante dei sgargianti e un po' ridicoli abiti di coloro che oggigiorno frequentano le montagne. Quindi con uno sdrucito cappotto impresentbile in città, ma così aristocratico, meditativoe e contemplativo in montagna.


Questa figura di intellettuale scomodo, che meglio di nessun altro ha incarnato l' "inattualità"nicciana nella cultura italiana. Ma se pari nel dolore di vivere indiaferesis, cioè estrneo nel mondo moderno, in cui si trovò a vivere, divenuto pressochè totalmente profano, e dunque inospitale.
Di lui Evola ha scritto: "...aveva vissuto anche con gli Arabi, aveva conosciuto il Guénon e dal Guénon stesso era stato tenuto in alta stima ... La sia insofferenza pel mondo moderno era tale, che eli si era ritirato fra i monti, da lui sentiti come il suo ambiente naturale ... soffrendo fisicamente ogni volta che era costretto a prendere contatto con la vita civilizzata e cittadina" (Il Cammino del Cinabro, pag. 100).
A questo sconosciuto, spirito solitario, conforto di tutti i solitari che hanno eletto le Alpi per loro romitaggio, Guido de Giorgio (1890-1957), che aveva tentato una difficile opera di mediazione fra “via romana” e cristianesimo intorno a una nozione “metafisica” di Roma, dedichiamo questo ricordo, come un suggerimento iniziatico a chiunque lo voglia raccogliere. Una goccia di speranza nel deserto. Ci accontentiamo di una semplice nota di affetto e omaggio.
Aveva previsto nel suo La Tradizione Romana (concepita fra il 1939 e 1943 e uscita postuma solo nel 1973) che l’esito della seconda guerra mondiale sarebbe stato “addirittura letale per lo spirito e il nome di Roma”, tra banche vaticane, Marcinkus, Concilio modernista, i dipindi cinematografici felliniani e l'ultima sparata dell' On. Bossi, su SPQR, chi gli può negare d'essere "di virtù profetica dotato"!
Inattuale, i suoi tempi non lo meritano e non lo accolsero. Uomo sopra il tempo.

venerdì 24 settembre 2010

La capra Bruna, S.S. Tommaso e Bernardo e le prove dell'esistenza di Dio.







Un effetto secondario della deformazione modernista che sperimento in continuazione è una forma di 'cultura del sospetto' che ormai aleggia un po ovunque.
A creare un clima di sospetto, per usare una celebre espressione di Hegel, "la notte in cui tutte le vacche sono nere", è l'effetto di crisi conclamata delle certezze razionalistiche. Nella sua carabombala discendente si corre il rischio di trascinarsi appresso un po' tutto. Un eccesso di zelo antimoderni potrebbe far cadere l'errore opposto, quello dello spiritismo. O semplicemente, appunto del sospetto.
Sì potrebbe essere talmente sfiduciati verso la 'via razionale' che anche il sentore di voler procedere quasi 'more geometrico' alla dimostrazione dell'esistenza di Dio può ingenerare sospetti di presuntuosità, un vizio umanistico. Come può chi appertiene al provvisorio, al precario ed aall'apparenza dimostrare con rigore ciò che è, ed è eternamente, il Vivente? Questo mi ha sempre tenuto lontano dal paziente lavoro razionale (neo-aristotelico) di San Tommaso e dalla Summa
La Bruna, madre della piccola Brunilde nata da poco più di un paio di settimane, ci può aiutare...
Come?
Contemplando la sua maternità, privilegio orfico di chi vive a contatto stretto con gli animali. Esperienza forse insonsueta oggi, rara, ma un tempo diffusa e comune, ampiamente condivisa.
Potete osservare che la sua femminilità è giunta al suo zenit. L'ha trasformata fisicamente. E' diventata una mamma premurosa e la natura l'ha dotata di un'abbondanza di seno a coronamento della sua maternità.
Certo noi cerchiamo di non farle mancare nulla, in fatto di cibo, aria aperta, sole, libertà. Ma quel 'sacchetto del latte' che è andato formandosi, che ha mutato naturalmente il suo comportamento, su quello, s'è lasciato fare alla natura.
Il giorno successivo al parto, ri cordo, in un paio di occasioni ha preso, sia pure in modo non deciso, a cornate quella creturina uscita dal suo grembo. Sostanzialmente, una presenza estranea, col potere di mettere in crisi di crescita l'identità che era andata creandosi. Noi si temeva che non volesse tenere sotto la piccola Brunilde. In effetti la scansava. Sembrava quasi infastidita da quella piccola che le steva sempre appresso, e probbilmete le avevacreato qualche problema fisico durante la notte. Misteriose contrazioni addominali, una strana necessità di evacuazione, ma diversa da quella conosciuta fino ad allora.
Era come se il mondo fino ad allora conosciuto si dissolvesse e andasse prendendo forma qualcosa d'altro, qualcosa di nuovo. Una potente metamorfosi. Paragonabile solo con i grandi eventi geologici. Non so, le placche, la tettonica. Certo, fonte di terremoti, fenomeni inquietanti, terribili, irreversibili. Da soli insegnerebbero umiltà. Fonte anche di vita, di terre fertili, addirittura di nuovi continenti! La riplasmazione del creato. Qualcosa è andato a toccare i meccanismi cosmici segreti, ma non alla maniera degli scienziati moderni, nessun costosissimo acceleratore di particelle ha spinto a velocità folli particelle di materia piccolissima per farle urtare con altre, per vedere cosa succede, in un modo del tutto armonioso e spontaneo. Unica difficoltà per Bruna era quella di accettare e assecondare il cambiamento. Fatto che si evidenziò dal giorno successivo. Gli sguardi si facevano teneri, attenti, curiosi, premurosi. Oggi se il gattino, si avvicina a Brunilde, Bruna interviene, corna basse, a scongiurare anche l'inesistente pericolo. Se la perde di vista, il suo belato si fà un urlo disperato che squarcia i cieli e reclama il giusto.
Ma soprattutto, se non la nutre sta male. Il seno si gonfia, i capezzoli diventano violacei, il 'sacchetto del latte' si indurisce e duole. Appena a sfiorarlo, è già sofferenza.
Mentre andavo chiedendomi, in modo ossessivamente meccanicistico, di come l'uomo può intervenire a prendersi la 'sua' parte di latte e formaggi, che forse è solo e totalmente un soppruso crudele quanto la macellazione, che forse non se ne avrebbe diritto e che da adulti dovremmo smettere ddi bere latte, se potesse andare a detrimento dello sviluppo del cucciolo, se forse la cosa giusta è fare 'a metà'...ed altre amenità che ora mi sembrano ridicole, mentre accadeva tutto questo, irrompe sulla scena la formosità di mamma Bruna.
Fin troppo facile pensare, da queste parti, al 'nigra sum sed formosa'. Siamo in terra di Madonne nere e di rudi margari che imprudentemente intrudono nella sfera femminile e nel contempo ostentano una facciata da uomini duri e machi, ne pagano lo scotto in qualche modo.


Recita l'apertura di una Upanishad: "l'Abbondanza cui si attinge resta abbondante". Bruna è l'immagine vivente dell'Artemide efesina. L'Abbondanza profetica che dice: "lasciate che i fanciulli vengano a me (si attacchino al mio seno) perchè loro è il Regno dei Cieli". Non temete che Io conosca penuria! Non solo attingendo non mi togliete, ma mi date benessere, non perchè Io abbia bisogno di benessere o di voi, ma sono felice quando cooperate alla mia Creazione.
La capra Bruna, come la sacra Vacca indù, può ben raffigurare il mondo. Al di la dei nostri calcoli che ci fanno sembrare così 'solido' il modo con cui noi si rappresenta il mondo, quantificandolo, cosificandolo, oggettivandolo. Al contempo lo si impoverisce.
Le nostre leggi 'economiche' sono basate sulla penuria, sulla scarsità. Maggiore è l'offerta più scende il valore. E più scarsa è l'offerta, più sale la domanda ed il valore: tutto il contrario di quanto insegna l'Essere. L'eccesso di valore se non viene usufruito va a male, produce male. Abbiamo dimenticato i bulldozer che schiacciano pomodori sul campo? Non fruiscono di quanto viene lo elargito. Una forma di mastite cosmica si è ormai impadronita dell'Occidente, ed è andata propagandosi al punto che gli orientali oggi superano gli occidentali sul loro stesso terreno materialistico. India e Cina ne sono un esempio.
Il baratto accarezza l'Essere. Senza demonizzare il commercio, che resta lecito, porta un oggetto laddove non c'è. Non aggiunge nulla a quell'oggetto, ma il trasporto ha un suo costo, ed il commerciante una famiglia sulle spalle. Ma non più di questo gli è lecito. Se specula sul fatto della penuria dell'oggetto che ha trasportato al suo arrivo, allora crea disordine. Non collabora più all'opera di Creazione. Il baratto, per contro, è santo. Si fonda sull'Abbondanza. Quando il melo produce mele e la Bruna latte lo fanno con abbondanza superiore alle loro necessità. Chi baratta scambia tra loro due Abbondanze. Entrambi cedono il superfluo in cambio del necessario, entrambi guadagnano per certo, in integrità e pienezza. Milioni di uova ed embrioni invadono in ogni istante il mondo, molto al di là delle necessità riproduttive sostengono in armonia un equilibrio più grande, una sola specie si concede il loro sperpero.
L'Abbondanza raffigura l'Amore divino che si riversa nel mondo, e che, per quanto si riversi, non ne rimarrà ma privo o in difetto. Curioso a dirsi, ma è proprio quello che accade con mamma capra Bruna. Sono costretto a mungerla, non può tenerselo per sè, lo deve donare. Le sale mingitura degli allevamenti intensivi industriali sono, prima di tutto, blasfemie. Perchè si prendono con la forza, quello che in gran parte comunque gli verrebbe elargito gratuitamente (per gratia). Prendono avidamente dove non ce ne sarebbe bisogno, perciò offendono la bontà divina o Provvidenza.
San Tommaso sapeva bene, sulle spalle della logica aristotelica, che risalendo di effetto in causa si doveva giungere alla Causa Prima o Causa incausata, o anche al Motore Primo o Motore immoto, per quanto concerne il movimento, che la metafisica precede e presuppone la fisica. Appartiene alla logica universale di cui gli uomini sono naturalmente dotati.
Mi disse una volta un amico: "Se vedi escrementi di cammello per strada, non pensi che di lì sia passato un cammello?". Volendo dire: una Causa Prima esiste anche quando non la vedi. Cartesio potrebbe obiettare che qualcuno potrebbe evercela messa per ingannarci. Non si può negarlo. Ma è Cartesio stesso che ipotizza in questo l'opera di un 'genio maligno'. Ipotizzandolo, al contempo, lo mette in atto. Il dubbio in questo caso è opera di un "Falsario", di un "Ingannatore". Nomi con cui si identifica di solito l'opera satanica.
Il passagio critico dal punto di vista logico non consiste nel dubbio cartesiano. Per quanto maestro del sospetto, Cartesio è impotente difronte all'evidenza logica. Quanto al suo operare a fianco di Satana, direi che soprattutto un affare suo. La maggiore tensione logica si verifa quando ci si domanda il perchè, la ragione per la quale la Causa Prima avrebbe dovuto o comunque deciso di produrne una seconda, poi una terza e cosi via. Il pensiero si complica e rischia di diventare sistema, meccanismo, di sua natura qualcosa di faragginoso.
Ma la difficoltà sta solo nel fatto che passando dalla Causa Prima a una secondaria, si passa dal non manifesto al manifesto, dall'invisibile al visibile. Questa nascita al visibile nulla di più logico che attribuirlo alla Luce. Venire alla luce significa essere generati. Questa Abbondanza che non si contiene in sè stessa, deborda, irrora con il suo Amore primo e creatore. Materia e Movimento sono dunque il frutto di questa Sovrabbondanza - iperplères dice Plotino - che resta abbondante e che non può che eccedere. Questo nella logica tomistica.
Nelle celebri parole di Dante, suona nella poesia lo stesso concetto: "Temp' era dal principio del mattino, /e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle / ch'eran con lui quando l'amor divino / mosse di prima quelle cose belle." L'islam crede che Dio abbia preferito farsi conoscere per amore (rahma) verso le sue creature.
Questo impeto d'eccesso, sovrabbondanza, l'abbiamo provata nella ragione, oltre che nel nostro cuore, osservando la lattazione di Bruna, cui dovevo attingere quell'eccedenza che il suo bisogno di maternità abbondava dopo aver nutrito il suo piccolo. Questo quid di avanzo è un surplus generoso e immeritato, volto ad introdurre speranza e fiducia tra le creature sparse nel mondo.
A questo quid pensava San Bernardo chiamandolo excessus, e non per via logico-filosofica, ma per via mistica, non ad altro riuscì a pensare che a rappresentare il suo pensiero con l'immagine dell'allattamento, lactatio, dalla Madre Sempre Vergine, espressione che il mondo moderno spesso irride, con finta arguzia dubitativa, con quell'ironia volterriana che sconta amaramente...





Le madri moderne si ritraggono e le multinazionali dal latte in polvere ringraziano sentitamente. A noi per fortuna è rimasta la mamma capra, la Bruna, a testimoniarci l'insegnamento sapiente.

mercoledì 22 settembre 2010

Guénon, Eastman e Indios.

A volte è veramente difficile disctricarsi nella Babele moderna. A volte penso che era meglio quando a parlare e scrivere erano solo persone qualificate a farlo: i Bramini, la casta superiore, o gli appartenenti alla Chiesa, in Occidente. Lo stesso termine geroglifico lascia intendere che solo la casta sacerdotale nell'antico Egitto ne aveva accesso. E non credo proprio che la scrittura a glifi gli ideogrammi mesoamericani, fosse appannaggio del 'popolo'.
La mentalità moderna, che spesso e giustamente viene stigmatizzata, molto spesso viene criticata per motivi che in realtà, a guardare ben le cose, urtano la mentalità moderna stessa. Richiedendone un aggiustamento che superi paradossi e contraddizioni, ma che alla fine la conservi e la rinnovi sotto una forma più aggiornata.
La mentalità moderna è essensialmente tale e si identifica per la sua quasi totale essenzialità con la democrazia. Cioè con la più assurda e insostennibile idea che gli esseri umani siano uguali. Che la verità discenda dalla maggioranza, che dal 'meno' venga il 'più', dal 'ventre' vengano i 'principi', dalla 'parte' il 'tutto'.Queste nozioni, degradate e degradanti, non si sono imposte tanto rapidamente. Solo un lungo processo ha consentito che potesse divenire un'ideale plausibile per le masse. Come naturale, venivano respinte. La loro affermazione, com'è noto, è potuta venire sviluppandosi solo in tempi relativamente recenti, se si esclude per la 'democrazia antica', vale a dire quella greca.
Analogamente, s'è dovuto costruire l'idea di una ipotetica superiorità della scrittura, per poterla successivamente democratizzare, e perciò stesso, sradicarla dal suo alveo naturale, che è quello sacerdotale.
Alle masse cinematografiche piace assistere à pensées sauvages del tipo di quella esposta ad esempio, in "Balla coi lupi" dove si coniugano come piace all'industria hollywoodiana delle assurdità: vi trovate le idee moderne più diffuse trasfigurate in forma contestativa e di apparente ribellione. Vi potete trovare l'ecologismo e gli indio pellerossse tesserati di fatto nel 'partito dei verdi', wwf e green peace,contro la caccia indiscriminate ai bisonti (rifiutando l'essenza metafisica dell'animale, che continua ad arrossare i torrenti nei giorni di mattanza, nei notri civilissimi macelli). Vi potete trovare donne indiane femministe o proto-femministe. Battagliere ed emancipate che consigliano sul da farsi i loro uomini. Sessualità a libera scelta, naturalmente. Guerre giuste e vere (l'etologimo e l'evoluzionismo del diktat della difesa territoriale) non certo un dato tradizionale. Persino il culto del nemico esterno, i Visi Pallidi, che tanto piace ai guerrafondai moderni esportatori, appunto, di democrazia. Ma questo ci porterebbe lontano da ciò cui voglio limitarmi qui.
Sappiamo che Omero non 'scrisse' mai nulla. Che la cosiddetta filosofia delle origini, consisteva di inni orfici su laminette dorate o enigmatiche incisioni rupestri.
Nessun frammento 'filosofico', cioè tardo sapienziale, veniva messo per iscritto. Sono tutte testimonianze tardive quelli da noi possedute.
Ancora, l'ateniese Platone metteva in guardia dai rischi del libero uso, che sarebbe diventato un abuso, della scrittura. In qualche modo percepiza ancora il senso di profanazione sotteso in questa trappola 'democratica'. Mentre la parola si faceva impotente, nell'agorà, nei tribunale e nelle 'scuole', ma soprattutto nella politica (come a dire nella città, da pòlis, come è noto), i discorsi (politici = cittadini), pura misura dell'impotenza ad accogliere le verità essenziali, la scrittura diventerà sempre di più terreno di battaglia sociale, di rivendicazione e di emancipazione dall'analfabetismo, al punto da diventare essenziale alla battaglia modernista e progressista.
Garanzia dell'allargamento della partecipazione nei suffragi democratici. Il risultato lo vediamo sotto i nostri occhi. Politici senza morale che si auto-assolvono sistematicamente. Altro che 'casta'! Almeno fossero una casta! Si tratta solo di una banda di criminali organizzati. Ed in giro per il paese, individui con due lauree in tasca o senz'altro alfabetizzati ma dotati di uno spietato cinismo messo in cima ai 'valori' irrinunciabili, e della famosa quanto celebrata Res pubblica fanno quotidiano scempio.
Eppure sulla democratica e antitradizionale scrittura non si discute. Un dogma intoccabile, nella civiltà in cui è vietato vietare.
Esattamente come non si discute sulla metafisica dei cosiddetti popoli primitivi, appunto cosiddetti 'senza scrittura', nel senso di mancanti di qualcosa. Mai una parola sulla nobiltà dell'oralità. Dei nostri nonni che mettevano la croce, laddove noi mettiamo arzigogoli. Ma con tempre morali e spirituali simili a quercie maestose, laddove noi inetti e insicuri di tutto, su tutto in preda a dubbi e confusioni, relativismo e individualismo assoluti. La Sapienza, sofìa, può far a meno della scrittura, non è possibile il contrario.
Ma come è geniale lo 'spirito greco' inventore della democrazia ed altre creazioni tanto celebrate quanto fraintese dalla vulgata progressista, come ad esempio la geometria ed il pensiero razionale e filosofico. La meraviglia del teorema di Pitagora, la perfezione della legge dei lati del triangolo rettangolo.
Poi si scopre che la stessa persona era vegetariana (stranezza del genio?), logica conseguenza del fatto che, come nell'India di ieri e di oggi, la reincarnazione (irrazionale, roba da sottosvluppo) gli appariva, appunto, una cosa logica. Per noi incomprensibile. Come i matrimoni combinati. Come il sati o sacrificio della sposa (tranne poi a commuoverci per Giuletta e Romeo, o più semplicemente per Vianello e Mondaini). Come i bambini che nascono sotto i cavoli. E chi ci crede a 'ste cose? Preferiamo i cassonetti per i non desiderati (quando sempre più raramente vengono concepiti). O tagli cesarei di massa su primipare attempate e timorose della loro santità d'essere: la maternità.
Non credereste che se fossero opera 'della cicogna', o semplicemente della 'divina provvidenza', nessun bimbo sarebbe un figlio di n.n., rifiutato prima ancora di vedere la luce? Ma figlio dello Spirito?
Nel Vangelo è scritto "Nessun uomo chami un uomo padre, perchè il solo Padre sta nel Regno dei Cieli"? Parole che, come accade per tante altre forme di civiltà tradizionale, il nostro razionalismo e materialismo non ci consentono più di comprendere.
Il Dr. C. A. Eastman scriveva giusto un secolo fa: "personalmente credo che ciò che va sotto il nome di civiltà cristiana non esista. Io sono convinto che il cristianesimo e la civiltà moderna siano contrapposti e inconciliabili, e che lo spirito del cristianesimo, e della nostra antica religione sia essenzialmente lo stesso". Quando dice "la nostra antica religione" intende dire quella dei Sioux santi, indiani delle praterie nordamericane di cui faceva parte. Per fortuna la razza l'ha avuta vinta sulla sua laurea alla Boston University! E il suo sangue gli consentì di salvare quel sostrato di fondo, sopravvissuto nei secoli, ancora tradizionale, che è rimasto al cristianesimo.


Coperta degli indiani Sioux, motivi tradizionali.


Se lo sioux Eastman, con tutta la sapienza del suo antico e nobile sangue, riconosce una antica dignità, senz'altro depurpatasi nel corso dei secoli, a quel figlio del monoteismo mesopotamico, che poi si è diffuso in tutto l'Occidente, ciaoè al cristianesimo, mi viene poi difficile pensare ad una contrapposizione tra la "religiosità indiana" da una parte e le tre religioni del Libro. A meno di non credere che si possa facilmente pensarlo se si viene catturati dalle moderne ideologie terzomondiste o indigeniste tout court, sostanzialmente orientate in modo pregiudiziale contro l'Occidente. Alludo a quanti (vedi commento di Indio al mio precedente post) vorrebbero ergersi a vindici delle ingiustizie subite dai popoli nativi di tutto il mondo a causa dell' "invasione" materialista perpetrata dall'Occidente in tutti gli angoli del globo.
Altrove, in altri continenti, negli anni '30 del secolo scorso, Guénon scriveva: "Si dice che l'Occidente moderno sia cristiano, ma è un errore: lo spirito moderno è anticristiano, perchè è essenzialmente antireligioso ... è stato cristiano nel Medioevo, ma non lo è più; si dice che un giorno potrà ridiventarlo, nessuno più di noi si augura che possa essere così ... ma non ci si illuda: quel giorno, il mondo moderno avrà cessato di esistere".
Purtroppo questa illusione dimora ancora tranquilla nella mente di molti occidentali, che, come dire, sono sempre in prima fila a voler servire e conciliare, per loro stessi, "Dio e Mammona".

Ci si contesterà il fatto che però, alla fin fine, sia Eastman che Guénon, lungi dal dedicarsi all'oralità si sono dedicati, e con successo, alla scrittura anziché ripudiarla. Vero.
Tuttavia vogliamo precisare alcuni particolari biografici dei due su cui sarà bene soffermarsi ariflettere.
Riguardo a Eastman, il curatore del volume L'anima dell'indiano ci informa che "si rifugia in una regione remota del Wisconsin, Stony Lake. Abbandona anche l'attività letteraria e appare in pubblico sempre più raramente. Gli ultimi due decenni di vita - scompare nel 1939 - sono anni di silenzio: biografia e 'narrazione' lasciano il posto alla ricerca di visioni".
Quanto a Guénon, è noto che negli stessi anni lascia la Francia, divenuta per lui inospitale, per rifugiarsi nel mondo islamico in Egitto, nella pratica sufi di cui fu maestro, nell'Oriente culturalmente più vicino.
Insomma, con coerenza entrambi conobbero una profonda identità tra dottrina e vita.
Fatte de debite proporzioni, ragioni analoghe sono quelle che ci hanno spinti noi quassù, al Tracciolino.




http://leucodermis.blogspot.com/2009/08/wakan-tanka-e-la-ruota-della-medicina.html

A.K. Coomaraswamy, L'illusione dell'alfabetismo in "Sapienza orientale e cultura occidentale", Rusconi Editore, Milano.

giovedì 9 settembre 2010

Guénon al Tracciolino: Il Mondo fa il suo giro...

In uno dei suoi ultimi commenti, datato 7 settembre, Vincenzo scrive:
"Nei tuoi post citi spesso Guénon, pensatore molto importante in ambito tradizionale rispetto al quale la mia ignoranza è purtroppo totale. Potresti darmi qualche suggerimento di lettura per iniziare a conoscerne il pensiero? Ti andrebbe di scrivere un post a lui dedicato?"

Caro Vincenzo, mi lusinga la tua richiesta e un poco mi imbarazza. Ora mi spiego.
Naturalmente mi farebbe piacere accontentarti. La tua sincerità e onestà di ricerca, nonchè alcune note che ho sentito vibrare nelle tue parole mi spingono a credere che tu abbia meriti e titoli perchè possa fare del mio meglio per venirti incontro. Non ne sono all'altezza. Credo comunque che, come accade per quelle persone che svolgono un ruolo importante nella formazione intellettuale, un ruolo seminale, un lògos spermatikòs, diventi poi fatale che indirettamente si finisca, con l'adottare linguaggi e modalità di pensiero che si rifanno all'insegnamento di uno i più 'maestri' e che quindi in qualche modo se ne riproduca il pensiero, lo si divulghi.
Da un canto, la mia esperienza pluriennale di docente e dall'altro alcune riserve intrinseche alla conoscenza esoterica ed iniziatica, mi inducono ad una certa prudenza.
Guénon stesso non si pensava se non con disagio, ad essere considerato uno 'scrittore', anche se stando alle apparenze non ci ha lasciato altro che una notevole mole di scritti. Forse, la sua aspirazione assomigliava di più all'imagine di ciò che noi chiameremmo meglio come una guida, un maestro, un guru, direi anche, se non che questo termine è quasi diventato, per noi occidentali quasi dileggiatorio.
Un po' come Dante Alighieri non si pensava come un 'poeta', un 'letterato', amante del bello stile, di erudite formulazioni verbali.
Soppesiamo bene le parole contenute nella sua lettera dedicatoria al Cangrande della Scala: "...per parlare brevemente, l'obiettivo della Commedia e di questa cantica consiste nell'allontanare i viventi, durante la loro esistenza, dallo stato di miseria spirituale, per condurli alla salvezza." Il che vuol dire che la sua azione "non è finalizzata alla speculazione del pensiero, bensì a un risultato concreto". Una concretezza cui Guénon rimane assolutamente fedele anche nelle sue di opere. Il senso del suo lavoro, per dirla con Dante, è anagogico, vale a dire si rifà a quella funzione di guida e di maestro. Ed il lettore, non essendoci, a rigor di termini, uno scrittore, non esiste in quanto tale. Ma sarebbe forse più appropriato riferirsi a lui come ad un iniziando, ad un itinerante lungo un cammino di avvicinamento spirituale a Dio, il Principio Assoluto, "l'amor che move il sole e l'altre stelle".
Non sembri l'accostamento di Guénon a Dante, il frutto della nostra bizzarra fantasia. Esistono dei precisi rapposti intellettuali tra i due grandi. Guénon dedicò uno studio importante, a nostro avviso su Dante, su San Bernardo e sull'argomento dell'esoterismo cristiano. Non ci addentriamo, in questa occasione, nell'argomento.
Stante questa premessa, va da , caro Vincenzo, che non sono è mi sento autorizzato a "spiegare" il pensiero di R. Guénon. Se lo facessi ti trarrei in inganno, in un modo o nell'altro. A te e chiunque altro leggesse una simile 'spiegazione' o anche solo una semplcie e maldestra 'introduzione'. Posso invece prometterti di sentirmi autorizzato a descrivere il mio personale rapporto con questo autore, come ne entrai in contatto, per quali vie giunsi ad averne elevato rispetto che spesso mi porta a citarlo, come notavi anche tu. Lo posso fare e posso prometterti che lo farò - qualora tu o qualcun altro foste interessati - solo perchè ciò riguarda la mia limitata esperienza spirituale, una biografia verso cui sono il solo responsabile.
Certamente ci si potrebbe con profitto avvalere, almeno in un momento iniziale, di quanto fornisce la rete. Vi sono riportati anche dei testi integrali. Ma data la confusione di informazioni disponibili, come spesso succede sul web, potrebbe essere utile un suggerimento.
Comunque, dopo un percorso editoriale non lineare, ora le opere di Guénon sono praticamente tutte pubblicate, disponibili e anche tradotte in italiano. Per iniziare una discreta fonte potrebbe essere la seguente:
http://www.gianfrancobertagni.it/autori/reneguenon.htm

Mi sento invece libero, per lo stesso motivo, di praticare la concretezza della speculazione guénoniana secondo il grado e la misura di cui sono capace, oggi, con la mia soggettiva sensibilità e carattere. Mi esercito "... su qualcosa e su momenti particolari " e "talvolta i pensatori pragmatici speculano". La concretezza non sempre si oppone alla speculazione; la speculazione molto spesso trascura la concretezza e si limita all'accademismo.
Generalmento ci atteniamo alla buona norma di non occuparci di fatti riguardanti la politica spicciola e quotidiana. Quella di cui si occupano i giornali. Si tratta di fatti che, appunto, hanno una durata quotidiana. I nostri interessi, al contrario, tentano di andare oltre i limite del quotidiano. L'interesse relativo che solleva il quotidiano è dettato dalla sua stessa precarietà e dell'impermanenza cui si condanna.
Non per nulla nella scuola di oggi, completamente disorientata, la lettura dei quotidiani sembra esprimere, soprattutto negli insegnanti 'progressisiti', il massimo della modernità educativa. In realtà si tratta di una resa alla dimensione profana del sapere. Un'affermazione della pedagogia o psicopedagogia sul filo della cultura anglosassone democratica, divenuta egemone in Europa dopo la Grande Guerra Mondiale, la Seconda intendo. "Europa delenda est".
Prendo spunto da una semplice dichiarazione di questi giorni. Un fatto contingente, un episodio in anche poco significativo. Visto nell'ottica del quotidiano sta già iniziando a svanire, dopo i toni del gran clamore iniziale. Presto non se lo ricorderà nessuno. Impermanente appunto.
Da una parte, la notorietà del personaggio, un protagonista della politica del rinnovamento democratico imposto, armi alla mano, dopo il 1945. Un uomo-simbolo della triste, partitocratica Italia, fatta da burocrati assetati di piccoli o grandi vantaggi personali o di parte. Ideali minimi, comunque riciclati, comunque sempre approvati dall'establishment del dopoguerra che si è spartito il mondo in due blocchi falsamente contrapposti. Oggi lo vediamo bene. I soliti briganti si accordano sulla spartizione del bottino, una scena già vista, con i due vincitori alleati e complici.
In questa serra, da circa 60 anni e oltre, si è coltivata quella deriva, quella pianta amara i cui frutti oggi abbiamo tutti sotto gli occhi: una nazione demoralizzata che non crede in stessa, un popolo che ha smesso di riprodursi, moralmente a pezzi, senza prospettive per i giovani, disoccupazione da record, droghe e manipolazioni crudeli per far credere in un futuro in cui nessuno crede. Si propone persino per salvarsi una specie di arte della fuga, l'emigrazione, mentre subiamo, per altro verso, un'immigrazione che ha i caratteri di una invasione barbarica epocale, la società multietnica. Oppure: Gratta e Vinci! Cioè una realtà altamente problematica fatta passare per una ricchezza, un invito a nozze un'opportunità.
In questo drammatico contesto, certi eventi assumono una dimensione particolarmente simbolica di una realtà ben più ampia. Un "segno dei tempi" potremmo dire riprendendo Guénon.
Eventi che ai nostri occhi perdono il carattere di attualità per dotarsi di una dimensione che determina e sta alla base dei caratteri costituenti l'era moderna.
Segni che marcano la parabola discendente di un grande ciclo storico paragonabile, ad esempio, ai 'traguardi' moderni in materia di matrimonio, sessualità e famiglia, con il tipico e caotico brulicare di forme aggregative e soluzioni, le piu fantasiose, disparate e disperate. Oppure come quando passò col plauso dell'intero schieramento partitico nazionale l'abolizione dell'esercito di leva per la creazione di un esercito di professionisti, eufemismo per non dire di gente prezzolata. Nella più completa indifferenza, la nostra Patria uccide il senso della virtù eroica, nemica giurata e mortale della pecunia, il prezzo del pavido, vigliacco e ipocrita, senza una vera autentica causa in fondo al cuore per cui combattere, che non sia, appunto, il denaro. Si riscopre l'esercito di 'ventura', oggi lo chiamano professionale, di rinascimentale memoria. Il 'soldato' legato al 'soldo' non ci ha portato abbastanza sventure in passato...
E potremmo continuare con altri esempi. Molto appropriatamente Vincenzo rievoca, nel suo commento, il concetto hindu del kali-yuga, l' "età oscura", nera, opaca.

Nei tristi tempi in cui ci troviamo a vivere, lo smarrimento e l' incertezza sono acuiti dal senso di un declino economico e morale irreversibile. Da una crisi mondiale che assomiglia ad un imbuto a mulinello che finirà per inghiottire tutto. Quindi l'antica invettiva di Dante, formulata nel XIII secolo: "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" andrebbe riconsiderata. La situazione è peggiorata da allora e di parecchio. Non sembra più circoscrivibile al nostro Paese, ma la Mondo stesso.
Almeno il Padre della lingua nostra poteva ancora sperare nell'arrivo provvidenziale di un "Alto Arrigo", un Sacrum Imperium. Ma noi? Che resta a noi? In che sperare?
Questa nostra putrescenza sembra autoalimentarsi. La corruzione sembra aver aggredito ogni sistema immunitario, ci siam fatti timorosi di povertà e virtù. Per cui il vile diventa un saggio previdente. La bellezza di essere stessi nel proprio mestiere, con dignità e rigore inappuntabili, una forma di swa dharma, senso del proprio dovere come leggere interiore connaturata con noi stessi, questo diventa un difetto, un limite degno di rimprovero. Come ci si risolleverà mai dalla crisi? Quale esempio siamo per i nostri figli? Quali mete additiamo loro?

Ricordate la famosa scena del romanzo, e poi film con Sordi, Il maestro di Vigevano"? Il povero maestro boccia il figlio negligente dell'industriale calzaturiero di successo. L'industriale lo invita a casa, lo fa accomodare, poi fa venire anche il ragazzo, gli mette una mazzetta di banconote sul tavolo affinchè il maestro 'chiuda un occhio', con la maschera tragicomica di Sordi, il maestro rifiuta sdegnosamente il prezzo della corruzione. Il padre sferra un potente ceffone al figlio, e lo ammonisce: così ti ricordi che non devi mai fare come fa questo ... qui (il maesto)! Era un episodio amaro dell'Italia del boom economico. Anche la moglie lo lascerà, per l'agiata vita industriale. Già da allora nei cuori malati di molti connazionali il dubbio di "andarsela cercando" era già ben impiantato. I disvalori erano e sono rimasti questi. Ora, però, non c'è nepurre il boom economico, ci è rimasta la crisi e la corruzione..
Trovarsi nella condizione di una "nave sanza nocchiere in gran tempesta", si conviene, non è certo rassicurante. Ma che dire della nave che in gran tempesta ha solo cattivi nocchieri su cui contare? O addirittura falsi nocchieri, pastori in veste di lupi? Sapienti sacerdoti della anti-Tradizione al servizio della distruzione, di Satana?



Tutti abbiamo sentito. Con le nostre orecchie. La dichiarazione di uno dei Padri fondatori della Repubbica Italiana - ecco le tarlate basi di un edificio che spero solo possa accasciarsi su se stesso quanto prima, stile abbattimento controllato dei grattacieli, afflosciamento stile Torri Gemelle - su un coraggioso funzionario del sistema giudiziario, Giorgio Ambrosoli, coerente fino al supremo sacrificio: "se l'andava cercando". In questo momento ne parlano tutti.
Non è rilevante la persona, forse anche l'età tira dei brutti scherzi e lascia trapelare, come succede a innocenti bambini, cose da sempre risapute. Ma quale dileggio per tutti le anime degli Eroi, dei puri combattenti caduti per nobiltà di ideali, riscatto dell'onore. Mentre i vili, i voltagabbana e approfittatori trionfano e trionfavano in questo tempo. Un trionfo effimero, si intende. Ma questo quardano. Il vantaggio quotidiano, dell'oggi. Anche se poi non risponde al vero.

Quello che impressiona è ciò che si osserva dal punto di vista principiale.
In un recente commento (7.9.2010), Vincenzo ricordava del tutto legittimamente il periodo finale, il quarto dei quattro periodi che conclude il nostro cicli, il ciclo ella presente umanità. Ebbene, caro Vincenzo, questo del capovolgimento della virtù in difetto è uno degli eventi che meglio caratterizzano l'essenza di questa epoca. Non è una questione per eccentrici appassionati indologi o sognatori idealisti dell'esotico e misterioso fascino indiano. I segni stanno intorno a noi. Questa uscita da parte di un celebrato leader politico e 'grande statista', eroe dei notri tristi tempi ne costituisce un elequente esempio.
Non si tratta quindi di senescenza di una persona, neppure del declino di una nazione o di una civiltà, intenta nelle sue vacue autocelebrazioni. Ultima vedi i 150esimo della sua unità. Patetica farsa mass-mediatica, mentre nella realtà sta accadendo altro. Si tratta di altro, sotto il profilo principiale. E' un segno, questo che connota il capovolgimento dei valori, il preludio di una nuova fase necessaria, prima degli ulteriori passi verso l'autodistruzione.
Per 'non dimenticare', allora non dimentichiamolo questo giudizio. Inseriamolo in uno di quegli eventi di cui La crisi del mondo moderno e Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi di R. Guénon ha magistralmente ritratto.
Dante attendeva l'arrivo dell' "Alto Arrigo". Vale a dire di colui che potrebbe essere stato con termine orientale un chakra-vartin. Una persona che per il suo potere temporale e la sua autorità spirituali, congiunti in un'unica persona, avrebbe potuto procedere ad una forma, più o meno restauratrice o raddrizzatrice del ciclo cosmico. La Forza e la Fede, finalmente uniti e concordi, Impero e Chiesa finalmente alleati, unanimi; la Giustizia e la Religione assisi su di un unico Trono. L'immagine del chakra certo ha a che vedere con la ruota e con il suo asse di rotazione, nei due sensi possibili. Dante profetizzava una Guida del Sacro Romano e Germanico Impero, un suo equivalente Occidentale. Speranze ne restano veramente poche, a noi, se agli Eroi si riseva il dileggio e non la Gloria immortale.
Non è politica questa, men che meno attualità. Non è ideologia, di destra di sinistra. Sono i simboli della "Sacra Scienza. Magari, anche inconsapevolmente, i nostri antichi predecessori conoscevano questo linguaggio. Lo si è sempre saputo come gira il mondo.



Noi moderni difficilmente sappiamo leggere, con la dovuta compostezza, ciò che era invece naturale per un antico. Tanto naturale da poterci camminare sopra. Un anonimo e umile artigiano, probabilmente schiavo, lo ha lasciato impresso su un mosaico pavimentale dei Ostia antica. Lo swatika simbolo della rotazione cosmica. Ritratto stilizzato della galassia. Dal suo senso di rotazione che esprime dipende se vogliamo sentirci vivi, Ero(t)ici, o vili ed evitare, appunto, di "andarcela a cercare".


A destra lo Swastika e’ destrogiro, i suo bracci puntano a sinistra, si muove nel senso delle lancette dell’ orologio. Segna l’attuale evoluzione ed espansione dell’universo, il lungo esodo dell’ umanita’ dalla sua dimora ancestrale. Questo Swastika scandisce le fasi successive della creazione, e’ la sorgente che proietta calore, la plasmazione della materia e dei corpi. Quello di sinistra e’ levogiro, i bracci puntano a destra. La sua rotazione segue un moto antiorario, da destra a sinistra. Questo e’ simbolo del ritorno all’origine, al centro primordiale. Propizia il riassorbimento nella non-esistenza. Il nostro attuale mondo materialistico si dissolve, la materia si volatilizza bruciando l’ illusione corporea.
Segno tangibile della quasi illeggibilità dei simboli, è da notare il fatto che gli studiosi di Arte e gli accademici di storia dell'arte, considerano frutto di una 'arte minore' un semplice ornamento pavimentale; la decorazione, un qualcosa di accessorio e superfluo, rispetto a quello che considerano l' "oggetto" proprio dell'Arte. Sfugge loro completamente la funzione simbolica e di integrazione tra utilità ed intelletto che l'arte in senso tradizionale ha sempre coltivato. Non è infatti possibile che Illuministi (Kant significativamente definiva l'ornamento come il "bello senza oggetto") e Romantici, impregnati come sono di spirito razionalistico e individualistico, figli della mentalità moderna, apprezzare con la centralità di una verità tradizionale, un simbolo di una lingua per loro andata perduta. Del resto che il mondo moderno, sotto vari aspetti, sia 'senza decoro' mi pare un'evidenza.
Ma per tornare a noi, i Vincitori credono di fare la storia, i Vinti di subirla. I 'furbi', utilmente, non se la vanno inutilmente a cercare. E invece di subirla, ci cavano il loro apparente e momentaneo utile.

In realtà il Grande Gioco è in Altre mani... quelle del Sacro Imperatore, del Demiurgo, del chakravartin, il Signore della Ruota.
A noi, qui sulle montagne, non resta che l'attesa. Una navigazione sulle onde del Tempo, a volte sopra, a volte contro; il minimo possibile dentro.
La vigilanza della Sentinella che scruta nell'oscurità na nascita del sole. La contemplazione dell'Assialità, certi che porterà al Grande Risveglio. Ad una consapevolezza che, nel mondo ordinario,viene scambiato per torpore. Un particolare stato dell'Essere che descrive Dante (chi meglio di lui saprebbe farlo?) e con cui conclude la sua Commedia:


A l’alta fantasia qui manco’ possa;
ma gia’ volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente e’ mossa,
l’amor che move il sole e l’ altre stelle.


Ora mi sembra di essermi dilungato abbastanza esco, vedo dalle finestre un bel sole dorato. Vado al pascolo con le capre, sui prati smeraldini di settembre, mi lascerò cullare dai suoi raggi, come di una ruota in movimento, mi scalderà il calore che sprigiona il mozzo stridente lungo i pendii del Tracciolino, in tasca un libro di Guénon...








http://www.thule-italia.net/esoterismo/Immagini%20Chakravarti/Chakravarti.html

mercoledì 8 settembre 2010

Bruna ha dato alla luce una capretta!

Stamattina, dev'essere stato sul presto, verso le sette era già in piedi, magari nata da un'ora o due. Bruna ha dato alla luce una bellissima capretta. Il parto pare proprio sia andato bene. La piccola le assomiglia molto, ma assomiglia molto anche al padre.




E se avesse letto il mio post sulla Via Lattea, certamente si sarebbe accorta che stava andando nella direzione sbagliata





che però non ha tardato a correggere:




Poi nel pomeriggio la prima passeggiata sul prato verde con i primi odori e i primi colori, aria del mondo che si spalanca ai suoi occhi ... tutto da scoprire




Ed un primo scambio di sguardi di intesa... entrambi abbiamo un destino e da ora si stanno intrecciando. Sii la benvenuta nella stalla più pazza del Tracciolino!





Mi piacerebbe chiamarla Brunilde, per chè figlia di Bruna, Walkiria sorella in spirito di Prometeo, entrambi pronti a deludere le loro divine origini pur di scendere a fianco degli uomini, aiutarli e condividerne la sorte. Empatici dell'imperfezione umana...

Ora un silenzio pesante e spesso ci avvolge tutti. Non un rumore. Il buio e la stanchezza di una giornata così ricca di emozioni per Bruna in prmo luogo che ha partorito e che si trova nelle ambascie di improvvisarsi madre con tutte le incertezze della 'prima volta', Augusta che si vede una piccola intrusa a sconvolgere il tranquillo menage ed a cambiare abitudine ed equilibri con l'amica, ed io alle prese col problema di farla attaccare al seno e del colostro.
E poi col mistero dell'affacciarsi di una vita, dono e prestito, fatale e irreversibile! Il riposante silenzio notturno ci ripaga tutti.

Se qualche amico ha una proposta di un altro nome può farsi avanti. Siamo aperti anche ad adozioni a distanza o altri suggerimenti.

lunedì 6 settembre 2010

Per la felicità di Franco e Bea e non solo
















L'anima di R. Panikkar ha lasciato questo mondo.

E' morto Raimundo Panikkar, gli ultimi di agosto.





E' con profonda commozione e umano dispiacere che diamo la notizia della scomparsa di Raimundo Panikkar.
Il grande studioso indo-catalano aveva 91 anni.
Tutti o quasi i suoi testi sono reperibili in commercio. Lo scoprii leggendo The Vedic Experience. Sono passati anni. Ormai. La gioia come tanti fiori traspirava dalla sue parole. Mai banali. Coltissime. Attingeva da lingue moderne e antiche, orientali e occidentali, con estrema facilità.

Quando ancora insegnavo, lo avevo inserito nel mio programma di studi. La TV Svizzera di lingua italiana ha il merito di aver approntato una lunga ed articolata intervista, in due CD. Gli studenti sembravano faticare a prestargli attenzione. Era dolce, allegro, spesso spiritoso e arguto. Ma i giovani studenti avevano cuori sordi. Dentro li avevano uccisi. La 'cultura televisiva' compie ecatombi di massa, e non sparge una goccia di sangue. I suoi argomenti parlavano al cuore, ma come scriveva nel suo ultimo libro "Vita e Parola" (Jaka Book, aprile 2010):

nel mondo moderno solo i mistici sopravviveranno. Gli altri saranno soffocati dal 'sistema', se vi si ribellano, o affogheranno nel sistema, se vi si rifugiano”.

Da non dimenticare, una pensiero di grande sintesi dell'ordine manifesto come lo vediamo noi oggi.

Non aveva bisogno di ricorrere a formulazioni tradizionaliste, ne avvertiva forse l'errore di un intruppamento ideologico, la provvisorietà fragile. Non era a casa tra i cattolici e non era di casa presso gli hindù, avrebbe potuto esserlo a casa in entrambe le situazioni, il fatto era che non si sentiva interamente di casa in questo mondo.
"Quando testimoni la tua fede, non difendere te stesso o i tuoi interessi aquisiti, per quanto sacri ti possano sembrare. Fai come gli uccelli nei cieli: loro cantano e volano, e non difendono la loro musica e la loro bellezza." Questo era il suo modo di essere e di stare dentro le parole-

La sua goccia ha raggiunto l'Oceano. Ora sta meglio e dolce, credo, sia stato il suo transito.


http://corrieremetapolitico.blogspot.com/2010/08/morto-il-sacerdote-filosofo-panikkar

sabato 4 settembre 2010

La Via Lattea.

Non sempre le cose fatte a norma sono le migliori. Anzi direi, che quasi mai lo sono. La norma nasce da una sintesi di vari interessi che quasi mai, per non dire sicuramente mai, prenderanno in considerazione la tutela della Tradizione, della Legge tradizionale.
Prima di tutto perchè è più vero il contrario. E cioè che è dalla Tradizione, in quanto Verità Essenziale, che proviene o dovrebbe provenire la Norma. Per cui risulta molto fondata l'idea che sia la Legge che fa gli uomini, e non gli uomini che fanno la Legge. Insomma, la facoltà di legislazione è una prerogativa divina e non umana.
Questo suono quasi oltraggioso alla mentalità moderna occidentale. Ma le masse sono Tele-guidate, come si sa. Se ne accorgono e s'indignano quando magari qualcuno da Bruxelles gli fa sapere che deve smettere di cuocere la pizza nel forno a legna. Per non parlare di quello che la norma europea, tutt'avvolta com'è nella sua cecità burocratica, potrebbe sancire se noi si avessimo continuato a pigiare l'uva coi piedi! Orrore! Per fortuna ci ha pensato la tecnologia a rendere superata la pratica!
Ma neppure, fare il latte come lo sta facendo, questo amico margaro, scaldando la polvere nel paiolo con un camino rimasto quello da secoli, e rigirandolo per scioglierlo nell'acqua calda con la mano nuda e unghie sempre nere.



Un malinteso senso dell'igiene, teso verso assurdità maniacali, minuziosamente imposto da normative implacabili, di fatto bloccano o rendono clandestine le pratiche seguite da millenni, o comunque frutto di un aggiustamento da parte di chi pratica l'arte o il mestiere, che dir si voglia, nel modo più conforme agli usi antichi (e insisto, non 'vecchi', antichi).
Oggi è in uso l'allattatrice, chiamata anche 'lupa'. Per altro questo soprannome mette in evidenza come la mitologia non la si estirpi tanto facilmente, dopo secoli di positivismo forzoso, rispunta di nuovo la testa appena decapitata.
Questa potrebbe essere la scena che si presenta:






I piccoli vengono tolti appena nati dalla mamma affinchè non prendano la 'perversa' abitudine di attaccarsi al seno. Il margaro allatta solo i piccoli per qualche ragione sono rimasti orfani o la madre, per vari motivi, non ha latte sufficiente.Per lui la 'norma' è ancora l'Altra. Si consideri che non voglio fare una difesa di comodo. Non intendiamo assolutamente difendere per partito preso un'immagine oleografica con corrispondente alla realtà odierna. E' bene ricordare che, come tutti, i margari non sono immuni dal subire gli effetti negativi del declino ciclico cosmico, per cui anch'essi si rendono talora autori di atrocità sugli animali non meno crudeli. In genere, tuttavia, mai su scala industriale.

Le macchie nere sulla testa sono le cicatrici delle ustioni conseguenti alla decornificazione. Operazione eseguita a poche ore dalla nascita.
Ah scusate! Tralasciavo di dire che il tutto avviene solo dopo una 'de-stagionaliszzazione' per vie ormonali dei cicli mestruali naturali per ragioni di continuità produttiva. Come è ormai noto a cbi ci segue, la Macchina Infernale non si può fermare!
La 'lupa' ha una programmazione elettronica, dispensa dosi precalcolate, ed a temperatura costante. Tutto bene, comodo. Richiede solo la sottomissione di manutenzione da parte dell'allevatore al nuovo ritrovato tecnologico. Le multinazionali del latte in polvere hanno fatto credere che fosse anche migliore di quello natura. E anche le nostre donne, predisposte da una 'educazione' emancipazionista, hanno adotato in massa la pratica del cosiddetto 'allattamento artificiale. 'Il vecchio consueto metodo con cui il pastore distribuisce il latte é assai molto meno 'politicamente corretto'. Impugna un bastone per tener lontana l'avidità dal mondo.



Ora ditemi voi cos'è preferibile: un addetto schiavizzato alla macchina o la respomsabilità verso la giustizia?
Appena dopo la fine del sanguinoso secondo conflitto mondiale, sui muri della metropolitana di Londra apparve un manifesto con la scritta evidenziata a colori che recitava: “Justice towards animals must precede peace among men.” Anche in quei concitati e tragici momenti in cui i vincitori, tronfi come tutti i vincitori, erano super impegnati a distribuire marchi, meritati o meno, 'criminali di guerra' i vinti, essendo i vincitori immuni per definizione dalle atrocità di guerra, e ad imporre la loro visione delle cose, c'era chi non dimenticava l'ordine giusto con cui si devono vedere le cose. Prima la giutizia tra le creature nella loro generalità, e solo dopo la pace tra gli uomini, i produttori di macchine. Non può darsi pace tra gli uomini se i mattatoi e gli allevamenti intensivi 'ad alto contenuto tecnologico' funzionano a pieno regime. Il latte si trasforma colpevolmente in sangue, e scorre copioso lontano dai nostri occhi.
La sensibilità verso gli animali, e tra di loro quelli più deboli a maggior ragione, dà la misura del grado di civiltà con cui gli uomini regolano la loro convivenza.
Prego si accomodino. Buon appetito, il pasto è gentilmente offerto da Fininvest, sindacati e partiti plaudono alla tanto agognata ripresa dei consumi e del benessere sociale equamente distribuito.



Concludo. Pochi giorni dopo che il coraggioso imprenditore, coadiuvato da uno staff di zootecnici e veterinari, aveva iniziato la sua attività, cui queste foto si riferiscono, sulla facciata immacolata del suo capannone nuovo di zecca, con spray rosso e a caratteri cubitali, nottetempo, una mano rimasta impunita scrisse: "Basta coi Lager! Bastardi!".
Ed è così che la tragedia finisce in farsa.Intervengono le forze dell'ordine. Pare si stata opera di 'animalisti' militanti. Ho sentito il dovere di manifestare solidarietà con quella persona che aveva intrappreso quell'attività, vendendo un bar e giocandosi il ricavato per dedicarsi alla passione della sua vita, allevare capre. Certo, come il mondo moderno lo concepisce e propugna. Ed infine ne subiva le beffe! Naturalmente lui prosegue con la sua attività e mi ha, con gentilezza, fatto capire che non ero ben gradito nella sua stalla. Nulla di personale, anzi, però con i miei scarponi di montagna ai piedi avrei potuto esser un involontario portatore di batteri e virus terribili per un allevamento intensivo, qui l'equilibrio igienico-tecnico ha reso tutti, uomini ed animali, molto fragili. Non è come dai noi, lassù, rudi montanari, con capre al pascolo quotidianamente e stalle di cui nessuno s'è mai chiesto quale fosse la temperatura giusta, il grado di umidità, le volumetrie dei ricambi d'aria e i metri quadrati di superficie per capo di bestiame. Avrei dovuto mettermi dei copriscarpe sterili di plastica usa e getta. Dall'altro lato, gli 'animalisti' senz'anima continuano a professare le loro forsennate ideologie. Con una loro coerenza, estendono la loro amata "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo", massonico-franco-anglo-americana che in realtà esprime solo la negazione del Diritto di Dio a legiferare sugli uomini, la estendono anche agli animali. Forse non lo sanno, ma le Scritture Sacre tradizionali ci riferiscono che anche gli animali e persino le piante fanno le loro preghiere. Scommetto che questi animalisti, epigoni ed emuli dei sans culottes , senza berretto frigio e coccarda tricolore, ma con un più aggiornato spray rosso, non amino la fatica di pulire una stalla o di mungere un animale. Il freddo dell'alba antelucana sopra i 1500 metri d'altezza anche d'agosto, senza corrente e lavarsi con l'acqua pura ma gelida della sorgente. Penso che sia più semplice giudicare per poi passare al beau geste della protesta, al brivido estetico della catarsi, per altro illusoria, della contestazione tanto globale quanto rivoluzionaria. Nulla da obiettare per costoro se una sentenza di un tribunale di guerra, Norimberga, intentato dai vincitori e quindi ingiusto per definizione, si travasi poi nei codici penali dei paesi vinti molto, ma molto prima che si attui la giustizia verso gli animali. Ma alla fine, magari contro voglia snobisticamente, partecipano a quelle kermesse del consumismo, cateddrali del cibo massificato e industrializzato, senza qualità territoriali specifiche, che sono quei grandi centri commerciali, in cui tra l'altro si trova il formaggio caprino fresco in tutte le stagioni. Anche se, in teoria, nulla vieta che dalle realtà locali, come ad esempio le marghe, arrivi giù un prodotto autentico.
Per ironia della sorte, uno di questi centri si trova non molto distante da dove sorge la nuova stalla. Lo rifornisce lo stesso allevatore che essi hanno contestato. Nel rispetto di tutte le normative europee, formaggi sterilizzati e provvisti di tutte le garanzie igieniche. Come sempre, gli estremi si toccano, ed insieme rendono possibile ed accettabile questo sistema.
Unica vera alternativa, ma scomoda, inattuale, che tutti si riprenda 'la Via Lattea' della montagna, delle marghe, delle piccole produzioni famigliari. Lassù Dio vi ha lasciato gocce di latte persino in cielo, appunto la Via Lattea celeste, ed è di questo che dovremmo nutrirci. Dai pascoli alpini, la si vede bene nelle notti serene, nitida come un fiume di latte, conforta quei silenzi che non siamo più abituati ad ascoltare.
Nel frattempo, perchè ce ne vorrà del tempo, Bruna, che in questi giorni sta per diventare mamma, se Dio lo vorrà, come ha fatto da piccola nelle nostre stalle vecchie e sporche, delle gigantesche poppate alla nostra salute ed alla faccia di tutte le moderne 'lupe', così farà anche con il suo capretto futuro prossimo primogenito ... non mancherò di farvelo sapere!

venerdì 3 settembre 2010

"Beati gli ultimi se i primi sono onesti"




Grazie per tutto questo........................................

Sentendo una profonda comunanza di vedute… (Vincenzo 27.8.2010)



Sentendo una profonda comunanza di vedute… (Vincenzo 27.8.2010)

Permettetemi di fare almeno un tentativo affinché queste vostre parole (rif. commenti allo scritto Evola al Tracciolino…”) non cadano nel vuoto siderale dello spazio-labirinto internautico. Se è vero, come dice Indio, che la rivolta contro la modernità – espressione evoliana che forse gli piacerà – non vuol dire rinunciare a cose come il web, blog, ecc., nessuno di noi è mai stato sfiorato dall’idea di riproporre la pietra focaia! La critica alla modernità in favore della Tradizione non è da confondersi con il passatismo, sentimentale e nostalgico. Mi sembrava ovvio. Chiarito ciò, ci si prospetta una situazione talmente impari che l’atteggiamento più logico da assumere sia quello di ‘cavalcare la tigre’, secondo un celebre motto orientale. Usare la forza dell’avversario per rivolgergliela contro, concetto ben noto alle cosiddette arti marziali orientali. Ci proviamo, perché le forze materiali e la potenza economica non stanno a guardare, sono tutte contro una simile rivolta e ben coalizzate. Occorre quindi anche usare armi che non si vorrebbero usare, come il web per comunicare ed entrare in un contatto umano, a volte dalle modalità inquietanti, perché sono queste quelle di cui disponiamo, ma gliele rigiriamo contro per intessere un qualcosa che possa chiamarsi resistenza alla modernità.


Le vostre osservazioni per me sono state una potente iniezione di gioia giovanile e di forza per procedere su questa strada. Perché solitari, si, va bene, ma isolati no; si soffre e si rischia di perdersi d’animo. Cosa non degna di un resistente della montagna e della Tradizione. La battaglia, lo sappiamo è assai ardua, con difficoltà di ogni genere, provenienti dall’interno di noi stessi e dall’esterno.


Le scriverei sopra la soglia della nostra casa del Tracciolino queste parole di Indio: “si può e si deve lottare per una concezione non utilitaristica della natura: è ora che la natura venga considerata per il suo valore in sé, non come "prodotto" da "valorizzare”. Lottare per una concezione “non utilitaristica” significa produrre un qualsiasi oggetto in condizioni economiche svantaggiose. “Non utilitaristica” significa andare contro il proprio interesse personale immediato in nome di un qualcos’altro più elevato. Questa rinuncia dell’utile non è mai stata amata dalla democrazia. Motivo? Semplice. Proponendo rinunce non si guadagnerà mai la maggioranza, la quale preferisce essere blandita con menzogne piuttosto che onorata on verità. In qualsiasi momento della vita, una simile scelta di andare ‘contro corrente’ diventa non solo minoritaria ed aristocratica, ma la ‘divergenza’ finisce sempre per essere mal tollerata. Dovrà essere punita, scoraggiata, e trovi sempre qualcuno che te la farà pagare, e a volte anche nel senso letterale del termine. Diventa un lusso. L’uomo democratico è spesso sottoposto ad una schiavitù dei fatti: l’univocità e l’equivocità con cui si dedica all’utile.


Se vuoi controllare la qualità di un uovo che mangi, e allevi in proprio l’animale con gli alimenti più naturali, quell’uovo lo pagherai molto caro, economicamente non conveniente, e, nonostante la sua buona qualità o proprio per questo, viene penalizzata la qualità rispetto alla quantità. Significativa è da parte di Guénon la definizione del mondo e della mentalità moderni come “il Regno della Quantità”. Il concime chimico è comodo e non puzza, prova a produrlo in stalla! Poi vedi cosa succede al costo dei tuoi pomodori! Questo, insieme con ogm, multinazionali dei semi, sperma selezionati a temperature riproducibili solo con alte tecnologie, e industrializzazione dell’agricoltura, e mille altre diavolerie – è il caso di dirlo – sono stati messi inginocchio, e si continua a metterli, i popoli poveri e ‘rurali’ di tutto il mondo, terzo o quarto che sia.


E quello che succede con le uova o il concime succede anche per tutti gli oggetti che ci circondano. Poiché tutti invariabilmente sottoposto a severe regole di mercato dettate dalla ferrea dittatura della legge del mercato in cui tutto, tramite il denaro, l’ “equivalente universale” come lo chiamava Marx, viene quantificato e reso confrontabile. Ed il valore aumenta con la scarsità, non con l’abbondanza. Il termine scarso introduce sia l’univoco che l’equivoco, significa, ad un tempo, sia una cosa che rara a trovarsi, sia un’imperfezione, uno scadimento, un sottolivello qualitativo.


Nel dominio assoluto del Regno della Quantità, “la concezione non utilitaristica della natura” diventa un lusso per pochi. Materiali e metodi di produzione determinano un valore quantificabile che in regime di libere regole di concorrenza oggettivamente rendono più appetibili gli oggetti più immediatamente convenienti. Affermare il contrario, con fatti o con parole, nell’attuale contesto, significa agire in senso aristocratico.


Ha ragione Indio, “si può e si deve lottare”. Si può ben concordare, ma come per ogni battaglia, non sarebbe né ardimento né coraggio, ma atto spavaldo, inane e pericoloso, affrontare la parte avversa senza conoscerla bene. Difficile sopravvalutarlo, ma mai spaventarci del compito!


Stupende le parole di Vincenzo: “Ho avuto la grande fortuna di venire in contatto con persone che conducevano un' esistenza improntata ai valori tradizionali, alla ricerca spirituale, che vivevano di legami sociali improntati alla mutua solidarietà, di un rapporto con le risorse ambientali non distruttivo ma parsimonioso e devoto alla tutela della sua integrità.” Peccato però, che qualcuno lo ha chiamato “il mondo dei vinti”. Che peccato! Niente di male, ma ad una sola condizione! Che una battaglia persa nel mondo sia una battaglia vinta per lo spirito! E dunque finché quest’ultimo non viene riconosciuto, lo Spirito, nella sua priorità assoluta siamo perduti, sconfitti e resteremo tali. Con vergogna e rassegnazione. Oppure, con ribellismo velleitario.


Prima di tutto, Sua Maesta il Denaro dovrà, possibilmente, riacquistare il suo senso simbolico andato perduto. Ricostituirlo non credo sia opera di gente minuta. Forse non è neppure opera umana, tout court. Poichè noi si è troppo immersi nem mondo. Perduta la numinosità della gente semplice, ma grande dentro, che Vincenzo evoca, l'Opera che ci attende è ultra-certosina. Mancando anche le guide e i maestri.


Se vogliamo la strada del grande ritorno dello o allo Spirito, è meno misterosa di quando si creda. La ricetta non varia da millenni. Allontanrsi dal mondo. Che non significa necessariamente vivere in montagna, ma in un luogo qualsiasi, purchè di depurazione, purgazione, un purgatorio, lontano dai luoghi, anche fisici, ma soprattutto interori. Vivere di cose che contengono il minimo possibile di modernità. Vale a dire di contenuto di denaro. Ripeto di per sè, il denaro non è cosa spregevole. Ma senza il suo valore simbolico, vale a dire sacro e gestito da mani purificate, sacerdotali, non porta con se che il peggio delle ambizioni umane condensato nella pratica del prestito ad interesse o usura, che finchè esiste offende Dio e la Sua bontade, come diceva Dante, disatteso e inascoltato.


Quindi riconsideriamo il baratto, che cortocuita la circolazione del denaro. Se faccio uova e tu fai cicoria, mettiamoci insieme, come non vederlo, il nutrimento si completa!


Volontà e progetti! Camminiamo insieme! Irrobustiamo lo spirito. Riduciamo la presenza dei discorsi delle masse televisive. Amiamo il digiuno, la sincerità delle parole e delle azioni, e cioè l'Onestà. Non pieghiamoci ad essere furbi come ci vorrebbero, ma neanche ingenui da non vedere dove si può nascondere l'insidia. Fin dentro di noi, nei nostri figli e nelle nostre mogli... ascendiamo a queste vette!