giovedì 27 ottobre 2011

"L'antico purpureo velo...."


Assommava doti rare, e più il tempo passa, più sembrano diventare preziose. I suoi scritti si degustano, ogni termine, quali gemme preziose. Un piacere fisico e di sapori storici colorano la tavolozza del suo linguaggio. Discreto, colto, gentile ma tagliente come la lama di un rasoio. Romano Amerio.
Il gusto delle lettere nella sua prosa, del bel parlare un italiano, lui svizzero luganese, che di nobilità nutre chi legge, senza appesantimenti classici pomposi e inessenziali, buttti lì solo per vanitosa ostentaazione. E poi, ovviamente una pacatezza, una lucidità ed un amore per la verità cattolica messa a dura prova.
Lontano da ogni forma estremistica, era un tenace, inflesibile avversario che ogni mutamento verso il nuovo, ed il Concilio Vaticano II fu una valanga di innovazioni. Conservatore con la gioia di chi sa che la Verità non intrattiene relazioni alcuna con la Storia, e quindi con la presentua questione di adeguarvisi o meno.


Come non riguardare oggi, per stare sul lieve, la scomparsa del latino nella liturgia (dopo la scuola italiana), gli altari volgere il suo antico orientamento (per andare incontro al popolo e non a Dio, versus populum anzi il celebrante volta le spalle al Tabernacolo, nulla di più simbolico della gravità della crisi della Chiesa, maestra spirituale confusa); e che dire degli strimpellamenti di chitarre, vani blandimenti giovanilistici? Sorrisi televisi e occhi disincantati per improbabili palcoscenici, volti profondamente smarriti.
Ma quale la relazione col Tracciolino? Cosa ha a che vedere con la montagna, là dove le cose, proprio per la loro difficile accessibilità, sono meno suscettibili di innovazione?
E' presto detto. La montagna è per sua natura più lontana dalla modernità, chi ci vive da sempre o chi con fede profonda, vi ritrova il suo eremo, il luogo della ricerca interiore, condizione la solitudine, i silenzi, le astinenze dal superfluo, conservatori naturali di quello che è rimasto di conservabile, lontanissimi dalle mode, come in un monastero naturale a cielo aperto.

Lontani da cose che a molti sembrano necessarie. Dall'abbondanza di cose insensate, poveri con le cose serie e degne ben piantate nei cuori. Con lo spettro della penuria dietro ogni cosa. Il timore di perdere coe ininfluenti. Ma la paura non smette di mordere. E' la regola principale del consumismo.

Una delle prime merci consumate, strano forse credersi, è il corpo. Amerio propriamente parla di "somatolatria". Nel vestirlo e nello spogliarlo, nell 'atteggiarlo, nel tenerlo 'in forma', nell'usarlo, o per meglio dire, abusarlo. Nel rifiutarne le esigenze naturali, per andarne continuamente oltre. Fino a stravolgerne le funzioni più naturali, maschili e femminili.

"Per farne retto giudizio - scrive Amerio - conviene avvertire che in ogni genere dell'operare umano, ma nel costume specialmente, rileva certo la frequenza dei fatti maggiore o minore (senza tale frequenza non c'è costume), ma primariamente importa quel che i fatti diventano nella mente, cioè il modo in cui la pubblica coscienza li giudica."

Si noti l'inconsueto, neutrale e delicato, termine "frequenza". Ciò che di fatto è una vera ossessione sociale, onnipervasiva, da assumere addirittura dimensioni patologiche. Stiamo parlando, se non si era inteso, della metamorfosi della sfera amorosa in quella sessuale nell'età moderna. Metamorfosi inscritta nel declino dell'Europa dal libertinismo rivoluzionario della polica come dei costumi, dell' età dei Lumi (che tanto luminosi non erano) fino a divenire una sorta di motore primo, primum movens, dell'ermeneutica della persona. I criteri della moderna psicologia 'scientifica' freudiana, il lessico che parla dall'interno del linguaggio contemporaneo. Dalle scuole, talk-show di massa, dalle 'sedi proprie' a quelle diffuse nei microinterstizi della società. Consumismo onnivoro del sesso in tutte le sue forme, eccessi e incontinenze. Ogni legge o usanza naturale triturata dal progressivo sentire. La libido sottoposta a una gestione occulta, dotata di "appoggio teoretico", di stampo anarcoide e autodistruttiva. Infatti è più alla morte che si rivolge, che non alla vita. La negazione della vita è il prezzo della paura della morte, del vuoto, del nulla che porta dentro di sè. Questa è la vera "mortificazione" del corpo. La dispersione nel suo consumo.

La frequenza è legata e determina l'inverecondia. Un tocco dell'elegante eloquenza di Amerio. Grazie a lui, fin troppo facile aggiungere l'orgia, l'abuso concettuale nel quotidiano, sia quello culturale 'dei piani nobili' dell'edificio sociale, come ai piani bassi, se non i bassifondi, a livello sub-umano. Materia di multiloquio, vaniloquio e turpiloquio, la frequenza è alla fibrillazione massima. L'organismo collassa sotto il peso della sua inverecondia.

"Quanto alla frequenza nessuno impugna che l'inverecondia sia sia più divulgata che in passato, quando gli eccessi erano eraano fenomeno di ristretti ceti e, cosa ancor più importante, andavano a nascondersi e non osavano l'ostentazione. Oggi è la faccia delle nostre città. Si può dire che la pudicizia fu il carattere generale dei secoli addietro, mentre l'impudicizia lo è del nostro... Oggi al contrario le intimità hanno perduto l'antico purpureo velo del pudore e vengono propalate, ostentate, comunicate sin nelle rubriche dei rotocalchi, di cui si pasce il volgo. Lo spettacolo, massime cinematografico, ha come tema d'elezione le cose della venere e l'estetica, che vi dà un appoggio teoretico, giunge a stabilire che la prevaricazione del limite morale sia una condizione dell'arte. Di qui una meccanica progressione dell'osceno in infinitum: dalla fornicazione semplice all'adulterio, dall'adulterio alla sodomia, dalla sodomia all'incesto, dall'incesto all'incesto sodomitico, alla bestialità, alla coprofagia e via tacendo." (R. Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, Torino 2009, pag. 210)

Si commenta da solo, illustra assai bene il rapporto tra 'arte', 'artista' e autopercezione della moderna persona, siamo nella Vienna della 'finis Austriae', e non solo. Il nuovo dogma: la Civiltà umana è frutto del sacrificio - si noti la valenza parodistica dell'impiego di questo termine, quanto mai fuori luogo - pulsionale e, nel contempo, poichè ciò viene presentato come qualcosa di improponibile e 'contronatura' per la mentalità moderna, da qui la conseguente, necessaria ed auspicabile, azione diretta a 'liberare la sessualità', a porre in campo le diverse forme sociali di 'emancipazioni', il contrasto a moralismi e ipocrisie.



Egon Schiele (1890-1918), Autoritratto.


La tanto discussa mercificazione del corpo, in particolare quello femminile, non è che una conseguenza dell'intollerante e divinizzato liberalismo individuale, dogma consustanziale al regime democratico, che per altro verso viene oggi, per l'appunto, propugnato e difeso, a volte in buona fede e a volte con ipocrisia e convenienza, in tutti i modi da coloro stessi che la criticano.

E siccome è più facile matematicamente percorrere la 'via larga' piuttosto che quella 'stretta', vale a dire, rinunciare alla civiltà, che praticare le virtù, la disciplina, il contenimento, l'astinenza... evidenti sono le conseguenze.







sabato 22 ottobre 2011

Grande è l' Attesa



Prepararsi e capire, significa aprire la strada a Colui che deve arrivare. M. Heidegger ha osato descrivere la "radura" filosofica, all'uscita del bosco, preconizzare il "Pastore dell'Essere". Pastori e greggi in Occidente sembrano smarriti. Necessariamente la Tradizione, al contrario non può perdersi, al più si può eclissare, nascondersi o assopirsi in qualche luogo sconosciuto.

Non può perchè è da essa che dovranno germinare i segni-semi del nuovo Ciclo. Da come sembra siano messe le cose, con la rapida espansione del materialismo in Oriente, non è del tutto da escludere che le energie nuove, le nuove forme del manifesto, per una sorta di effetto della ben nota legge metafisica, del rovesciamento dei Poli, l'aurora - l'aurea riconciliazione tra l'uomo e Dio - albeggerà da Occidente ed il detto "ex Oriens lux" più tipico del mondo andato che di quello veniente.

Il brano che segue è una nostra traduzione da un testo di Savitri Devi.

L'ultima incarnazione di Colui-che-ritorna, l’ultimo Uomo, “contro il Tempo”, ha molti nomi. Ogni grande fede, ogni grande cultura, così come, ogni vera (vivente od obsoleta) forma di una Tradizione, antica quanto la caduta dell’uomo (e la conseguente nostalgia per la perdita del Paradiso terrestre), ne ha prodotto uno. Attraverso gli occhi del Visionario di Patmos, i cristiani, lo videro in Cristo “presente per la seconda volta”[1]: non più come il mansueto predicatore dell’amore e del perdono, ma come irresistibile Guida di celesti “Cavalieri bianchi” destinati a mettere fine a questo mondo empio ed a stabilire “un nuovo Cielo e una nuova terra”; un nuovo ciclo del Tempo. Il mondo islamico lo attende nei panni del “Mahdi”, che Allah invierà “alla fine dei tempi”, per sconfiggere ogni male tramite il potere della Sua spada – “dopo che gli Ebrei saranno ridiventati padroni di Gerusalemme” e “dopo che il Diavolo avrà insegnato agli uomini di incendiare perfino l’aria che respirano”.[2]

D’altra parte, in quasi tutte le nazioni d’Europa, la tradizione popolare ha conosciuto Colui-che-ritorna o nella forma di un Re dipartito e ritornante, o come vera Anima di un esercito mitico e nascosto: in Germania, l’Imperatore Federico Barbarossa,

che un giorno uscirà dalla grotta in cui è addormentato per secoli, e salverà il suo popolo, per guidarlo a Gloria impareggiabile; in Danimarca, come Holger Danske del Monte Kronborg; in Polonia, come l’ “Ospite Dormiente” dei racconti popolari; in Ungheria come “Attila”, che un giorno riapparirà alla testa dell’“esercito di Csaba” ad attuale la divina vendetta sui malvagi e imporre la giustizia; mentre le antiche religioni solari dell’America cantrale se lo rappresentavano come il bianco e radioso Dio Quetzalcohuatl, ritornante nella gloria e nella potenza — come il Sole risorgente — da dietro l’Oceano orientale. E milioni di hindù da tempi immemori e ancora oggi lo chiamano Kalki,

l’ultima incarnazione della potenza che regge il mondo: Vishnu, l’Uno che, nell’interesse della Vita, pone fine a questo “Kali Yuga” o “Età oscura” e apre una nuova successione di epoche. In queto testo l’ho chiamato col suo nome hindu, non allo scopo di sfoggiare un’erudizione che sono ben lungi dal possedere, ma semplicemente perché non sono a conoscenza di altre tradizioni in cui i tre tipi di esistenza manifesta - “sopra il Tempo”, “contro il Tempo” e “nel Tempo” – che ho cercato in questo testo di evocare e di definire, trovano naturalmente la loro controparte nella concezione trinitaria basilare della Divinità stessa, ed in cui (come conseguenza di ciò) l’Uomo “contro il Tempo” è, in tutte la successione delle sue incarnazioni, ma specialmente nella sua ultima, più eloquentemente – e più logicamente – considerata come quella del uomo divino per eccellenza.

Poche parole per chiarire il punto.

La ben conosciuta Trinità hinduista – Brahma, Vishnu e Shiva – così magistralmente ritratta nell’arte indiana – non è affatto una fusione di tre “dèi” tra loro inseparabili in uno; e neppure, il triplice aspetto di un’unica Dio personale e trascendente. Simbolizza qualcosa di ben più fondamentale, vale a dire l’Esistenza nella sua interezza: manifestata e non manifestata; concepibile, nonché visibile e tangibile, e al di là della sua concezione. Per Esistenza – Essere – si intende l’Unico divino. E non vi è altro Dio al di fuori di Esso; e nulla esiste al di fuori di Dio.

Ora Brahma è Esistenza in und für sich - in sè e per sè; Essere nonmanifestato, e perciò fuori e sopra il Tempo; Essere, al di là della concezione della mente legata al Tempo, e quindi, inconoscibile. E’ significativo che a “Brahma” non siano stati edificati templi in India – o anche altrove. Non è possibile rendere culto a Ciò che la coscienza legata al Tempo non può concepire. E’ possibile, al massimo, attravero un atteggiamento appropriato (ed anche attraverso appropriate pratiche ascetiche) confluire il proprio sè in Esso; trascendere la coscienza individuale; vivere “al di sopra del Tempo” – nel Presente assoluto che non ammette né “prima” né “dopo”, che è l’Eternità.

“Brahma” – il profondo Sè e quello del mondo, sperimentato al livello di Eternità – è Ciò che tuttti gli uomini “al di sopra del Tempo” cercano di concepire: il positive stato di “pace, pace perfetta”, di pace, non attraverso la non-esistenza, ma attraverso la liberazione dai legami del “prima” e del “dopo” e di tutte le “coppie di opposti”.


[1] “Deutera Parousia” — “Seconda presenza” — (di Cristo) è l’espressione greca per la “fine del mondo”.

[2] Questa tradizione, nell’islam, può essere fatta risalire al XIV sec. In Persia, il Dodicesimo Imam – che misteriosamente scomparve, per ritornare alla fine dei tempi, - è stato identificato con il Mahdi.”

Due pensieri lanciati al vento



A molti di voi questa immagine non dice nulla, a qualcuno tanto.

In questo scatto è racchiuso ogni più intenso valore a me caro.

Un amico con cui ho condiviso emozioni, gioie e difficoltà, un gesto di tenerezza degno di quel Fantasma chiamato famiglia che aleggia ormai frantumato nelle quotidianità gelide maculate di petrolio e interessi finanziari, una capretta simbolo della vita che si rinnova e di quella vita che ho provato e che non esce dalla mia mente neanche quando sono tra pilastri di cemento e mura di arrivismo.

Una zuppa sempre calda al mio arrivo e poi ovviamente Rialmosso, ecco cosa cìè in questa foto.


L'altra sera sono uscito sul balcone ed è stato un tuffo nel passato. Ho visto quella porta dai cui vetri traspariva di nuovo una luce tiepida di ricordi belli, di protezione, solidarietà e affetto che hanno accompagnato diversi anni della mia vita, ma era solo un'illusione, un'apparenza come tante.

Le cose cambiano anche là dove tutto sembra immutabile, ma da quando Franco e Bea non sono più lì, accanto a me, la sensazione di essere stato davanti ad un bivio e aver preso strade diverse è sempre più evidente.

Lo so le età e le esigenze sono diverse ed è sempre stato così, ma prima comunque nel bene o nel male si condivideva spesso un pasto caldo, il crepitio di una stufa alimentata da un legno spaccato insieme, insieme nel senso dello stesso fine, delle stesse problematiche di montagna da risolvere e affrontare.

Era come essere in viaggio su macchine diverse ma ritrovarsi sempre per una sosta.

Così mi trovo solo sul mio balcone, tagliato dall'aria fredda che scende dalla Gola Granda, a domandarmi banalmente dove sto andando.

A cosa mi sto avvicinando e da chi o cosa mi sto allontanando? Intendiamoci materialmente e fisicamente, mentalmente mai.

Ho perso la vicinanza con la mia terra, le mie origini, i miei amici e poi, ho veramente scelto? O sono stato obbligato?

No, perchè in realtà quando mi fermo e penso il cervello ed il cuore fanno a pugni.

Intanto il mondo in cui vivo va a rotoli e mi chiedo anche cosa stanno facendo questi esseri che mi circondano? Che culla di plastica e violenza stanno preparando a mio figlio?

Alla radio hanno intervistato un saggio Maya domandadogli quale fosse la sua posizione nei confronti della tanto vociferata fine del mondo nel 2012.

Stavo per cambiare stazione ma la sua risposta mi ha bloccato.

Non ci sarà nessuna fine, ha detto, solo lìinizio di una nuova era, caratterizzata da maggiore consapevolezza dell'uomo nei confronti della natura e della propria spiritualità.

Non ci sarà nessun evento catastrofico, ha aggiunto, dal momento che non può succedere nulla di peggio di quanto già sta accadendo: disastri naturali, nucleari, povertà e fame, guerre ma soprattutto la completa distruzione della famiglia, la cosa più importante per la vita umana.


Vi lascio con queste parole e aggiungo solo che a volte, quando chiudo gli occhi prima di dormire, ringraziando sempre per tutto quello che mi è stato dato e non dato, spero tra me e me che qualcosa cambi e che si torni incodizionatamente ad una vita più semplice fatta di piccole cose e del pane quotidiano in senso non metaforico.


mercoledì 19 ottobre 2011

Un male, anzi un Maligno.

Manco a dirlo, mungendo Mamma ieri ho avertito due formazioni incipienti, di ghiandole induritesi, nel sacchetto del latte.
Inequivolcabile: la maligna mastite incombe.
Da ieri ho cominciato una cura, che una malgara mi ha consigliato: massaggi frequenti con grasso di maiale ad ogni mungitura.
Rimedio antico, speriamo che funzioni.
Non verrei affidarmi a veterinari. Sto perdendo ogni fede seria nei rimedi moderni, che non di rado sono molto peggio di quanto posssa fare, certamente con più lentezza, la natura, se non addirittura peggio della morte stessa. Resa una conclusione, che invece conclusione non è. Anzi ha fatto si che la morte sia diventata una cosa temibile all'inverosimile. Una mostruosità, piuttosto che una naturalità. Una purga (purgatorio) che renderà degni di migliori destini il nostro essere.
Temiamo piuttosto, come dice Franceso, la mors secunda, non quella corporale che agisce sul nulla, su ciò che non è mai esistito, e significa ben poco.
Speriamo possa migliorare. Ma intanto quel che è stato tra me e Mamma è stato, e niente al mondo ce lo toglierà. che sia il male o il Maligno.

domenica 16 ottobre 2011

la Mamma, capra del latte.



Oggi ho raccolto noci sul nostro prato, era una giornata splendida. Un lavoro paziente, un po' noioso, per un frutto povero da cui si faceva anche un olio squisito e ricco di qualità benefiche.

Una delle capre, una bella camosciata alpina, ma nulla di speciale, comprata da poco, che chiamo Mamma, mi sta vicino, ad ogni passo, quasi senza infastidirmi. non mi sempra golosa del pane che mi porto sempre appresso per poterle guidare. O illudermi di guidarle.

(Mamma è quella di fronte, dietro il secchio)

Ho capito che voleva altro. Ero stato avvertito dalla precedente proprietaria, voleva farsi mungere. Il veterinario consiglia un diradamento progressivo della mungitura fino alla scomparsa del latte.
Ho deciso invece di dedicarmici, di corrispondere al suo essere, che in questo momento le ordinava questo. E così ho fatto.
Seduto, mentre le noci gonfiavano il mio sacchetto, una alla volta, come in un antico esercizio di pazienza, e concedevo un poco di tregua al dolore che mi dà peso ad una gamba, la accarezzo lentamente. Non scalpita a farsi toccare le mammelle, come farebbe normalmente chiunque altra.
Ormai il pane era già terminato, vista la voracità delle altre.
Un occhio per Adolfo poi ci vuole sempre, in questi giorni emana un effluvio che si sente a decine di metri di distanza. Diciamo che potrebbe 'essere su di giri'.
Allargava le zampe posteriori per agevolarmi, per donarmi il suo nutrimento. Stava immobile e compiaciuta. Prima da una parte , poi dall'altra.
Sembravamo amanti in silenzio appartati, lontani da occhi indiscreti. Contavamo solo noi, in quel momento. La nostra intesa silenziosa, fatta di gesti.. Ci si capiva.
Il sole ci benediceva, tiepido per la lieve brezza che ci accarezzava. Mi colmava di gioia, mai vista una cosa del genere. Come mi avesse adottato.
Complici le ritmavo nel segreto misterioso le mammelle e una magica intesa si era instaurata tra noi. Un puro atto di gioia, di donazione, di gratuità, gratis. Più la mungevo e più accresceva l'intesa. Rilassata ad ogni ripresa, riprendeva a ruminare.
Alla mente affiorano le parole di una Upanishad, sapienza indiana riferita alla Vacca sacra e cosmica, alla sua stabilità corrisponde la stabilità del mondo, nei nostri tristi tempi si dice che oramai debba reggersi su una sola zampa, corispondendo ogni zampa ad uno Yuga, ma che si adatta benissimo qui sul Tracciolino anche alla capra. A memoria ricordo: è l'Abbondanza che resta abbondante. Si riferisce all'inesauribilità dell'Amore divino.
Non saprei dire se è vergine questa giovane capra, ma di certo, caso inedito per me, è in lattazione senza aver partorito. E la cosa non mi può non richiamare alla mente la lactatio mystica, la Vergine Santa, la Purezza, che nonostante tutto esiste a controbilanciare tutte le brutture della nostra epoca.

martedì 11 ottobre 2011

Francesco e gli 'indignati'.

La fortuna di Francesco Bernardone di Assisi, il Poverello, è universalmente riconosciuta, in tutto il mondo occidentaale, ma non solo. Parlando di lui, difficile sfuggire alla retorica che sembra separarlo dal sentire semplice e diretto.

Visitò la Terra Santa, ne uscì protetto e indenne, fors'anche un poco deluso, se è vero che vi si sia recato anche "per la sete del martiro,/ne la presenza del Soldan superba/predicò Cristo e li altri che ’l seguiro" (Paradiso, CantoXI, vv. 100-102) - detto per inciso, predicò Cristo: pur con tutta la sua mansuetudine, proprio gli era estranea l'idea, tanto cara alla gran parte dei cattolici e alla Chiesa giudea di Roma, di 'dialogare'. Forse assomigliava troppo, o di più, ad un sufi che ad un crociato.




Nel tratteggiare alcuni episodi più o meno veritieri fioriti intorno alla sua leggenda, Alfredo Cattabiani ha la sensibilità, che non ci stupisce, di osservare che "il suo gusto per gli atteggiamenti paradossali... ricordano quelli dei sufi musulmani o dei monaci zen" (Santi d'talia, vol. I, pag. 394).
Il Santo di Madonna Povertà. Madonna rimasta vedova per mille anni, dopo la morte apparente di Kristo, per usare l'efficace immagine dantesca.
Francesco, dunque, come secondo Cristo. "E' più facile che un cammello...". Si denudò "coram populo". Secondo Cristo anche per le stigmate.


Ripercorrerne la biografia, le opere, e le vicende dell'Ordine da lui fondato, le Vite e i Fioretti,i significati più alti del Santo, e soave cantore delle creature, sarebbe di per sè un'impresa oltremodo impegnativa. La sola bibliografia richiederebbe un lavoro immane. Tutto ciò esula dal nostri intendimenti.

Ma le parole udite ultimamente a proposito del Santo Patrono d'Italia e la personalità importante di chi le ha pronuncite, ci hanno alquanto stupito e successivamente, spinti ad una riflessione.

Risalgono alla metà di settembre del corrente anno. Un noto personaggio della politica, ministro della Repubblica, e accademico economista, pronuncia giudizi sul Santo alquanto stupefacenti. Secondo questo personaggio Francesco d'Assisi sarebbe stato colpevole di aver diffuso la povertà, o di averla considerata come una virtù cristiana. “L’uomo che ha diffuso la povertà”.
Ci si era quasi abituati a critiche il più delle volte in senso contrario. Cioè l'accusa alla Chiesa di ostentare ricchezza, e di essersi allontanata assai da quelli che sarebbero gli ideali evangelici.
Il noto peronaggio rincara la dose, pare mai raggiunta neppure dai protestanti calvinisti anticattolici più accaniti, a suo dire il padre di Francesco, il ricco mercante sarebbe ben più meritevole. Lui più del più celebre figlio avrebbe fatto del bene ai poveri. Per concludere lapidario: “la Chiesa fallisce i suoi obiettivi da duemila anni”.

Un rovesciamento di un giudizio così consolidato e universalmente condiviso indubbiamente sorprende. Sorprende meno il silenzio della Chiesa, che ormai non reagisce più neppure agli insulti più abominevoli.
Tanta virulenza con Francesco, un'opposizione che neppure evava sperimentata durante la sua vita. Perchè oggi tanto livore contro la povertà?

Visto da un certo angolo di vista, la vulnerabilità di chi ostenta ricchezza e potenza sembra accresciuta. Nel momento dell'apogeo della dominio della finanza su tutto, valori morali, religiosi, politici e sociali, appare sempre più chiaramente il tallone d'Achille del sistema.
Il rischio di farne un Santo anti-sistema incombe su Francesco da sempre, non da oggi. Un po' eretico, contestatore, un po' anti-global, ecologista e anticonformista. Insomma di imbastirgli addosso una immagine gauchiste.
Minor
voleva che si chiamassero i suoi seguaci, e non voleva accettassero il sacerdozio, per essere veramente tra gli ultimi. Un atteggiamento simile a quello sviluppato da certi sufi, detti malamattyya la gente del biasimo, dell'umiliazione. Paupertas et simplicitas, humilitas, doti francescane, sono disvalori nel mondo moderno, ma attenti alle ambiguità. Il terreno è scivoloso, e facili le ambiguità.
La critica al capitalismo di Marx era altrettanto materialistica, se non più, del capitalismo stesso. Gli 'indignati' contro il cosiddetto strapotere della finanza, in genere giovani animati da propositi di voler cambiare il mondo, che riempiono le cronache in questo periodo, ne sono un esempio.

Non si scagliano contro la finanza, ma solo il suo strapotere. Le parole che più ricorrono nei loro proclami sono 'diritti', 'benessere', 'avere', 'dateci' (futuro, garanzie, ecc.). Non parlano di lavoro sapiente o di responsabilità, di volontà di guadagnarsi uno stato superiore dell'essere.
Se parlano di lavoro, lo fanno nel linguaggio contrattualistico ed economicistico. Ancora una volta la 'critica' è figlia dell'oggetto criticato e ne porta tutta l'eredità, a fuorviare dai veri tentativi di liberazione, l'incondizionato, il disinteressato, si finisce per rafforzarne la modernità.
Diversamente dal 'contestatore' Francesco, l'ultramondano viene trascurato, sembrerebbe appannaggio di una parte politica.
E' cosi, nel linguaggio che ci si smarrisce, nella lingua perduta, articolati segni del divino che sta il segreto. Non si riesce a sfuggire al linguaggio e alla mentalità moderna, materialistica e scientifica, se non con grande difficoltà.
Solidificatosi intorno al manifestato, all'evidente, al tangibile, al palpabile, al concreto, all'utile e agli interesi, funziona come un anti-Centro di attrazione.
Non a caso si dicce che i mistici conoscono l'altra lingua, quella con cui si parla della trascendenza. Alcuni parlano la lingua del paradiso, o se volete di uccelli, fiere e lupi, Krishnamurti con Francesco.
Così lo coglie Giotto. Noto come la 'predicazione' agli uccelli.


Impropriamente. A loro modo sono già perfetti gli animali, così come sono. "Guardate gli uccelli del cielo... Dio non provvede loro?"

Scrisse Francesco ad un responsabile dell'Ordine: "non esigere da loro altro e non quello che il Signore darà a te. E in questo amali; e non pretendere che diventino cristiani migliori".

Poichè ognuno di noi ha la sua cura di anima, non la sua rivendicazione sociale.

Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
de la quale nullo omo vivente po' scampare...
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte sseconda no li farrà male.







mercoledì 5 ottobre 2011

Occorrono nuovi Custodi.



I tempi sono quelli che sono.

Non occorrono più nè analisi approfondite e tecniche nè le visioni allucinate di ossessionati dalle tematiche apocalittiche.

Sono gli stessi artefici anarchici dell'attuale Caos, quelli che fino a ieri lo descrivevano nei termini di un mondo, forse non perfetto, ma certamente il migliore tra quelli possibili.
Sono loro, gli industriali e i loro compari banchieri, agenzie di ratings e banche private d'affari, lievito quotidiano del debito sovrano degli stati e dell'Europa, specialisti dell'indebitamento e dell'usura, con amici sedicenti di destra o di sinistra, occidentali od orientali, che dopo aver incantato come sirene inneggiando al progresso, finalmente rivelano il loro vero volto.
Sono loro che parlano di 'abisso', di 'crisi monetaria senza precedenti', sono loro i primi ad usare i toni apocalittici. E forse, sono loro ad alimentre le false modalità di reazione, ad allestire lo spettacolo delle proteste degli 'indignati' di turno un po' ovunque in occidente. Affinché la crisi non prenda la strada indesiderata di derive incontrollabili, non vada oltre le logiche materialistiche ed economicistiche.
Affinchè tutto resti nell'alveo dell'immaginario critico progressista, ben noto e collaudato fin dai tempi dei soviet, ora viene orchestrato lo slogan 'Occupiamo Wall Street' che riecheggia negli USA. Ma vi sembra serio? 'The people united never'll be defeated', slogan in puro stile Che Guevara degli anni '60, sudamericano, terzomondista, e precisamente pensato contro il potere yankee. Ma vi sembra serio? casuale?
I registi occulti si celano nell'ombra certo, anche se non sarebbe difficile stanarli, nome, cognome, nazionalità e religione. Ma niente. Sarebbero quegli anonimi cattivoni dei traders, più cinici, violenti e crudeli - suggerisce una ricerca 'scientifica' (messa in piedi da chi?) di qualche 'neutrale' istituto universitario inglese - degli psicopatici criminali ed antisociali rinchiusi nei manicomi.
Il gioco è chiaro. Guidare la ribellione verso esiti esasperati, spingere verso gesti irrazionali, per giustificare poi un saggio intervento 'normalizzatore', 'pacificatore' da parte degli stessi che hanno teso le trappole.
La disoccupazione, la disperazione, la distruzione della famiglia, la corruzione, l'immoralità, la violenza criminale singola ed organizzata, il Pastor di Roma che dopo Pio XII - si veda chi ne ostacola la sola beatificazione - prende le direttive dalle centrali del nuovo ordine mondiale, e il Monarca universale ridotto alla forma anarcoide della farsa parlamentare e deomocratica. L'immoralità viene santificata invece.


Dal Pastor che manda al mattatoio il gregge, non poteva non essere che cosi! Una data simbolica, nel freddo dell'inverno tra il 1993 e 1994, lo Stato del Vaticano compie il suo ultimo gesto suicida, il giuramento di infedeltà al suo compito e alla sua missione di custodia del Patrimonium Petri, il cui compito sarebbe stato quello della sacra trasmissione della Verità, così come l'ha ricevuta da Kristo.
Certo una data simbolica, ma destinata a cambiare la storia, ad accelerarne la corsa verso la discesa finale. In quel dicembre il Vaticano riconosceva a livello formale e diplomatico, visto che livello pratico lo era già di fatto riconosciuto, l'esistenza dello Stato di Israele. Con un solo gesto, passato inosservato, quasi un trascurabile atto burocratico, il Vaticano umiliava, rinnegava secoli e secoli di tradizione cristiana, vendendosi ai mercanti ormai divenuti padroni del Tempio, anzichè contrastarli. La Nuova Chiesa non è più la Chiesa cattolica.
L'impianto agostiniano, che ha ispirato l'Occidente medievale, viene tradito e calpestato impunemente con un sol gesto. E di fatto, l'Occidente (ex) cristiano si vergogna di quell'epoca anzichè andarne fiero.
L'idea base di Sant'Agostino nel concepire la 'città terrena' e la 'città celeste', vedeva in Roma la Nuova Gerusalemme erede meritevole dell'Antichità, al contrario della Vecchia Gerusalemme, che, per volere divino e per mano delle legioni romane, fu rasa al suolo. Al contrario ora la Chiesa non sostituisce più la Sinagoga, il Nuovo Testamento non completa più l'Antico. Il riconoscimento dello Stato israelita implica un riconoscimento unilaterale. Il giudaismo basta alla salvezza anche dal punto di vista cristiano, al cristianesimo per contro non viene riconosciuta alcuna dignità salvifica, marchiato dal tradimento del monoteismo e dall'idolatria. Di fatto, la Chiesa cattolica romana sputa sul volto di Kristo, consuma la sua rovina finale.
Le parole evangeliche affermano come il Kristo sia venuto "per completare la Legge", ora Satana nelle apparenze dei Papi modernisti, modifica il 'lascito sacro', così come ci è stato tramandato al caro prezzo della fedeltà fin dai tempi di Kristo, e vorrebbe far credere, che in fondo questo completamento non sia necessario, che gli ebrei non abbiano bisogno di conversione per salvarsi, ma anzi, in quanto cadetti dei "fratelli maggiori" (Govanni Paolo II), i cattolici debbano loro rispetto, subordinazione ed obbedienza, come è giustamente dovuto ad un vero fratello maggiore.
Ed i nostri democratici ed immacolati politici, sempre in prima fila quando c'è da correre in soccorso ai vincitori del momento, ligi come nessun altri, camaleontici, servili, si adeguano.


Non importa se forse domani o dopodomani verrai buttato nel portarifiuti.

I politici progressisti sono 'geneticamente' allineati. A quelli di 'destra' viene richiesta, a scanso di improbabili imprevisti, viene richiesta pubblica dimostrazione, reprimenda e abiura.




Quando ci si trova alla vigilia (inoltrata) di cambiamenti epocali è facile sia trovare colpevoli, capri espiatori, allucinare gli eventi, sia frotte di esperti nel 'salto della quaglia'. Le linee si confondono ad arte.

Difficile è tenere la barra del timone dritta.

Alla vigilia della rivoluzione comunista in Russia, le masse percepivano questo cambiamento come catastrofico. Il più delle volte si reagiva o con l'aderire al nuovo vento che andava spazzando via i capisaldi della Tradizione ortodossa che manteneva vivo lo Spirito, oppure si abbandonavano a regressioni irrazionali, selvagge, droghe, vodka per il popolino, culti satanici, apparizioni dell'Anticristo, letture misteriose di segni simboli basati solo su fantasie disperate. Molti fuggirono, come molti giovani nostri cercano in Europa o nel mondo ciò che l'occidente, ed il nostro Paese in particolare, sembra loro non poter più offrire. Abbandonano la Patria nelle mani peggiori.
Nascevano sette misticheggianti, reazionari terrorizzati, veggenti, idioti di campagna presi per oracoli, alcuni preti corrotti o depravati, che con prediche da invasati sapevano parlare ai cuori di gente assetata di sicurezze, altri preti - minacciati dai 'rossi' - che incitavano all'eccidio del nemico come ad opera santa.
Un nome per tutti è Rasputin. Credete facesse dispiacere o comodo ai bolscevichi il constatare che la corte imperiale fosse alla mercè di un clerico pazzo, invasato di superstizioni e dedito a nefandezze, depravazioni ed eccessi di ogni genere? Dati alla mano era la dimostrazione più evidente della giustezza che monarchia ed aristocrazia dovessero subire la più sanguinaria violenza che il destino storico aveva in serbo per loro.
Flagellanti, suicidi, riti espiatori, non si contavano. Occultisti che promettevano di riportare in vita antichi eroi che li avrebbero condotti alla vittoria e alla salvezza. 'Indignados' pure loro!
"...La gente cercava il nome del diavolo e di Satana nei numeri dell'Apocalisse e nelle iniziali dei nomi dei commissari del Popolo [per noi, gli anonimi dell'alta finanza], nel tentativo di scoprire il vero nome dell'Anticristo; così, trovavano nuovi segni dell'avvicinarsi dell'Armageddon nei fenomeni astronomici [vedi le storie di affabulazione, imbastita dall'ebreo Zecharia Sitchin a partire da una enigmatica placchetta a bassorilievo, su Nibiru e gli Annunachi, capostitipiti di una miriade di tipologie di extraterrestri], ma anche nei più comuni eventi naturali come le eclissi solari e lunari, le stelle cadenti, i cambiamenti di forma e colore delle nubi passeggere [le attuli credenze in apocalittiche previsioni scientifico-ecologiche ed economiche, tsunami, terremoti, scie chimiche e predizioni maya, dilagano presso i nostri contemporanei]: tutto ciò non faceva altro che aumentare l'entusiasmo dei seguaci dell'idea dell' 'Anticristo' e risvegliare in loro pensieri terribili e spaventosi [vedasi gran parte della produzione holliwudiana nel plasmare paure e sentimenti tenebrosi di ogni specie]" (F.A. Ossendowski, pag. 144).

L'anima russa era alla disperazione. Ma è anche una lezione per i tempi nostri. In tempi di incertezze bisogna aggrapparci alle funi sicure, non a fragili e fluttuanti valutazioni di questo e quel personaggio. E purtroppo tra questi fragili e fluttuanti false guide, ciarlatani, pastori confusi, interessati o venduti, vi è da annoverare anche la Chiesa giudaizzata di Roma, che ha fatto commercio della Parola: "dico vobis, donec transeat caelum et terra, iota unum aut unus apex non praeteribit a lege, donec omnia fiant" (Matteo 5, 18) ..." a voi dico che finchè ci saranno cielo e terra non una lettera o una virgola sarà cambiata nella Legge, non prima che tutto sia compiuto". Il clero moderno del cambiamento se ne fa vanto e merito. Capacità, a suo dire, di adattarsi ai tempi. Quello tradizionalista, minoritario, nelle sue diverse espressioni, anche se non può essere questa la sede di una disamina adeguata, spesso si mostra poco incline alla revisione profonda che la situazione richiederebbe.

Ci ricorda un Maestro che "è evidente che non occorre aspettare che la discesa sia compiuta per preparare la risalita, risalita che che avrà luogo necessariamente" (vedi infra). Ciò ci tranquillizza per la rettitudine dottrinale.
Molto più di quanto possano fare certi programmi salvifici new-age, comunità e sette iniziatiche improvvisate, culti neo-millenaristici, con tanto di relativi approntamenti di piste di atterragio per extra-terrresti provenienti da altre galassie, lesti a venirci in aiuto. In questi ambienti, non si conosce limiti alla fantasia. Indiani Hopi e sciamani siberiani, ricettori illuminati di messaggi intergalattici o provenienti da altre celesti dimensioni. Antichi egizi e affamati neri di sperduti villaggi possono assurgere ad improvvisa celebrità.

'Extra-terrestre portami via', recita una popolare canzonetta. Detto per inciso, casi di questo tipo ci ricordano molto da vicino i cargo cult che si diffusero negli anni '40 e '50, presso gli indigeni di Papua, studiati da antropologi che li catalogarono tra i culti millenaristici. Casi che sembrano destinati a ripresentarsi periodicamente, e siamo convinti che non siano prerogativa di genti cosiddette 'primitive' o che non si ripresentino in futuro.

Ma quel che più conta, è che al mondo occidentale, per ora, pare che non sia ancora sia esclusa la possibilità di risalrire la china e rimediare alla condanna per disperazione.

Dice Guénon che "... malgrado la sua deviazione, il mondo occidentale prenderà parte a questa conservazione e trasmissione [del patrimonio tradizionale].... In Occidente esiste oggi un numero crescente di persone, più grande di quel che si creda, le quali cominciano a prendere conoscenza di quel che manca alla loro civiltà: se esse restano in vaghe aspirazione e in ricerche troppo spesso sterili, se accade perfino che esse smarriscano definitivamente la via, ciò accade ... per l'inesistenza di una organizzazione che possa dar loro il necessario orientamento dottrinale." (R. Guénon, La crisi del mondo moderno, ed. Mediterranee, Roma, pag. 152-153).

Questo è il senso profondo del nostro essere qui sui monti del Tracciolino, per farne un'avventura dello Spirito.

Per contribuire, entro i limiti delle nostre capacità, ad operare in questa direzione, quella di colmare un deficit di orientamento dottrinale, di lavorare nello studio, nell'impegno, nella disciplina, nella responsabilità e nel vivere l'autenticità della tradizione - più viverla che studiarla nel senso accademico - senza nominare del motivo doloroso e crudele, ancorchè necessario, di assistere impotenti alla vista di tanti nostri figli che si perdono, smarriscono la via, impotenti.

Se i tempi urgono, e la crisi assume forme sempre più accellerate, noi non lasciamo il campo, cerchiamo di aggrapparci alle funi sicure, a quel 'puntino' di cui si è già accennato, che tutto orienta, il Vivente, per dirla con Dante, "là 've s'appunta ogni ubi e ogni quando".

Qui sul Tracciolino si trova la necessaria solitudine, la concentrazione, gli orti ben concimati, insalate e cavoli, non mancano mai, gli animali, il latte, l'acqua sorgente, per questo chiamo a raccolta i Fratelli Pellegrini dell'Ansia, li invito ad unirsi a noi, qui, a farci forza perchè i tempi inclementi del grande Falsario sono iniziati e più saremo nel giusto e meno ci useranno pietà, non è tra le sue prerogative!
Qui stiamo lavorando per il suo contenimento. Senza illusioni, ma neppure rassegnazione. Anche se non ci si riuscirà, avremo testimoniato e custodito laddove molti hanno tradito. Siete invitati Pellegrini solitari, amanti della solitudine, lontani dalla città, dal denaro, dal borgo feroce che annienta la scintilla divina che è dura a spegnersi in ogni essere umano.

Il pane fatto in casa vi accoglierà, e l'acqua della sorgente vi disseterà.




Non sempre, ma alcune notti qui le stelle ci appaiono nel blu della notte. Capolino che è segno dell'Infinito. Magari in uno squarcio di nebbia. Ma l'uscita dall'Inferno fa esclamare al nostro poeta "uscimmo a riveder le stelle". Certe sere, magari dopo aver dato da mangiare a Vrill, ci soffermiamo, anche col freddo pungente, ad incantarci di fronte alla trapunta celeste. Ammutoliti naufraghi nel nulla che ci contiene. Mai di casa in questo mondo.
Siete invitati o anime inquiete. Conveniamo a rimirarle insieme, che ci ispirino la forza di camminare forti nel giusto.