mercoledì 28 marzo 2012

Confesso che sono rimasto impressionato da una risposta che un nostro ineffabile ministro della Repubblica ha dato  sietro precisa domanda di un  interlocutore.
"Non si può dare un salario minimo agli italiani, o si siederebbero a prendere il sole e mangiare pasta e pomodoro."
Nel concitamento dell'agone politico e sulla scia di stimoli non sempre adeguatamente rielaborati, come le circostanze richiederebbero, c'è da aspettarsi che i discorsi escano anche troppo spontaneamente. Altro è scrivere con calma e prendendosi tutte le pause che la riflessione richiede. Non è detto che questo sia un male. Se ne giova l'aspetto veritativo?

"Ancora più importante", prosegue il WSJ, "Monti ha la rara opportunità di educare gli italiani" ci informano i quotidiani 28.3.2012

lunedì 19 marzo 2012

La Camarilla democratica.

Il termine è di origine spagnola. Si riferisce alla 'piccola camera' che riuniva i consiglieri del Re, dietro le quinte e i troni indorati. 
Divenuto poi anche a significare il luogo del pettegolezzo politico, delle trame, e dei sotterfugi possibili ed immaginabili del potere. Quintessenza del peggio della natura umana pubblica, mascherata con un volto accettabile di curare gli interessi collettivi e nazionali. Ai giorni nostri coincidenti con le rituali formule democratiche. Ed eccola la nostra:

Essendo democratica, le serate di incontro vengono rigorosamente allestite a spese dell'erario pubblico. Ma non illudetevi, nella stanza accanto non vi è il salone reale di ricevimento. Non vi è un sovrano in carne e ossa da consigliare.
Agiscono, come teleguidati da buone marionette, da fili che li collegano a centri lontani, a mani 'misteriose', nel senso di cui è prudente tacere, ma non ignote.
Una cosa che stupisce, è che ancora oggi fingono di rappresentare idee diverse, contrastanti ed a volte, addirittura, incompatibili. Destra, centro e sinistra.Tutto falso. Un'unica greppia. Il nome con cui etichettano gli sfoghi come questo,  è quello di qualunquismo e di antipolitica. Tuttavia il clima cospirativo non è che manchi. I sorrisi sono sornioni, bonari, e dileggiatori. Autocompiacenti di essere dei servi senza dignità. Gli si può dire di tutto. Non cambia mai nulla, in apparenza.
Intanto dobbiamo registrare il sorgere di un neologismo, coniato di fresco: bankster. Sull'orma di gangster, con la differenza che costoro le regole non le infrangono come i normali gangsters, loro le fanno. Un esempio recente dell'operato dei nostri banksters camerlenghi è l'introduzione nella Costituzione del principio della parità di bilancio, art. 81, di recente approvato con accordo unanime dal Parlamento.
I prestiti facili sono dapprima elargiti a piene mani, come la droga gratuita, magari davanti alle scuole - i problemi vanno presi alla radice - e si sa i demagoghi come vi attingono senza ritegno, da una parte e poi, dall'altra, si impone il dovere costituzionale di pagarli con relativi interessi. Si istituzionalizza l'usura. Non è forse la Costituzione 'più bella del mondo'? Ti colpevolizzano perchè dicono che noi si vive al di sopra delle nostre possibilità per imporre la medicina amara. Nessuna legge imporrà mai  che non si facciano debiti, che è la prima e fondamentale libertà da ogni possibile ricatto di dipendenza. La droga, l'alcool fa male? Ti impongo per legge, neanche ordinaria ma costituzionale, a sancire la solennità dell'imbroglio, la disintossicazione! Semmai funzionerà, tutto da verdersi, si potrà sempre ricadere nella dipendenza. A puntare su un uomo sanamente preservato dall'usura i banksters non ci pensano neppure! Non è forse delle persone oneste pareggiare i proprii conti? E' il loro 'sobrio' lavoro quello di spacciare la malattia per la cura! E' un incubo, ma questa non è una fiction!

Ma se ciò può accadere, a quanto pare  è perché non si ha ancora la forza per reagire. Si dirà, in democrazia, c'è l'arma del voto, non come nei sistemi oligarchici,  possiamo sempre eleggere dei loro cloni...
Dicono i tromboni della democrazia che la sovranità popolare non si tocca, il Sovrano vero  se la ride altrove.







domenica 18 marzo 2012

Storicizzare è meglio che reprimere.



Ma si, forse è meglio così. Ma si, a cosa serve leggere oggi? Non c'è la televisione? A cosa serve, in un'epoca di bonismo coatto generalizzato, parlare ancora di 'giusto castigo'? Non è un anacronismo?

Togliamo Dante dai programmi scolastici della scuola pubblica. E vediamo cosa succede. Probabilmente proprio nulla. Non succederebbe proprio nulla.

Perché?

Brevemente, la risposta potrebbe essere la seguente: Dante, in realtà, non si è mai insegnato! Il vero Dante, quello che si scopre 'maestro spirituale', quello che insegna la 'dottrina segreta', la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani (Inferno IX), quello che pro-voca, cioè mette in risonanza voci non più familiari alle nostri menti moderne, ha subìto una sorte matrigna, e negletta ha attraversato i secoli...

Giustamente le femministe si scagliano contro quella Beatrice, così prona ai desideri del maschio. E le invettive contro gli omosessuali e gli ebrei, sodomiti ed usurai perfidi? E che ci fa Maometto all'Inferno? Contro il denaro, poi... in tempi di bancrazia... Cose d'altri tempi. A dire il vero anche contro un sacco di altre tipologie sociali, non so mettiamo ad esempio ignavi, infedeli, lussuriosi, golosi e suicidi, ma questi ultimi e molti altri ancora, non godono di alti protettori mondialisti che ne rivendichino diritti e legittimità, che ne facciano altrettanti stendardi di modernità.

Seduttori sferzati da demoni e adulatori tuffati nello sterco? Ma stiamo scherzando? Via! Via! Ma vorresti mica educare i tuoi giovani a simili remore ricolme di pregiudizi illiberali? Vorresti mica imporre la 'tua' morale a tutti e farne un obbligo? Comprimere la libertà altrui?


Non c'è bisogno che reprimende tanto severe da parte di organizzazioni accreditate presso le alte assise del governo mondiale, leggasi ONU, del tipo di quelle formulate da "Gherush92", ente promotore di 'cultura' - mi si passi l'espressione - mondialista. Qualcuno presume si tratti di un'associazione ebraica, ma c'è da credere che si tratti dei soliti complottisti. "Riteniamo sia importante difendere usi, tradizioni, minhagim secolari, che fanno degli ebrei comunità uniche al mondo" recitano nei loro programmi. Agli altri, ai goym, sta bene ogni sorta di promiscuità, sessuale, razziale, culturale e sociale. In campo economico poi...come è ben noto solo l'idea di imporre limiti al (monotesimo)  del mercato suona come un'assurdità, anacronistica, appunto. Basta sincronizzarla allora, storicizzare è un ordine di scuderia degli intellettuali progressisti, profumatamente pagati, va da sé.

Si coglie qui tutto il peso del termine 'inattualità', tanto caro a Nietzsche. Vogliamo ricordare le sue "Considerazioni inattuali"? 

La rotta su cui si è incamminati invece è totalmente di verso contrario. Si sa, Dante grande gloria nazionale, un intoccabile. Ma no! Invece togliamolo di mezzo, togliamolo dalle mani di soporiferi professori per narcotizzati alunni da cuffie hi-fi, ipod ed altre marchingegni cerebroletali. A che serve? E invece no! Una gloria nazionale, presidio di laicità e sublime poesia, inventore addirittura della lingua italiana. Chi non ricorda Benigni e le sue baracconate massmediatiche? Non vi siete mai chiesti come un materialista possa pontificare sulla Vergine Maria? Un pifferaio ideologicizzato fa di Dante un democratico ante litteram

Storicizzare significa semplicemente: il divino poeta mostra segni di appartenere al suo tempo, è quindi normale che condivida i 'pregiudizi' della sua epoca. Tolto questo...è un cavallo di razza, sia detto senza offesa per nessuno. Un classico. Schiere di illustri critici si sono allineati al verbo progressista. Cosa volete, ha avuto la disgrazia di vivere nell'oscuro Medio Evo - come dimenticare l'illuminato Umberto Eco del In nome della rosa? Alla rosa mistica il nostro fiorentino di nascita riserva ben altre prospettive.
Ma che dire se persino la Chiesa ripudia e chiede scusa per essersi ritenuta 'infallibile'! Un tolemaico-aristotelico... ma per il resto!

Noi molto più modestamente non possiamo dimenticare quanto Dante stesso dica nella lettera a Cangrande rivelando la sua naturale e ovvia antimodernità e antidemocraticità: "Non è consentito a noi, che possiamo conoscere quanto di ottimo è in noi, seguire l'esempio della massa, della quale, anzi, dobbiamo correggere gli errori." 

Malefico paternalista, ma perchè una buona volta non si fa gli affari suoi? Così potrebbe pensare il coro. Oh certo, un'iniziativa come quella presa da questo 'organismo ONU', lo stesso che avvalla poi le 'guerre preventive', suscita reazioni di avversione o di difesa storicizzante più che prevedibili. Ci si potrebbe chiedere il perchè venga riproposta ora.
Si possono formulare solo congetture. Dante piu di altri fu colui che vide in fatti a lui contemporanei una loro 'inattualità', un loro significato atemporale, sovra o meta.storico. Cosa vide?

Veggio il novo Pilato sì crudele,
che ciò nol sazia, ma sanza decreto
portar nel Tempio le cupide vele.

Vide quel Filippo IV, re di Francia, detto il Bello, che indebitato e sull'orlo della bancarotta, in default, diremmo oggi, mettere in atto un processo pilotato e di incameramento della ricchezza dell'Ordine dei poveri cavalieri della Santa Militia. Di coloro, cioè che controllavano Gerusalemme in piena combutta col 'nemico musulmano' e come se non bastasse, contrastavano con nuove attività bancarie quelle che dominavano in Europa, presso cui la cristianità andava sempre più indebitandosi. Più 'inattuale' di così!


In forma di candida rosa - non certo quella di Eco - mi si mostrava la militia santa. E Bernardo di Chiaravalle, il santo mistico dell'amore virginale mariano - non certo quello di Benigni - nonchè ispiratore dell'Ordine monastico-cavalleresco, estensore della sua regola, spirito ad un tempo contemplativo e combattivo, fu scelto da Dante a duce ultimo, succedendo a Beatrice,  per condurlo alla suprema visione dell'eterna pace.

Anche il parassita si deve preoccupare che il suo ospite non perisca sotto il peso delle privazioni. Poichè non potrebbe più servirsene. Sembra si stia parlando dell'Europa di oggi, eterodiretta dalla finanza internazionale, talmente sfittica che i suoi aguzzini si preoccupano che non soccomba. Come potrebbe altrimenti combattere le loro battaglie come fu per Filippo? Comunque soo cosa i altri tempi. Ora non succedono più!

Ci piace ricordarlo nella sua ieratica toga rossa come la fiamma, come lo ritrae Botticelli, rinascimentale non estraneo al richiamo gnostico, alla polisensa e allegorica vision di Dio. Combattivo, fuori e contro il tempo storico, ovviamente. Fedele d'Amore, nel gesto di invito ad andarlo a riscoprire... ma questa volta tra gli scaffali impolverati di qualche biblioteca, ci raccomandiamo magari cartacea, magari in qualche vecchia edizione scolastica, ma mai più sui banchi di scuola, anathema sit!








Gherush 92

lunedì 12 marzo 2012

Oplà, si vive!


Verso le 13 e 30 di oggi, lunedi 12 marzo 2012 sono nate nella nostra stalla due caprette.


Un parto gemellare. A prima vista direi, con ragionevole approssimazione, che si tratta di due femmine. Il che le mette al riparo dalla prossima e ventura macellazione pasquale.
Singolarmente, una delle due, la seconda uscita, presenta un bellissimo ciuffetto bianco in cima alla testolina. Forse retaggio genetico di qualche antenato dell'albero genealogico di Gioconda, la mamma. Il padre è Adolfo, il caprone nostro del gregge, nerissimo, ma non si può escludere che anche ci sia un antenato bianco tra i progenitori di Adolfo. Nessuna infatti ha un pedigree, nel senso che viene inteso negli allevamenti intensivi moderni a tecnologia spinta.



Le nostre capre sono tutte meticce. Ciò non vuol dire che si ignorino i sani principi razziali che presiedono, come poderosi bastioni assiomatici indiscutibili, l'attività di qualsiasi pastore. 
Fa parte della prassi quotidiana quella del pastore o allevatore di intervenire a salvaguardia degli elementi migliori che caratterizzano la razza, sia essa caprina, ovina o bovina, o altre specie di animali ancora. Una buona fattrice, con abbondante latte, state pur certi che godrà di un occhio di riguardo, e il pastore se la terrà ben stretta. Se dovrà liberarsi di qualcuna, venderla o macellarla o altro, sa bene lui quale prendere e destinare a quello scopo. Lo stesso, e forse a maggior ragione, si verifica per i maschi, i becchi.

Il soggetto debole, difettato, carente, malaticcio non viene certo favorito. E non è solo questione economica. Da queste scelte razziali dipende il futuro, la forza, e la salute dell'intero gruppo. Assomiglia molto a ciò che Nietzsche rimproverava al cristianesimo, col suo rincorrere 'gli ultimi', salvo le sporadiche manifestazioni iniziali di Giovanni e del frangente, diciamo così vitalistico, legato al Rinascimento. Forse dovremmo essere un po' meno affrettati nel liquidare il termine razza dal nostro dizionario. Anzi, oggi addirittura pare essere uno di quei termini tabuizzati, demonizzati.Quando ci si riferisce a qualcosa di simile alla razza, si preferisce usare l'espressione più neutra, più politicamente corretta, che esime da eventuali questioni di revisionismi storici, di 'etnia' o 'gruppo etnico'.

Tuttavia nella locuzione 'pulizia etnica', non è che ne esca con un'immmagine proprio edificante.

Eppure secondo Nietzsche, questa perdita del principio razziale - fino a giungere ai tempi nostri a cui si potrebbe  ascrivere il motto 'bastardo è bello', e si inneggia alla società multirazziale e del meticciato certo culturale, ma anche di sangue ovviamente - sta alla base di quel processo che egli chiama di décadence. In cui il termine razzista o razziale, lungi dall'essere ordinaria cura 'pastorale', è visto come un insulto, un improperio da riservare per le occasioni solenni.


Non in questa sede si possono affrontare questioni più intense. Ci basterà solo qui accontentarci di un prudente sollecito a non scartare troppo affrettatamente dal linguaggio della modernità il termine 'razza' e i suoi derivati, poiché 'improperio' non è. Quest'ultima pare faccia riferimento a in, contro, pro-operare. Quindi un semplice invito a non passare troppo in fretta ad agire d'impeto, dal cuore, intelletto, alla lingua, come dire: pensaci due volte prima di fare, operare o dire (la condanna a priori della razza).
Tuttavia non per questo lo slancio vitalistico, le nascite primaverili, il risveglio cosmico, non è che debba necessariamente condurre a facili entusiasmi, ottimismi di maniera. Come è noto la nascita è un fatto anche luttuoso. Solo chi nasce muore! Il ciclo lo richiede. E' cosa necessitante. Semmai per noi occidentali (e moderni) è più difficile il passaggio ulteriore. 
Che la morte sia legata alla vita passi. Ma che sia successivamente legata alla rinascita, qui qualche difficoltà la incontriamo. Forse. Non per i greci arcaici, non cosi per Esiodo, Teognide o ancora Anassimandro ed Empedocle.
Eppure l'uscita nel manifesto (iniziata forse in fase intrauterina, per cui pensiamo bene alla questione dell'aborto democratico di massa e come anticoncezionale, ammesso dalla coscienza moderna, un silenzioso sterminio) si realizza nel pianto, nel dolore, e nell'incertezza e fragilità della vita.Quasi che vivere sia una forma di malattia! Non ci si regge in piedi! Deboli e soccombenti. La mamma lecca, guarisce, accudisce dalla vita, e non smetterà mai di farlo. E quando l'ora giunge è ancora la mamma che noi mortali invochiamo in aiuto.
Quindi è un oplà! Un coup de théatre, gioco di prestigio, esercizio circense. Si vive! Suoni la banda. Si inviti a festa. Comincia il gioco della grande illusione, a cui si verrà strappati ancora con un azione forte e dolorosa. Una volta quei fanatici di cristiani la chiamavano 'hac lacrimarum valle'. Divenuto meritevole di superstiziosi scongiuri, causa l'edonismo imperante a senso unico, come un dogma tra i più inossidabili.
Oplà si vive! Inizia il gioco (lila: लीला: passatempo, gioco) della grande illusione! Della pòlis, degli affetti, degli affaccendamenti illusori pubblici e privati . Da qui trae origine l'inestirpabile (bisogno di liberazione)! Da qui l'a-mor (senza morte) che unisce le cose visibili, al di là delle ingannevoli parvenze, al suo Principio (unico e divino).




 Oplà! Si vive! Evviva! Ben atterrate sul pianeta! Tutta la vita vi sta dinanzi...








giovedì 8 marzo 2012

Insensate cure.





La prima uscita dopo tanta neve. I prati sono ancora arsi dal gelo. L'erba non volge al verde, non è ancora il suo tempo. Ciononostante l'uscita sembra essere gradita.
Dopo tanti giorni passati in stalla, sgranchirsi le gambe in belle piroette e farsi delle galoppate a rompicollo...cosa c'è di meglio per salutare la primavera! Salutare il nuovo ciclo. Le tre che vedete in primo piano sono sicuramente gravide... i vecchi pastori contavano le fasi lunari. Verso il 20 marzo ci siamo dati appuntamento astronomico. Chissà. Vedremo.
 Inutile tentare una sfida all'ultimo colpo tra sapienza dei pastori e razionalismo positivistico. Non ci interessano queste sfide. La scienza che pretende di escludere la dimensione più autentica dell'essere umano a favore di una presunta oggettività non ci appassiona. E' comunque destinata, prima o poi, ad una miserabile fine. Lo vediamo tutti i momenti intorno a noi. Naturalmente per chi ha occhi per vedere.



Preferiamo vivere la dimensione dell'avvento, dell'attesa, avvolta sempre com'è da quel manto di mistero e di incantesimo. Celebra quel miracolo che è la nascita della vita, gioia e lutto, ciclo delle esistenze che suscita la meraviglia di uno straordinario spettacolo (non mancheremo di darvene notizia) sempre nuovo, sempre antichissimo. Sviluppo di cose già scritte e mai scritte, che si inverano nel momento in cui accadono, ma mai scontate. E quindi generose dispensatrici di gioia quando raggiungono il loro compimento ciclico: delle fanciulle diventano donne, cioè madri.


Riprendono il loro spazio e le loro relazioni. Si mangia in ordine gerarchico. Il maschio è maschile e la femmina è femminile. La primavera pulsa nelle vene. Il sangue si scalda. Pulsa la terra morbida e nera i nuovi germogli. Il ciclo così impone i suoi ritmi. Poi il clima si rilassa, man mano che gli appetiti scemano, sesso e potere. Ci si riposa satolli a godere il declinare del sole. E' la danza di Shiva. Regola il microcosmo come il macrocosmo. Appare ora nella sua massima importanza, cogenza. Essenziale agli occhi nostri. Eppure non è così.
Presto tutto questo svanirà. Il ciclo si avvierà verso la sua fine, arriverà l'autunno e poi l'inverno, gli astri riprodurranno una già nota disposizione, e poi tutto ricomincerà con energie rinnovate, le sue contrazioni vitali, sistole e diastole, inspirazioni ed espirazioni, in una danza infinita dell'illusione che tutto passa, del panta rei.
Si affannano i potenti a imbrogliare, mentire e ingannare, molti collaborano, si arruffianano, fanno politica; altri si adagiano, subiscono e sopravvivono nella loro nicchia, altri ancora si dimenano, si affaccendano e tentano disperatamente di riempire di senso il loro agire esistenziale con 'insensate cure'. Seducono con studiate parole antiche i falsi sacerdoti che pongono la religione sopra l'Eterno.

O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali! 

Chi dietro a iura e chi ad aforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi, 

e chi rubare e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s'affaticava e chi si dava a l'ozio 
(Paradiso, Canto XI, 1-9.)

 La parola 'cura' qui potrebbe anche accomunare Heidegger a Battiato, ma non certo il volgar medico del corpo cui oggi siamo avvezzi e rassegnati. Riguarda l'Essere questa cura, l'attenzione verso l'immutabile parte di noi che immancabilmente trascuriamo.. Quell'inetto, inefficace, inano e nobile forzo che l'essere umano troppo spesso mette in atto per fuorviarsi dalla visione, dalla realizzazione totale della loro interiorità dicasi cura. Ma è giusto così. Non starebbe tra di noi diversamente. Perciò vien detta 'insensata'. Perché sta sulla soglia tra ciò che ha senso e ciò che, nonstante tutti gli sforzi per dargliene uno, non ne ha. Si spalanca sotto i nostri piedi l'abisso della follia. Non quella medicalizzata di oggi, quella di un teatrante esoterico come Shakespeare o il visionario Cervantes. Tragedie, romanzi e sogni che tornano e ritornano. Un turbinio di miti. Un unico destino. Un arco teso, carico di energia, pronto a scaraventare le nostre esitenze, dardo archetipale, verso il suo 'naturale' (cioè sovrannaturale) bersaglio. Shakti, natura naturans.
La follia-musa ispiratrice, potenza, energia, sofferenza che proietta la mente verso altri stati, a vedere oltre la manifestazione ciclica, oltre la danza di Shiva, i cembali dionisiaci si stemperano nel silenzio di un oceano senza fine. E' la contemplazione dell'Essere al di là del tempo.