venerdì 3 settembre 2010

Sentendo una profonda comunanza di vedute… (Vincenzo 27.8.2010)



Sentendo una profonda comunanza di vedute… (Vincenzo 27.8.2010)

Permettetemi di fare almeno un tentativo affinché queste vostre parole (rif. commenti allo scritto Evola al Tracciolino…”) non cadano nel vuoto siderale dello spazio-labirinto internautico. Se è vero, come dice Indio, che la rivolta contro la modernità – espressione evoliana che forse gli piacerà – non vuol dire rinunciare a cose come il web, blog, ecc., nessuno di noi è mai stato sfiorato dall’idea di riproporre la pietra focaia! La critica alla modernità in favore della Tradizione non è da confondersi con il passatismo, sentimentale e nostalgico. Mi sembrava ovvio. Chiarito ciò, ci si prospetta una situazione talmente impari che l’atteggiamento più logico da assumere sia quello di ‘cavalcare la tigre’, secondo un celebre motto orientale. Usare la forza dell’avversario per rivolgergliela contro, concetto ben noto alle cosiddette arti marziali orientali. Ci proviamo, perché le forze materiali e la potenza economica non stanno a guardare, sono tutte contro una simile rivolta e ben coalizzate. Occorre quindi anche usare armi che non si vorrebbero usare, come il web per comunicare ed entrare in un contatto umano, a volte dalle modalità inquietanti, perché sono queste quelle di cui disponiamo, ma gliele rigiriamo contro per intessere un qualcosa che possa chiamarsi resistenza alla modernità.


Le vostre osservazioni per me sono state una potente iniezione di gioia giovanile e di forza per procedere su questa strada. Perché solitari, si, va bene, ma isolati no; si soffre e si rischia di perdersi d’animo. Cosa non degna di un resistente della montagna e della Tradizione. La battaglia, lo sappiamo è assai ardua, con difficoltà di ogni genere, provenienti dall’interno di noi stessi e dall’esterno.


Le scriverei sopra la soglia della nostra casa del Tracciolino queste parole di Indio: “si può e si deve lottare per una concezione non utilitaristica della natura: è ora che la natura venga considerata per il suo valore in sé, non come "prodotto" da "valorizzare”. Lottare per una concezione “non utilitaristica” significa produrre un qualsiasi oggetto in condizioni economiche svantaggiose. “Non utilitaristica” significa andare contro il proprio interesse personale immediato in nome di un qualcos’altro più elevato. Questa rinuncia dell’utile non è mai stata amata dalla democrazia. Motivo? Semplice. Proponendo rinunce non si guadagnerà mai la maggioranza, la quale preferisce essere blandita con menzogne piuttosto che onorata on verità. In qualsiasi momento della vita, una simile scelta di andare ‘contro corrente’ diventa non solo minoritaria ed aristocratica, ma la ‘divergenza’ finisce sempre per essere mal tollerata. Dovrà essere punita, scoraggiata, e trovi sempre qualcuno che te la farà pagare, e a volte anche nel senso letterale del termine. Diventa un lusso. L’uomo democratico è spesso sottoposto ad una schiavitù dei fatti: l’univocità e l’equivocità con cui si dedica all’utile.


Se vuoi controllare la qualità di un uovo che mangi, e allevi in proprio l’animale con gli alimenti più naturali, quell’uovo lo pagherai molto caro, economicamente non conveniente, e, nonostante la sua buona qualità o proprio per questo, viene penalizzata la qualità rispetto alla quantità. Significativa è da parte di Guénon la definizione del mondo e della mentalità moderni come “il Regno della Quantità”. Il concime chimico è comodo e non puzza, prova a produrlo in stalla! Poi vedi cosa succede al costo dei tuoi pomodori! Questo, insieme con ogm, multinazionali dei semi, sperma selezionati a temperature riproducibili solo con alte tecnologie, e industrializzazione dell’agricoltura, e mille altre diavolerie – è il caso di dirlo – sono stati messi inginocchio, e si continua a metterli, i popoli poveri e ‘rurali’ di tutto il mondo, terzo o quarto che sia.


E quello che succede con le uova o il concime succede anche per tutti gli oggetti che ci circondano. Poiché tutti invariabilmente sottoposto a severe regole di mercato dettate dalla ferrea dittatura della legge del mercato in cui tutto, tramite il denaro, l’ “equivalente universale” come lo chiamava Marx, viene quantificato e reso confrontabile. Ed il valore aumenta con la scarsità, non con l’abbondanza. Il termine scarso introduce sia l’univoco che l’equivoco, significa, ad un tempo, sia una cosa che rara a trovarsi, sia un’imperfezione, uno scadimento, un sottolivello qualitativo.


Nel dominio assoluto del Regno della Quantità, “la concezione non utilitaristica della natura” diventa un lusso per pochi. Materiali e metodi di produzione determinano un valore quantificabile che in regime di libere regole di concorrenza oggettivamente rendono più appetibili gli oggetti più immediatamente convenienti. Affermare il contrario, con fatti o con parole, nell’attuale contesto, significa agire in senso aristocratico.


Ha ragione Indio, “si può e si deve lottare”. Si può ben concordare, ma come per ogni battaglia, non sarebbe né ardimento né coraggio, ma atto spavaldo, inane e pericoloso, affrontare la parte avversa senza conoscerla bene. Difficile sopravvalutarlo, ma mai spaventarci del compito!


Stupende le parole di Vincenzo: “Ho avuto la grande fortuna di venire in contatto con persone che conducevano un' esistenza improntata ai valori tradizionali, alla ricerca spirituale, che vivevano di legami sociali improntati alla mutua solidarietà, di un rapporto con le risorse ambientali non distruttivo ma parsimonioso e devoto alla tutela della sua integrità.” Peccato però, che qualcuno lo ha chiamato “il mondo dei vinti”. Che peccato! Niente di male, ma ad una sola condizione! Che una battaglia persa nel mondo sia una battaglia vinta per lo spirito! E dunque finché quest’ultimo non viene riconosciuto, lo Spirito, nella sua priorità assoluta siamo perduti, sconfitti e resteremo tali. Con vergogna e rassegnazione. Oppure, con ribellismo velleitario.


Prima di tutto, Sua Maesta il Denaro dovrà, possibilmente, riacquistare il suo senso simbolico andato perduto. Ricostituirlo non credo sia opera di gente minuta. Forse non è neppure opera umana, tout court. Poichè noi si è troppo immersi nem mondo. Perduta la numinosità della gente semplice, ma grande dentro, che Vincenzo evoca, l'Opera che ci attende è ultra-certosina. Mancando anche le guide e i maestri.


Se vogliamo la strada del grande ritorno dello o allo Spirito, è meno misterosa di quando si creda. La ricetta non varia da millenni. Allontanrsi dal mondo. Che non significa necessariamente vivere in montagna, ma in un luogo qualsiasi, purchè di depurazione, purgazione, un purgatorio, lontano dai luoghi, anche fisici, ma soprattutto interori. Vivere di cose che contengono il minimo possibile di modernità. Vale a dire di contenuto di denaro. Ripeto di per sè, il denaro non è cosa spregevole. Ma senza il suo valore simbolico, vale a dire sacro e gestito da mani purificate, sacerdotali, non porta con se che il peggio delle ambizioni umane condensato nella pratica del prestito ad interesse o usura, che finchè esiste offende Dio e la Sua bontade, come diceva Dante, disatteso e inascoltato.


Quindi riconsideriamo il baratto, che cortocuita la circolazione del denaro. Se faccio uova e tu fai cicoria, mettiamoci insieme, come non vederlo, il nutrimento si completa!


Volontà e progetti! Camminiamo insieme! Irrobustiamo lo spirito. Riduciamo la presenza dei discorsi delle masse televisive. Amiamo il digiuno, la sincerità delle parole e delle azioni, e cioè l'Onestà. Non pieghiamoci ad essere furbi come ci vorrebbero, ma neanche ingenui da non vedere dove si può nascondere l'insidia. Fin dentro di noi, nei nostri figli e nelle nostre mogli... ascendiamo a queste vette!

2 commenti:

  1. Vincenzo A.:
    Caro Franco le tue parole sono un sorso di pura acqua di sorgente che sgorga libera in un paesaggio di Rovine al quale vorrebbero farci assuefare.
    Del resto tu sai bene che propio in un'epoca come la presente(kali-Yuga)i pochi che tentano ed i pochissimi che realizzano una propria forma di elevazione sul piano spirituale sono più meritevoli e degni di ammirazione degli uomini vissuti in epoche storiche in cui gli ordinamenti sociali-politici-religiosi nel loro complesso tendevano a promuovere la realizzazione di sè in chiave non esclusivamente utilitaristica.
    Condivisibili anche le tue considerazioni sul denaro, che propio diventando sempre più "virtuale"(una semplice cifra algebrica visualizzata sul proprio conto corrente online)diventa una sorta di Moloch o di "idolo" da adorare come gli schiavi adoravano un faraone che incarnava pur sempre una divinità solare e non la possibilità d' acquisto di beni superflui, che diventano immediatamente obsoleti, e la cui produzione implica la distruzione del creato, l' annichilimento dei lavoratori("paradiso socialista cinese").
    Mi permetto di salutarti chiedendoti in maniera sfacciata di farmi un Dono.
    Nei tuo post citi spesso Guenon, pensatore molto importante in ambito tradizionale rispetto al quale la mia ignoranza è purtroppo totale.
    Potresti darmi qualche suggerimento di lettura per iniziare a conoscerne il pensiero?
    Ti andrebbe di scrivere un post a lui dedicato?

    Ti saluto con affetto ed ammirazione.
    Vincenzo A.

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  2. Bellissimo scritto, Franco. Grazie per i riferimenti a me e Vincenzo. Ci fanno veramente onore....
    Indio

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