giovedì 9 settembre 2010

Guénon al Tracciolino: Il Mondo fa il suo giro...

In uno dei suoi ultimi commenti, datato 7 settembre, Vincenzo scrive:
"Nei tuoi post citi spesso Guénon, pensatore molto importante in ambito tradizionale rispetto al quale la mia ignoranza è purtroppo totale. Potresti darmi qualche suggerimento di lettura per iniziare a conoscerne il pensiero? Ti andrebbe di scrivere un post a lui dedicato?"

Caro Vincenzo, mi lusinga la tua richiesta e un poco mi imbarazza. Ora mi spiego.
Naturalmente mi farebbe piacere accontentarti. La tua sincerità e onestà di ricerca, nonchè alcune note che ho sentito vibrare nelle tue parole mi spingono a credere che tu abbia meriti e titoli perchè possa fare del mio meglio per venirti incontro. Non ne sono all'altezza. Credo comunque che, come accade per quelle persone che svolgono un ruolo importante nella formazione intellettuale, un ruolo seminale, un lògos spermatikòs, diventi poi fatale che indirettamente si finisca, con l'adottare linguaggi e modalità di pensiero che si rifanno all'insegnamento di uno i più 'maestri' e che quindi in qualche modo se ne riproduca il pensiero, lo si divulghi.
Da un canto, la mia esperienza pluriennale di docente e dall'altro alcune riserve intrinseche alla conoscenza esoterica ed iniziatica, mi inducono ad una certa prudenza.
Guénon stesso non si pensava se non con disagio, ad essere considerato uno 'scrittore', anche se stando alle apparenze non ci ha lasciato altro che una notevole mole di scritti. Forse, la sua aspirazione assomigliava di più all'imagine di ciò che noi chiameremmo meglio come una guida, un maestro, un guru, direi anche, se non che questo termine è quasi diventato, per noi occidentali quasi dileggiatorio.
Un po' come Dante Alighieri non si pensava come un 'poeta', un 'letterato', amante del bello stile, di erudite formulazioni verbali.
Soppesiamo bene le parole contenute nella sua lettera dedicatoria al Cangrande della Scala: "...per parlare brevemente, l'obiettivo della Commedia e di questa cantica consiste nell'allontanare i viventi, durante la loro esistenza, dallo stato di miseria spirituale, per condurli alla salvezza." Il che vuol dire che la sua azione "non è finalizzata alla speculazione del pensiero, bensì a un risultato concreto". Una concretezza cui Guénon rimane assolutamente fedele anche nelle sue di opere. Il senso del suo lavoro, per dirla con Dante, è anagogico, vale a dire si rifà a quella funzione di guida e di maestro. Ed il lettore, non essendoci, a rigor di termini, uno scrittore, non esiste in quanto tale. Ma sarebbe forse più appropriato riferirsi a lui come ad un iniziando, ad un itinerante lungo un cammino di avvicinamento spirituale a Dio, il Principio Assoluto, "l'amor che move il sole e l'altre stelle".
Non sembri l'accostamento di Guénon a Dante, il frutto della nostra bizzarra fantasia. Esistono dei precisi rapposti intellettuali tra i due grandi. Guénon dedicò uno studio importante, a nostro avviso su Dante, su San Bernardo e sull'argomento dell'esoterismo cristiano. Non ci addentriamo, in questa occasione, nell'argomento.
Stante questa premessa, va da , caro Vincenzo, che non sono è mi sento autorizzato a "spiegare" il pensiero di R. Guénon. Se lo facessi ti trarrei in inganno, in un modo o nell'altro. A te e chiunque altro leggesse una simile 'spiegazione' o anche solo una semplcie e maldestra 'introduzione'. Posso invece prometterti di sentirmi autorizzato a descrivere il mio personale rapporto con questo autore, come ne entrai in contatto, per quali vie giunsi ad averne elevato rispetto che spesso mi porta a citarlo, come notavi anche tu. Lo posso fare e posso prometterti che lo farò - qualora tu o qualcun altro foste interessati - solo perchè ciò riguarda la mia limitata esperienza spirituale, una biografia verso cui sono il solo responsabile.
Certamente ci si potrebbe con profitto avvalere, almeno in un momento iniziale, di quanto fornisce la rete. Vi sono riportati anche dei testi integrali. Ma data la confusione di informazioni disponibili, come spesso succede sul web, potrebbe essere utile un suggerimento.
Comunque, dopo un percorso editoriale non lineare, ora le opere di Guénon sono praticamente tutte pubblicate, disponibili e anche tradotte in italiano. Per iniziare una discreta fonte potrebbe essere la seguente:
http://www.gianfrancobertagni.it/autori/reneguenon.htm

Mi sento invece libero, per lo stesso motivo, di praticare la concretezza della speculazione guénoniana secondo il grado e la misura di cui sono capace, oggi, con la mia soggettiva sensibilità e carattere. Mi esercito "... su qualcosa e su momenti particolari " e "talvolta i pensatori pragmatici speculano". La concretezza non sempre si oppone alla speculazione; la speculazione molto spesso trascura la concretezza e si limita all'accademismo.
Generalmento ci atteniamo alla buona norma di non occuparci di fatti riguardanti la politica spicciola e quotidiana. Quella di cui si occupano i giornali. Si tratta di fatti che, appunto, hanno una durata quotidiana. I nostri interessi, al contrario, tentano di andare oltre i limite del quotidiano. L'interesse relativo che solleva il quotidiano è dettato dalla sua stessa precarietà e dell'impermanenza cui si condanna.
Non per nulla nella scuola di oggi, completamente disorientata, la lettura dei quotidiani sembra esprimere, soprattutto negli insegnanti 'progressisiti', il massimo della modernità educativa. In realtà si tratta di una resa alla dimensione profana del sapere. Un'affermazione della pedagogia o psicopedagogia sul filo della cultura anglosassone democratica, divenuta egemone in Europa dopo la Grande Guerra Mondiale, la Seconda intendo. "Europa delenda est".
Prendo spunto da una semplice dichiarazione di questi giorni. Un fatto contingente, un episodio in anche poco significativo. Visto nell'ottica del quotidiano sta già iniziando a svanire, dopo i toni del gran clamore iniziale. Presto non se lo ricorderà nessuno. Impermanente appunto.
Da una parte, la notorietà del personaggio, un protagonista della politica del rinnovamento democratico imposto, armi alla mano, dopo il 1945. Un uomo-simbolo della triste, partitocratica Italia, fatta da burocrati assetati di piccoli o grandi vantaggi personali o di parte. Ideali minimi, comunque riciclati, comunque sempre approvati dall'establishment del dopoguerra che si è spartito il mondo in due blocchi falsamente contrapposti. Oggi lo vediamo bene. I soliti briganti si accordano sulla spartizione del bottino, una scena già vista, con i due vincitori alleati e complici.
In questa serra, da circa 60 anni e oltre, si è coltivata quella deriva, quella pianta amara i cui frutti oggi abbiamo tutti sotto gli occhi: una nazione demoralizzata che non crede in stessa, un popolo che ha smesso di riprodursi, moralmente a pezzi, senza prospettive per i giovani, disoccupazione da record, droghe e manipolazioni crudeli per far credere in un futuro in cui nessuno crede. Si propone persino per salvarsi una specie di arte della fuga, l'emigrazione, mentre subiamo, per altro verso, un'immigrazione che ha i caratteri di una invasione barbarica epocale, la società multietnica. Oppure: Gratta e Vinci! Cioè una realtà altamente problematica fatta passare per una ricchezza, un invito a nozze un'opportunità.
In questo drammatico contesto, certi eventi assumono una dimensione particolarmente simbolica di una realtà ben più ampia. Un "segno dei tempi" potremmo dire riprendendo Guénon.
Eventi che ai nostri occhi perdono il carattere di attualità per dotarsi di una dimensione che determina e sta alla base dei caratteri costituenti l'era moderna.
Segni che marcano la parabola discendente di un grande ciclo storico paragonabile, ad esempio, ai 'traguardi' moderni in materia di matrimonio, sessualità e famiglia, con il tipico e caotico brulicare di forme aggregative e soluzioni, le piu fantasiose, disparate e disperate. Oppure come quando passò col plauso dell'intero schieramento partitico nazionale l'abolizione dell'esercito di leva per la creazione di un esercito di professionisti, eufemismo per non dire di gente prezzolata. Nella più completa indifferenza, la nostra Patria uccide il senso della virtù eroica, nemica giurata e mortale della pecunia, il prezzo del pavido, vigliacco e ipocrita, senza una vera autentica causa in fondo al cuore per cui combattere, che non sia, appunto, il denaro. Si riscopre l'esercito di 'ventura', oggi lo chiamano professionale, di rinascimentale memoria. Il 'soldato' legato al 'soldo' non ci ha portato abbastanza sventure in passato...
E potremmo continuare con altri esempi. Molto appropriatamente Vincenzo rievoca, nel suo commento, il concetto hindu del kali-yuga, l' "età oscura", nera, opaca.

Nei tristi tempi in cui ci troviamo a vivere, lo smarrimento e l' incertezza sono acuiti dal senso di un declino economico e morale irreversibile. Da una crisi mondiale che assomiglia ad un imbuto a mulinello che finirà per inghiottire tutto. Quindi l'antica invettiva di Dante, formulata nel XIII secolo: "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" andrebbe riconsiderata. La situazione è peggiorata da allora e di parecchio. Non sembra più circoscrivibile al nostro Paese, ma la Mondo stesso.
Almeno il Padre della lingua nostra poteva ancora sperare nell'arrivo provvidenziale di un "Alto Arrigo", un Sacrum Imperium. Ma noi? Che resta a noi? In che sperare?
Questa nostra putrescenza sembra autoalimentarsi. La corruzione sembra aver aggredito ogni sistema immunitario, ci siam fatti timorosi di povertà e virtù. Per cui il vile diventa un saggio previdente. La bellezza di essere stessi nel proprio mestiere, con dignità e rigore inappuntabili, una forma di swa dharma, senso del proprio dovere come leggere interiore connaturata con noi stessi, questo diventa un difetto, un limite degno di rimprovero. Come ci si risolleverà mai dalla crisi? Quale esempio siamo per i nostri figli? Quali mete additiamo loro?

Ricordate la famosa scena del romanzo, e poi film con Sordi, Il maestro di Vigevano"? Il povero maestro boccia il figlio negligente dell'industriale calzaturiero di successo. L'industriale lo invita a casa, lo fa accomodare, poi fa venire anche il ragazzo, gli mette una mazzetta di banconote sul tavolo affinchè il maestro 'chiuda un occhio', con la maschera tragicomica di Sordi, il maestro rifiuta sdegnosamente il prezzo della corruzione. Il padre sferra un potente ceffone al figlio, e lo ammonisce: così ti ricordi che non devi mai fare come fa questo ... qui (il maesto)! Era un episodio amaro dell'Italia del boom economico. Anche la moglie lo lascerà, per l'agiata vita industriale. Già da allora nei cuori malati di molti connazionali il dubbio di "andarsela cercando" era già ben impiantato. I disvalori erano e sono rimasti questi. Ora, però, non c'è nepurre il boom economico, ci è rimasta la crisi e la corruzione..
Trovarsi nella condizione di una "nave sanza nocchiere in gran tempesta", si conviene, non è certo rassicurante. Ma che dire della nave che in gran tempesta ha solo cattivi nocchieri su cui contare? O addirittura falsi nocchieri, pastori in veste di lupi? Sapienti sacerdoti della anti-Tradizione al servizio della distruzione, di Satana?



Tutti abbiamo sentito. Con le nostre orecchie. La dichiarazione di uno dei Padri fondatori della Repubbica Italiana - ecco le tarlate basi di un edificio che spero solo possa accasciarsi su se stesso quanto prima, stile abbattimento controllato dei grattacieli, afflosciamento stile Torri Gemelle - su un coraggioso funzionario del sistema giudiziario, Giorgio Ambrosoli, coerente fino al supremo sacrificio: "se l'andava cercando". In questo momento ne parlano tutti.
Non è rilevante la persona, forse anche l'età tira dei brutti scherzi e lascia trapelare, come succede a innocenti bambini, cose da sempre risapute. Ma quale dileggio per tutti le anime degli Eroi, dei puri combattenti caduti per nobiltà di ideali, riscatto dell'onore. Mentre i vili, i voltagabbana e approfittatori trionfano e trionfavano in questo tempo. Un trionfo effimero, si intende. Ma questo quardano. Il vantaggio quotidiano, dell'oggi. Anche se poi non risponde al vero.

Quello che impressiona è ciò che si osserva dal punto di vista principiale.
In un recente commento (7.9.2010), Vincenzo ricordava del tutto legittimamente il periodo finale, il quarto dei quattro periodi che conclude il nostro cicli, il ciclo ella presente umanità. Ebbene, caro Vincenzo, questo del capovolgimento della virtù in difetto è uno degli eventi che meglio caratterizzano l'essenza di questa epoca. Non è una questione per eccentrici appassionati indologi o sognatori idealisti dell'esotico e misterioso fascino indiano. I segni stanno intorno a noi. Questa uscita da parte di un celebrato leader politico e 'grande statista', eroe dei notri tristi tempi ne costituisce un elequente esempio.
Non si tratta quindi di senescenza di una persona, neppure del declino di una nazione o di una civiltà, intenta nelle sue vacue autocelebrazioni. Ultima vedi i 150esimo della sua unità. Patetica farsa mass-mediatica, mentre nella realtà sta accadendo altro. Si tratta di altro, sotto il profilo principiale. E' un segno, questo che connota il capovolgimento dei valori, il preludio di una nuova fase necessaria, prima degli ulteriori passi verso l'autodistruzione.
Per 'non dimenticare', allora non dimentichiamolo questo giudizio. Inseriamolo in uno di quegli eventi di cui La crisi del mondo moderno e Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi di R. Guénon ha magistralmente ritratto.
Dante attendeva l'arrivo dell' "Alto Arrigo". Vale a dire di colui che potrebbe essere stato con termine orientale un chakra-vartin. Una persona che per il suo potere temporale e la sua autorità spirituali, congiunti in un'unica persona, avrebbe potuto procedere ad una forma, più o meno restauratrice o raddrizzatrice del ciclo cosmico. La Forza e la Fede, finalmente uniti e concordi, Impero e Chiesa finalmente alleati, unanimi; la Giustizia e la Religione assisi su di un unico Trono. L'immagine del chakra certo ha a che vedere con la ruota e con il suo asse di rotazione, nei due sensi possibili. Dante profetizzava una Guida del Sacro Romano e Germanico Impero, un suo equivalente Occidentale. Speranze ne restano veramente poche, a noi, se agli Eroi si riseva il dileggio e non la Gloria immortale.
Non è politica questa, men che meno attualità. Non è ideologia, di destra di sinistra. Sono i simboli della "Sacra Scienza. Magari, anche inconsapevolmente, i nostri antichi predecessori conoscevano questo linguaggio. Lo si è sempre saputo come gira il mondo.



Noi moderni difficilmente sappiamo leggere, con la dovuta compostezza, ciò che era invece naturale per un antico. Tanto naturale da poterci camminare sopra. Un anonimo e umile artigiano, probabilmente schiavo, lo ha lasciato impresso su un mosaico pavimentale dei Ostia antica. Lo swatika simbolo della rotazione cosmica. Ritratto stilizzato della galassia. Dal suo senso di rotazione che esprime dipende se vogliamo sentirci vivi, Ero(t)ici, o vili ed evitare, appunto, di "andarcela a cercare".


A destra lo Swastika e’ destrogiro, i suo bracci puntano a sinistra, si muove nel senso delle lancette dell’ orologio. Segna l’attuale evoluzione ed espansione dell’universo, il lungo esodo dell’ umanita’ dalla sua dimora ancestrale. Questo Swastika scandisce le fasi successive della creazione, e’ la sorgente che proietta calore, la plasmazione della materia e dei corpi. Quello di sinistra e’ levogiro, i bracci puntano a destra. La sua rotazione segue un moto antiorario, da destra a sinistra. Questo e’ simbolo del ritorno all’origine, al centro primordiale. Propizia il riassorbimento nella non-esistenza. Il nostro attuale mondo materialistico si dissolve, la materia si volatilizza bruciando l’ illusione corporea.
Segno tangibile della quasi illeggibilità dei simboli, è da notare il fatto che gli studiosi di Arte e gli accademici di storia dell'arte, considerano frutto di una 'arte minore' un semplice ornamento pavimentale; la decorazione, un qualcosa di accessorio e superfluo, rispetto a quello che considerano l' "oggetto" proprio dell'Arte. Sfugge loro completamente la funzione simbolica e di integrazione tra utilità ed intelletto che l'arte in senso tradizionale ha sempre coltivato. Non è infatti possibile che Illuministi (Kant significativamente definiva l'ornamento come il "bello senza oggetto") e Romantici, impregnati come sono di spirito razionalistico e individualistico, figli della mentalità moderna, apprezzare con la centralità di una verità tradizionale, un simbolo di una lingua per loro andata perduta. Del resto che il mondo moderno, sotto vari aspetti, sia 'senza decoro' mi pare un'evidenza.
Ma per tornare a noi, i Vincitori credono di fare la storia, i Vinti di subirla. I 'furbi', utilmente, non se la vanno inutilmente a cercare. E invece di subirla, ci cavano il loro apparente e momentaneo utile.

In realtà il Grande Gioco è in Altre mani... quelle del Sacro Imperatore, del Demiurgo, del chakravartin, il Signore della Ruota.
A noi, qui sulle montagne, non resta che l'attesa. Una navigazione sulle onde del Tempo, a volte sopra, a volte contro; il minimo possibile dentro.
La vigilanza della Sentinella che scruta nell'oscurità na nascita del sole. La contemplazione dell'Assialità, certi che porterà al Grande Risveglio. Ad una consapevolezza che, nel mondo ordinario,viene scambiato per torpore. Un particolare stato dell'Essere che descrive Dante (chi meglio di lui saprebbe farlo?) e con cui conclude la sua Commedia:


A l’alta fantasia qui manco’ possa;
ma gia’ volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente e’ mossa,
l’amor che move il sole e l’ altre stelle.


Ora mi sembra di essermi dilungato abbastanza esco, vedo dalle finestre un bel sole dorato. Vado al pascolo con le capre, sui prati smeraldini di settembre, mi lascerò cullare dai suoi raggi, come di una ruota in movimento, mi scalderà il calore che sprigiona il mozzo stridente lungo i pendii del Tracciolino, in tasca un libro di Guénon...








http://www.thule-italia.net/esoterismo/Immagini%20Chakravarti/Chakravarti.html

2 commenti:

  1. Da appassionato della cultura degli indiani d'America ho notato che anche tra i nativi erano predominanti simboli solari, cosmici e di "mutamento". La stessa svastica si ritrova in molte tribù. Il sacred circle, il cerchio con la croce è probabilmente il simbolo più importante nelle culture indiane. Gli indiani lo chiamavano spesso Ruota di Medicina ed esprimeva l'essenza della visione del mondo ciclica e contemporaneamente di armonia-disarmonia. Ul importante filosofo della scienza Ilya Prigogine ha ripreso il concetto dell'ordine che riposa sul disordine, il caos. Quanto alla religiosità pellerossa, essa era profondamente diversa dall'immagine stereotipata che ne hano dato i binachi. La figura del Grande Spirito aveva poco a che fare con il Dio delle reigioni monoteiste. Wakan Tanka era in realtà laforzache muoveva tutte le cose, il Grande Mistero che comprendeva natura animata e inanimata, a cui l'indiano si rivolgeva con la coscienza di farne parte, e di essere non un essere superiore, ma una creatura tra le tante, una parte del "tutto cosmico". Su simbologia e religiosità indiana ti rimando a questo mio scritto, che espone un'interpretazione della cultura tradizionale dei pellerossa...

    http://leucodermis.blogspot.com/2009/08/wakan-tanka-e-la-ruota-della-medicina.html

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  2. Vincenzo A.: Quanto vasto è l' Oceano della mia ignoranza! Grazie per questa tua originalissima dissertazione segnata da un sincretismo virtuoso tra teoria e prassi, antichità e modernità, letteratura e spiritualità.
    Grazie poi per la segnalazione del sito con tutte le opere di G. ne farò tesoro.
    Visitando Ostia Antica per la prima volta ho visto nelle raffigurazioni di quegli splendidi mosaici un messaggio antico che parla ancora agli occhi di chi sa osservare...

    Un saluto affettuoso,

    Vincenzo.

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