mercoledì 18 maggio 2011

Lettera aperta a Vincenzo.



Scusami Vincenzo, sarà l'età (62) saranno gli acciacchi, ma mi accorgo di diventare sempre più patetico.
Quando scrivi de "la reclusione forzata in un ufficio", un po mi si stringe il cuore. Per te, per Alessandro, attivo nel blog e spesso fisicamente qui sul Tracciolino, come per i miei e i nostri figli (che avrete o non avrete). Per me pensionato, impotente ad essere padre, ad esservi di aiuto. Mi chiedo con urgenza sempre pressante cosa si può fare, cosa posso e possiamo fare insieme e ciascun per parte sua.


Il minimo che tu possa fare è di non scusarti "per il desiderio di condividere un sentimento", ma anzi mi sento onorato da questo privilegio, e ti sollecito a questo.
Qui sul Tracciolino avremmo l'ambizione di coagulare la 'rivolta spirituale'- e i portatori sono molto di più di quando normalmente si creda - che inevitabilmente andrebbe perduta nella quotidiana rassegnazione, alienazione, dispersione.
Anche l'obiettivo di diventare un brillante business-man mi intristisce, mi inversa pensare a quel bagaglio di falsità e ipocrisia che si porta appresso. Adagiarsi alla 'vita ordinaria' è la cosa peggiore che un giovane possa fare. Equivale ad abdicare all'essenza di ciò che si è come essere umani. E anche quando se lo pone come meta ambita, in realtà si sta compiacendo di un accomodamento viene proposto, se non imposto. Quale abisso di dignità con un qualsiasi onesto artigiano, un contadino... o un alevatore di montagna... Come non commuoversi di fronte alla sacra sofferenza di quel pastore sardo - oggigiorno animati da un fermento che temo verrà strumentalizzato dai soliti voraci vampiri della modernità - che dice: "Io sono un pastore, voglio essere chiamato pastore!, non voglio essere un 'imprenditore agricolo'!" Memoria incrollabile, come i suoi nuragi, della simbologia che sostiene l'essere 'pastore', un 'buon pastore', come del resto agli 'artigiani', immagini visibili del 'Grande Artigiano'?
Il satanismo mondiale, con la sua industrializzazione e la diffusa e blasfema pratica del denaro prestato ad interesse, servi delle banche, propone il suicidio metafisico di massa, ai nostri giovani, e su scala mondiale, appunto. I "dogmi laici" non vanno subiti, ma riconosciuti e combattuti, prima dentro di noi, e poi anche al di fuori.
Esiste un ricatto economico cui è difficile sottrarsi. Ma l'unico modo per sentirsi vivi è combattere. Siamo nati per essere guerrieri, non passacarte.
Conosco persone che, giunti ad una certà età, non si allontanano dalle città per vivere vicini ai pronto soccorso ospedalieri. Noi abbiamo scelto di salire sui monti, di non farci spaventare dalla morte e dalla malattia, ricatto simile a quello economico per i giovani. E mi chiedo cosa possiamo fare per voi da quassù, tutti insieme, per sottrarci e opporci il più possibile all'infamia e alle future sofferenze che il ciclo ci si sta apprestando.Non accontentiamoci dell'angoluccio caldo, della disponibilità di un'ambulanza, sfidiamo come guerrieri porgendo il petto al nemico contro ogni illusione. Audere semper. Cementiamo le nostre forze interiori per poterle indirizzare verso obiettivi seri e veri, lontani dalle mode e dalle facili infatuazioni. Lontani dalle manipolazioni televisive o hollywoodiane.
Non mi spaventa di stramazzare a terra, magari in stalla, tra il letame, nella solitudine a guardare in faccia la morte. Mi basta tenere vicini la mano e il cuore di chi mi ama. Quale migliore viatico? Mi spaventa la medicalizzazione finale, le flebo o le speranze reposte nella salvifica tecnologica o, una 'casa di riposo', dai nomi rassicuranti,la morte anticipata che incombe su tutti noi "reclusi e forzati".
Scusami, forse non è solo uno sfogo. Ci vedo sempre più una linea di discendenza principiale, dalla dimensione metafisica, nella realtà della vita quotidiana, intesa come contrapposta alla "vita ordinaria". Quella vita che vorrebbero farci credere inevitabile, immutabile come fosse un destino. Così non è.
Ti prego di porgere attenzione alle parole di questo padre indegno.
Un abbraccio.

3 commenti:

  1. Bella e intensa questa tua lettera. Condivido il nucleo di fondo e soprattutto questa frase: "‎"Esiste un ricatto economico cui è difficile sottrarsi. Ma l'unico modo per sentirsi vivi è combattere. Siamo nati per essere guerrieri, non passacarte." Mi ritrovo in quello che dici, spesso ci penso anch'io. Penso all'"autenticità dell'essere", a cui a volte mi sono elevato, alle cose che danno senso e slancio all'esistenza, anche per pochi ma intensi attimi: e qui ringrazio la montagna e la mia famiglia, per tutto quello che mi hanno trasmesso, e sia le gioie che i dolori che quell'ambiente mi ha dato... e poi penso alle misere aspettative che si pongono davanti a noi...a quel ricatto economico che dici tu e che purtroppo si fa pressante per tutti. Integrarsi nel sistema e fare tutto ciò che obbedisce alla "norma " di un'esistenza piccolo-borghese, rientrare sempre in canoni e schemi precostituiti, praticando un lavoro praticamente inutile alla collettività, diventare un semplice ingranaggio della grande macchina, ritagliare il proprio tempo libero secondo ciò che offre il mercato del divertimento. Essere dissolti nella marmaglia di individui atomizzati e privi di un'identità. Il problema che si pone davanti è il senso di questa civiltà in declino che non sa offrire più uno scopo (direi sociale) all'esistenza e alla cultura umana. E' vero quello che dici: è lo spirito guerriero che, se non ci potrà forse salvare, darà senso all'esistenza, giorno per giorno... che significa mantenere alto in ultima analisi il rispetto che si dà a se stessi e alla propria dignità di uomo con una sua storia, con proprie aspirazioni e sentimenti. A volte però vorrei essere diverso, mi sorge il dubbio che il confondersi nelle mode e negli stili di vita usuali, accettando il mondo così com'è senza pretese, forse sarebbe meglio. Si raggiungerebbe uno stato da narcotizzati, certo, ma dove dormire sonni tranquilli. Combattere tiene alta la bandiera della propria dignità, dà valore a se stessi, a quello che si è conquistato con la propria lotta, come le penne che ornavano i capelli dei guerrieri della prateria, ma ci si porta appresso, oltre a cicatrici d'onore, ferite aperte e doloranti.
    Un caro saluto...
    Indio

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  2. Ciao Indio, ho letto il tuo commento. Bella la prima parte dove si vede che a scrivere è il tuo cuore di guerriero, di ribelle alla consuetudine e di fedele agli antichi valori. Poi cala un velo di tristezza sul tuo spirito vivo e concludi parlando da quasi arreso. E'come se dopo una battaglia da eroe ti incontrassi ferito sul campo e mi parlassi con la mano al petto della tua resa al nemico. Non so quanto profonde siano le tue ferite ma se andasse così ti raccoglierei da terra supplicandoti di non arrenderti. Niente effetti anestetici procurati dall'aggregazione e dalla condivisione di becere scelte comuni e artifiaciali quanto la plastica che ci circonda. Alzati. Sei troppo giovane per morire di questo brutto male che è la rassegnazione, la strada è lunga e dolorosa, ma insieme ce la possiamo fare. Gridaimo ai quattro venti che ci fa schifo tutto questo fino a che abbiamo fiato in gola! Non farlo per me, non farlo per gli altri come noi che si ribellano al piano inclinato in cui sono stati scagliati i valori d'un tempo, fallo per la montagna che ti ha insegnato con le sue leggi e il suo rigore che cos'è la vita e fallo per la tua famiglia che vedrebbe in te un prodotto sano e forte, un appoggio sicuro perchè sorretto dalle Solide Fondamenta, una ginestra che, come scriveva qualcuno più poeticamente, cresce anche nel deserto.

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  3. Vincenzo A: Non è possibile dare una “risposta” a queste riflessioni che coinvolgono il senso più profondo da dare al nostro stesso essere ed agire nel mondo. Con mio grande stupore per una “soluzione” tanto semplice che non è però semplicistica devo riscontrare che una sola giornata trascorsa camminando libero sui sentieri di una montagna per me nuova, il Gran Sasso, è stata sufficiente ad azzerare giornate di noia e frustrazione vissute in ufficio e nel traffico romano, nottate insonni spese coltivando il pensiero di sprecare la propria vita.
    Dopo poche ore di cammino in montagna tutto questo fardello doloroso era solo un lontano ricordo, la riscoperta della bellezza del Creato e una sensazione di profonda calma interiore si sono nuovamente impossessate di me. Non so cosa farò domani, ma conserverò le parole di Franco scolpite per sempre in un angolo prezioso della mia Coscienza.
    P.s. Credo che presto Indio pubblicherà sul blog Leucodermis un post sulla bella escursione fatta insieme ieri.
    Un abbraccio fraterno a tutti voi.
    Vincenzo.

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