mercoledì 11 gennaio 2012

Andate la Messa è finita.

Come a volte il silenzio dei boschi, delle montagne assomiglia ad un morbido manto che protettivo ci avvolge come l'abbraccio rassicurante della madre, cosi altre volte ci appare più simile ad un ferita silenziosa, dolorosa, che non sembra voler sapere di rimarginarsi. Scende profondo nel cuore e lo mina alla sua base.

Certo, in parte è la figura dell'accidia che colpisce l'asceta. Quella forma di dolce sopore, che spinge verso l'inedia, l'affievolirsi delle mete, lo sbiadire dei colori della bandiera sotto e per cui combattere una vita degna di essere vissuta. Non più uno straccio di ideale. Nè Patria, nè Dio. Tanto meno Famiglia. Quello che solo conta è passare alla cassa, e scontare i tassi più vantaggiosi. Tetre marionette, automi della games theory. Terrifico incubo della modernità.

L'indolenza che spinge a non tagliare legna, intanto la si può comprare, e soprattutto c'è un bel sole, ci si scalda per con quello... l'oblio che i giorni di sole sono a termine... ma più si tira avanti e più ci i avvicina alla sospirata primavera. Pigri.

Difficile da distinguere dal dignitoso distacco, abbandono fiducioso a Dio, tra le braccia dell'otium. Attività dello Spirito.



Riempire il silenzio contrappuntato dal vento e dai rumori degli animali domestici e selvatici che ci circondano, sembra un'opera titanica.
Al silenzio si affaccia la solitudine, ed insieme iniziano la loro danza macabra sullo spartito monotono, nonostante si faccia di tutto per rendero vario, piacevole, auspicabile e comunque ineludibile, della condizione umana nella modernità in avanzato - ma difficile dire quanto - stato di decomposizione.

Un effetto della società della comunicazione che non perdona al silenzio di esistere. Non alludiamo a quello relegato a poche ore notturne in cui molto del trambusto diurno finalmente tace. Come due sorelle il silenzio e la solitudine si avvitano in una spirale danzante, vorticosa solo nei cuori di quei pochi che osano incamminarsi sulla Via. Caduceo a due spirali, solitudine e silenzio assolato dei monti, che brucia come sulle tele di Segantini.

Le feste sono finite. Le vacanze hanno offerto quella tregua cui ormi siamo disabituati che poteva offrire, poi giù tutti, si ritorno al 'dì feriale', ne parla Hegel nella sua fabula, la geistige Geschichte. Il lungo giorno oscuro, ripetitivo, schiavitù per il destino dicino dell'uomo, opaco Tagewerk in cui brilla la speranza della Santa Notte con cui ci diletta il poeta Novalis.
Romantici. Si, romantici. Ma non fessi. Non flebili dandies, effeminati cultori di belle lettere, vanesi e frivoli perditempo, di un tempo che ci pare abissalmente lontano, ma che tanto lontano in fondo non è. Ma sensibili strumenti che registrarono la vibrazioni di follia al suo sorgere della frenesia, della 'negoziosità' dell'epoca che andava facendosi strada, epoca votata al Nulla, nella forma dell'illusoria pienezza, attività vacua, produttività inutile. Il tutto finalizzato al compimento di quel Destino che è già scritto, ma che dobbiamo, noi, i nostri figli e i nostri amici veri, tragicamente impersonare.

Le vacanze sono finite. Gli amici se ne vanno, ritornano ad esser inghiottitite dalla molle nebbia della malinconica città, amorfa, falsa, specchietto per allodole. I parenti fanno visita profittando della tregua delle vacanze, delle ferie. Poi ripartono. Chissà se si portano via qualcosa.
Un periodo sospeso tra due momenti che lo sostengono. E non il contrario semmai, come dovrebbe essere in condizioni normali. Giù di nuovo tutti, il sistema se li riprende, vanno a produrre per il denaro, schiavi del sistema del denaro. Come una mostruosa creatura diabolica si riproduce da solo, si autoalimentta e fagocita chi gli si avvicina, tutti, in una qualche misura. Noi spiri del mezzogiorno montano cantiamo la rude bellezza del baratto.

Gli uni e gli altri promettono di tornare sui monti presto, presto. Ma è una bugia. Forse pietosa. I più non amano la via dei monti, aspra, selettiva, aristocratica. E' come andare in pellegrinaggio in agosto. Al sacro, alla messa la domenica, senza più sapere perchè la domenica si chiami domenica. Si deve, ma non si dilige. E ci diciamo bugie, finchè possiamo...

Noi stiamo sui monti, direi che inssistiamo sui monti, tra i suoi silenzi e alle sue solitudini, supreme condizioni di ogni iniziazione, in ogni epoca. Insistiamo sui monti, in-essi-stiamo, insistiamo sul sacro, spes nostra.

Almeno noi restiamoci, stanchi, invecchiati, corrugati testimoni di un mondo che non c'è più e di un altro che non c'è ancora. Soli e silenti peregriniamo e le cime ci ricordano infallibilmente il 'dì festivo'.

3 commenti:

  1. Una cosa è visitare la montagna, un'altra viverci. Vivere i borghi di montagna significa confrontarsi con tutte le difficoltà , fisiche e psicologiche che comportano. La vita comunitaria poi ci lega l'uno all'altro e ti accorgi di come la vita sia labile quando scompaiono persone ai quali eri legato umanamente, nel bene e nel male. E la tristezza allora aleggia nei vicoli e in città vedranno un montanaro del quale on riusciranno a decifrare la malinconia che si porta addosso. Ma oggi la pubblicità ci insegna ad essere frivoli e falsamente felici, e guai a parlare di nostalgia o di malinconia, di rapporti umani disinteressati. C'è la felicità e c'è il dolore e fanno parte della vita. Questo mi ha insegnato la montagna, montagna nel complesso, natura selvaggia, ma anche natura vissuta nelle nostre valli abitate da sempre dall'uomo...

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  2. Grazie Indio.
    L'umanità dei monti sembra essere predisposta all'ascesi. Le cime innalzano, è ovvio. Il monte analogico.
    Ma certamente l'isolamento l'ha preservata in condizioni privilegiati, anche se ai più sembrano, come tu ben dici, "malinconiche". Si prendono i fresco estivo e poi scappano, forse un po stufi e nostalgici del rumore cittadino cui sono avvezzi.
    Rifuggono da essa come dal peggiore dei mali, e così facendo non si avvedono che perdono il meglio!
    Ciao, F.

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  3. Dimenticavo di complimentarmi per la tua prosa... di questi tempi è cosa rara.
    Ciao
    Indio

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