domenica 22 aprile 2012

Convergenze parallele: piccola storia di un grande paradosso.



"ho iniziato ad accennare nel mio libro Gli ebrei nell’Italia fascista (2000) e come ricorda anche Fabre, proprio Momigliano, proprio nel 1933, ebbe a scrivere alcune importanti considerazioni sulla “nazionalizzazione” parallela e convergente degli ebrei italiani e dei non-ebrei italiani", parola di Michele Sarfatti, storico ebreo dell'età contemporanea (L'Unità, 6 aprile 2001. Testo online). Ma quando 'il passato non passa', ogni storia diventa storia contemporanea.

Facciamo quindi notare, come se si trattasse di archeologia linguistica, l'espressione "parellela e convergente" che farebbe curiosamente risalire la celebre espressione di Aldo Moro, riferita in anni recenti alle posizioni democristiane e comuniste. Il 'compromesso storico' dunque come l'adesione degli ebrei italialiani, e non solo, al fascismo.


Inutile cercare similitudini ideologiche tra i due episodi. Moro e Mussolini. Si confonderebbero inutilmente le acque. La questione è più semplice. Leggiamolo pure come un  modo arzigogolato per dire: 'teniamo il piede in due scarpe'. Poter governare sia i 'pro' che i 'contro'. 

E sia detto per inciso, per non appesantire oltre l'argomentazione, ciò ci richiama ad un'altra 'convergenza parallela' ancora più antica, quella tra il metodo della filosofia scolastica cristiana nelle università medioevali europee e quello delle yeshivot o scuole universitarie rabbiniche. Ma non sarebbe stonato ricollegarci allo storico ebreo passato dalla parte romana Flavio Giuseppe, tipico esempio di 'piede in due staffe o scarpe', e al suo Bellum iudaicum, Guerra giudaica, del 75 d.C. in cui addirittura vengono coinvolte le vicende imperiali e la distruzione del second ùTempio di Gerusalemme, il Muro del pianto, ed altre questioni ancora molto attuali. Chiusa parentesi.

Torniamo a noi. Il conseguente paradosso in cui ci si imbatte è quello secondo cui si tratterebbe del processo di "nazionalizzazione" degli italiani che, prima di scoprirsi "non-ebrei italiani", cioè 'italiani goym' (cosa di cui nessuno in precedenza si era minimamente sognato di essere) e quindi in qualche modo razzializzati, se mi si passa l'espressione, pare non possedessero appartenenza ad alcuna nazione.

Paradossalmente, ma non tanto, da quanto si va affermando, vedasi da Momigliano a Sarfatti, cioè da studiosi di parte ebraica, si potrebbe inferire che il 1938, l'anno delle leggi razziali fasciste, potrebbe intendersi come l'anno fondante della italianità degli italiani. Fatto che mal si concilia con le deprecabili suddette leggi.

O forse anche per questo vennero e sono ritenute una 'infamia'?




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