Iniziamo riprendendo un' "osservazione facile", così la chiama, e probabilmente è, quella avanzata da R. Guénon: "...le monete antiche sono letteralmente coperte di simboli tradizionali, sovente scelti tra quelli che presentano un significato più particolarmente profondo" (pag. 107).
Ed in effetti lasciando che la mente ripercorra le immagini delle monetine tenute in tasca, mille volte osservate, che risalgono alla nostra giovinezza, solo del dopoguerra senza che ci sia bisogno di risalire alle "monete antiche" e riemerge da memoria non remota un brulicare di figure, di immagini. Come simboli di un linguaggio arcaico, saggio e rassicurante. La cornucopia, l'aratro, la spiga, l'ape, il delfino, querce e melograni. Sono lì da vedere, per chi ha 'occhi per vedere'.
Immagini che offrono sensazioni buone. L'abbondanza della virtù. La terra promette spighe dorate, il lavoro che traccia il solco con aratri che percorrono il corpo di Demetra e Persefone.
Divinità femminili che dal loro grembo sono fonte di sicura messe. Promesse sicure come la dolcezza materna.L'aratore, il seminatore da una parte; la terra, la spiga dall'altra, dall'altra, il Lui e Lei.
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Si tratta di capire perchè "diverse tradizioni considerino la moneta un oggetto veramente colmo di una 'influenza spirituale', la cui azione poteva effettivamente esercitarsi in virtù dei simboli che ne costituivano il normale 'supporto'?" (pag.107-8).
Interrogativo retorico quello di Guénon, maestro di suo nell'analizzare il linguaggio dei simboli.
L'efficacia di un simbolo nell'esercitare la sua 'influenza spirituale' consiste appunto nello spostamento, nel rimando a qualcosa d'altro. La moneta sembra assumere un valore in sè nella dimensione quantitativa. Per cui si può poi parlare di 'filosofia dei valori' in senso lato. Persino un' "Italia dei Valori". Assumendo quindi una vita ed una dinamica autonome. Si può sottomettere, in questa sfera quantitativa, alle operazione aritmetiche più varie. Le perdite o i furti diventano 'sottrazioni' di valore, come gli accumuli che si 'depositano' crescono, si sommano, la 'somma' riverbera un duplice significato aritmetico e di denaro ad un tempo.
Paradossalmente, il 'valore' viene spesso impiegato con un significato contrapposto a quello 'materiale'. I 'valori' sarebbero quegli ideali che si realizzano o a cui si aspira al di là degli interessi materiali. Mentre è vero l'inverso. L'interesse materiale economico conferisce valore alla moneta e quantifica l'universo degli oggetti del mondo che ci circonda. Chi insegue invece l' 'influenza spirituale' tradizionale che reca la moneta si addentra perciòstesso nel linguaggio dei suoi simboli, in dimensioni qualitative secessariamente più sottili che si collocano nell'anima, nelle idee primarie e principiali. Siamo ben lontani dall'uso che ne fa la modernità della moneta, le cui speculazioni finanziarie sono tanto maggiori quanto più l'aritmetica fornisce strumenti di calcolo, gestionali, percentuali, piani di incremento, fattori compensativi, differenziali (spread), interessi di interessi, e mille altri tecnicismi.
Certo che il ripercorrere le diverse lingue che ogni simbolo comporta potrebbe essere proficuo. Ma porterebbe lontano.
In sintesi, i linguaggi simbolici si unificano in uno solo. Essi convergono nell'attribuire ad un fattore spirituale la difesa dagli attacchi materiali a cui a moneta tradizionale è stata sottoposta. Come del resto tutti gli oggetti che ci circondano, anche umili e di uso comune. Non una scarpa, una porta, uno stampo per il burro o una vettovaglia era solo un mero oggetto, privo di ornamento simbolico. Nella sfera qualitativa, come in un'opera d'arte, diventava supporto di contemplazione, aiuto mnemonico, ricordo, anamnesi, dhikr. Così fu la moneta. Il supporto simbolico del mondo spirituale che sta sopra, cioè sovrasta quello parallelo materiale ed inferiore (infero, infernale), si palesa quindi nella tutela di ordine superiore della capacità di produrre oggetti non limitati alla sfera utilitaristica; e ciò è esattamente ciò che restituisce dignità al lavoro ed al lavoratore-artigiano, aratore o
In sintesi, i linguaggi simbolici si unificano in uno solo. Essi convergono nell'attribuire ad un fattore spirituale la difesa dagli attacchi materiali a cui a moneta tradizionale è stata sottoposta. Come del resto tutti gli oggetti che ci circondano, anche umili e di uso comune. Non una scarpa, una porta, uno stampo per il burro o una vettovaglia era solo un mero oggetto, privo di ornamento simbolico. Nella sfera qualitativa, come in un'opera d'arte, diventava supporto di contemplazione, aiuto mnemonico, ricordo, anamnesi, dhikr. Così fu la moneta. Il supporto simbolico del mondo spirituale che sta sopra, cioè sovrasta quello parallelo materiale ed inferiore (infero, infernale), si palesa quindi nella tutela di ordine superiore della capacità di produrre oggetti non limitati alla sfera utilitaristica; e ciò è esattamente ciò che restituisce dignità al lavoro ed al lavoratore-artigiano, aratore o
fabbro, contro ogni mercificazione, restituisce l'integrità al suo operare che gli è tolta dalla moneta come valore quantitativo. E l'integrità, a sua volta, produce senso e pane per gli esseri umani partecipi di un ordine superiore.
Ciò non potrà instaurarsi senza difficoltà, poichè la tendenza moderna è quella che spinge versso l'individualismo e competizione, mentre il lavoratore-artigiano-sacerdote necessita di farsi corpo (accorparsi, farsi corporazione) con gli altri suoi pari, di collaborare comunitariamente come nobili fratelli per esaltare, magnificare il duro lavoro in una suadente opera mirabile.
Il richiamo della comunità dovrebbe far parte di quella voce interiore, quellavocazione, quella chiamata che l'uomo attivo sente dentro di sè, ovunque e in qualsiasi modo eserciti la sua arte.
"La conclusione a cui si arriva è questa: negli individui la quantità predominerà tanto più sulla qualità, quanto più saranno ridotti ad essere, se così si può dire, dei semplici individui, e quanto più saranno, appunto per questo, separati gli uni dagli altri..." (pag. 51). Uniti ma diversi, mai uniformati.
Non consentiamo che ci venga 'sottratto' questo lavoro. Accorpiamoci. Agguerriamoci. Neghiamo diritto di dignità e di esistenza all' homo oeconumicus, ai suoi automatismi, alla schiavitù dell'utile. Impariamo a ridiventare nobili e generosi fratelli nell'arte, nel lavoro, e non manipolatori, avidi calcolatori di prestiti e di denaro d'usura.
(Rif. René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Milano 1982)
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