"... quanto poi i vantaggi pratici derivati dlle applicazioni della scienza, lo sviluppo delle cosiddette civiltà occidentali ne é la dimostrazione più concludente. Si pensi alla miseria, alla precarietà, alla frivolità dell'esistenza attuale e si comprenderà a quali risultati può condurre la scienza applicata alla vita. Non è permesso insistere su ciò senza cadere nella constatazione che ogni uomo ragionevole può fare attualmente considerando l'accorciamento della durata della vita, il suo carattere sussultorio, la devirilizzazione dell'umanità, la precarietà di ogni cosa, la spasmodicità d'ogni vincolo, l'insicurezza di ogni sistema, infine l'instabilità che è indice di un processo abortivo permanente dovuto all'assenza di fissità tradizionale".
Con pochi tocchi magistrali, da 'iniziato selvaggio', Guido De Giorgio (La Tradizione Romana, ed. Mediterranee, pag. 152) tratteggia da par suo il volto deturpato dell'umanità moderna e postmoderna. Ammaliata da quel potente artificio, i prodigi della scienza, soprattutto quelli in campo medico e tecnologico, in nome del quale ogni sacrificio, ogni privazione della memoria, diventa accettabile e non addirittura auspicabile. E' il gioco dell'utilità, del progresso. O, se si preferisce, della sofferenza inferta per la sua non accettazione. Ma non è un innocuo behaviourismo economico e psichico-cognitivo, come vuol far sembrare: attenta a reltà ben più profonde.
Quando non si conosce esattamente il valore di ciò che si perde, ogni cambio può sembrare vantaggioso, ogni cambiamento positivo, progressivo, ineludibile. Un vero affare da non perdere! Ma per chi? La nostalgia del passato, a questo punto, potrebbe farsi imbarazzante scandalo per chi voglia e abbia coraggio di guardare avanti ed ergersi sopra, e fors'anche contro, il Tempo e il suo tempo.
Il prof. De Giorgio, presumo con allievi, sulle montagne piemontesi.
Come un eremita tibetano, come Zarathustra, visse e morì, tra quegli spuntoni rocciosi alpestri e solitari, roventi e gelidi, la sua avventura terrena.
Come un eremita tibetano, come Zarathustra, visse e morì, tra quegli spuntoni rocciosi alpestri e solitari, roventi e gelidi, la sua avventura terrena.
Sarebbe un po' come giocare con carte truccate. Ed il trucco consiste veramente nll'accettare un certo tipo di mazzo. Il resto viene da sè. Questo tipo di mazzo di carte è truccato perchè esclude, a priori, ogni possibilità di esiti non economici, non attinenti alla convenienza utilitaristica profana. a razionalità del pensiero è affidata alla probabilità del riskio. Così facendo la razionalità diventa uno strumento di limitazione delle possibilità umane. Le potenzialità umane vengono circoscritte entro i limiti di una prigione gratificante perchè si definisce razionale, ma culmina con il far passare in sordina le 'perdite' non computabilime non compatibili. La celebre 'Theory of Games and the Economic Behaviour' sfoggia un notevole apparato logico-matematico basato su di una mutilazione inaccettabile di base, che, se opportunamente considerata, vanificherebbe ogni gioco di previsione del comportamento. L'amputazione di cui si tratta non è altro che l'Altro. Dio. l'Assoluto. Ciò che sostiene e non è sostenuto. E noi ne siamo sostenuti. Ciò di cui esattamente la modernità pretende di potere fare a meno. Il decision maker è l'indivuo moderno di massa che attua il processo strategico tramite cui si imprigiona, votato al suicidio.
Di Giorgio parla perciò di "carattere sussultorio" per definire uno degli aspetti della vita moderna, non facilmente comprensibile, se non si considera lo choc del rischio probabilistico, l'azzardo che incombe sul quotidiano; il terrorismo di perdere la scommessain cui la posta, poca o tanta, è tutto. Un 'tutto' gabellato per Totalità.
Mentre la "frivolità", la "devirilizzazione", la "precarietà", l' "insicurezza" e l' "instabilità" appaiono oggi in tutta la loro relativa evidenza nella pratica sociale che ci circonda, senza motivi di particolare acume per rendersene conto, ancorche ampiamente mistificati alle masse, potrebbe forse destare una certa perplessità parlare di "accorciamento della durata della vita".
Ma come? Come supporta De Giorgio questa valutazione che in apparenza contraddice una delle lusinghe più allettanti ed eloquenti della modernità, al punto tale da far accettare qualsiasi rischio pur di ottenere l'agognato prolungamento della durata dell'aspettative di vita? Ampliare il desiderabile non significa solo drogare il mercato, 'demone malinconico', ma gettare le premesse perchè la paura del sdolore, della insoddisfazione del desidero possa allignare florida. "...come coloro che, con il loro elogio dellacastità, invitano segretamente alle voluttà!" dice Nietzsche nel suo Zarathustra (ed. Adelphi, pag.366).
Se si considera il punto di partenza tradizionale da cui parte il Nostro, sarà facile osservare come l'esistenza moderna spinga la vita umana verso connotazioni di omologazione, di ugualitarismi, indifferenziazioni che fanno apparire l'esistenza umana assai monotona - cosa che d'altro canto rende più accettabili i rischi "sussultorii", come ciclisti drogati in una corsa folle, che tuttavia sogna e spera sempre in una competizione ideale e disinteresata, un àgon eroico che non arriverà mai - priva di stagioni e di sapori che ne rendono il suo protrarsi un non-sense. Quindi se si considera impoverita e ridotta a pochi eventi significativi, rispetto ad una quantità di eventi programmati ed imposti, questi individui possono a buon titolo considerare la loro esistenza come "accorciata", breve, ridotta.
Se si considera il punto di partenza tradizionale da cui parte il Nostro, sarà facile osservare come l'esistenza moderna spinga la vita umana verso connotazioni di omologazione, di ugualitarismi, indifferenziazioni che fanno apparire l'esistenza umana assai monotona - cosa che d'altro canto rende più accettabili i rischi "sussultorii", come ciclisti drogati in una corsa folle, che tuttavia sogna e spera sempre in una competizione ideale e disinteresata, un àgon eroico che non arriverà mai - priva di stagioni e di sapori che ne rendono il suo protrarsi un non-sense. Quindi se si considera impoverita e ridotta a pochi eventi significativi, rispetto ad una quantità di eventi programmati ed imposti, questi individui possono a buon titolo considerare la loro esistenza come "accorciata", breve, ridotta.
Quanto all'espressione di "processo abortivo permanente" suona come un colpo di cesello magistrale. Da vero Maestro Di Giorgio con questa formula sintetica racchiude l'esperienza comune di provvisisorietà e di precarietà tipica della conoscenza scientifica. Il sapore amaro del nichilismo che si presenta come conoscenza, ma si rivela, in un secondo tempo, 'superata' da ipotesi che si susseguono in modo, appunto, "permanente". Promette la vita, ma realizza un "aborto".
"L'umanità si è lasciata deviare da spiegazioni facili, da applicazioni pratiche immediate...[per dotarsi invece] di una creatività fallace nel mondo dell'esteriorità che dura quanto la vita [breve] sua e si prolunga quanto la sua ignoranza [glielo consente]."
Il fulcro, ribadiamo, è la paura. La paura che la scienza accresce, alimenta, nonostante come un 'mago' blandisca attravero le sue melodie, le sue lusinghe e i suoi raffinati inganni. "Tu - Nietzsche lo addita - o falso e raffinato, seduci a ignoti desideri... Guai a tutti gli spiriti liberi, che non stanno in guardia contro questi maghi!" (op.cit.). La paura che questo utile, chimera che intossicaa gli intelletti deboli, possa venire meno. Pushers che profittano di una dipendenza che hanno coltivato ad arte (maligna). Il loro turpe commercio è troppo consilidato ormai. "La paura ... infatti - questo è il sentimento fondamentale... con la paura si spiega ogni cosa". Provate a spiegarvi, con l'aiuto delle suggestioni di Di giorgio e di Nietzsche, le paure instillate senza posa da fictions, notiziari televisivi e e prodotti cinematogafici, spacciate 24h no stop!, e si apriranno scenari nuovi. Questi 'maghi' cominceranno ad prendere un volto riconoscibile! Dall'ombra emerge il monstruum, come dice la parola stessa, si mostra e, per ciò stesso, comincia a diventare vulnerabile!
"Proprio la paura delle bestie feroci - fu quella ch per tempo lunghissimo fu instillata nel'uomo, compresa labelva che egli porta e teme dentro di sè: - Zarathustra la chiama 'la bestia interiore'.
Questa lunga antica paura, divenuta infine raffinata, spirituale, intellettuale, - oggi, mi sembra, si chiama: scienza" (op.cit. pagg. 367-8).
Ameno noi, Fratelli del Tracciolino! Vi supplico! Stacchiamo gli occhi sbarrati di questa Medusa!
Il fulcro, ribadiamo, è la paura. La paura che la scienza accresce, alimenta, nonostante come un 'mago' blandisca attravero le sue melodie, le sue lusinghe e i suoi raffinati inganni. "Tu - Nietzsche lo addita - o falso e raffinato, seduci a ignoti desideri... Guai a tutti gli spiriti liberi, che non stanno in guardia contro questi maghi!" (op.cit.). La paura che questo utile, chimera che intossicaa gli intelletti deboli, possa venire meno. Pushers che profittano di una dipendenza che hanno coltivato ad arte (maligna). Il loro turpe commercio è troppo consilidato ormai. "La paura ... infatti - questo è il sentimento fondamentale... con la paura si spiega ogni cosa". Provate a spiegarvi, con l'aiuto delle suggestioni di Di giorgio e di Nietzsche, le paure instillate senza posa da fictions, notiziari televisivi e e prodotti cinematogafici, spacciate 24h no stop!, e si apriranno scenari nuovi. Questi 'maghi' cominceranno ad prendere un volto riconoscibile! Dall'ombra emerge il monstruum, come dice la parola stessa, si mostra e, per ciò stesso, comincia a diventare vulnerabile!
"Proprio la paura delle bestie feroci - fu quella ch per tempo lunghissimo fu instillata nel'uomo, compresa labelva che egli porta e teme dentro di sè: - Zarathustra la chiama 'la bestia interiore'.
Questa lunga antica paura, divenuta infine raffinata, spirituale, intellettuale, - oggi, mi sembra, si chiama: scienza" (op.cit. pagg. 367-8).
Ameno noi, Fratelli del Tracciolino! Vi supplico! Stacchiamo gli occhi sbarrati di questa Medusa!
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