martedì 10 luglio 2012

In fondo un candelabro serve a portare 'luce'.





 


I lavori di riassetto della piazzale antistante il Parlamento italiano hanno messo in evidenza una singolare circostanza 'costruttiva'. Il lastricato marmoreo della pavimentazione della piazza mostra un disegno che può lasciare pensare, in maniera abbastanza chiara, alla menorah ebraica, il candelabro delle luci, dalle sette braccia, conservato nel Tempio di Gerusalemme, fino al momento della sua (seconda) distruzione.

Non sappiamo se una tale rappresentazione rientrasse nelle intenzioni coscienti degli architetti preposti ai lavori, o di quei politici che li hanno commissionati, per festeggiare degnamente il cinquantesimo della nascita della Repubblica italiana.






Il risultato sembra lasciar pochi dubbi.
L'ideale politico repubbicano, come è noto, permea tutta la storia del Risorgimento, pur, ovviamente, entrando in contraddizione con le aspirazioni politiche della monarchia sabauda. La vicenda della Repubblica Romana sta alla base degli ideali moderni che non solo videro  lo storico processo che condusse all'unità del Paese, inestricabilmente si dipana, come in un doloroso contrappeso, doloroso ovviamente dal punto di vista della tradizione, si intreccia con la perdita del potere temporale della Chiesa di Roma. Basti accennare qui, come il processo risorgimentale fosse profondamente intriso di motivazioni anticlericali, di cultura laica, progresta, illuministica e positivistica. Animata da ansie innovatrici e riformitrici. Tutto ciò, in fondo, appartiene a sviluppi storici ormai ben sviluppati in tutta Europa, con la nascita degli stati nazionali, all'indomani delle antichissime architetture politiche imperiali, di provenienza orientale, che ancora il Medio Evo teneva in vita tramite la Chiesa universale di Roma, che in qualche modo perpetuava la vicenda della Roma imperiale antica. Insomma i Papi tenevano ancora alto il vessillo pontificale che era portato dai Cesari e dalle loro legioni a fondamento di gran parte della civiltà europea. Finchè 'la sacra militia', cioè l'Ordine ei Sacri Cavalieri del Tempio poté tener a bada i banchieri, finché non scoppiò guerra aperta tra i 'due soli' come Dante chiamava il potere temporale e l'autorità spirituale.
Sembrava un diritto che finalmente anche nella penisola italica dovesse dare aalla luce quella meraviglia della modernità nata dalla frantumazione della struttura imperiale. Anzi sembrava che i fosse già in ritardo rispetto alle altre nazioni europee.  Ma Roma, non era una città come altre. Diversamente da Parigi, Berlino, Londra o Madrid. In un modo o nell'altro, tra alti e bassi, Roma continuava, fino a quel momento, ad essere un centro spirituale in cui si riconosceva un intero continente. Alludiamo a quella coiné che si intende quano si parla di 'cristianità'.


centro2


Un possibile significato della presenza di un forte simbolo ebraico, cosi esplicito e cartteritico,  di inequivocabile identificazione, che sta alla base della 'diaspora' delle tribù islaelite, simbolo identitario per il popolo ebraico  dotato a sua volta di un centro fondante, Gerusalemme ed il suo Tempio, nel cui santa santorum trovava posto il celebre candelabro. Quest'altro asse spirituale, un altro centro cosmico, nonostante quel pensano i sostenitori delle radici cristiano-giudaiche dell'Europa, che vorrebbero vedere sancite in documenti e  in atti politici formali di quest'Europa fallimentare, sul piano storico e nella dimensione mondana, non tardava ad entrare in un conflitto secolare, sia perchè profano sia perchè millenario, con quello precedentemente menzionato.

arco di Tito


 Tale conflitto, un coacervo inestricabile di questioni di diversa natura, randeva possibile quella storia del 'popolo errante'immerso in una società più ampia, fondamento della civiltà ebraica, con tutti i problemi di convivenzache ne derivano, come quella che spiegava la la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio come un castigo divino per il ben noto ruolo svolto nella storia sacra cristiana in generale e della Redenzione in particolare. L'imperatore Tito impersonava agli occhi della cristianità la mano secolare di cui si serviva la Provvidenza per realizzare il Suo piano di una Storia universale e divina, l'unica che possa avere un senso compiuto per un popolo degno di questo nome. 
L'altorilievo proveniente dall'Arco di Trionfo di Tito, ancora una volta, naturalmente, a Roma, a due passi dal Colosseo raffigura la celerazione deil trionfo imperiale nella 'Città Eterna', con tanto di bottino e prigionieri come era uso all'epoca. 


menorah

La menorah, portata a Roma dalle legioni di Tito,  possiede un potere simbolico cosi pregnante che il moderno Stato irsaeliano l' ha presa, nella sua versione come viene rappresentata nell'altorilievo romano,  a suo simbolo nelle raffigurazioni ufficiali.
Gli ebrei della comunità romana, tra le più antiche 'tollerate' in Europa, per ovvie ragioni, non hanno mai mostrato grandi simpatie per questo monumento. Usavano evitare di passarci sotto. Ma alla fine della seconda guerra mondiale, si riunirono precisamente sotto di esso, quasi a celebrare la liberazione, il riscatto, la rivincita 'democratica' su Tito e le sue legioni, dopo la 'sfuriata' storica in cui soffiava un forte vento 'antisemita'.
Va sempre ricordato tuttavia che parlare di conflitto tra più tradizioni,  al di là delle passioni e delle ideologie con cui la storia anima o fuorvia, a secondo dei punti di vista, è qualcosa di estremamente paradossale ed improprio, per la semplice ragione che le tradizioni autentiche non possono che essere le manifestazioni esteriori, diversificatesi col tempo, di una unica tradizione primordiale ad esse pre-esistente. Nel caso contrario, una tradizione usurpa ed abusa di questa definizione, giacchè porrebbe al suo centro dei suoi interessi finalità mondane e contingenti, snaturandosi nella sua medesima essenza. 
Può sembrare paradossale, ma una simile concezione della tradizione potrebbe fare a meno, in linea di principio, delle conversioni, dei convertiti e del proselitisimo, poichè l'unica conversione profittevole per l'essere umano non consiste nel passare da una tradizione ad un'altra, bensì dal passare da una posizione immanente e profana, presente in una forma religiosa, ad una posizione trascendente e sacra della medesima. Quindi, più una tradizione riesce a vivere la sua intima e più riposta verità entro la sua Parola, e meno sente la necessità intrinseca di intervenire, manipolare o condizionare, per non dire di peggio, un'altra parimenti degna.
Ciò che costituisce un fatto preoccupante non dovrebbe quindi essere tanto la presenza di un elemento simbolico spurio in sè entro una tradizione che le è estranea, poichè molto probabilmente, non venendo neppure inteso in modo corretto,  la sua azione si rivelerebbe pressoché priva di effetti intellettuali, quanto il fatto che in un luogo in cui, in teoria almeno, si dovrebbero prendere decisioni riguardanti delle funzioni di guida, o pastorali, per una massa di persone, vengono invece deliberate decisioni che anzichè tracciare un cammino trascendente, porti verso direzioni del tutto mondane, che nulla hanno a che vedere con le vere finalità tese alle realizzazioni spirituali pertinenti alla frammentarietà dell'esere umano.

Se, da una parte, risulta difficile capire come un simbolo, che  voglia autenticamente dirsi religioso, possa costituire un bottino di guerra, come fosse un normale oggetto materiale, senza scadere in un feticismo spiritistico, d'altro canto, risulta altrettanto incomprensibile come possa erigersi a simbolo religioso un elemento culturale esclusivamente finalizzato a finalità identitarie. In quanto, dovrebbe esser chiaro da quanto detto in precednza, la la vera identità umana non coincide con la relizzazione di finalità sociali, politiche, etniche o economiche e di potere, essendo dalla sua 'vocazione' chiamato a guardare ben al di là del visibile e del contingente. Se poi un gruppo di massoni repubblicani interpreta come 'spinta ascendente' la direzione, dottrinaria e costruttiva, che guarda l verso la politica, la questione riguarda, in ispecial modo, solo il deprecabile livello di degrazione e deviazione della Massoneria moderna.

In fondo, l'essenza di un candelabro è quella 'luciferina', in altri termini quella di portare la 'luce', allo stesso modo delle lampade buddiste tibetane alimentate col burro di yak, lampade proibite dal regime comunista cinese, o al modo del culto solare patrocinatore di tante professioni monoteistiche di vario successo sul piano delle contingenze storiche, da Akenaton ad Augusto, dal sol invictus al sonnenrad.

Non fu forse il Pontefice romano Augusto che edificò nel 9 d.C. sull'antico Campo Marzio, l'obelisco egizio di un Faraone 'costruttore' proveniente da Heliopolis, a sua volta, sacerdote del sole, a funzionare da 'meridiana' di un 'horologium augusti'? Un altro Pontefice lo riedificò dopo essere andato a rotoli per il palazzo berniniano. Infine, dei 'Consoli', polemicamente paganizzanti, della Repubblica romana, embrione di quella italiana, padri risorgimentali vi stabilirono il Parlamento col nome di Montecitorio. Ma, come in una sacra danza shivaita, fu un Pontefice paganizzante, Giuliano, che volle cimentarsi nella inutile ricostruzione del Tempio, e i cristiani, da poco differenziata la loro Chiesa dalla Sinagoga, salutarono come 'divina' la scossa di terremoto che fece rovinare ancora il Tempio a terra, a diventare un resto archeologico idolatrato come 'muro del pianto'.
Il farsi e il disfarsi del ciclo cosmico sul palcoscenico di un teatro di maschere.






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