giovedì 30 maggio 2013

"La catastrofe".

LA CATASTROFE.

"Oggi è il giorno 25 dicembre dell'anno 2002 dell'Era Giudeo-Cristiana. I cattolici celebrano la nascita del Bambino-Dio che chiamano esù e che sarà poi il 'Kristo'. Per quasi venti secoli ciò è stato imposto, è stato sostenuto, è stato creduto. Per quelli che nacquero e vissero in questa credenza sembrerebbe impossibile pensare che non fu certo, che nulla di tutto questo accade, che quell'edificio-tempio millenario si costruì sopra una menzogna accuratamente elaborata nei suoi inizi e poi modificata e proiettata per mezzo dell'Archetipo.
Ed è precisamente ora, dopo duemila anni dall'aver imposto al mondo ariano d'Occidente il più terribile senso di colpa per l'assassinio di un 'Uomo-Dio' e, nel suo nome, aver distrutto antiche culture e civiltà pagane, qui in America e in tutto il mondo."
M. Serrano , Il figlio del vedovo, Mlano 2005, pag. 11.



L'idea della "Catastrofe" risulta difficilmente comprensibile, un'idea che dà le vertigini. Un effetto inscindibile dalle acquisizioni in cui siamo stati cresciuti, 'educati'. La stessa sensazione di capogiro che si prova alle prime letture di René Guénon, definito da qualcuno un nazista senza Panzer. A tal punto porta il rischio di rigetto delle proprie convinzioni inculcate in noi fin dall'infanzia, la vertigine provocata dalla sola idea di dover procedere ad una eventuale revisione, come ad esempio quella del progresso continuo e lineare, di tutte le idee incentrate sulla speciale superiorità autoriconosciutasi dall'Occidente su tutte le altre civiltà, verso le quali ancora oggi cerca di imporre le sue vedute, ed ancora oggi, mentre scriviamo, cerca di annientare nel momento in cui si confermano nella loro diversità.

Occorre affrontare con spirito di coraggio la vertigine, quella della 'Catastrofe'. Non cedere alla nausea e al malessere che provoca. Una vera e propria prova di coraggio iniziatico che occorre affrontare. Solo a questa condizione si dischiuderanno i tesori inestimabili racchiudsi nella scrigno della Tradizione.








3 commenti:

  1. Caro Franco, come si può parlare di Tradizione in Occidente buttando via il bambino (in questo caso letteralmente, il Bambino) con l'acqua sporca dello stile di vita moderno?

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  2. D'accordo. Sbagliato non fare distinguo. Il cattolicesimo è un femomeno complesso, alcune componenti sono degne di rispetto, altre no. Se è possibile racchiudere in una battuta (e non lo è) gran parte del cattolicesimo fa parte dell'acqua sporca.
    Lo voleva il Bambino lo sterminio di gran parte delle civiltà altre? L'etnocidio fisico e culturale delle civiltà prime (e non primitive)?
    Poi di quale 'stile di vita parli'? Anche tu stai attento a non generalizzare. Siamo in molti a non aderire in pectore o de facto a questo stile.

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  3. Per stile di vita moderno intendo questa vita in cui l'economia è l'unico metro con cui si misura tutto, una vita frenetica, superficiale, banale; insomma tutto ciò in cui siamo immersi noi cittadini, mentre il Tracciolino insieme ad altri ci ricorda le cose veramente importanti. Vi invidio molto.

    Ad ogni modo guardando la storia mi sembra di capire che sia naturale che le civiltà si succedano una dopo l'altra (anche e soprattutto col sangue, a quanto pare) e che ad una tradizione ne succeda un'altra, il che succede tipicamente quando la vecchia società ormai non ha più nulla da dare ed alla Tradizione vera e propria si è passati alla superstizione (nel senso latino di superstitio, ciò che è rimasto, da Simbolo vivente a stanco rito). Detto questo, raramente ciò che è ancora vivente e sano viene buttato, ma spesso viene integrato nella nuova tradizione quando è possibile.
    È successo con la Roma imperiale, ormai diventata edonista e dissoluta, su cui si è innestato il cattolicesimo, e succederà con la civiltà europea che diventerà musulmana se non ci sarà un colpo di reni degli europei, e finirà come Bisanzio con i Turchi.
    Non sono poi così convinto che il cattolicesimo sia diretto responsabile diretto dei principali massacri, è stato usato perlopiù come pretesto, soprattutto in età moderna e contemporanea.

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