Era solo un paio d'anni fa.
In compagnia di Bruna e Augusta. Sullo sfondo Tito aleggia come uno spirito immortale.
Ora la stalla è silenziosa.
Nessun colpo di corna, belato o preoccupazione. Tutto tace in un silenzio di morte.
Eravamo arrivati a quota quindici, contando le sei nate a febbraio-marzo. Avevamo raggiunto una notevole omogeneità razziale di camosciate alpine nel gregge.
Solitario nel mondo devo risparmiare le forze.
Cambiano le forme esteriori, in continuazione. E' una regola ferrea delle cose manifeste.
Come scompaiono possono ricomparire.
Come s'inabissano possono riaffiorare.
Il Tempo divora i suoi stessi germogli
che a primavera danno speranze agli umani,
vaghe e non più i fiori inghirlandano i volti delle fanciulle
nelle cineree città dagli uffici blindati.
Persino sulle tombe sono di plastica dissacratoria.
Così si è consumata la speranza delle capre, la stagione di una speranza.
Non della Speranza. Essa vive e lotta, col resto delle forze rimaste,
per fare altro, per rifare, ripartire, non fosse altro, ri-sistere.
Ricordo i loro sguardi. Il loro temperamento, una per una.
I loro insegnamenti, segreti e intimi, mi si sono scolpiti nel cuore.
Esse appartengono alla Via degli Avi, ci soffiano nel cuore
la saggezza per raggiungerli, nelle loro Terre immortali,
mentre noi nell'angusta miseria ci si dilania cattivi,
crudeli e farsesche ombre.
Possa il giovane e possente frassino custodirne aurea memoria.
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