martedì 30 aprile 2013

Ed è subito sera.

La giornata è di quelle uggiose, piovono secchiate di acqua fredda, ma "noi" biellesi abbiamo le branchie, sosteneva mio nonno.
L'obiettivo è di quelli che contano, recuperare una motocarriola.
Lo so può sembrare strano leggere questo da una sedia di ufficio o dalla vostra comoda poltrona in città, ma la vita in montagna è in pendenza e un piccolo mezzo cingolato può cambiare una stagione intera.
Lo scopo è recuperarla da un garage, caricarla di peso sul furgone di Franco e portarla da lui, nell'attesa che le mani esperte del nostro amico Gigi le diano nuova vita.
Dopo aver accompagnato Elisa alla stazione, con la tristezza nel cuore di saperla diretta verso l'orgia polverosa della grande città, giro la macchina e mi dirigo verso la mia valle, verso casa.
Sono scesi incessantemente  molti centimetri d'acqua in questi giorni e mentre ripercorro al contrario le strade allagate che in senso in verso quasi mi paiono un cammino salvifico, vedo rivoli d'acqua ormai divenuti torrenti minacciosi e piccole cascate su ogni parete rocciosa, la montagna lacrima e insieme alle lacrime in genere arrivano anche le frane.
Senza badare troppo ai miei pensieri raggiungo il mio garage e vado a cambiarmi per la battaglia.
Squilla il telefono, Franco sta arrivando, si comincia.
Scendo, apro il garage e sollevando quella massa di metallo mi avvicino all'uscita, Franco arriva ed inizia ad aiutarmi.
Eccoci come un tempo di nuovo uniti per una battaglia comune, piove di traverso e il peso è notevole, ma siamo gente di montagna noi.
Intanto arriva una macchina e scende Donato che, appena ci vede, si offre di aiutarci. Nel mentre giunge la notizia che una delle due strade che portano al paese è crollata.
Finalmente la motocarriola è sul furgone, ora dobbiamo partire e raggiungere la Cascina di Franco e Bea.
Dopo una breve sosta a fondo valle per qualche provvista si riparte.
La strada si inerpica veloce su per i pendii fradici e fiumi d'acqua improvvisati investono l'asfalto.
Piccoli smottamenti ovunque, sassi, pietre e rami in mezzo alla strada, segnali inequivocabili di ribellione.
Dopo qualche curva eccoci da lui. Sono ormai le quattro di pomeriggio. Mangiamo come se non lo facessimo da mesi i manicaretti di Bea e i formaggi freschi delle loro capre, un piacere per l'anima oltre che per il palato.
La pioggia cala il suo ritmo incessante e allora decidiamo di lavorare un po' alla costruzione della nuova moscarola per i formaggi.
Successivamente ci mettiamo anche a smontare una vecchia stufa a colonna per recuperare le preziose parti in ghisa da riutilizzare per una stufa in muratura che vorremmo realizzare nella stanza nuova.
Si è preziosa la ghisa qui, in montagna il valore è scandito dal peso, quindi la ghisa è molto preziosa.
In un attimo imbrunisce e dobbiamo fare "il giro delle bestie".
Latte ai capretti, fieno e pane ai più grandi, mungere e tutto ciò che occorre agli animali.
Stanchi ma soddisfatti consumiamo una cena gustosa e poi per me è venuto il momento di tornare.
Mentre saluto e salgo in macchina mi domando quali strade vi siano percorribili, se riuscirò ad arrivare a casa, ma poco conta alla fine, la montagna per me è casa sempre.
Giunto a destinazione, dopo una doccia calda, scruto il cielo scuro e carico, è già notte, la giornata è volata via come una foglia dopo un soffio di vento.
Sto per addormentarmi quando ad un tratto sento lo scrosciare impetuoso di un'altra raffica di pioggia.
Penso a cosa ci sarà al mio risveglio, quali frane, quali strade e, nel tepore delle coperte, penso con un mezzo sorriso che, se anche l'ultima strada venisse portata via, non sarebbe poi così male.

Nessun commento:

Posta un commento