venerdì 26 febbraio 2010

VI RACCONTO UN SOGNO...


Vi racconto un sogno...che ho appena cominciato a vivere nella realtà. Ma ho bisogno dell'intelligenza, del coraggio, della forza e della partecipazione di tutte le persone interessate per portarlo avanti.


Un sogno imperniato in un posto: il Tracciolino (Comune di Donato, Provincia di Biella); un sogno che affronti con coraggio una sfida, fondamentale, cimentarsi con la domanda: "E' ancora possibile lavorare 'come Dio comanda'?
Non c'è bisogno di dire, nei nostri tempi, quanto il lavoro occupi una parte importante nella vita pratica e quotidiana di tutti noi. Oggigiorno poi, con la crisi globale che si sta preannunciando - nonostante le rassicurazioni dei governanti, per loro un atto dovuto - la disoccuazione assume le forme evidenti della tragedia per molti individui e molte famiglie. Ed è solo agli inizi. Non è per fare del catastrofismo, ma per chi sapeva vedere la crisi era già ben evidente. Moltissimi ancora credono in rimedi che sostanzialmente, con lievi differenze, altro non sono che i mali che ci hanno condotto all'attuale penosa situazione. Alcuni di questi hanno interesse che l'Occidente si perpetui con i vecchi medoti, un'operazione di facciata e via! Un Presidente nero, socialistoide, guerrafondaio e premio Nobel per la Pace, alla guida di una super potenza che primeggia nell'indebitamento pubblico e privato, e con il più grande disavanzo mondiale nella bilancia import export. Evidentemente una marionetta. La finanza, e non distinguo tra quella speculativa e quella buona, che capitalizza le imprese ed il lavoro, è il vero Dominus. Questa via non può funzionare...anzi ci porta dritto ad una nuova ed ennesima operazione speculativa in grande stile, alla prossima bolla finanziaria dunque! Gli attori sono tutti ancora lì, pronti a scoperchiare una nuova pentola...magari una nuova guerra democratica!

Altri invece, e sono i più, ne subiscono pesantemente le conseguenze. Ma non voglio qui concentrare l'attenzione sugli effetti occupazionali in senso economico. La mancanza del lavoro umilia l'essere umano, rende la sua vita insignificante, priva della gioia fondamentale di poter dare un tetto e un pezzo di pane ai figli e alla moglie (prima che si perdesse sulla strada della "emancipazione"). E qui si profilano due possibili atteggiamenti.
Da un lato, ci si 'deve' accontentare di quel che si trova (se si trova), e quindi si accetta il lavoro che ci si può accapparrare, a qualsiasi salario, a qualsiasi condizione, anche la la più indegna dell'essere umano, degradandosi ad un tal basso livello (ciò che l'Alto Fattore fece "ad immagine e somiglianza" di Dio) che poi il pane che ne guadagna risulta dei più amari. Un lavoro indegno di figurare con orgoglio sul desco famigliare. La devastazione morale e spirituale di un pane di cui ci si vergogna, quasi fosse quello di un ladro, non porta alcuna gioia nella famiglia, ma perpetua la disgregazione da cui ci si voleva salvare.

Nelle parole di Marx, e poco importa se si tratta di lavoro alienato o lavoro assente (l'invenzione della disoccupazione nasce col mercato e si accentua con l'epoca industriale), si va a colpire l'essere umano nella sua essenza. La sofferenza è talmente profonda che spinge ancor oggi molti a non credere , nonostante tutte le evidenze, nel fallimento del comunismo reale. Lungi dal riconoscerne gli errori di base, cioè il materialismo storico (e dialettico), si affannano con linguaggi "nuovi" a restaurare il vecchio. Altri ancora, distinguendo tra un Marx giovane ed uno maturo e 'scientifico', pretendono di essere più marxisti di Marx!

Ma non dimentichiamo che il tragico XX sec. ha conosciuto regimi politici e ideologie che reagirono alla sofferenza del lavoro industriale. Utopisti e socialisti. Il Fascismo è nato in un alveo socialista, non di classe ma corporativo (almeno nelle intenzioni). Chi non ricorda la Rerum Novarum? Cioè il cristianesimo a fronte della disumanità dell'uomo asservito alla macchina nell'epoca moderna. L'hitlerismo si proclamava nazionale al pari di socialista. Per essere sintetici al massimo.

E oggi? Oggi non reagiamo più, la cangrena ci immobilizza. Come cani che mangiano le briciole che cadono dal banchetto dei crapuloni di ogni risma e livello, sociale e morale, ci si accontenta di tutto, purchè si mangi. Ghiande per i porci. Produciamo veleni e armi se questi creano posti di lavoro! Il nucleare darà posti di lavoro, dicono. E se la nostra coscienza si fa inquieta...disponiamo di mille modi per tacitarla. Schedine e lotterie statali, fabbriche di illusioni, servirebbero a restaturare opere d'arte, la finanza del non-sense si combina all'oppiaceo sogno del win for life. Montagne di psicofarmaci, alcool e droghe vengono ingurgitati quotidianamente da quel che resta di questa Imago Dei. E come non gli bastasse, vorrebbe ergersi ad esempio di civiltà da esportare, disseminando invece corruzione! Non c'è limite al peggio. E di fatto, la sua portata è tale da scuotere l'intero edificio su cui l'Occidente, da secoli anche se in modo contrastato, ha creato le sue certezze; in primis l'idea di progresso.

La questione è di quelle basilari. Talmente radicale che spesso si preferisce evitarla, con mille escamotages, che affrontarla. Un modo per disattenderla è quello di dire: 'Troppo grossa per essere credibile!' In altre epoche, non è mancato il coraggio di affrontarla. Sottoponiamo alla vostra attenzione un affresco proveniente dal Duomo di Biella. Dio, che ha assunto fattezze, immagine diremmo noi, umane soffre per gli attrezzi del lavoro e le attività umane. La denominazione di questo Uomo paziente divino correntemente impiegata è 'Cristo della Domenica'. Dio soffrirebbe per il lavoro, o il suo abuso, che impedirebbe la santificazione della Domenica, giorno dedicato al rito principale da sempre per il cristiano, la celebrazione della S. Messa. A parte il fatto che i Padri Conciliari, proni ai compromessi con la modernità, avrebbero provveduto a spostare la celebrazione del Santo Precetto al sabato e reso vano dunque questo monito, resta il dubbio che questa contrapposizione tra lavoro e domenica, tra profano e sacro, sia la più aderente interpretazione. Fortemente sospetta, troppo facile, immediata, riflette i pregiudizi della mondo moderno.
Questa iconografia del 'Cristo della Domenica' nel Medioevo doveva essere tutt'altra che rara. Lo sviluppo della borghesia e delle città nel Basso Medioevo, probabilmente, ha acutizzato la crisi e di conseguenza l'urgenza del monito della santificazione della domenica. Notiamo tuttavia che molti di questi lavori, cui afferiscono i relativi strumenti non tutti sono artigianali, nel senso borghese, molti, se non i più, sono contadini. Addirittura il 'Cristo della Domenica' di Biella porta una cesoia da tosapecore, usato fino a tempi recenti dai pastori di queste valli, secondo una proporzione ingrandita che di solito denota il rango e la significatività e non l'ingenuo realismo cui noi moderni siamo avvezzi. La posizione della cesoia poi ha qualcosa di molto simbolico, nel senso che occupa una posizione centrale dell'Uomo Perfetto (al-insan al-kamil direbbe la mistica islamica): le lame lungo gli arti inferiori e l'anello, impugnatura e 'motore a molla' dell'attrezzo è posto nel centro cardiolatrico. Nella caverna (nel segreto) del cuore, sede della conoscenza intellettiva.

Per cui, se si soppesano giustamente gli elementi interpretativi, diremmo volentieri che la denominazone del 'Cristo della Domenica' ci sembra viziata da un'impostazione sociologica e, in ultima analisi marxista, che vede nella 'contraddizione socio-economica' tra la nascente classe borghese e la classe delle forze clericali arroccate nella difesa del sistema feudale. Sappiamo come Marx elegga la borghesia a grande motore della Storia attribuendole una funzione rivoluzionaria, sia al suo sorgere nel Basso Medioevo, sia negli eventi del '1789'. Se cosi fosse, più che un 'Cristo della Domenica' si tratterebbe piuttosto di una teoria da 'cristiani della Domenica'!

Gli elementi simbolici di questo tipo iconologico indurrebero piuttosto a pensare ad una valutazione qualitativa del lavoro, alla distinzione teologica e Scolastica, reggentesi su elementi metafisici, secondo cui in discussione non è tanto il lavoro, in quanto tale, che offende la divinità. Fatto per altro al limite della credibilità questa vulnerabilità dell'Essere Supremo! Ma la Qualità del lavoro, o meglio il suo venir meno, a tutto vantaggio di una visione Quantitativa, insita nelle primi sistemi manifatturieri, con i relativi banchi di credito, ed il loro pervertito uso del denaro. Questi si che trasgredisce la regola del lavoro "fatto come Dio comanda", cioè quello eseguito a "Regola d'Arte". Non si tratta solamente della trasgressione della Regola della Corporazione, che sarebbe affare profano. si tratta piuttosto di un 'lavoro qualificato'. Il 'mestiere quantificato' e meccanico che sottopone l'artigiano alla macchina, offende la Legge divina del Lavoro ispirato a vocazione (su chiamata; quale lavoratore o mestiere moderno può misurarsi con la vocatio? La prospettiva moderna materialistica è incline a credere, addirittura, che la chiamata venga dal proprio interno 'io' psicologico!), ad imitazione del Grande Artigiano-Creatore dell'Universo.
Lo si vede bene in un particolare, qui evidenziato in riquadro, di un altro dipinto veneto del cosiddetto 'Cristo della Domenica'. Analogamente, qui sarebbe fuorviante pensare alla condanna ecclesiale verso il peccato di avarizia. Trattando di mestieri che seguono la immutabile Tradizione ispirata dalla natura divina dell'Uomo, e di mestieri profani tesi a quantificare profitti e metodi operativi prostituiti ad una cieca tecnica, la mano che maneggia il denaro è da ritenersi, a nostro avviso, segno di lavoro offensivo del Corpo cristico, cioè quello dell'usuraio.
Un mestiere che sotto alcun aspetto può riflettere il lavoro umano all'Opera Divina, ma viene compiuto a sua onta. Una innaturalità, quella di questo mestiere blasfemo che era nota fin dall'inizio dei tempi storici. Aristotele ne coglie un aspetto contro natura: il denaro che si autoriproduce come se fosse un armento. Gli esseri nimali si riproducono, non può l'inerte denaro, sosteneva Aristotele. Buon senso, solo buon senso. Le condanne e le discussioni teologiche e filosofiche non si contano, lungo il corso della storia occidentale. Ora non più. Da pratica immonda, addirittura qualcuno si è spinto a comporre un'apologia. Nonostante il tema sia alquanto caduto in oblio, colpevolmente, non ci fu Padre della Chiesa, Apologeta o Dottore della Scolastica, che abbia trascurato di farne oggetto di riflessione ed esortazione a respingere la pratica peccaminosa. Si fonda sulla prescrizione evangelica e testuale. Talmente contro natura, che Dante, che visse nell'epoca di sviluppo mercantile dei Banchi, cioè quella del cedere denaro a prestito, per finanziare attività economiche o strozzinaggio del bisogno o debolezza altrui ("offende Dibina Bontade"), Dante dicevo nella sua Opera accosta in comune condanna usurai e omosessuali. Pervetimenti entrambi della Legge, naturale e rivelata.

La cacciata dei mercanti o nummularios, i cambiavalute, non è più ritenuto tema cristiano su cui riflettere, nonostante i Vangeli e nonostante la voracità della finanza attuale su scala planetaria non abbia pari con il passato. Nonostante mai le banche e gli istituti finanziari siano stati siano state così impopolari. L'espressione "finanza etica" un ossimoro per ingenui. Il silenzio complice del cristianesimo di oggi ha i suoi motivi.

Se qualche pittore medievale oggi dovessse dipingere l'icona Giustificadel cosiddetto 'Cristo della Domenica' siamo certi aggiungerebbe un'altra ferita, quella dovuta al mestiere dei nuovi farisei in veste talare, i banchieri del Vaticano, l'Opus Dei. Eloquente segno dei Tempi di contro-Tradizione che stiamo vivendo. Ma se dalla Sinagoga ci pensò Cristo a scacciarli, chi pensa oggi alla medesima o simil bisogna? Chi avrà la forza sovrumana di scacciarli dal Soglio di Pietro? Tragica, ma condivisibile e attuale la valutazione di Dante "non siate come pecore matte". Purtroppo chi si guarda intorno ed ha occhi per vedere, vede solo "pecore matte" e pastori smarriti, che conducono il gregge a "pascersi di vento", incapaci cioè di sacerdozio (termine, ricordo, che viene da sacer ducere, condurre al sacro).

Concludo. In un mio mosaico, la cui composizione risale ormai a qualche anno fa, negli anni '90, che ho chiamato 'Autoritratto', riportavo la scritta "Ars sine scientia nihil". Rappresenta un mosaicista anonimo al lavoro, con alcuni dei suoi strumenti di lavoro. Dico anonimo perchè mi sono imposto di evitare qualsiasi rassomiglianza realistica con la mia persona fisica. La lezione è sempre la stessa: negandoci al visibile, all'inddividuale al sè corporeo, si avanza verso l'invisibile. E noi si perde i nostri connotati, perchè non ci hanno mai appartenuti, e come una 'goccia che raggiunge il mare' perdiamo la nostra precedente identità. Ci si deve estinguere per abbracciare l'Altro! I protagonismi dei nostri artisti contemporanei sono quanto di più contrario alla vera Arte, Ars o Mestiere, che richiede l'anonimato. "L'artista non è uno un genere speciale di uomo, ma ogni uomo (nel suo lavoro quotidiano) è un genere speciale di artista"! Faccia ciabatte, coltivi patate o intrattenga con canti e racconti!

Il motto, tardomedioevale, che si è voluto fissare sul mosaico si potrebbe tradurre così : "il mestiere senza intelletto non vale nulla". Qui scienza è reso con intelletto, perchè l'unica vera Via della Conoscenza del Sè Divino, ossia la Metafisica o anche la Teologia, richiede la facoltà dell'intelletto. Supera e comprende la Ragione. Essa non ha il senso moderno di intelligenza razionale o calculus. Come potremmo usarlo noi nelle correnti espressioni, di 'lavoro intellettuale' come contrapposto a 'lavoro manuale', altro non ci riferisce che la nostra difficoltà o, peggio, incapacità, tutta moderna, di coglierne il vero significato. Testimonianza del declino irreversibile, ma non incontrastabile, in cui si sta precipitando.

Se togliete l'intelletto, al lavoro, all'operosità umana, e vale la pena qui di ricordare che "non si vive di solo pane", come avviene nel nostro mondo ordinario profano, non resta che un'avvilente e degradante azione animalesca volta a procurarsi i mezzi per soddisfare bisogni materiali. Senza possibilità di risollevarsi da questi, inevitabilmente questi bisogni si trasformano in vizi che, simbolicamente, fan sanguinare l'immagine dell'Uomo Divino che è stato posto in noi.

Quindi ritorno alla domanda iniziale. Ho un sogno. Se qualcuno ha un sogno che anche solo per qualche aspetto assomiglia a quello che qui abbiamo cercato di delineare, perchè non unire le nostre forze e i nostri sogni per farli diventare più reali qui sul Tracciolino? Qui dove Terra, Cielo, Alberi, Vento, Animali, possono ispirarci a cose nuove?
Vi aspettiamo!


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P.S.: Colgo qui l'occasione per ringraziare per la sua cortesia Paolo Steffan che ci ha concesso di riprodurre sue foto, nonchè per le penetranti osservazioni su questo tema esposte nel sito:

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