venerdì 2 aprile 2010

Una Torre...anzi, uno Specchio

L'immagine è di quelle celebri. La torre di Babele di Pieter Bruegel, 1563. Imponente per la sua complessa mole. non lascia indifferenti. Il celebre mito, tratto come è noto dal racconto biblico, racconta della dispersione sulla Terra, attraverso la diversificazione delle lingue. La nascita del multiculturalismo, oggi si direbbe, forse. Gli uomini non si capiscono più. E' persa ogni possibilità d'armonia. Ma questa è la punizione, non la causa che l'ha provocata. Ed ancora, l'esegetica della Torre di Babele, o Babil, o Babilonia, è divisa su interpretazioni di base discordi, per non dire contrapposte. Punizione per la superbia umana o benefica disseminazione della creatura prediletta sul creato che Dio gli avrebbe messo a a sua dispisizione? O forse ancora, le due interpretazioni non sono in fondo così incompatibili? E cioè, gli uomini si farebbero carico del creato (asteniamoci da commenti e terrorismo ecologici a buon mercato, condizionale quanto mai d'obbligo) solo in quanto macchiati da superbia e ambizione smodata di voler competere col loro Creatore. Anzi, ambizione e superbia ne potrebbero essere il movente.

Certo che l'ambivalenza è di casa in questa vicenda. Eccellenza e miseria, soddisfazione e incubo, edificazione e rovina, castigo e premio sono presenti con evidenza ed in egual misura. L'esegesi muta anche al mutare di chi si identifica nel popolo della Torre. In un momento sembra la genìa di Nabuccodonosor, il crudele despota della 'cattività'. Sembra la ziqqurath, la Torre, il simbolo dell'arroganza da abbattere. E se Dio sta con noi, Gott mit uns, non mancherà di intervenire con la sua punizione. In un'altra si identifica con l'umanità intera, anch'essa punita. In un'altra ancora, con il popolo del Libro, per cui dispersione si identifica con diffusione.

Il dispiego della potenziale tecnologico umano, forse oggigiorno metteremmo un po più di elettronica, di particelle sub-atomiche e DNA, sfoggia qui il massimo delle sue 'conquiste'. Il binomio scienza e tecnica, nella nostra epoca, prende rilievo a svantaggio di quel che una volta si chiamava l'arte, il mestiere, la techné, che non è un puro e semplice saper fare. Ma un avvicinamento attraverso il fare ai Misteri che legano l'umano al divino. Ciò che esce dalle mani dall'artigiano, la sua sincerità e purezza è d'obbligo, per cui si può propramente parlare di iniziazione visto l'impegno interiore che implica, non può non essere che bello. La bellezza era presente nell'operosità umana. Quanta miseria nel lavoro industriale! Quanta miseria nella sua ricerca, nella speranza che evitando la disoccupazione tout court si possa risolvere qualcosa. Sindacati e imprenditori uniti dalla comune preoccupazione per la ripresa dei 'consumi'. Quanta miseria! Fino a ieri sprezzato ingrediente della contestata 'società dei consumi'! La Torre si fa metafora dell'affaccendamento umano, dell'interrogazione sul non-senso della e di ogni civiltà umana che agisce nell'Oblio del trascendente. In diaferesesis diceva Nietzsche.
Rimane intatto comunque tanto lo spirito di superbia ed ambizione, quanto la disinvoltura nel padroneggiare del creato (forse la chiaremmo natura...?). Volontà di conoscenza e sconvolgimento ambientale si inseguono come la luce è inseparabile compagna dell'ombra. E' il ciclo che si insegue: impossibile spezzare il cerchio, si usa dire! Insaparabili come i poli magnetici.

Quel che si sa, tuttavia allunga ombre poco armoniose. Non è la sapienza greco-orientale la fonte. Siamo alla presensa delle ragioni d'essere di sem o shem, del semitismo mesopotamico. Le sue ziqqurath babilonesi, esattamente su sette livelli, come quella dipinta da Bruegel. Sembra che l'ambizione debordante del popolo della Torre fosse proprio quella di 'farsi un nome', cioè 'costruirsi' una fama. Una Gloria (che fu anche greca) sempre sul filo di tramutarsi in 'vana-gloria'.
E non è ovviamente una storia di 'altri tempi'. E neppure la questione è ormai più circoscritta alla regione mesopotamica. Ad una lontana provincia dell'Impero, sostanzialmente estraneo per cultura, religione, lingua e tradizione.
Il cristianesimo, piaccia o meno, lo ha esportato con tutte le sue contraddizioni. Uscendo dall'alveo antico e lontano, finì per identificarsi con l'intero Occidente, non solo regione geografica ma anche spirituale del termine. Ha diffuso a partire da Babele-Babilonia la molteplicità delle lingue. Un rivolo della genealogia di Sem, dalla Chiesa di Gerusalemme, dalla nuova diaspora paolina, si mette parlare greco, latino e poi varie lingue nazionali strane, barbariche...sempre più lontani dall'unica lingua di Dio, precedente alla distruzione della Torre. La perdita della lingua sacra, che prima diventa liturgica ed infine profana, non è più fatta con i Nomi di Dio. Ma nomi degli uomini. La storia sembra parlar chiaro. Sembra inverare il racconto della Torre.
In questa vicenda della Torre, vi è modo di vedere rispecchiata l'attualità ciclica dell'Occidente moderno. Come uno specchio, rimanda l'immagine di un'umanità smarrita, annichilita, sofferente, dispersa, dis-Orientata. E' lo smarrimento che ci coglie sul nostro volto quando i nostri nomi umani, la nostra scienza, ci fa paura. Fa paura la chimica, per quello che fa all'ambiente e alla salute di tutti, la fisica che non semette di bombardare le particelle sempre più remote e veloci con i suoi acceleratori. Fanno paura le Torri del nucleare che si vedono (anche) dal Tracciolino. Fanno paura coloro che non condividono questo smarrimento.
Cosa vediamo in questo specchio? Lasciamo in sospeso la risposta. Una sospensione non scettica, ma di giudizio. Pensimo piuttosto di dar senso al nostro esserci. Torniamo a frequentare i Nomi e la Legge che è fatta di nomi antichi, ma non vecchi. Torniamo a lavorare 'come Dio comanda'. A scambiare i frutti del nostro lavoro senza il timore di avvelenare il fratello. Un mondo senza paura è migliore.
A proposito di specchi. Il Reverendo Charles Dodgson, meglio noto come Lewis Carroll, autore e ideatore di quella Alice (nel Paese delle Meraviglie) molto attratta dagli specchi e di ciò che sta loro dietro, amava ambiguamente fotografare la Alice storica ed altre bambine che frequentava. Ricorda terribilmente la cronaca di questi giorni che si sta 'abbattendo' sulla Chiesa cattolica.
Vuol forse dire che il suo compito volge al termine? Par di sentire il fracasso dei massi e dei mattoni che rotolano giù dalla antica Torre...

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