mercoledì 7 dicembre 2011

Ancora quei 30 denari: pastori in guisa di lupi

Di solito, ci atteniamo alla regola di non occuparci di politica, nel senso corrente del termine.

La politica, soprattutto qualora si avvalga di discorsi economici, e lo fa di questi tempi quasi regolarmente, ancorchè dibattuta in sedi accademiche e svolta attraverso discorsi paludati e dotti, in realtà nasconde una natura assai meschina e inidonea a render conto delle potenzialità insite nell'essere umano. Nella mentalità moderna ha assunto il significato di crogiolo in cui si elaborerebbero le ipotesi, le speranze utopiche di un rinnovamento laico impossibile. Parodia salvifica. Finisce invece per asserire, senza volerlo, la impotenza della condizione umana, sia individualmente che come movimenti organizzati. La politica, soprattutto se democratica, diventa inevitabilmente un luogo discorsivo, perfino di intrattenimento, in cui si esercitano anime tanto belle quanto ipocrite. Un luogo consolatorio in cui le masse vengono guidate e controllate dalla 'ragione della maggioranza'. Questo si, il vero moloch indiscutibile.

Mai sarà in grado la politica di indicare di per sè, sola, la via. Essa non può rappresentare che un anfratto del labirinto, non la via di uscita dal medesimo. La legge umana si misura con la sua inanità. Pio esercizio di vacuità e di ingannevole applicazione delle energie umane. Labirinto di perdizione, ora e qui.

Men che meno nel caos democratico moderno, dove tutti si finge di credere nella 'volontà generale' o addirittura 'popolare'. Il popolo sovrano, proprio come il debito sovrano. Mentre è noto ed acquisito da secoli, che la verità non possa costituirsi dal 'basso'. Esattamente come l' Uno non può derivare dal Molteplice, ma il contrario. Il Contingente dal Trascendente. Come il Contenuto non possa contenere il Contenitore.


Ma siccome si son fatti ciechi i Pastori, cioè coloro che dovrebbero reggere "la forma universal di questo nodo" (Par., XXXIII, 91), quando non lupi, ecco che personaggi del calibro del Cardinale Bagnasco, segretario di Stato vaticano, a chi gli chiedeva cosa pensasse della manovra del governo Monti, così rispondeva: «I sacrifici fanno parte della vita». Amen.

Non è più quindi, almeno per noi, questione politica, si fa vertenza metafisica.

I commenti economicistici, dunque materialistici, sui 'sacrifici' a cui si potrebbero sottoporre i beni mobili ed immobili posseduti dal Vaticano, non ci appartengono. L'ironia amara, in perfetto stile marxista di un Brecht che usava volgere i sentimenti umani in dabbenaggine - ricordate la "Santa Giovanna dei Macelli"? - di coloro che ci ricordano, solo ora, le esenzioni della tassa ICI, senza prendere in seria considerazione ogni pur minima domanda intorno alla sacralità, ci sembra un'esca fuorviante. Se fossero guida santa all'umanità occidentale, ci si potrebbe sentire onorati di concedere caritatevole aiuto a cotanta progenie. Anzi sarebbe doverosa gratitudine.

Il punto è un altro. L'esigere il pagamento di un debito, soprattutto ad anziani e non certo benestanti, non si capisce cos'abbia di cristiano. Assomiglia i più alla 'legge del taglione' che alla legge evangelica. Ma c'è di più. Quel debito che sono chiamati a restituire, lo hanno contratto loro? O sono i sacerdoti di Mammona che lo hanno imposto a conniventi capi politici democratici di questo sistema politico uscito dalla Grande Guerra? In principio fu il piano (di prestiti) Marshall, i debiti di guerra. Sempre debiti. Carta, nient'altro che carta, priva o quasi di valore, ma che indebita chi la riceve. Carta in cambio di sangue.

"Padre nostro.. rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori". La sola preghiera insegnata espressamente nel Vangelo.

Sicuramente l'ineffabile Bertone avrà sottomano decine di raffinate e sottili interpretazioni ad hoc per evitare quella più ovvia, quasi banale nella sua enunciazione. Preferiremmo che un Pastore impiegasse il termine 'sacrificio' in contesti ben più consoni al suo sacerdozio, anzichè relegata in una sfera del tutto profana. Ma sappiamo che l'eclisse del sacro ha da tempo preso casa nelle sacre stanze d'oltretevere.

«La crisi che stiamo vivendo può avere un risvolto positivo se ci fa interrogare sugli stili di vita che abbiamo adottato finora». Lo dice l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, il dicastero della Curia romana voluto da Benedetto XVI.



Fa piacere venire a conoscenza che ora sia la crisi finanziaria la fonte di ispirazione del nostro comportamento, e non più gli insegnamenti del Maestro!

Quando il pastore si allea col lupo, diventa più pericoloso del lupo medesimo. Se invece di difendere il gregge, lo conduce al macello e chiama ciò "sacrificio", non è solo questione di errore dottrinale, ma di inversione e perversione della Legge. Alleatisi alla finanza internazionale, rinnegando secoli e secoli di tradizione, si sono posti a fianco dei nemici di Kristo, gli usurai della BCE, del FMI, delle Banche, delle Borse di tutto il mondo, i figli della stirpe deviata di Abramo contro i quali Kristo combattè. Solo e inascoltato dai più, soprattutto oggi.

Mario Monti -cattolitico liberale (sic!) - aveva definito, durante un convegno in Vaticano, l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate “quasi un documento guida di un governo tecnico della società”. Sembrerebbe la restituzione di un 'debito'... di riconoscenza!





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