mercoledì 21 dicembre 2011

Vir-, Vir-go, Vir-tus.

"La verginità e la virilità vanno saldamente per mano. Verginità è virilità. Siamo stati creati in un mondo dove 'ambiente fomenta l'opposto,un sessualismo sfrenato ed il dongiovannismo come segno di virilità. Più giovane un uomo perde la sua verginità più sarà virile; più donne ha e possiede, più lo si ammira. [Più giovane una donna perde la sua verginità più la si considera emancita, sveglia e libera da fardell arcaici]. La sapienza classica [...] afferma l'opposto: l'uomo che vive con donne e per le donne, soddisfacendo i suoi desideri fisici, si effemina, si trasforma in donna. Il Graal lo conquista soltanto l'uomo casto. Il sesso è usato per la riproduzione. Per meglio dire, chi lo usa si riproduce."
(Miguel Serrano)

In coda, un colpo da maestro. Serrano coglie l'essenza della sessualità: la riproduzione. Quinque voglia snaturare la sessualità umana, in buona fede o con il non nobile fine di un palese degrado di dignità da umana ad animalesca, non ha altro da fare che cercare di separare la sessualità dalla riproduzione. Nella tenuta culturale come in quella sociale pratica. Vogliamo dire, sia nella riputazione con cui la società si rappresenta il sesso, sbandierato come dice Amerio (v. qui "L'Antico purpureo velo..." del 27 ottobre 2011), sia nel promuovere mutamenti sociali, morali, comportamentali e di mentalità conformi alla visione moderna antiriproduttiva moderna.

Un momento chiave nella sfera culturale, con evidenti effetti pratici, fu il freudismo e la psicoanalisi. A circa cent'anni dalla stesura delle teorie psicoanalitiche è possibile soppesare quanto abbia influito sulla concezione della sessualità disorientata alla riproduzione. Concezione tenuta in maggior considerazione in quanto il suo autore ha usato una cura particolare nel presentarsi con i crismi della scientificità, con il rispetto e prestigio riscosso socialmente dal sapere positivistico.

Il discorso scientifico sul sesso, appena scalfito dalla 'deviazione' Junghiana che contrappone all'inconscio la dimensione non cartesiana dell'archetipo, ha fatto si che i principi di causalità sperimentale e di analisi meccanicistica dei fenomeni (la libido come fluido assoggettabile alle leggi dell'idraulica), cioè la quint'essenza della modernità, che affonda le sue radici nella costruzione nella cosiddetta Rivoluzione scientifica, agissero da garanti autorevoli agli occhi di un mondo che andava sempre più liquidando le valenze metafisiche a vantaggio di una visione materialistica. Fino a porsi, si intende il positivismo, come religione antitradizionale della modernità, in aperto contrasto con l'ordine pre-esistente. E ciò in un campo del sapere positivitico per eccellenza: la medicina, che tanto impatto ha sulla 'conversione', ma sarebbe meglio dire sovversione, di massa alla novella fede pervertitrice.

In un certo senso, sono i 'miracoli' laici svolti nelle corsie ospedaliere che hanno avuto l'effetto più eloquente, in un mondo decisameneo volto alla somatolatria. Ed è questa medicina positivistica, che procede per le vie 'collaudate' della chimica e della fisica (e che di conseguenza tritura l'unità soggetto malato)







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