lunedì 24 settembre 2012

Marikana, un massacro razzista democratico.

Nell'arido deserto sudafricano si trova una località dal nome esotico, siamo nel cuore brullo e arido del Sud Africa. Marikana. Un luogo decisamente inospitale, forse un tempo gruppi di cacciatori lo attraversavano con una conoscenza del terreno ineguagliabile. Conoscendo ogni pozza di acqua, ogni cespuglio, ogni rilievo roccioso.
Quel che alle nostre orecchie distratte potrebbe suonare come il nome di una discoteca alla moda in cui i nostri giovani compatrioti vanno a stordirsi con danze che non vogliono dir nulla, alcool, baccano e luci intermittenti, in realtà indica un distretto minerario importante. Si estrae minerale di platino dalle viscere della 'Madre Africa'. Minatori neri si inabissano tutti i giorni per divorarne rocce intestine.
Viene deciso uno sciopero per rivendicare un salario più alto. Escono dal sottosuolo, si siedono sulla collina, forse naturale, forse di detriti degli scavi minerari, cantano con parole antiche il loro orgoglio, la loro protesta, i loro passi prendono il sapore dei vecchi cacciatori, si accompagnano con un ritmo cadenzato con lance da museo etnografico e coltelli e semplici legni da percussione. Ma per termine ambiguo percussione, vertiginosamente polisemico. Vuol dire percuotere, picchiare, battere, suonare sezioni ritmiche, provocare. Ri-percuotere, addirittura causare, effettuare. Come è giusto dai canti e dalla danza, dall'arte cioè, nascono cose. Si fa un gran parlare di arte, poesia, come mitopoiési, poi quando ce la si trova dinanzi si resta smarriti, attoniti, sconcertati. I loro canti non sono difatti un 'concerto', non si sa nulla dei brani in programma, chi esegua che cosa, nè quanto duri la performance. E' la vita, il salario. Il lavoro, il sangue e la terra a muovere  e mestare i sentimentimenti.
La polizia ha paura. Troppo arcaici, 'primitivi'. Eppoi c'è in discusione l'economia estrattiva. Il profitto e gli investimenti che devono rientrare con debiti guadagni. Il filantropismo va bene quando si tratta di razzismo, di apartheid, non quando c'è di mezzo il Dio denaro. Spara. Dicono con proiettili di gomma. Ma filmati e reportages giornalistici dicono il contrario. Colpi di mitragliatore e pistole. Spari ad altezza d'uomo. Restano sul terreno 34 minatori, tutti neri. E' la fine d'agosto del 2012.
La polizia no. La polizia è del nuovo Sud Africa e multirazziale, bianchi e neri insieme, uomini e donne. Uniti nel mantenere il nuovo ordine sociale democratico. Certo, le solite discusioni. Le provocazioni, i sindacati, i facinorosi, gli estremisti. 




I fatti sono li che parlano chiaro. A quella folla di uomini seduti sulla collina, i loro crani nudi e lucidi al sole. un vermicolare di moltitudine incontrollabile, a quella negritudine va data una lezione di modernità. Credono forse di essere ancora ai bei tempi del Sud Africa razzista, paternalista, vergogna del mondo col suo apartheid? Certo, per più ragioni,  non è più tempo, nè di paternità, nè di tutto ciò che vi può connettere. Ora si spara ad altezza d'uomo contro dei lavoratori in sciopero. E tutto il mondo cosiddetto civile tace. Pronto a scattare se fosse stato uno scontro razziale, ovviamente dei cattivi bianchi contro i buoni neri, ora non dice una sillaba.
Una fonte giornalistica indipendente traccia la morale amara della storia: "Diciotto anni dopo il raggiungimento della democrazia, nel Sud Africa è ampiamente diffusa la corruzione e la disoccupazione è a livelli abnormi (crippling). Col crescere sempre più dei minatori, lo sciopero assume il significato di uno sguardo radicale su questi problemi sociali".
Non sembrano i minatori sardi del Sulcis? Non sembra la storia della guerra civile nordamericana e la sua 'favola' dell'emancipazione dei neri?
Nessuno esalta come un successo di civiltà lo 'schiavismo', per altro in gran parte alimentato da mercanti danarosi e proprietari terrieri senza scrupoli, ma neppure di tessere le lodi dell'emancipazione, dell'abolizione della schiavitù. Perchè? Semplice. E' una falsità. E' ben viva e vegeta! Non più in candidi abiti bianchi coloniali. Anche l'imperialismo, "fase suprema del colonialismo" (Lenin), con eserciti e corazzate, sembra un ferro vecchio. Oggi si usano velivoli senza piloti,  e il controllo sociale non avviene con individui in soprabito nero di pelle con occhiali scuri. L'annichilimento della protesta oggi viaggia wireless. Le transazioni si attuano con un click. Il vecchio denaro, ancorchè condizionato da sistemi mondiali centralizzati, ha un che di Ottocentesco.
Si tratta di una forma più sofisiticata di schiavitù. Ed altre ben più raffinate ci attendono. Non si occupa più militarmente il suolo (al massimo si esporta la democrazia, come gli infami governi collaborazionisti italici fanno), non si odono clangori di catene, si agisce con debiti, interessi, usura, piani mondiali di prestiti, cioè debiti visti dall'altra parte. Tasse e vessazioni per decenni e secoli a venire. Condizionamenti su scelte che ipotecano il nostro futuro, quello dei nostri figli. E' il nostro senso di umanità che ci va di mezzo.
Ma cosa volete, il progresso non si può arrestare. Lo sanno tutti!


http://www.frontlineclub.com/events/2012/10/what-does-the-marikana-massacre-mean-for-south-africa.html?utm_source=Frontline&utm_campaign=9997f4178e-24+September&utm_medium=email



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