domenica 30 settembre 2012

L'Ombra del Destino.

"Sto facendo la cosa giusta?"
Non vi siete mai posti questa domanda? Forse si. Forse ce la siamo posta tutti. Forse continuiamo a porcela. Sembra la via maestra per insinuare il dubbio e le conseguenti insicurezze, vacillamenti, tormenti dolorosi con cui ci torturiamo l'esistenza.
L'ombra del dubbio si allunga su di noi, sulle nostre personali, esistenziali riflessioni personali delle nostre storie. Ci  sbilancia e ci rende eccentrici a noi stessi. Si perde l'equilibrio. C'è qualcos'altro fuori di me che potrebbe essere stato e non è. Una strada, una sceltache avrei pèotuto mettere in atto e che inveco non ho perseguito.
Non accettare il proprio destino quando esso è fatto stabilito, si è compiuto. A che serve continuare a tormentarsi per un passato che ormai resta deciso una volta per tutte? Un desiderio di autotorturarci.
Se fossi pù prudente, starei maggiormante attento a quello che significa nella tradizione islamica, l'attribuzione a Dio del nome 'Destino' (al-qadr). Uno spazio non umano, nel senso che è super-umano, oltre-umano. Appunto divino. Al contempo, una grazia, un'elargizione che ci solleva da una responsabilità inana, una preoccupazione infantile. Quella del controllo impotente e fallimentare del controllo razionale della realtà circostante, degli avvenimenti che accadono ma che penso mi sono cercato o in cui mi sono cacciato, il più delle volte.
Si perchè accade nche questo. Ci si ricorda del Destino solo quando esso appare ingrato. Quando le cose sono favorevoli è Fortuna, cioè un Destino provvido, se non addirittura merito personale.
Il grande dono del Destino, cioè di Dio, trasmuta una vita pensosa e preoccuppata su cause perse in partenza, in un dolce e fluente flusso di visioni spontanee, immediate, colorite, che si offrono nella loro spontaneità. Una grazia, un dono, leggiadria del fare incausato. I dolori si stemperano e assomigliano sempre più alle gioie. O attenuano il loro morso, semplicemente. Basta solo questo a consolamento del naufrago, immemore dello scampato pericolo. In un irraggiante arcobaleno di sfumature, non resta che gustare la vita, assaporarne le diverse tonalità. Una pienezza che non dà dipendenza o problemi di saturazione, nè rimpianto per quando viene meno.


Bene fece Dante, ma per noi moderni in ispecial modo - inguaribili 'facitori del nostro destino' - qui risulta incomprensibile condividere la valutazione del Poeta, a collocare Ulisse nell'Inferno. Di solito si 'giustifica', ma non si 'piega' e tanto meno 'approva' questa gudizio, che suona ingiusto, sull'Uomo dell'astuzia e del coraggio, del fedele marito e dell'indomita forza umana che si misura contro avversità e problemi, vincendoli tutti, per guadagnarsi il suo ritorno a Itaca. Certo tutti facciamo ritorno a Itaca, 'alla casa del Padre', al 'talamo nuziale'. Tutti se non inciampiamo nel razionalismo, nel non saper che non possiamo spiegare tutto, neppure tra mille anni, se non sappiamo che la salvezza, la salute e la soluzione non la possediamo, se non sappiamo che le chiavi di 'Casa', o del 'Regno', non sono in nostro possesso. E non possiamo entrarne in possesso tramite astuzie e furbizie. 
E soprattutto la nostra vita non è un'odissea, non è auspicabile. Il porto può stare dietro il promontorio, alla prima baia, come una improvvisa tempesta può portarci lontano e perderlo di vista, anche per sempre.
Lasciamo perdere - almeno per un attimo, tanto per assaporarne il gusto, il profumo, che scaturisce da questo oblio, come se, solo come se, a vincere fossero stati la maga Circe o i Lotofagi  - lasciamo perdere il 'percorso', la 'processione' degli eventi, la 'storia', occupiamoci di rapportarci solo di quello che conta, che viene per Primo, al Principio essenziale delle cose.
Allora il Destino ci apparirebbe per quello che è: non un ostacolo contro cui combattere, ma una Via sicura che conduce alla Meta, come una traccia rivelata, come non 'una' via ma 'la' via,  quella 'Retta'!
Riconduciamolo noi a casa questo ribelle navigatore perso nella eccessiva valutazione delle sue possibilità. Cos'ha da offrirci al massimo? Un tranquillo mènage borghese o un oblio sprofondati nella noia di una poltrona, davanti ad uno svogliato televisore, esangui e senza fede, in niente. E pensare che qualcuno ce la spaccia per 'Utopia'. E' questo il guadagno per "divenir del mondo esperti"? Avrebbe ragione lui solo perchè viviamo in 'un mondo di furbi'?
S'inabissa tutti i giorni questa nave, da soli o collettivamente.




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