mercoledì 14 novembre 2012

Denunzia e complicità.


Dal soglio pontificio, la più elevata espressione della Santa Sede, vennero queste parole:

7 dicembre 1968
   "La Chiesa si trova in un'ora inquieta di autocritica,  si direbbe meglio di autodemolizione. E' come un rivolgimento acuto e complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. La Chiesa quasi quasi viene a colpire sé stessa."




30 giugno 1972
   "da qualche parte [pare] si entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio."
   "Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E' venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio."

30 agosto 1973
   "la divisione, la disgregazione ... purtroppo è entrata ora in non pochi ceti della Chiesa."
   "la ricomposizione dell'unità spirituale e reale all'interno della Chiesa è oggi uno dei più gravi e urgenti problemi della Chiesa."

23 novembre 1973
   "L'apertura al mondo fu ina vera invasione del pensiero mondano nella Chiesa."
   "Noi siamo stati forse troppo deboli e imprudenti."

Questo "noi" sembra avere più le caratteristiche di un plurale laico, da parte di una leadership mondana e secolarizzata come potrebbe essere un consiglio di amministrazione o un convegno partitico. Non avrebbe dovuto essere forse un "Noi", frutto ispirato alla infallibilità che gli compete, suggerimento e comunione dello Spirito Santo? O forse cò non era più in sintonia col vezzo democratico e modernista?

Si può al contempo denunziare il 'male' ed esserne 'veicolo'? Si, si può. Quando si devìa dalla Retta Via. Se ciò accade per un ultimo,  poche sono le conseguenze. Ma ciò accade al Sommo Pontefice, non ad un pontefice, al Buon Pastore, dove "buono" non afferisce ad una determinazione morale bensì alla qualificazione suprema, ben altre e incalcolabili sono le conseguenze. Corruptio optimi pessima, non vi è cosa peggiore della corruzione del migliore.




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