sabato 3 novembre 2012

Il bello del brutto (tempo): il ritorno in stalla.






Ogni cosa ha due lati. Uno bello e uno brutto. Prendiamo un cucchiaio. Somiglia alla spina dorsale. E' pieno di curve. E devono essere dove ci vogliono. Per la mano che lo impugna, per la capacità del vano che contiene la quantità giusta, per la bocca che attinge il sorso caldo ma raffreddabile con un piccolo soffio.
Così anche l'inverno qui in montagna.
I boschi vanno ingiallendosi in fretta. Le verzure orticole non sono più che un ricordo. La vegetazione si adagia in un meritato riposo. Il prato rallenta il metabolismo. E riposa, in attesa del velo bianco che qui si è già visto. I rumori si attutiscono.  Il sole diventa freddo, nero. Nero e freddo come la Madre terra. Ci si chiude nelle case. Ci copriamo più pesante. Stiamo attenti a passare senza preoccupazioni dal tepore di cucine calde dove ci si riscalda e vi si cucina. 
La gente sta rimpannucciata nelle case. Esce solo quando è necessario.
Le capre ritornano dalle loro peregrinazioni estive tra i boschi, gli alti pascoli, i ruscelli e gli alpeggi. La stalla non l'hanno per niente dimenticata.
Quando sono scese dal monte ho dovuto frenarle, erano loro a trascinare me. Volevano tornare alla casa, alla sicurezza, al teporino invernale del fieno tagliato, al tempo della stasi, della meditazione. Insomma alla casa del padre.


Madri e figlie si ricongiungono e si raccontano la storia.. la historìa, il pro-cedere e l'in-cedere degli eventi. Si tramandono le vicende della sacra normalità, del sacro quotidiano, che solo l'uomo pare aver dimenticato.
Le dice che anche essa sta per diventare ciò che lei è stata. Esattamente un anno fa, quando gravida attendeva in sacro silenzio il rivolvere della ruota. Mette in guardia dalle illusioni del progresso. Tutto ruota. Tutto ritorna.
In mezzo s'è svolta la vita. La vita di un anno. La primavera, il cibo, gli accoppiamenti, le foglie secche, le castagne, ed infine il ritorno alla stalla dove i frutti migliori attendono di maturare. Nei cuori il concepimento lievita le pance. A gennaio o febbraio nasceranno nuove sorelle e fratelli, nuove madri si faranno e le vecchie madri diverranno più formose (nigra sum sed formosa). Il tempo diventa simultaneo e non diacronico. I petti torneranno a gonfiarsi, mungeremo con i piccoli il sapore dolce del latte caldo, mentre fuori nevica. Le mammelle tengono calde anche le nostre mani. In qualche modo ci nutrono. Faremo formaggi.

L'uomo ha tutto da ap-prendere!






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