sabato 15 dicembre 2012

Agli eremiti di ogni tempo, Pellegrini dell'Ansia.

Un attimo di gelida poesia, di un poeta che conosce il freddo e la fame perchè l'ha visuta lassù in montagna, non molto lontano da noi, quassù sulle Alpi, il nostro piccolo Tibet.
Dove poche sono le parole e inteni i gesti. Dove uomini ed animali ancora soffrono e gioiscono insieme nella bella stagione come in quella brutta.
Segantini, apostolo di Zaratustra, allievo di Nietzsche, fece 'il gran rifiuto'. Voltò le palle le spalle a Milano, la città degli affari e dei traffici, dei mercanti di ogni genere, anche di quelli d'arte ovviamente, dove il denaro esercita prepotente il suo dirompente fascino diabolico sulla idealità del lavoro, creativo e produttivo. Recita una voce popolare, spia di vilipendio, 'chi vòlta al cù a Milan, vòlta al cù al pàn'. Il 'consolamentum' laico della sovversione in questo modo ricompensa i suoi adepti.Ma per lui, trentino, l'aspirazione alla montagna si tinge un sapore atavico.
La città delle suadenti occasioni che cambia la fortuna degli uomini. Se le vivi lontano o la fuggi, vivi lontano dalla cosiddetta 'realtà'. Cosi dice? Sei 'fuori dal mondo'. E la 'fuga mundi' non è più cosa dei giorni nostri. Ma lo è stato mai in qualche tempo? La onnifagia del del denaro, l'affaccendamento maniale come surrogato del senso della vita, l'ha col tempo scarnificata e ridotta alla tristemente nota della città 'da bere', della moda, e da capitale morale quale ora sta rivelando il ssuo vero volto consumato di vecchia prostituta. Il sangue del suo popolo non vi circola più, ora è multietnica, fieramente meticcia, stracciona, povera, senza dignità, e a fatica il belletto copre il vizio, ben visibile sotto l'ormai sottile velo di cipria. Una 'Corte dei miracoli', tarata e tossicodipendente dal denaro, dall'oro, da insulse merci 'senza qualità', per dirla alla Musil, made in China, bivacca per le strade con sguardo predatorio e parassita. Come le Guardie Rosse nel '17 davanti al Palazzo del Cesare.
Unica e 'divorante' preoccupazione dei nostri tempi, deboli e malati.Plebaglia arivistica: non s'avvede di accapigliarsi per un bottino sempre più miserabile? Città fagocitata dal mondialismo. Quasi impossibile riconoscerla. C'è ancora qualcosa di salvabile?
Pensiamo ben poco. Segantini pensava di no, per questo salì sulle Alpi.. E De giorgio neppure, dopo la sconfitta dei bei sogni, con il crollo dell'Europa nel 1945, sotto i colpi dei Banchieri mondiali associati, o, come si diceva allora, Alleati. Voltò il pittore-eremita le spalle a tanto benessere, per i monti della Engadina, sulle orme di quell'ebbro camminatore solitario che fu Nietzsche. Convinto dal consiglio dionisiaco, dalla sua Cibele, la Madre Nera, dal richiamo virile ad affrontare le cose vere da buon guerriero, Laurin o Wotan, la la sua scelta.





Qualcuno dirà che  fu un finto eremita e il suo isolamento studiato a tavolino per alzare le quotazione delle sue tele nel mercanto civile e urbano. Non credete loro. Sono i solito disseminatori di dubbi e malafede sotto spiecie di visione critica e disincantata. Sono coloro che lavorano in Borsa, anzi che l'hanno inventata, che Khristo pare provò a scacciare dal Tempio. La solitudine della sua esistenza, immancabile compagna del Pellegrino, parla più di ogni malevolo bisbiglio ingannatore nell'orecchio.
Con la sua cassetta dei colori, le sue matite e le sue tele, sale sui duemila, laddove l'aria è tersa e l'inverno un Maestro di vita, un iniziatore al Mistero. Un Oracolo a lungo atteso e sofferto, lacrima di gioia per il Pellegrino nella deserta - il vero deserto civile - landa della modernità.
Più vicino a noi nel tempo, altro asceta, Guido di Giorgio, chiese asilo al grembo montano della Madre, sulle Alpi, lui che era originario di Benevento, ma piemontese di elezione, e spirito chiamato, ispirato e iniziato.
A loro pensiamo si addicano le parole che Proust dedica a Ruskin, e, con pecca di presunzione, ci illudiamo che possano essere d'insegnamento anche per noi.
Lo Spirito dei fratelli, Pellegrini dell'Ansia, che oggi spendono i loro giorni neo 'gran rifiuto, sulle Alpi, vive in compagnia di coloro che ci hanno preceduti, poeti, pittori o malgari, vive "ritirato nella solitudine dove spesso vanno a chiudersi le esistenze profetiche sino a che piace a Dio di richiamare a sè il cenobita o l'asceta il cui compito sovrumano è finito" (pag. 35 del commento di Proust alla Bibbia d'Amiens, Milano, 1988).
Il sole freddo dell'inverno, la stagione che ruota intorno al solstizio, celebra la morte e la resurrezione degli astri. Le cime inviolate - nonstante tutto - come il pensiero degli Dèi, propone il suo Sole freddo o Sole Nero. Presto le luci benedette avranno il sopravvento sull'oscurità dei Tempi e la vita tornerà a risplendere. Il freddo e il Male non hanno che vita effimera e illusoria.


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