giovedì 13 dicembre 2012

I tecnici e la salvezza.



A volte ci si affanna in biografie, introspezioni psicologiche, studi del carattere, ci si affida ad abitudini e alla fine abbandoniamo la presa e rinunciamo a capire chi siamo.
Nessuno specchio sembra riflettere la nostra genuina identità. Anzi, persino l'identità stessa sembra offuscarsi, sembra diventi una nozione incerta e discutibile. Si cede allo scetticismo più radicale, una forma di pirronismo onnipervasivo: si finisce per vedere solo maschere negli specchi, mai dei veri volti di una realtà, magari precaria, ma certa.
Del resto in un mondo dominato da comportamenti che ruotano intorno al denaro - in tutte le sue manifestazioni temporali, spaziali, morali e metafisiche, contrarie alle forme tradizionali, e parodianti la ritualità - come il moderno idolo che tutto orienta ed in funzione del quale i pensieri si serrano in una concatenazione maligna e coerente, non deve stupire se nessuna nozione si salvi da una 'negoziazione', una 'contrattazione', una 'ridefinizione' secondo nuovo accordi anche dei significati delle cose.
A ben pensarci, ci sembra che questa prassi, che si esplica in un silenzioso lavorio quotidiano, come l'erosione che l'acqua esercita anche sulla più tenace roccia, sia il cuore segreto, perchè silente non perché particolarmente ascoso, del cambiamento, del progresso, della grande illusione, del miglioramento a tutto campo, della sfida tecnologica innovativa incontrovertibile, del necessario riverbero che tutto ciò deve produrre nella mentalità moderna.



In fondo, per conoscere il nostro vero volto di noi moderni, basterebbe guardarci intorno. In ciò che facciamo è impressa l'impronta, la cifra indelebile di ciò che siamo diventati. Inascoltato il monito antico, Krònos ci ha inghiottiti, noi figli suoi. Del resto l'usura è 'essenzialmente' cannibalica.
Se da un lato la tecnologia altro non pare che la forma concreta e applicativa della scienza, distinta non per gerarchia, ma per funzione e campi di azione, dall'altro gli addetti ai lavori e i 'filosofi' della scienza sono ben disposti a riconoscere una reciproca fecondazione di queste due istanze. La scienza procede grazie all'apporto prodotto in ambito tecnologico, e viceversa. Ed insieme cooperano, attori in primo piano,  nel processo di 'solidificazione' della concezione moderna, assiomatica, indiscutibile. Entrambe queste forme moderne di conoscenza presentano il loro cammino e destino comune, determinato non da una esigenza di autoperfezionamento, di ricerca, da un moto intrinseco verso la perfezione. Laddove il Perfetto viene sostituito dall'utile, chiaramente la convenienza e il profittevole si ergono a dirigerne le scelte, criteri, indirizzi, programmi e risultati.
All'utile, o al denaro di cui ne costituisce la rappresentazione, non compete tuttavia disprezzo, che sarebbe fatalmente destinato al peggio, e perirebbe sotto il peso critico dell'accusa di ipocrisia, ma ad esso compete il riconoscimento del 'suo' posto nell'ambito di una gerarchia di sapere e di simboli. Quale natura compromessa avrebbe l'idolatria del suo opposto, dell' 'inutile', dell' 'effimero', della 'decrescita felice' e del minimalismo mondano e modaiolo? Nel momento in cui assurge o mira a sostituire la Perfezione, è chiaro che ambisce ad usurpare l'Essere, e così facendo deborda  dal suo naturale alveo per costituirsi in una neo- e contro-teologia d'aggressione ai Princìpi (della tradizione). Solo in quanto tale va avversata e la sua portata va doverosamente conosciuta.



Ed estendendosi ben oltri i confini di ciò che è materiale, il suo influsso agisce pesantemente anche sulle parti sottili dell'essere umano. Diciamo, sulla mentalità.
Così, ad esempio, in una civiltà mondializzata come quella moderna, sempre più senza differenze tra Oriente e Occidente, in cui alla tecnologia viene addossata una funzione salvifica che non le compete, il meccanicismo tende a diventare una sorta di elemento 'naturale' nel panorama, solido come le cose meccaniche che diventano una 'necessità', un 'modo di essere', una seconda pelle. Tanto un modus operandi quanto un modus explicandi. La fisiologia umana è fatta da pompe, filtri, pressioni, circuiti elettrici, leve, ecc. Sovra tutto regna l'idea che una raffinata 'caldaia' produca energia, calorie, a partire da combustibili che vi vengono immessi in quantità e qualità da regolarsi opportunamente. Non a caso, sia detto per inciso, l'obesità viene definita, dai tecnici stessi che promuovono questa immagine, flagello della società moderna. Noi ed il Golem, come distinti e noi stessi, intrisi di Golem, siamo diventati di sostanza 'golemica', artificiale, macchinica, senza anima (se non, per l'appunto, artificiale!).
Di conseguenza, andando verso l'esaurimento naturale, la saturazione consumistica della 'caldaia', sia individuale che collettiva o sociale, comprensibilmente,  ci propongono senza indugi la cura dell'astinenza, digiuno e castità, a volte dette anche 'sobrietà'. Sembrerebbero riscoperte di antichi 'valori', ma in tutta evidenza, non si tratta di questo. Nulla sembra così demodé quanto le virtù. D'altro canto, sembra poco probabile parlare di una coincidenza. Sembrerebbe rispondere più ad una logica di speculare sovversione: come se il materialismo volesse dettare le sue leggi per la redefinizione della morale per volerne stabilire una simulacrità capovolta.
Se il terreno della tecnologia si rivela principalmente sul versante empirico, in quanto utensile, strumento, o sistemi razionali di macchine utensili, su altro versante, si rivela potente mezzo di persuasione sottile ed efficace. Lo sanno bene quei personaggi, missionari, nel senso religioso del termine e nel senso ampio di funzionari a vario titolo della 'causa' coloniale dell'Occidentale, quanto un medico o un ingegnere possa favorire la penetrazione di quei nuovi spazi e 'opportunità'.  Occorrerebbe il discernimento di saper conoscere quando questo strumento razionale diventa un utile oggetto nella mano dell'artigiano, il prolungamento del suo essere, da quando diventa uno strumento (macchina) per il suo asservimento, nella  veste di operaio industrializzato di massa, serializzato,  salarizzato, anonimo. Un'arma efficace per la guerra giusta, l'unica giusta, in altre parole.
Le potenzialità dello strumento, la sua efficacia, va riconosciuta sui suoi due versanti: quello per cui serve e quello di chi lo usa. Insomma, come una spada ferisce per la punta, per cui è stata pensata,  potrebbe anche degradare chi la usa malamente dalla parte, da quella della mano, dall'impugnatura. Nel campo meccanicistico non sempre è facile, e quasi mai è 'utile', distinguere chi sia il colpevole e chi la vittima. Chi va in macchina da chi viene meccanizzato. Un gioco tragico di specchi e di ruoli. Chi la fa l'aspetti.




Nessun commento:

Posta un commento