giovedì 13 gennaio 2011

In Memoriam del Cap. Magg. A. Miotto, alpino.

pubblicato sul Gazzettino il 7 gennaio 2011


È bella, commovente e significativa la lettera che Antonio Miotto, 24 anni, caporalmaggiore degli alpini della Iulia, ucciso il 21 dicembre in un conflitto a fuoco con un commando talebano, ha scritto al Gazzettino un paio di mesi prima di morire. Nella lettera di questo giovanottone veneto c’è tutto l’orgoglio per le proprie radici e la fierezza di appartenenza al corpo degli alpini, ma c’è anche la consapevolezza che lo stesso orgoglio per le proprie radici, le proprie tradizioni, il proprio modo di essere, di vivere e morire, appartiene anche al nemico, cioè non solo agli afgani in generale ma anche ai Talebani. Scrive Matteo: "Questi popoli hanno saputo conservare le proprie radici, dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case, invano. L’essenza del popolo afgano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora capisci che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi".
Proprio perchè è orgoglioso delle proprie radici il giovane Matteo capisce che questo sentimento può appartenere, e appartiene, anche ad altri popoli, ad altra gente che per difenderle è disposta a combattere e a morire.
I governanti dei Paesi occidentali che occupano da dieci anni l’Afghanistan si rifiutano di comprendere quello che il giovane Matteo, con le sue solide radici, con i suoi solidi valori, non lontani, quando si chiamano orgoglio, fierezza, disposizione al sacrificio, anche estremo, da quelli del popolo afgano, ha capito benissimo.

Come una rara stella
goccia di speranza
hai sacrificato il tuo fiore
per noi
vecchi aridi
che non ti meritiamo.
Accetta le mie lacrime
di padre dolorante.





P.S.: Non voglio commentare - non intendiamo avallare strumentalizzazioni di parte, almeno in questa circostanza - ma mi auguro che se ne possa trarre una lezione da non dimenticare. Empio è chi gioca con il sangue degli Eroi e su di loro Giustizia non tardi.

Entrambe le foto sono state diffuse dall'agenzia Ansa: quella con il tricolore repubblicano alle 15.51 del 31 dicembre, quella con il tricolore sabaudo alle 22.04 del primo gennaio. Si tratta palesemente della medesima foto e quella originale è quella con lo stemma monarchico.




La foto senza alcun simbolo era stata inviata dall'Esercito ai mezzi di comunicazione nelle ore immediatamente successive l'attentato del 31 dicembre, mentre quella con il simbolo sabaudo è stata fornita il giorno dopo all'agenzia Ansa dal papà di Matteo Miotto.

http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=133045&sez=NORDEST&ctc=60&ordine=desc

4 commenti:

  1. Bravo Franco, ti sei soffermato su cose che semplicemente tutti nascondono.

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  2. sarebbe stata importante alle sue esequie la presenza del Duca d'Aosta o del Principe Emanuele Filibero di Savoia
    Andrea

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  3. Si, Andrea concordo. Ignoro se fossero al corrente della cosa. Oppure se la partecipazione sarebbe stata fonte di problemi 'politici'.
    Il Principe credo abbia più a cuore il ruolo di guitto d'avanspettacolo televisivo.
    In ogni caso, credo spetti al cuore regale di sapere e ssentire quel che deve dire e fare, incurante dei calcoli di opportunità. Peggio di cosi, Casa Savoia non potrebbe scendere...

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  4. no casa Savoia non esiste più, esistono individui discutibili che si sono trovati un cognome che spendono malamente come un'eredità dilapidata in poco tempo, questa non è casa Savoia, non è la famiglia Reale, mi rifiuto di considerarli tali.

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