lunedì 4 giugno 2012

Visioni complementari.

"Evola, nel suo libro Cammino del Cinabro, lo descrive come una sorta di iniziato allo stato selvaggio e caotico, che aveva vissuto tra li arabi e conosciuto Guénon, il quale aveva per lui una profonda stima. De Giorgio possedeva una cultura ecezionale e conosceva numerose lingue, ma il suo temperaamento era altamente instabile. Rifiutavaa  tal punto il mondo moderno che si era ritirato tra le montagne, percepite come il suo ambiente naturale, e alla fine in un presbiterio abbandonato, vivendo praticamente di nulla e soffrendo fisicamente ogni qual volta era costretto a riprendere contatto con la vita civilizzata e cittadina.
De Giorgio aveva conosciuto Guénon negli anni '20 durante un soggiorno a Parigi. Intrattennero una lunga corrispondenza che testimonia della stima reciproca e della preziosa amicizia che li unì. De Giorgio è uno di rari casi, di cu siamo a conoscenza, riguardo una 'fraternità' spirituale con Guénon. L'elevazione  intellettuale era uguale in entrambi, nessuno doveva niente all'altro per la propria formazione dottrinale. Per dissimili che potessero sembrare, si ricoobbero come profondamente vicini. E' una cosa bella, ricca di insegnamenti sapere che si incontrarono. Non esitiamo a dire che la lettura di De Giorgio, senza dubbio un pò 'abbagliante' possa apportare nuova luce all'opera di Guénon in quanto permette di affrontarne le difficoltà. In effetti, con Guido De Giorgio siamo ad un'altezza decisamente superiore rispetto a tutti i saggi 'tradizionalisti' tentati qui e là, così come per René Guénon, ma secondo una modalità espressiva radicalmente diversa anche se, riteniamo, complementare."
Ben si inserisce questo breve ritratto di un personaggio totalmente ignorato dalla cultura ufficiale di questo Paese in una recente biografia di Guénon (D. Gattegno, René Guénon. La sua vita, il suo pensiero. ed. L'Età dell'Acquario, pagg. 106-7). Senza dubbio lusinghiero per il nostro De Giorgio, gli riconosce una cornice di originalità e schiettezza che ben pochi possono pareggiare nella cerchia  dei conoscenti, amici e ammiratori di Guénon.
Per noi che viviamo sui pendii alpini, neri e materni, come le sue Madonne che aleggiano per questi boschi, è motivo di orgoglio e gioia fine, come l'aria che qui si respira, pensare che una simile personalità abbia calcato emozioni simili alle nostre o anche solo lontanamente imparentate. Ha il sapore dela condivisione di una minestra calda in una baita solitario di montagna nel freddo inverno. Un gusto speciale di fraternità che passa attraverso il corpo, il gusto per gli aliti fumanti pel freddo, le mani dure di terra e le guance rosse, i piedi da scaldare al di là di ogni retorica, per le verdure dell'orto, che sono totalmente aliene dalle scialbe, indisponenti sciccherie da decerebrati urbanizzati del caos cittadino, che gli è entrato persino nel cervello e nell'anima, formulette snob di slow food o km 0 o anche le bio-colture. Residuati ideologici di un mondo ancor visibile ma che non esiste più. Ci si dovrà, prima o poi, convincere, ricredersi, che il baratto e il denaro simbolico dovrà essere il nostro futuro, se vogliamo che un futuro ci sia. I rutilanti lustrini di sofisticate  strategie economiche, dissipazioni democratiche e progressiste,  riveleranno il loro vero volto,  riveleranno sempre più per ciò che sono, animalesca competizione, inabissamento materiale,  morale e spirituale nel più devastante materialismo, declino inarrestabile nella più terrificante (ancora la terra...) oscurità. Amarezza di una coscienza disperata, oppressa superficialmente da insolvenze degli onnipresenti debiti della moneta quantitativa ed usuraria esteriormente, e interiormente in macerie prive di significati anche residuali, sempre più protesi verso una domanda di rinnovamento radicale, totale, epocale; un vero e prorio 'ri-orientamento', riaffioramento dell'oriente luminoso, spirituale. Luce e sole riaccenderanno l'Occidente. Ma ci vorrano ri-conversioni, passaggi dolorosi perchè la moneta del diavolo, del Demiurgo chiederà ancora molte vittime, molto sangue-lavoro, molti suicidi. Non più capitale  versus lavoro, capitalista contro lavoratore, lavoro contro finanza, ideale contro materiale, stabile contro instabile, (ex-)stasi contro progresso.



Le oscillazioni e le indecisioni domineranno il campo.

Certo che "il suo temperamento era altamente instabile"; e ome potrebbe essere diversamente? Guénon stesso si era risolto a veleggiare verso le sponde egitte, imbarcandosi in una oscillazione spiritule avventurosa e temeraria verso l'islàm, quantunque fosse ben consapevole di cosa significhino le fragilità, gli sbandamenti, gli squilibrii e le instabilità insite in ogni 'conversione'. Come è noto, la (ri-)conversione non è un passaggio da una religione ad un'altra, ma il pasaggio senza ritorno dalla dimensione profana a quella sacra. Neppure ci si 'converte' da una forma economica ad un'altra. Ma ci si converte ad una ri-sacralizzazione integrale (non integralista) della vita umana, ad un ri-ordinamento di gerarchie che (ri-)collochi al centro il Centro, prima le cose prime, ristabilendo il Principio che supera la dualità, e di conseguenza la nullità del sapere profano.

Questo è l'orizzonte di De Giorgio, la sua fiamma ardente, il suo combattimento tamasico, l'opera in nero, contro le forze oscure che condusse dalle pendici alpine solatie non distanti da noi. Con un tratto del suo quasi conterraneo G. Bruno, si potrebbe dire "accedemico di nulla accademia". Lontano da ogni formalismo per necessità vitale e non per scelta studiata. Arso dal sole e dal vento, asceta tutto assorto nell'Opera, fiammeggiante come una icona, non poteva non destare l'interesse di Guénon quest'uomo che metaforicamente era già partito per i lidi della trascendenza, estraneo a questa terra occidentalis, come e forse più dell'Egitto musulmano, viandante delle brughiere alpestri, entusiasticamente disabitate, figurate da Segantini e cantate da Nieztsche, sulle orme segrete dantesche a sognare di Imperii sacri che dovranno riemergere, come una nuova epoca titanica di continenti in gestazione, ad esaurire la forza nera.

'Iniziato selvaggio', e come potrebbe essere diversamente? In un mondo in rovina, con Tradizioni ridotte in frantumi, catene di trasmissione spirituale spezzate? Indomito cavaliere di ranghi dispersi che vanno ricomponendosi, sotto  bandiere e stendardi antichi e mai vecchi, che possono magari anche eclissarsi, ma mai scomparire del tutto e per sempre.

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