martedì 7 dicembre 2010

Vi presento Adamo-Bibino, il papà del nostro gregge.

Qualche giorno fa, Enrico, un amico pastore, che sta in una marga non molto distante da noi, mi ha invitato a passare qualche ora insieme.
Con la consueta generosità e senso di ospitale amicizia, lui e Maria Rosa mi hanno fatto trovare una tavola ben imbandita, di ogni golosità: bollito, lingua salmistrata, bagna cauda, funghi trifolati, polenta e coniglio, queste le meraviglie. Ma la cosa più apprezzata e più gustosa per noi, comunque, è sempre l'amicizia su base personale, certo, ma anche tra montanari, ostinati a tenere un gregge di capre e pecore, nonostante tutto. Nonostante tutto cerchiamo di essere felici.
Contano molto le emozioni ed i sentimenti che si provano a condurre vite simili. Sentire le stesse preoccupazioni, gli stessi momenti di gioia e di riposo, gli stessi profumi, le piogge e le nevicate, la



frescura dell'ombra e il sole che brucia d'estate; conta molto vivere le stesse preoccupazioni per un sistema folle che volendo premiare l'allevamento in sostanza premia solo la quantità, con i contributi dati un po' così a tot di capi e di prati. Dicono di voler favorire l'economia montana. La si squalifica invece.
Non un tentativo attento alle qualità, attento a rendere fieri e orgogliosi di esercitare un lavoro antico e nobile, ricco di significati e simboliche tradizionali, sia che provengano dal sud dal mediterrraneo, sia che siano originari di questo che è un po' l' heartland dell'Europa, le Alpi.
Gli argomenti spesso puntano a far pettegolezzi su altri pastori e di tutti i mezzucci che vengono messi in atto per sbarcare il lunario. Ma alla fine, se ci si chiede perchè si fa il pastore, se lo si ha scelto o se si continua a farlo se lo hai ereditato (con tutti i patemi d'animo inerenti al possibile fallimento nel tramandare l'attività e i saperi da padre in figlio), la risposta è dura a venire. Non è facile da comprendere. Non saprei fare altro, oppure, mi piace questo lavoro, star con gli animali e immerso nella natura, solo qualcuno si spinge a contrapporre la scelta antieconomica di fare il pastore, contro altre più vantaggiose sistemazioni, con la stizza "del gran rifiuto", il rifiuto delle comodità che imprigionano la mente ed il corpo in un conformismo che corrompe l'autenticità dell'essere. Va bene. Ma resta sempre una scelta contro, piuttosto che per qualcosa.
In tal caso di solito mi limito a cesellare il ragionamento con una frase del genere: "E' una vocazione, ...a suo modo come quella dei preti!". Poi si ride, ironici ma anche, ci si rende conto solo in qualche angolo della mente oppure la si mette da parte questa parola per un altro momento, ci si rende conto che l'accostamento ha qualcosa di nobile. Lontani dalle propagande ecclesiastiche e pretesche, incenso non ve n'è per chicchessia; è il prestigio proprio di chi cerca un qualcosa oltre che conta, che nobilita. E' l'idea che il lavoro possa in qualche modo essere accostato al sacerdozio, al sacrum ducere, all'aspirazione a rimirare cose di un livello superiore e trascendente, pur partendo da cose molto concrete.
Ma è sempre un duro lavoro frenare Enrico, se appena si accorge che il tuo bicchiere di vino è vuoto, giù un'atro in men che ci se ne accorga!
Già che c'ero, mi ero ripromesso di utilizzare anche la visita a Enrico, per rivedere e far conoscere agli amici del Tracciolino l'uomo di casa:





Si tratta di Adamo, glielo ho ceduto l'anno scorso. Dovevamo trasferirci al Tracciolino, dove c'erano da fare ancora parecchi lavori per stemare la casa un po' decentemente, ed in parte c'è ancora molto da fare. Così l'ho lasciato in deposito da lui per un tempo. Quando sono ritornato per riprendermelo mi dice quello che accortamente mi aveva anticipato per telefono. "Dimmi quanto vuoi, ma non te lo posso restituire, è troppo bello!" Da capretto pubere che era, nel frattempo aveva raggiunto l'età di un prestante giovanotto ai primi approcci amorosi, fiero e auterove come si addice ad un bel becco! Non c'è che dire, Enrico sa come prendermi! Non potevo rifiutarglielo. Sicchè Adamo è diventato Bibino, come è stato ribattezzato. Enrico è molto contento di lui. Già dalla primavera scorsa il suo gregge, per la componente caprina, ha fruttificato un gran numero di capretti che era una gioia indicibile verli saltare per il prato scosceso e smeraldino, tra i mille fiori multicolore e i profuni dell'erba di questa estate.
Naturalmente anche noi abbiamo profittato delle doti di Adamo-Bibino. Lui è il padre di Brunilde, figlia di Bruna; nonchè futuro padre, se è nel disogno di Dio, di chi porta in seno Augusta, che se tutto andrà per il verso giusto, ci darà più gioia perchè è al secondo tentativo di maternità.
Ecco da dove vengono quelle strane macchie bianche isolate sul manto di Brunilde, sulle corna è presto per dire, pare assomiglino molto a quelle della mamma Bruna, ma c'è ancora modo di sperare che anche il papà possa aver trasmesso qualcosa del magnifico palco, che seppur ancor giovane, porta sulla testa.
Quando i buoni pastori si incontrano parlano anche di queste cose, felici come bambini!






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